CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 21536 depositata il 31 luglio 2024

Tributi – Avviso di accertamento IMU – Particolare forma di esenzione – Debenza tributo e relative sanzioni – Rigetto

Rilevato che

1. Con la sentenza n. 756/16/2021, depositata in data 9 febbraio 2021, la Commissione Tributaria del Lazio rigettava l’appello proposto dalla S. Srl e, conseguentemente, confermava la sentenza di primo grado che aveva respinto l’impugnazione proposta dalla società contribuente avverso l’avviso di accertamento IMU per l’anno 2012;

2. secondo i giudici di appello la circostanza che era stata introdotta, ai fini IMU, una particolare forma di esenzione a decorrere dal 1 gennaio 2014, non escludeva, in assenza di diversa previsione legislativa, la debenza del tributo e delle relative sanzioni, in relazione ai pregressi periodi di piena vigenza dell’imposta. La C.T.R. riteneva, altresì, che non ricorrevano i presupposti per la rimessione della questione di legittimità alla Corte costituzionale;

3. contro detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la S. Srl;

4. il Comune di Rignano Flaminio resiste con controricorso;

5. entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.

Considerato che

1. Con il primo motivo di ricorso la società contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione di legge (artt. 13, comma 9-bis, nel testo sostituito dall’art. 2, comma 2, lett. a) del D.L. 31 agosto 2013, n. 102, conv. con modificazioni in legge n. 124/124 (ndr legge n. 124/2013) , 53  e 3 Costituzione, 1 protocollo addizionale alla normativa CEDU a tutela del patrimonio, in relazione alla mancata interpretazione costituzionalmente orientata di tale norma e nella mancata sua applicazione per il 2012, anno nel quale è mancato ogni presupposto per l’IMU per i beni-merce, non avendo tali beni prodotto reddito, non essendo essi appartenuti al patrimonio della società per essere stati inseriti come beni invenduti nelle rimanenze, e non essendo stati locati;

2. con il secondo motivo, prospetta, in via subordinata, la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 9-bis, nel testo sostituito dall’art. 2, comma 2, lett. a del D.L. 31 agosto 2013, n. 102, conv. con modificazioni in L. n. 124/124, (ndr L. n. 124/2013) per la parte in cui la norma implicante l’esenzione dall’ IMU – entrata in vigore con decorrenza 1.1.2014 – non è stata estesa anche ai due anni precedenti nei quali quella imposta era entrata in vigore in via sperimentale, per contrasto con gli artt. 53 e 3 della Costituzione e per violazione dei principi della irragionevolezza e della uguaglianza;

3. i motivi, da trattare congiuntamente in quanto fra loro connessi, sono da ritenere privi di fondamento pure valutate le argomentazioni di cui alla memoria illustrativa della società contribuente;

3.1. secondo l’orientamento di questa Corte, a cui il Collegio intende dare continuità, vertendosi sulla medesima questione in punto di diritto, “… ci si trova di fronte ad una normativa che istituisce agevolazioni fiscali – addirittura una esenzione – le quali non solo, come insegna il costante orientamento di questa Corte, sono di stretta interpretazione, ma anche impegnano la discrezionalità del legislatore cui spettano le scelte di politica economico-fiscale delle quali le agevolazioni e le esenzioni sono uno strumento di attuazione.

Nel caso di specie la volontà del legislatore si è peraltro espressa chiaramente, stabilendo (art. 2, comma 2, lettera a) D.L. n. 102 del 2013) una precisa decorrenza – il 1 gennaio 2014 – per l’esenzione IMU dei c.d. “immobili merce” e cioè “i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati”.

La stessa norma, al comma 1, prevedeva che per l’anno 2013 in relazione ai suddetti immobili non fosse dovuta la seconda rata dell’IMU, stabilendo espressamente che rimanesse dovuta la prima rata.

Per gli stessi immobili era in precedenza, invece, prevista riguardo all’IMU la facoltà per i Comuni di “ridurre l’aliquota di base fino allo 0,38 per cento… per un periodo non superiore a tre anni dall’ultimazione dei lavori”. (…) Tutto questo configura un assetto normativo rispetto al quale la sentenza impugnata non trova supporto che ne possa giustificare le conclusioni ove non si pensi ad un vero e proprio intervento del giudice non “come interprete” (sia pur “costituzionalmente orientato”) ma “come legislatore”” (Cass., Sez. 5, 19 gennaio 2021, n. 760);

3.2. nel richiamare le argomentazioni di cui alla pronunzia di questa Corte n. 7612/2024, va osservato che tali considerazioni rendono evidenti, allo stesso tempo, le ragioni di manifesta infondatezza della sollevata eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 9, comma 1, D.Lgs. n. 23 del 2011, 8, comma 2 D.Lgs. n. 23 del 2011 e 13, commi 2 e 9 bis, D.L. n. 201 del 2011;

3.3. esclusa l’applicabilità retroattiva dell’esenzione da IMU, dedotta dalla ricorrente in base all’eccezione di illegittimità costituzionale degli artt. 13, commi 2 e 9-bis, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, 8, commi 1, 2 e 9, del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nel testo antecedente alla modifica apportata dall’art. 2, comma 2, lett. a, del D.L. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 ottobre 2013, n. 124, sul condivisibile rilievo della insindacabilità delle scelte riservate al legislatore ordinario nella previsione delle agevolazioni fiscali, non può non rilevarsi come sia pacifico che neppure i principi costituzionali di ragionevolezza e proporzionalità (ex art. 3 Cost.) consentono di escludere né vulnerare la discrezionalità del legislatore ordinario nell’individuazione e nella caratterizzazione delle fattispecie derogatorie alle regole di determinazione ed applicazione dei tributi, che possono essere disciplinate mediante una dettagliata specificazione dei requisiti soggettivi e/o oggettivi, in modo che l’operato dell’amministrazione (e, di conseguenza, del giudice che è chiamato a sindacarne la legittimità) sia più o meno vincolato nell’apprezzamento di particolari situazioni di fatto e nel conseguente riconoscimento del beneficio fiscale (in termini: Cass., Sez. 5, 18 febbraio 2020, n. 4071);

3.4. ben può ribadirsi che nessuna norma di rango costituzionale consente di giustificare l’estensione retroattiva di un’agevolazione fiscale, per la quale il legislatore ordinario ha intenzionalmente e discrezionalmente stabilito la decorrenza da un momento successivo, non essendo configurabile un’illegittimità costituzionale nella fissazione del dies a quo di un trattamento più favorevole (in termini di esenzione o riduzione) rispetto alla disciplina generale del tributo considerato;

4. alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, stante la infondatezza dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato;

5. le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore del comune controricorrente, liquidandole nella misura di Euro 200,00 per esborsi ed Euro 6.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge; visto l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.