CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 18078 depositata il 1° luglio 2024
Tributi – Cartella di pagamento – Società di riscossione – Vizio di notifica – Procura speciale – Litisconsorzio necessario non configurabile – Controllo automatizzato – Comunicazione preventiva di iscrizione a ruolo o comunicazione di irregolarità – Contraddittorio endoprocedimentale – Accoglimento parziale
Rilevato che
1. R.S. Spa ricorre nei confronti di Mo.Or. , che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe.
Con quest’ultima la C.t.r. ha rigettato l’appello proposto dalla società di riscossione avverso la sentenza della C.t.p. di Catania che aveva accolto il ricorso avverso una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 – bis D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 – bis D.P.R. n. 633 del 1972, per l’anno 2007, ed aveva annullato quest’ultima assumendo vizio di notifica.
2. La C.t.r. rigettava l’eccezione, sollevata dalla società di riscossione, di difetto contraddittorio stante la mancata citazione in giudizio dell’Agenzia delle entrate, rilevando che la prima, non avendo provveduto a chiamare quest’ultima in causa, come era suo onere, era tenuta a rispondere della lite.
Quanto alla notifica della cartella, disattendendo quanto affermato in primo grado, riteneva che la stessa fosse regolare o, comunque, che ogni vizio fosse sanato in ragione della tempestiva impugnazione.
Nel merito, rilevava che non era stata fornita dalla società appellante alcuna giustificazione riguardo alle poste iscritte a ruolo, sicché non era possibile verificare se la procedura automatizzata fosse conforme a legge e se si vertesse in ipotesi in cui l’omesso o non provato invio dell’avviso bonario non fosse previsto a pena di nullità.
Considerato che
1. Con il primo motivo la società di riscossione denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 – bis D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Censura la sentenza impugnata per non aver dichiarato inammissibile il ricorso atteso che non era previsto alcun obbligo di comunicazione preventiva; la cartella era stata ritualmente impugnata; le censure sul merito erano infondate; non vi era alcun onere da parte di essa società di riscossione di chiamare in causa l’ente impositore.
Osserva che, contrariamente a quanto affermato in sentenza, era del tutto irrilevante, in quanto non dovuto, l’invio dell’avviso bonario in relazione a cartella emessa a seguito di procedura automatizzata in ragione di una divergenza tra somme dichiarate e versate.
Ribadisce che in caso di controllo automatico, l’obbligo di contraddittorio procedimentale mediante l’invito di all’art. 36 – bis, comma 3, D.P.R. n. 600 del 1973 sussiste solo in caso di incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione; che, sia la comunicazione dell’esito della liquidazione ex art. 36 – bis cit. che l’invito a fornire chiarimenti ex art. 6 legge n. 212 del 2000 sono dovuti solo nei casi espressamente previsti dalla legge.
2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. , la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, dell’art. 7 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dell’art. 2697 cod. civ. e dell’art. 116 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui non ha disposto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’Agenzia delle entrate, sebbene ne avesse ritenuto necessaria la partecipazione.
3. Preliminarmente, va disattesa l’eccezione del contribuente secondo il quale il ricorso per cassazione sarebbe stato proposto in difetto della procura speciale in quanto, ove non rilasciata contestualmente, sarebbe necessario l’atto pubblico o la scrittura provata autenticata.
3.1. La Corte, a Sezioni Unite, ha chiarito che il requisito della specialità della procura, di cui agli artt. 365 e 83, comma 3, cod. proc. civ. , non richiede la contestualità del relativo conferimento rispetto alla redazione dell’atto a cui accede, essendo a tal fine necessario soltanto che essa sia congiunta, materialmente o mediante strumenti informatici, al ricorso e che il conferimento non sia antecedente alla pubblicazione del provvedimento da impugnare e non sia successivo alla notificazione del ricorso stesso (Cass. Sez. U. 19/01/2024, n. 2075).
3.2. Nella fattispecie, la procura, congiunta materialmente al ricorso, risulta rilasciata in data 20 luglio 2017 e, dunque, in data successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata ed anteriore alla notifica.
4. Il secondo motivo, logicamente preliminare rispetto al primo, in quanto volto a denunciare un vizio del contraddittorio idoneo a determinare la nullità dell’intero processo, è infondato.
