Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 19151 dell’ 11 luglio 2024
termine dilatorio ex art.12 co 7 l. n. 212/00 – consumazione del diritto
Rilevato che:
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio veniva rigettato l’appello principale proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n.476/33/13 con la quale era stato accolto il ricorso della società A. s.p.a., già D.M. s.p.a., ora A. s.r.l., avente ad oggetto l’avviso di accertamento con cui, sulla base di p.v.c., veniva accertata una maggiore IRAP per l’anno di imposta 2007, in conseguenza della riduzione di una perdita dichiarata ai fini IRES.
2. Il giudice di prime cure annullava l’avviso in accoglimento della preliminare doglianza di mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni di cui all’art.12 comma 7 della l. n.212/2000 a far data dalla consegna del p.v.c.. Il giudice d’appello confermava tale traiettoria decisoria.
3. Avverso la decisione l’Agenzia delle Entrate propone il ricorso iscritto all’RGN 10987/2016, affidato a due motivi contro cui resiste con controricorso la contribuente.
4. Con separato ricorso, iscritto all’ RGN 10988/2016 l’Amministrazione finanziaria impugna per due motivi anche la sentenza della CTR n.5666/6/15 a lei sfavorevole, relativa all’avviso di accertamento con cui veniva accertata una maggiore IRAP per l’anno di imposta 2008, in conseguenza della riduzione di una perdita dichiarata ai fini IRES, avviso motivato attraverso il richiamo al contenuto del precedente avviso
Il giudice di prime cure, con sentenza n.17866/45/14 ha ritenuto che la caducazione del primo avviso abbia comportato il venir meno della motivazione del secondo, decisione confermata dal giudice d’appello. La società replica con controricorso.
Considerato che:
5. Il ricorso iscritto all’RGN 10988/2016 dev’essere riunito ex art.274 cod. proc. civ. a quello più risalente iscritto all’RGN 10987/2016 per connessione, come richiede la stessa Agenzia ricorrente.
6. Con il primo motivo del ricorso RGN 10987/2016, ex art.360 primo comma 3 cod. proc. civ., l’Agenzia prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 l. n. 212/2000, nonché dell’art. 53 Cost.. Incontestato il fatto che nella fattispecie il p.v.c. è stato consegnato alla contribuente in data 29.10.2012 e che l’avviso di accertamento è stato invece notificato in data 28.12.2012, anteriormente al decorso dei 60 giorni prescritti, secondo la ricorrente è decisivo e assorbente il fatto che, in data 27.12.2012, la società ha comunque prodotto davanti all’Amministrazione finanziaria osservazioni ai sensi dell’art. 12 comma 7 della l. n.212/2000, dimostrando così di aver esercitato in concreto il diritto al contraddittorio a prescindere dal mancato rispetto del termine dilatorio.
7. Il motivo è infondato. In tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’art. 12, comma 7, dello statuto del contribuente dev’essere interpretato nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus. Infatti, detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente, ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva (Cass. 6 – 5, Ordinanza n. 15843 del 23/07/2020; conforme a Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 27623 del 30/10/2018). Il vizio invalidante non consiste dunque nella mera omessa enunciazione nell’atto dei motivi di urgenza che ne hanno determinato l’emissione anticipata, bensì nell’effettiva assenza di detto requisito (esonerativo dall’osservanza del termine), la cui ricorrenza, nella concreta fattispecie e all’epoca di tale emissione, deve essere provata dall’ufficio (Cass. Sez. 5 – , Ordi- nanza n. 21517 del 20/07/2023).
Orbene, non vi sono ragioni per dipartire nel caso di specie da tale consolidata giurisprudenza, in quanto lo spatium deliberandi di 60 giorni fino all’ultimo giorno consente ex art.12 comma 7 l. n.212/2000 al contribuente di effettuare nuove interlocuzioni ai fini del compimento del contraddittorio, e questo lasso di tempo riservato dalla legge non è abbreviato o consumato dalla presenza di una intermedia interlocuzione scritta.
8. Con il secondo motivo del medesimo ricorso, ai sensi dell’art.360 primo comma 4 cod. proc. civ., l’Agenzia deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 53 d.lgs. 546/1993 da parte della CTR, per aver ritenuto aspecifico il motivo di appello sulla non deducibilità dei costi oggetto di ripresa ad imposizione.
