CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 21531 depositata il 31 luglio 2024

Tributi – Trasporto di merci su strada – Avviso di accertamento – Rideterminazione reddito d’impresa – Maggiori imposte IRES, IRAP e IVA – Presunzioni semplici – Inammissibilità

Fatti di causa

L’Agenzia delle Entrate impugnava la sentenza n. 2080/01/2016 con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Bari aveva accolto il ricorso proposto da Fa.Fr., esercente attività di “trasporto di merci su strada” avverso l’avviso di accertamento n. (…)/2015, con il quale, a seguito di verifica sul mod. Unico/2011, era stato rideterminato il reddito d’impresa, con maggiori imposte a fini IRES, IRAP e IVA, in relazione all’anno 2010.

All’esito della verifica, effettuata in contraddittorio con il contribuente e fondata su una ritenuta anti economicità dell’attività di impresa, l’Agenzia delle Entrate aveva accertato maggiori ricavi nella misura di Euro 121.660,00 adottando una percentuale di incidenza dei costi del personale pari al 30,75%; tale percentuale era stata calcolata tenendo conto di quella, pari al 33,02%, dichiarata nell’anno precedente dal Fa.Fr. e di quella media, pari al 28,49%, dichiarata da aziende similari operanti nel settore.

Dal suddetto calcolo era scaturita una perdita d’impresa pari ad Euro 11.438,00 che, in virtù di altri redditi, aveva portato alla determinazione di un reddito complessivo di Euro 13.672,00 con conseguente ricalcolo delle imposte.

Inoltre, dall’esame della documentazione prodotta, era emersa l’erronea deduzione di costi per parcheggio automezzi; ed invero, a fronte di un costo dedotto per il parcheggio presso la ditta A. Srl di 7 automezzi, pari ad Euro 5.976,00, era stato accertato che un solo mezzo era di proprietà del Fa.Fr.; di conseguenza, ritenuto indeducibile il costo di Euro 5.123,00, si era proceduto al recupero IVA di Euro 1.025,00.

La Commissione Tributaria Provinciale aveva ritenuto che l’amministrazione finanziaria non aveva agito correttamente in quanto aveva fondato l’accertamento su presunzioni semplici – quali il ricorso generico ad imprese aventi le stesse caratteristiche di quella in esame – non suffragate da prove documentali ovvero da accertamenti di natura patrimoniale o bancaria, senza tenere conto non solo della mancanza di violazioni di natura contabile ma, altresì, della circostanza che le accertate condizioni di salute del ricorrente avrebbero dovuto indurre a ritenere che lo stesso non era in grado di gestire con tutte le sue capacità fisiche l’azienda.

L’appello dell’Agenzia delle Entrate è stato accolto nella “nella sola parte relativa al recupero IVA pari ad Euro 1.025,00 per indeducibilità di costi”.

Il ricorso per cassazione dell’Agenzia è affidato ad un solo motivo. Il contribuente è rimasto intimato.

Ragioni della decisione

Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia contesta la violazione dell’articolo 39, primo comma, lettera d), del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 del 1973, in relazione all’articolo 360, primo comma, n. 3), del codice di procedura civile.

Il motivo è inammissibile.

La CTR, nell’esercizio del sindacato ad essa riservato, ha compiuto un accertamento di fatto, insuscettibile d’essere rivisitato o rieditato in questa sede.

Il giudice regionale dà atto in premessa che “era incontestato che nell’arco temporale 2008/2012 la ditta aveva dichiarato costantemente o una perdita di esercizio (euro 138.221,00 per l’anno 2010) o un reddito di impresa irrisorio che non garantiva neanche un livello minimo di sostentamento, a sostegno dell’anti economicità dell’attività di impresa, rilevava, per un verso, che il costo sostenuto per il personale dipendente irragionevolmente si era mantenuto alto (euro 98.306,00 per il 2010), per altro verso, che alle variazioni dei costi del personale (euro 64.229,00 nell’anno 2009 ed Euro 98.306,00 nell’anno 2010) i ricavi non si erano sostanzialmente diversificati (euro 194.522,00 nel 2009 ed Euro 198.034,00 nel 2010)”.

