Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 24555 depositata il 12 settembre 2024

INESISTENZA ATTO – NULLITA’ NOTIFICA

RILEVATO CHE: 

1. oggetto di controversia è l’avviso di accertamento in atti con cui il Comune di Napoli liquidò la maggiore imposta IMU per l’anno 2014 sulla base della maggiore rendita catastale, già oggetto di variazione di classamento in termini contestati nel presente giudizio dal contribuente;

2. con la sentenza impugnata la Commissione regionale, accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate e diversamente da quanto ritenuto dal primo Giudice, escludeva la dedotta invalidità della notifica dell’avviso di accertamento della predetta rendita catastale, eseguita dall’Agenzia delle Entrate tramite il servizio postale, assumendo che tale, consentita, modalità diretta di notifica non postulava, in caso di consegna del plico a soggetto diverso dal destinatario, la spedizione della cd. raccomandata informativa, aggiungendo che il contribuente non aveva provveduto ad impugnare detta rendita, per cui correttamente era stata posta a base dell’atto impugnato e che l’Ufficio aveva provveduto ad esibire la «c.d. “minuta d’Ufficio” (ndr. dell’avviso di accertamento catastale) in quanto l’originale è quello notificato alla parte» (così a pagina n. 5 della sentenza impugnata);

3. R.R. proponeva ricorso per cassazione contro la predetta sentenza, notificandolo il 22 dicembre 2021, formulando tre motivi di impugnazione e sollecitando la Corte a sollevare la questione di legittimità di cui appresso; in data 29 maggio 2024 l’istante ha depositato istanza di riunione del presente procedimento ad altri dallo stesso proposti sul medesimo tema in relazione ad altri anni di imposta, nonché di sospensione dei processi, in attesa della definizione del giudizio sulla querela di falso proposto contro l’avviso di accertamento NA0447786/2009 del 18 maggio 2009, presuntivamente notificato il 17 luglio 2009;

4. l’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso notificato il 26 gennaio 2022;

5. il Comune di Napoli resisteva con controricorso notificato il 31 gennaio 2022 (lunedì);

Considerato che: 

1. con il primo motivo di ricorso, l’istante ha eccepito, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3 e 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e del giudicato interno formatosi a seguito della sentenza di primo grado, con cui la Commissione tributaria provinciale di Napoli aveva annullato sia l’avviso di accertamento della rendita catastale, ritenendolo non validamente notificato, che l’avviso di accertamento IMU, in quanto basato su di una rendita catastale non efficace; il contribuente ha, in particolare, posto in rilievo che il Comune di Napoli non aveva proposto appello avverso la predetta sentenza di primo grado nella parte in cui aveva annullato l’accertamento IMU, previa declaratoria di inefficacia della nuova rendita catastale, limitandosi, invece, a sostenere, in grado di appello, le ragioni avanzate dall’Agenzia delle Entrate, per cui la sentenza del primo Giudice doveva considerarsi passata in giudicato nei riguardi dell’ente territoriale nella parte in cui aveva annullato il relativo accertamento, mentre la Commissione regionale aveva emesso una pronuncia ultra petita, accogliendo l’appello tout court e disponendo l’integrale riforma della pronuncia di primo grado, senza tener conto che il Comune non aveva proposto impugnazione;

2. con la seconda doglianza, l’istante ha dedotto, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 4 cod. proc. civ., la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ., avendo la Commissione regionale rigettato l’eccezione concernente la mancata dimostrazione dell’esistenza dell’avviso di rettifica (per avere l’Agenzia depositato solo una minuta di ufficio e non l’avviso accertamento catastale), così ponendo a base della decisione una prova non allegata al processo e supponendo «[…] l’esistenza di un fatto non allegato in giudizio e non vero, […] vale a dire che l’atto in originale sia stato notificato al contribuente, quando invece egli contesta proprio questa circostanza» (così a pagina n. 18 del ricorso), considerando poi – il ricorrente – abnorme la valutazione della Commissione nella parte in cui ha ritenuto che la minuta fosse idonea a dimostrare l’esistenza della rettifica catastale perché l’originale era stato consegnato al contribuente, laddove – a dire dell’istante – l’Agenzia avrebbe dovuto possedere la copia dell’atto notificato;

3. con la terza censura la società ha lamentato, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 74 della legge 21 novembre 2000, n. 342, rappresentando l’inefficacia della rendita catastale, contestando, a mente degli artt. 7, comma 6, 14 della legge 20 novembre 1982, 890 e 60, comma 1 e 1-bis, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, la regolarità della notifica del relativo avviso, in quanto effettuata tramite la procedura degli atti giudiziari e non con spedizione diretta da parte dell’Ufficio e consegna del plico a persona diversa dal ricorrente, senza invio della raccomandata informativa;

