CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 22856 depositata il 14 agosto 2024
Tributi – Avviso di liquidazione – Imposta di registro – Contratto preliminare di compravendita – Restituzione caparra confirmatoria – Accoglimento parziale
Ritenuto che
La controversia ha ad oggetto un avviso di liquidazione (…) con cui l’Agenzia delle Entrate (d’ora in poi ricorrente) ha richiesto il pagamento dell’imposta di registro per Euro 103.614,00.
La controversia trae origine da un contratto preliminare di compravendita stipulato dalla E.I. Srl in liquidazione in concordato preventivo (d’ora in poi intimata) con un’altra società, sottoposto a due condizioni sospensive tra loro concorrenti.
Il contratto prevedeva, in caso di mancato avveramento delle condizioni, la risoluzione ipso iure del contratto con obbligo del promittente venditore di restituire ogni importo ricevuto a qualunque titolo dal promittente acquirente.
L’odierna intimata, promittente acquirente, aveva corrisposto alla promittente venditrice la complessiva somma di Euro 3.296.200,00, di cui Euro 2.503.500,00 a titolo di acconto, oltre Iva per 500.700,00 e Euro 292.000,00 a titolo di caparra confirmatoria.
A seguito del mancato avveramento delle condizioni e della mancata restituzione degli importi corrisposti, l’odierna intimata presentava ricorso per decreto ingiuntivo.
Veniva, così emesso decreto ingiuntivo con condanna della società promittente venditrice alla restituzione dell’importo sopra indicato, oltre interessi e spese (decreto ingiuntivo del Trib. Firenze n. 4345 del 2013).
Su quest’atto l’odierna ricorrente ha liquidato l’imposta di registro in misura proporzionale nella misura del 3%, ai sensi dell’art. 8, lett. b) tariffa I allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
La CTP ha accolto parzialmente il ricorso proposto dall’intimata, rigettando la domanda in relazione all’imposta di registro sulla statuizione di condanna alla restituzione della caparra confirmatoria di Euro 292.000,00, ritenendo su di essa applicabile l’imposta di registro in misura proporzionale al 3%, ex dell’art. 8, lett. b), tariffa I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. Per la residua somma di Euro 2.503.500,00, oltre Iva per Euro 500.700,00 ha riconosciuto, invece, l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa, ritenendo su tale importo operativa la regola dell’alternatività Iva/registro ex nota 2 dell’art. 8 della tariffa I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
La CTR ha confermato la pronuncia di primo grado, respingendo l’appello dell’odierna ricorrente, sulla base delle seguenti ragioni:
– secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di imposta di registro, i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori o alla restituzione di denaro devono essere assoggettati ad imposta proporzionale, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 8, comma 1, lett. b) della tariffa I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, a meno che, oltre alla condanna al pagamento di una somma di denaro o all’imposizione di un obbligo restitutorio non abbiano ad oggetto anche l’annullamento o la declaratoria di nullità di un atto; in quest’ultimo caso l’imposta dovrà essere determinata in misura fissa, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. e) del citato D.P.R.
– nel caso di specie il decreto ingiuntivo equivale a una condanna di tipo restitutorio ed è conseguenza di una pronuncia di risoluzione del contratto cui va applicata l’imposta in misura fissa.
La ricorrente propone ricorso fondato su due motivi, la controparte resta intimata.
Considerato che
1. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione falsa applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. b) ed e) del D.P.R. n. 131 del 1986, della tariffa I, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. Contesta la decisione impugnata che ha ritenuto il decreto ingiuntivo assoggettato ad imposta in misura fissa sul presupposto che la statuizione di condanna alla restituzione portata dal decreto ingiuntivo, sebbene non assoggettata ad Iva, era, comunque, conseguente a una risoluzione di un contratto con applicazione della citata lett. e) del richiamato art. 8.
1.1. Il primo motivo è fondato nei termini di seguito esposti.
Intende il Collegio dare continuità al principio da tempo espresso in sede di legittimità per il quale, in tema di imposta di registro, dall’assetto normativo di cui agli artt. 20, 28 e 37 del testo unico approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, si evince che il decreto ingiuntivo di condanna al pagamento di somma di denaro, emesso sulla base della prova scritta costituita dal contratto recante la clausola risolutiva espressa, ha natura di sentenza di condanna, e, se esecutivo, deve essere assoggettato all’imposta proporzionale di registro, ai sensi dell’art. 8 lettera b) della tariffa, parte prima, allegato A), del medesimo D.P.R. n. 131 del 1986; mentre, se l’effetto restitutorio consegue alla pronuncia giudiziale di risoluzione del medesimo contratto (art. 1458 cod. civ.), all’atto dell’autorità giudiziaria deve applicarsi l’imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’art. 8 lettera e) della medesima tariffa (Cass., Sez. 5, n. 13315/2006, Rv. 590728 – 01).
L’art. 28 del D.P.R. n. 131 del 1986 stabilisce che la risoluzione del contratto, se dipende da clausola risolutiva espressa in esso contenuta, è soggetta all’imposta in misura fissa ed altrettanto prevede l’art. 8, lett. e) della tariffa I, per gli atti dell’autorità giudiziaria che dichiarano o promuovono la risoluzione di un contratto, ancorché portanti condanna alla restituzione di danaro.
Il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, comma 1, e art. 8, tariffa I, lett. b) statuiscono che i decreti ingiuntivi esecutivi “recanti condanna al pagamento di somme…” sono soggetti all’imposta del 3%.
