CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 22663 depositata il 12 agosto 2024

Tributi – Tempestività notifica ricorso per cassazione – PEC – Ricevuta di avvenuta consegna – Inammissibilità

Rilevato che

1. con la suindicata ordinanza questa Corte, per quanto ora interessa in relazione ai motivi di revocazione, riteneva la tempestività del ricorso per cassazione proposto dal Comune di Carisolo, così rigettando l’eccezione di tardività formulata nel controricorso dalla suindicata società, reputando, invece, tardiva la notifica di tale ultimo atto; tutto ciò, assumendo che:

– applicandosi ratione temporis il temine lungo di sei mesi, la notifica del ricorso per cassazione eseguita il 15 marzo 2015 tramite posta elettronica certificata doveva considerarsi tempestiva a fronte del deposito della sentenza impugnata il 30 luglio 2014, tenuto conto dei 45 giorni di sospensione feriale, giacché il temine per l’impugnazione veniva a scadere il 16 marzo 2015;

– il Comune ricorrente aveva prodotto in giudizio “… in copia cartacea, asseverata conforme alla copia telematica dallo stesso procuratore speciale notificante, ai sensi della L. n. 53 del 1994, nonché 16 undecies, comma 1, del D.L. n. 179 del 2012, il messaggio di trasmissione a mezzo PEC e le ricevute di avvenuta consegna e di accettazione previste dall’art. 6, comma 2, del D.P.R. 11 febbraio 2005 n. 68 (richiamato dall’art. 3 bis, comma 3, della legge n. 53 del 1994), recanti entrambe la data del 15 marzo 2015”;

– “la cd. ricevuta di avvenuta consegna (RAC), che il gestore della PEC utilizzata dal destinatario deve fornire al mittente presso il suo indirizzo elettronico, costituisce documento idoneo a dimostrare, fino a prova del contrario, che il messaggio informatico è pervenuto nella casella di posta elettronica del destinatario (Vedi Cass. n. 26773 del 2016 e n. 30532 del 2018); ne consegue la tempestività del ricorso di cui è provata la notifica a mezzo PEC in data 15 marzo 2015”; 

– e ciò perché “… in tema di notificazione al difensore mediante invio dell’atto tramite posta elettronica certificata, nel momento in cui il sistema genera la ricevuta di accettazione e di consegna del messaggio nella casella del destinatario, si determina, analogamente a quanto avviene per le dichiarazioni negoziali ai sensi dell’art. 1335 c.c., una presunzione di conoscenza da parte dello stesso, il quale, pertanto, ove deduca la nullità della notifica, è tenuto a dimostrare le difficoltà di cognizione del contenuto della comunicazione correlate all’utilizzo dello strumento telematico” (Vedi Cass. n. 26102 del 2016)”;

– “provata la consegna in data 15 marzo 2015, in assenza di deduzioni in ordine ad un legittimo impedimento alla conoscenza, ne consegue la tardività del controricorso, consegnato per la notifica il 4 maggio 2015, ben oltre il termine di quaranta giorni di cui al combinato disposto degli artt. 369, comma 1, e 370, comma 1, c.p.c.” (così alle pagine nn. 3 e 4 dell’ordinanza impugnata);

2. la suindicata ricorrente proponeva ricorso per la revocazione della predetta ordinanza, con atto notificato l’8 ottobre 2019, sulla base di due motivi, depositando memoria in data 4 marzo 2024 ai sensi dell’art. 380-bis. 1. cod. proc. civ.;

3. il Comune di Carisolo è restato intimato; 

Considerato che

1. con il primo motivo l’istante ha dedotto, ai sensi degli artt. 391-bis e 395, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ. e 24 Cost., che la Corte aveva erroneamente considerato che la notifica del ricorso fosse avvenuta in data 15 marzo 2015, laddove dalle risultanze processuali emergeva che esso era stato, in realtà, notificato in data 27 marzo 2015, come provato nel corso del giudizio di legittimità e poi ulteriormente nel presente giudizio tramite le attestazioni del gestore di posta elettronica N., da cui emerge che i difensori della ricorrente avevano ricevuto dal 1 marzo 2015 al 27 marzo 2015 un unico messaggio di posta (in data 27 marzo 2015) proveniente dal difensore del Comune, senza che ci fossero stati malfunzionamenti nel servizio o della casella di posta, risultata in quel periodo non piena; 

2. con la seconda censura la ricorrente ha lamentato, con riferimento agli artt. 391-bis e 395, primo comma, nn. 3 e 4, e 396 cod. proc. civ., nonchè dell’art. 24 Cost., che l’asseverazione di cui dava conto la Corte riguardava la conformità dell’atto processuale spedito, non anche la conformità delle ricevute di consegna pec, assumendo che detta mancata asseverazione integra un’ulteriore ipotesi di errore revocatorio, rappresentando che “la totale diversità tra quanto depositato da parte ricorrente (ricevuta di notifica riportante la data del 15 marzo 2015) e quanto depositato dalla deducente difesa (ricevute di notifica recanti la data del 27 marzo 2015), con medesimo numero identificativo, avrebbe imposto la dichiarazione di improcedibilità del ricorso; 

3. il ricorso va dichiarato inammissibile;

4. come sopra esposto, i motivi di revocazione sono stati articolati ai sensi dell’art. 395, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ.;