4.1. Con orientamento consolidato, questa Corte ha ripetutamente negato la configurabilità di un litisconsorzio necessario tra i due enti quando sia impugnata la cartella di pagamento per vizi che afferiscono, non già a quelli propri dell’atto, per i quali il soggetto passivo va senz’altro individuato nell’agente della riscossione, ma al debito fiscale, la cui legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario.
In questo caso infatti, il contribuente che contesti la pretesa fiscale, oppure la ritualità dell’iter procedimentale all’esito del quale sia scaturito l’atto impositivo, può impugnare la cartella nei confronti del medesimo ente impositore, oppure anche nei confronti del concessionario; in detta ipotesi incombe a quest’ultimo l’onere di chiamare in giudizio il titolare del credito tributario se non vuole rispondere all’esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d’ufficio l’integrazione del contraddittorio, in quanto non configurabile un litisconsorzio necessario.
Ciò costituisce la regola, sia per la cartella preceduta da atti impositivi prodromici (ad es. per mancata notifica di questi ultimi), sia quando costituisca essa stessa l’atto impositivo, all’esito del procedimento formale di accertamento del credito fiscale dell’ente impositore, come nella ipotesi di accertamento automatizzato ex art. 36 – bis cit. (Cass. 12/10/2018, n. 25473)
4.2. La C.t.r. , nel ritenere che sarebbe stato onere della società di riscossione chiamare in causa l’ente impositore, pena l’assunzione della lite, si è attenuta a questi principi.
5. Il primo motivo è fondato.
5.1. Con riferimento al c.d. controllo automatizzato, bisogna distinguere tra la comunicazione preventiva di iscrizione a ruolo o comunicazione di irregolarità, prevista dal terzo comma dell’art. 36 – bis D.P.R. n. 600 del 1973 (e dall’analoga disposizione di cui all’art. 54 – bis, terzo comma, D.P.R. n. 633 del 1972) e l’avviso prodromico all’instaurazione del contraddittorio endoprocedimentale di cui all’art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000.
Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la notifica della cartella di pagamento a seguito di controllo automatizzato è legittima anche se non è stata emessa la comunicazione di irregolarità, prevista ogni qual volta la pretesa derivi dal mancato versamento di somme esposte in dichiarazione dallo stesso contribuente ovvero da una divergenza tra le somme dichiarate e quelle effettivamente versate.
Detta comunicazione è, pertanto, necessaria solo quando vengano rilevati degli errori nella dichiarazione, mentre in caso di riscontrata regolarità dichiarativa non vi è alcun obbligo di preventiva informazione se il contribuente ha poi omesso di versare gli importi dichiarati.
Peraltro, l’obbligo imposto all’Amministrazione finanziaria non è sanzionato da alcuna nullità, sicché, in caso di sua violazione, deve parlarsi di semplice irregolarità (Cfr. Cass. 15/09/2021, n. 24813, Cass. 17/12/2019 n. 33344).
Quanto al contraddittorio endoprocedimentale imposto dall’art. 6, comma 5, legge n. 212 del 2000, l’inadempimento di detto obbligo è stavolta sanzionato con la nullità. Peraltro, esso non è imposto in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi dei menzionati artt. 36 – bis D.P.R. n. 600 del 1972 (ndr artt. 36 – bis D.P.R. n. 600 del 1973) e 54 – bis D.P.R. 633 del 1972, ma soltanto qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, situazione, quest’ultima, che non ricorre necessariamente nei casi soggetti alla disposizione appena indicata, la quale implica un controllo di tipo documentale sui dati contabili direttamente riportati in dichiarazione, senza margini di tipo interpretativo.
Del resto, si è osservato che se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi risultanti dalla dichiarazione, non avrebbe posto la condizione di cui al citato inciso (cfr. Cass. 13/02/2024, n. 3955 Cass. 30/06/2021, n. 18405, Cass. n. 33344 del 2019 cit.).
5.2. Sullo specifico tema del disconoscimento del credito di imposta, al quale fa riferimento il contribuente nel suo controricorso, va rilevato che ai sensi dell’art. 36 – bis, lett e) D.P.R. n. 600 del 1973, l’Amministrazione finanziaria provvede tra l’altro, avvalendosi di procedure automatizzate, a ridurre i crediti di imposta esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione.