9. In conseguenza dell’infondatezza del primo motivo, la seconda censura è inammissibile per carenza di interesse ex 100 cod. proc. civ., perché il mancato rispetto della regola procedurale sul contraddittorio travolge l’atto impositivo già sul piano del procedimento amministrativo alla base e, quindi, questo non può che riflettersi sul merito delle pretese.
10. In conclusione il ricorso RGN 10987/2016 dev’essere rigettato.
11. Il consolidarsi dell’annullamento dell’avviso relativo all’anno di imposta 2007, richiamato nel successivo avviso 2008 con motivazione per relationem, rende inammissibile per carenza di interesse ex art. 100 cod. proc. civ. il primo motivo del ricorso dell’Agenzia iscritto all’RGN 10988/2016, relativo alla prospettata violazione e falsa applicazione dell’art.295 proc. civ. per la mancata sospensione in appello del processo in attesa della decisione relativa all’avviso di accertamento per l’annualità 2007.
12. Il secondo motivo del ricorso, relativo alla presunta nullità della sentenza 5666/6/15 per essere apparente la motivazione posta dal giudice “alla base dell’accoglimento dell’appello della contribuente”, è inammissibile per più ragioni.
12.1 In primo luogo, il motivo è inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi, che non ha accolto l’appello della contribuente, bensì ha rigettato l’appello dell’Agenzia.
12.2 In secondo luogo, la doglianza a pag. 6 del ricorso censura il fatto che il giudice “non ha esaminato minimamente l’eccezione prospettata dall’Ufficio circa l’errore procedurale del giudice di prime cure” e, dunque, prospetta un’omessa pronuncia per la quale doveva essere fatta valere la violazione dell’art.112 cod. proc. civ., con la conseguenza (cfr. Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 16899 del 13/06/2023), che la sua deduzione in sede di legittimità postula che la parte abbia formulato l’eccezione in modo autonomamente apprezzabile ed inequivoco e che la stessa sia stata puntualmente riportata nel ricorso per cassazione nei suoi esatti termini, con l’indicazione specifica dell’atto difensivo o del verbale di udienza in cui era stata proposta, adempimenti non assolti nel ricorso in esame .
12.3 Infine, ulteriore e concorrente motivo di inammissibilità, non sussiste la prospettata violazione e falsa applicazione degli 1, secondo comma, e 36, secondo comma, n.4 d.lgs. n.546/1992, 132, secondo comma, n.4 cod. proc. civ., dal momento che la censura, in poche righe esposta a pagg.6 del ricorso, in realtà si lamenta della motivazione espressa dal giudice d’appello senza nemmeno riportarne il capo nel corpo del motivo, e si duole di una insufficienza argomentativa del giudice, il quale ha constatato il venir meno dell’atto presupposto e si è richiamato alla decisione di primo grado (cfr. penultima pag. della sentenza impugnata), esprimendo così una ratio decidendi che rispetta il minimo costituzionale (Cass. Sez. Un. n.8054/2014). L’argomentazione espressa dalla CTR secondo la ricorrente sarebbe “avulsa dalla materia del contendere”, e con ciò l’Agenzia non tiene conto del fatto che nell’attuale quadro normativo conseguente all’entrata in vigore dell’art. 54, comma primo, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012, n. 134, non rileva più l’«omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione» circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
13. In conseguenza del rigetto del ricorso RGN 10987/2016 e dell’inammissibilità di quello iscritto all’RGN 10987/2016, le spese di lite seguono la soccombenza, e sono liquidate come da dispositivo.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, in presenza di soccombenza della parte ammessa alla prenotazione a debito non sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per i ricorsi riuniti, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis.
P.Q.M.
La Corte:
riunisce il ricorso iscritto all’RGN 10988/2016 a quello iscritto all’RGN 10987/2016;
rigetta il ricorso RGN 10987/2016 e dichiara inammissibile il ricorso RGN 10988/2016;
condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite dei processi riuniti, liquidate in favore della contribuente in complessivi Euro 7.000 per compensi, oltre 200 Euro per spese borsuali, Spese generali 15% Iva e Cpa.