5. va premesso, sul piano dei principi, quanto segue:

a. con riferimento all’ipotesi di cui all’art. 395, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. l’ipotesi di revocazione “… presuppone che un documento preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto produrre a suo tempo per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione, sicché essa non può essere utilmente invocata con riferimento a un documento formato dopo la decisione (v. Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 20587 del 13/10/2015, Rv. 637376 – 01; cfr. altresì, ex plurimis, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 3591 del 10/02/2017, Rv. 643102 – 01, secondo cui l’ipotesi di revocazione di cui al n. 3) dell’art. 395 c.p.c. presuppone che un documento decisivo preesistente alla decisione impugnata, che la parte non abbia potuto a suo tempo produrre per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario, sia stato recuperato solo successivamente a tale decisione, sicché non può essere utilmente invocata facendo riferimento ad un documento ‘rivelatosi’ decisivo dopo la decisione)” (così Cass., Sez. III, 5 ottobre 2023, n. 28126);

a.a. inoltre, “Per giustificare la revocazione ex art. 395, n. 3, c.p.c., è necessario che la parte si sia trovata nell’impossibilità, incolpevole, di produrre i documenti decisivi nel giudizio…. L’onere di dimostrare che, fino al momento dell’assegnazione della causa a sentenza, l’ignoranza dell’esistenza dei documenti e del luogo ove essi si trovavano non sia dipesa da sua colpa, ma da fatto dell’avversario o da causa di forza maggiore, incombe su chi agisce in revocazione...” (così Cass., Sez. T., 19 ottobre 2023, n. 29122, che richiama, ex plurimis, Cass. 16 gennaio 2018, n. 885 e Cass. 11 maggio 2016, n. 9652);

b. con riguardo all’ipotesi di cui all’art. 395, primo comma, n. 4, cod. proc. civ. “l’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto tra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali. Il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia pronunciato; b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass. Sez. 6-2 10-6-2021 n. 16439 Rv. 661483-01, Cass. Sez. U. 27-11-2019 n. 31032 Rv. 656234-01, Cass. Sez. 3 14-2-2006 n. 3190 Rv. 590611-01)” (cfr., tra le tante, Cass., Sez. II, 5 settembre 2023, n. 25865);

6. sulla base di tali consolidati principi le dedotte censure vanno dichiarate inammissibili per più ragioni;

6.1. sotto il primo profilo (scoperta di documenti decisivi) perché le attestazioni di N. Spa sono del 9 ed 11 settembre 2019 e quindi sono successive al giudizio, che è stato deciso con ordinanza depositata il 23 maggio 2019, dovendo sul punto ribadirsi ed aggiungersi a quanto sopra già esposto che il rimedio revocatorio, fondato sulla scoperta di nuovi documenti, postula che i documenti non siano stati prodotti in giudizio per causa di forza maggiore, evento questo che “si riferisce ad un avvenimento straordinario, in nessun modo riconducibile ad un comportamento negligente della parte” (Cass., 30 maggio 2014, n. 12162; Cass., 28 maggio 2014, n. 12000; Cass., 12 settembre 2012, n. 15242; Cass., 11 giugno 2008, n. 15534) e presuppone che “chi promuove la revocazione abbia dimostrato di aver fatto tutto il possibile per acquisire tempestivamente il documento e di non esserci riuscito per causa a lui non imputabile o per fatto dell’avversario.” (Cass., 20 marzo 2009, n. 6821); in particolare dovendosi, dunque, escludere detta forza maggiore laddove gli stessi strumenti del processo (quale l’esibizione) avrebbero permesso alla parte di conseguire la disponibilità dei documenti (Cass., 15 febbraio 1992, n. 1879);

6.1.a. per tale via, la suddetta documentazione non è spendibile nel presente giudizio, perché non ritrovata dopo detto procedimento, ma formata successivamente il deposito della pronuncia revocanda, senza che la ricorrente si sia peritata di allegare e dimostrare le circostanze di fatto giustificanti la forza maggiore che aveva impedito la produzione dei citati documenti nel giudizio definito con la pronuncia oggetto di esame;

6.2. in relazione al dedotto errore di fatto, invece, non può non osservarsi che il tema della tempestività della notifica del ricorso (e segnatamente della data di notifica del ricorso per cassazione) aveva costituito oggetto di specifica eccezione e, quindi, di controversia tra le parti, espressamente decisa dalla Corte nei termini sopra illustrati;

7. va ancora precisato che il secondo motivo sconta un ulteriore profilo di inammissibilità, risultando la doglianza, nella sua concretezza, rivolta a denunciare un error iuris e non anche un errore di fatto, nella parte in cui ha dedotto che, soprattutto in conseguenza dell’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 22438 del 24 settembre 2018), la mancata asseverazione di conformità delle ricevute di invio/consegna del ricorso da parte del difensore avrebbe dovuto comportare la declaratoria di improcedibilità del ricorso;

8. alla luce di quanto precede, il ricorso va dichiarato inammissibile; 

9. non vi è ragione di liquidare le spese del presente giudizio, stante la mancata costituzione del Comune di Carisolo;

10. nondimeno, va dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.

P.Q.M.

Dichiara l’inammissibilità del ricorso e dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1-quater, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.