È stato ritenuto in modo del tutto condivisibile che, secondo tale assetto normativo, ove l’effetto restitutorio di una somma di danaro consegue alla pronuncia giudiziale di risoluzione di un contratto (art. 1458 cod. civ.), deve applicarsi l’art. 8, lett. e) della precitata tariffa I allegata al D.P.R. n. 131 del 1986. Qualora, invece, la clausola risolutiva espressa di un contratto, pattuita per il caso di inadempimento, costituisca la prova scritta richiesta dall’art. 633 cod. proc. civ. per fondare la domanda di condanna, contenuta nel ricorso per decreto ingiuntivo al pagamento della somma di danaro oggetto della prestazione del contratto risolto, il provvedimento monitorio che l’accoglie ha natura di sentenza di condanna (art. 653 cod. proc. civ.), sì che, se esecutivo, deve esser soggetto all’imposta proporzionale di cui all’art. 8, lett. b) stessa tariffa (come argomentabile anche da Cass., Sez. 5, n. 11663/2001, Rv. 549271 – 01; Sez. 5, n. 21160/2005, Rv. 584574 – 01).
I precedenti di legittimità richiamati nella sentenza impugnata non possono trovare applicazione, in quanto riferiti a fattispecie del tutto diverse, quali l’inadempimento di una promessa di pagamento o l’accoglimento di domande di revocatoria fallimentare con conseguente restituzione dei beni al fallimento.
L’art. 8, primo comma, lett. e), della prima parte della tariffa, allegata al D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 è una norma speciale e di stretta interpretazione, il quale prevede l’imposta in misura fissa in relazione ai provvedimenti che dichiarano la nullità o pronunciano l’annullamento di un atto, ancorché portanti condanna alla restituzione di denaro o beni o la risoluzione di un contratto (dunque, in funzione meramente restitutoria e di ripristino della situazione patrimoniale anteriore) (Cass., Sez. 5, n. 16814/2017, Rv. 644890 – 01, Sez. 5, n. 24954/2013, Rv. 628720 – 01; Sez. 5, n. 17584/2012, Rv. 623935 – 01, Sez. 5, n. 4537/2009, Rv. 606856 – 01).
Sotto il profilo interpretativo dell’art. 28 del D.P.R. n. 131 del 1986 è stato, altresì, chiarito (Cass., Sez. 5, n. 24506 del 05/10/2018, Rv. 650744 – 01, resa in un’ipotesi di risoluzione per mutuo dissenso) che le ipotesi di risoluzione di cui al primo comma trovano la loro fonte in clausole o condizioni contenute nel negozio da risolvere o in un patto autonomo stipulato entro il secondo giorno successivo alla sua conclusione e, dunque, in fattispecie in cui il contratto viene meno per un originario difetto funzionale o per il concretizzarsi di una situazione di intrinseca instabilità oppure viene meno immediatamente dopo essere stato concluso. In tali ipotesi l’imposta si applica in misura fissa, avendo il legislatore ritenuto eccessivo colpire la manifestazione di capacità contributiva espressa dal negozio risolutorio, che importa solo la caducazione del titolo negoziale, con una nuova imposta proporzionale in aggiunta a quella già applicata al contratto base.
Nello stesso senso era stato già affermato che l’art. 8, parte I, della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986, prevede, fra l’altro, le diverse aliquote dell’uno e del tre per cento a seconda che i provvedimenti si riducano ad accertare un diritto a contenuto patrimoniale ovvero rechino il trasferimento o la costituzione di un diritto reale oppure la condanna al pagamento di somme, valori od altre prestazioni (Cass., Sez. 5, n. 8880/2002, Rv. 555173 – 01, in motivazione).
Sotto un diverso profilo si ribadisce quanto a suo tempo affermato in sede di legittimità, secondo cui in tema di imposta di registro, ai sensi dell’art. 37 del t.u. n. 131 del 1986, i decreti ingiuntivi esecutivi sono soggetti ad imposta proporzionale, salvo conguaglio in base a successiva sentenza passata in giudicato, indipendentemente dal rapporto sottostante, come dalla circostanza della mancata apposizione della formula esecutiva. Ciò, in quanto l’imposta di registro colpisce una dichiarazione di credito, azionata esecutivamente, per un determinato importo, implicando, pertanto, una manifestazione di capacità contributiva (Cass., Sez. 5, n. 11663/2001, Rv. 549271 – 01, cit.)
Nel caso in esame il contratto contenente la clausola risolutiva espressa è stato utilizzato come prova scritta per ottenere una rapida condanna alla restituzione dell’importo versato, ma non per ottenere una dichiarazione di risoluzione del contratto.
Ne consegue che la sentenza impugnata non si è attenuta ai principi sopra richiamati e, pertanto, va cassata.
2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., avendo la sentenza impugnata deciso la controversia su una censura mai eccepita dalla società contribuente. Quest’ultima aveva, infatti, incentrato le proprie doglianze sulla violazione del principio di alternatività tra Iva e registro e non sulla violazione dell’art. 8, lett. e) del citato D.P.R.
2.1. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata si è limitata a procedere ad una qualificazione dei fatti, così, come prospettati dalle parti e, pertanto, trova applicazione il principio iura novit curia.
3. Ne consegue il rinvio alla Corte di Giustizia di secondo grado della Toscana, in diversa composizione per la determinazione dell’imposta sulla base dei principi sopra richiamati e delle ulteriori ragioni di impugnazione dell’avviso dedotte nel ricorso introduttivo e ribadite in sede di appello.
Il giudice del rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.