Su queste basi la CTR ha motivato il rigetto dell’appello osservando, tra l’altro, che “Dall’esame dell’avviso notificato al contribuente emerge che l’Ufficio – salvo quanto dedotto in relazione al costo concernente il parcheggio automezzi – ha messo in discussione l’anti economicità del solo costo sostenuto per il pagamento del personale dipendente, fondandola sul confronto con aziende operanti nello stesso settore.

Se si considera che la mancata allegazione da parte dell’Ufficio della documentazione utilizzata per effettuare il confronto, impedisce qualsiasi attività di verifica in sede giudiziaria, deve ritenersi corretta l’impostazione seguita dal giudice di primo grado; ed invero, in linea con i principi espressi dalla più recente giurisprudenza di legittimità, in assenza di ulteriori elementi di valutazione, il solo rilievo inerente l’anti economicità del rapporto costo/ricavi, tenuto peraltro conto della particolare situazione di criticità oggettiva e soggettiva in cui versava il contribuente, non può ritenersi sufficiente a legittimare la valutazione dell’Ufficio e a sconfessare le scelte effettuate ai fini della continuità aziendale”.

Ora, è senz’altro vero che nel giudizio tributario, una volta contestata dall’erario l’anti economicità di un comportamento posto in essere dal contribuente, poiché assolutamente contrario ai canoni dell’economia, incombe sul medesimo l’onere di fornire, al riguardo, le necessarie spiegazioni, essendo – in difetto – pienamente legittimo il ricorso all’accertamento induttivo da parte dell’amministrazione, ai sensi degli artt. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 del D.P.R. n. 633 del 1972 (Cass. 20/03/2013, n. 6918; Cass. 22/07/2021, n. 21128).

È vero anche che rappresenta un principio consolidato quello per cui, in materia di IVA, l’Amministrazione finanziaria, in presenza di contabilità formalmente regolare ma intrinsecamente inattendibile per l’anti economicità del comportamento del contribuente, può desumere in via induttiva, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 54, commi 2 e 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito del contribuente utilizzando le incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli desumibili dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, incombendo su quest’ultimo l’onere di fornire la prova contraria e dimostrare la correttezza delle proprie dichiarazioni (Cass. 30/12/2015, n. 26036).

Tuttavia, nel caso di specie, la CTR ha ritenuto che gli elementi indicati dall’Ufficio a fondamento dell’avviso di accertamento non presentassero, con ogni evidenza, le caratteristiche della gravità, precisione e concordanza e comunque fossero contratati dalle circostanze e deduzioni offerte dal contribuente, che ha riportato non a caso in narrativa evidenziando che, nel costituirsi, il contribuente aveva evidenziato che: “nell’anno 2010 il risultato economico dell’attività del ricorrente era stato condizionato dal documentato verificarsi in un evento negativo straordinario, ovvero da un incidente stradale che aveva causato un danno pari a circa 70.000 euro”; inoltre, veniva in rilievo la “circostanza che il titolare dell’azienda non poteva partecipare all’attività lavorativa -abbattendo così, come solitamente avviene in tutte le aziende che operano nel settore, i costi legati al pagamento del personale dipendente ed incrementando i ricavi- a causa delle sue condizioni di salute”; ancora, la necessità dell’imprenditore di avvalersi di più autisti… era correlata al rispetto delle disposizioni di legge in materia di ore di guida”; in più, “il contribuente, trovatosi ad operare in un contesto temporale (l’anno 2010) che aveva rappresentato uno degli anni peggiori per l’imprenditoria italiana a causa della profonda crisi economica e finanziaria che, a partire dal 2008, aveva interessato tutto il Paese, aveva cercato di mantenere in forza i propri dipendenti anche in situazioni di oggettiva difficoltà, reintegrando le perdite economiche con ulteriori mezzi finanziari propri”.

Il ricorso va in ultima analisi dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso.

Nulla sulle spese.