La norma, dunque, prevede espressamente il ricorso al controllo automatizzato anche in sede di disconoscimento dei crediti del contribuente, a condizione che i presupposti di tale disconoscimento non derivino da un’attività di natura accertativa o rettificativa, ma emergano sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione.
Si è affermato, quindi, che è legittimo il disconoscimento operato a seguito di controllo automatizzato, ai sensi dell’art. 36 – bis cit. , qualora esso abbia carattere cartolare e non implichi valutazioni, in quanto effettuato sulla base di un riscontro obiettivo dei dati formali della dichiarazione dei redditi (Cass. 05/03/2024, n. 5917, Cass. 10/12/2021, n. 39331, Cass. 20/02/2017, n. 4360) (ndr Cass. 10/02/2017, n. 4360)
5.3. In tema di ripartizione dell’onere della prova, questa Corte ha già condivisibilmente avuto modo di affermare che il principio secondo cui nel giudizio d’impugnazione della cartella di pagamento emessa dall’amministrazione finanziaria ex art. 36-bis D.P.R. n. 600 del 1973 per omesso versamento dell’imposta nella misura indicata nella dichiarazione dei redditi, spetta al contribuente che ritratti la propria dichiarazione provare il fatto impedivo dell’obbligazione tributaria, trova applicazione anche nell’ipotesi in cui il contribuente neghi radicalmente di aver esposto nella dichiarazione i dati sui quali la cartella si fonda, circostanza agevolmente dimostrabile con l’ostensione in giudizio della dichiarazione stessa (Cass. 06/07/2021, n. 18998).
Nella stessa direzione si è, altresì, precisato che laddove una cartella dì pagamento espliciti che l’emissione consegue al controllo automatizzato di una dichiarazione, individuata per anno d’imposta, con emersione di totalmente o parzialmente omessi versamenti degli importi, pure individuati in funzione della quantificazione della pretesa, in applicazione del generale criterio di riparto degli oneri allegatori e probatori, non compete all’Ufficio di render conto e fornire la prova dell’effettiva presentazione della dichiarazione e dell’effettiva corrispondenza degli importi esposti nella cartella con quelli ivi contenuti, sufficiente essendo il relativo richiamo in cartella, mentre compete al contribuente, che conserva copia delle dichiarazioni presentate e può peraltro agevolmente accedervi attraverso spazi di archiviazione riservati nei sistemi informatici dell’Amministrazione, precisamente eccepire e dimostrare il fatto impeditivo o modificativo della pretesa sul fondamento, o della riferibilità ad altri della dichiarazione o delle vicende per le quali essa debba considerarsi tamquam non esset, ovvero, non contestata la presentazione, di una divergenza delle basi di calcolo utilizzate in cartella rispetto a quelle risultanti dalla dichiarazioni o dalle ricevute degli eventuali versamenti effettuati (Cass. 22/04/2024, n. 10824).
Concludendo, deve trovare applicazione il principio di diritto secondo il quale, nel giudizio di impugnazione della cartella emessa dall’Amministrazione Finanziaria, ai sensi dell’art. 36 – bis D.P.R. n. 600 del 1973, per omesso versamento dell’imposta nella misura indicata nella dichiarazione dei redditi, spetta al contribuente provare il fatto impedivo dell’obbligazione tributaria; e ciò sia nell’ipotesi in cui egli ritratti la propria dichiarazione, sia in quella, più radicale, in cui neghi tout court di aver esposto in essa i dati sui quali l’atto esattivo si fonda, essendo tale circostanza agevolmente dimostrabile mediante l’ostensione in giudizio della dichiarazione medesima (cfr. tra le più recenti Cass. 14/05/2024, n. 13216)
5.4. La C.t.r. non si è attenuta a questi principi in quanto, a fronte dell’emissione di una cartella automatizzata ex art. 36 – bis D.P.R. n. 600 del 1973, ha ritenuto di escluderne la legittimità con riferimento a tutti i crediti oggetto di recupero senza alcun distinguo in ragione della loro natura e limitandosi ad affermare, così invertendo l’onere probatorio come fissato dalla giurisprudenza di legittimità, che non era possibile verificare se occorresse o meno l’invio del dell’avviso bonario non avendo la società di riscossione fornito alcun chiarimento con riguardo alle poste iscritte a ruolo.
6. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso, rigettato il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione che, dovrà fornire congrua motivazione e si pronuncerà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigettato il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione staccata di Catania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.