CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 20512 depositata il 24 luglio 2024
Tributi – Frode fiscale – IVA – Consulenza amministrativa fiscale – Definizione agevolata – Estinzione del processo – Difetto di interesse – Inammissibilità
Rilevato che
1. La Commissione tributaria regionale, decidendo in sede di riassunzione del giudizio a seguito dell’ordinanza di questa Corte n. 27765/2020 del 3 dicembre 2020, ha rigettato il ricorso proposto dalla società I.C. Srl, avente ad oggetto il provvedimento di irrogazioni sanzioni, anno 2007, emesso ai sensi dell’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997, ritenendo provato il coinvolgimento della società ricorrente nel compimento della frode fiscale commessa dalla società F.C. Srl, in ragione della consulenza prestata a favore di quest’ultima società per un corrispettivo, comprensivo di Iva, di Euro 60.000,00, pagamento che era stato contabilizzato dalla società F.C. Srl per “consulenza amministrativa fiscale”.
2. La società I.C. s.r.l ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a quattro motivi.
3. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Considerato che
1. Il primo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e all’art. 62 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in quanto la Commissione tributaria regionale aveva ritenuto che una mera attività di consulenza integrasse gli elementi essenziali per la configurabilità del concorso di persone.
2. Il secondo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del decreto legge n. 269 del 2003 e dell’art. 9 del decreto legislativo n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e all’art. 6 del decreto legislativo n. 546 del 1992, in quanto l’art 7 del decreto legge n. 269 del 2003 escludeva che potessero essere chiamati a rispondere delle sanzioni amministrative irrogabili per violazioni imputabili a persone giuridiche a titolo di concorso anche soggetti diversi da tali persone giuridiche.
3. Il terzo mezzo deduce la nullità della sentenza impugnata per la violazione del principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. e all’art. 62, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, in quanto la Commissione tributaria regionale, laddove aveva sostenuto che la società ricorrente aveva agito nel perseguimento di un proprio interesse economico, si ea pronunciata oltre le eccezioni riproposte dall’Ufficio nelle more del giudizio di rinvio.
4. Il quarto mezzo deduce la nullità della sentenza impugnata per la violazione dell’art. 18, comma 2, lett. e) e comma 4, del decreto legislativo n. 546 del 1992, in quanto la Commissione tributaria regionale aveva ritenuto inammissibile il motivo con cui la società ricorrente aveva eccepito l’illegittimità dell’atto di irrogazione delle sanzioni per la mancata allegazione degli atti presupposti dallo stesso menzionati, sebbene tale censura enunciava, pur sommariamente, i profili di illegittimità dell’atto impugnato.
5. In via preliminare, va rilevato che la società ricorrente ha depositato, con modalità informatiche, in data 4-6 ottobre 2023 in atti, istanza di rinuncia al ricorso, rappresentando di avere presentato in data 2 maggio 2023, dichiarazione di adesione alla definizione agevolata ai sensi dell’art. 1, commi 231-252, della legge 197 del 2022 e che l’Agenzia delle Entrate-Riscossione aveva trasmesso in data 28 luglio 2023 comunicazione recante le somme dovute per la definizione agevolata.
5.1 La rinuncia al ricorso per cassazione, quale atto unilaterale recettizio, è inidonea a produrre l’effetto tipico dell’estinzione del processo, se non notificata alla controparte costituita, ma, rivelando il sopravvenuto difetto di interesse del ricorrente a proseguire il giudizio, determina l’inammissibilità del ricorso (Cass., 22 maggio 2019, n. 13923; Cass., 21 giugno 2016, n. 12743).
5.2 Il ricorso deve essere, dunque, dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse.
5.3 Le spese del giudizio di legittimità vanno interamente compensate tra le parti.
5.4 La declaratoria di estinzione del giudizio esclude l’applicabilità dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, relativo all’obbligo della parte impugnante non vittoriosa di versare una somma pari al contributo unificato già versato all’atto della proposizione dell’impugnazione (Cass., 12 ottobre 2018, n. 25485).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Compensa interamente fra le parti le spese del giudizio.