4. infine, il ricorrente ha sollecitato il vaglio di incidente di costituzionalità dell’art. 14 della legge novembre 1982, n. 890 in relazione agli artt. 3, 24, 111, 117 Cost., nonchè degli artt. 6 e 3 della Convenzione europea dei Diritti dell’Uomo, ponendo in evidenza che l’esclusione per le notifiche postali dirette (vale a dire senza l’intermediazione del messo o dell’ufficiale giudiziario) della garanzia offerta dall’invio di una seconda raccomandata (cd. informativa) al destinatario dell’atto, qualora non abbia ricevuto la materiale consegna del plico, non sarebbe sorretta da canoni di ragionevolezza in ragione del trattamento non omogeno di posizioni soggettive che esprimono le medesime esigenze di tutela, con conseguenziale violazione del principio di eguaglianza ed in spregio alla ratio della disciplina, finalizzata ad assicurare una conoscenza effettiva dell’atto; sotto altro profilo, l’istante, pur riconoscendo che la Corte costituzionale si è pronunciata sul tema con l’ordinanza n. 104/2019, ha posto in evidenza che la valutazione del Giudice delle leggi si pone in contrasto con il parametro interposto degli artt. 6 e 13 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, osservando che la giurisprudenza CEDU ammette una discrezionalità degli Stati per la delimitazione dell’acceso al giudice, purchè non si pongano limitazioni che incidano sul diritto di difesa, laddove la discrezionalità utilizzata dal legislatore nell’escludere il presidio di garanzia della raccomandata informativa non può considerarsi proporzionale al fine perseguito, giacchè l’invio della seconda raccomandata non inciderebbe sulla celerità del procedimento di notifica, garantendo, al contempo, il presidio di “conoscibilità effettiva” dell’atto;

5. il ricorso è infondato;

6. va preliminarmente disattesa l’istanza di riunione del presente procedimento a quelli recanti i nn. 8584/2021, 6145/2022 e 5442/2023 di ruolo generale, giacchè le controversie concernono anni di imposta diversi ed i motivi di impugnazione non sono interamente sovrapponibili, mentre la trattazione congiunta dei ricorsi assicura la stessa esigenza dell’unitario esame delle medesime questioni svolte nei vari giudizi, assicurando, al contemplo, maggiore ordine ed agilità di trattazione;

7. sempre in via preliminare va disattesa l’istanza sospensione del processo in ragione della querela di falso proposta contro l’avviso di accertamento catastale, dovendo ribadirsi che l’instaurazione di tale giudizio, concernente la falsità degli atti del procedimento di merito, non ha alcuna incidenza sul prosieguo del giudizio di cassazione, giacchè l’eventuale declaratoria falsità degli predetti atti, ove sia definitivamente accertata nella sede competente, può esser fatta valere come motivo di revocazione (cfr., tra le tante, Cass, Sez. L., 17 febbraio 2023, n. 5058, che richiama Cass., sez. III, 16 gennaio 2009, n. 986, e 29 gennaio 2019, n. 2343; nello stesso senso, Cass., sez. V, 6 novembre 2020, n. 24846);

8. il primo motivo non può essere accolto;

8.1 la Commissione regionale, decidendo sul gravame proposto dalla sola Agenzia delle Entrate e dando atto che il Comune aveva concluso per l’accoglimento dell’impugnazione proposta dall’Ufficio, ha accolto l’appello, senza altro chiarire;

8.2 deve intendersi – come correttamente inteso dal ricorrente – che la suindicata pronuncia abbia condotto al rigetto dell’originario ricorso del contribuente, volto al riconoscimento dell’inefficacia della rendita catastale posta a base dell’avviso di accertamento, nonché, per derivazione, di tale ultimo atto;

8.3 non par dubbia, invero, la sussistenza del nesso di pregiudizialità-dipendenza che intercorre tra il tema dell’efficacia della rendita catastale e quello dell’imposta IMU, che su tale valore catastale ha elaborato la relativa pretesa, per cui, nel delineato contesto, deve darsi seguito all’orientamento di questa Corte secondo cui, in ragione di tale rapporto di pregiudizialità- dipendenza, l’accoglimento o il rigetto della prima domanda non può che comportare rispettivamente l’accoglimento o il rigetto della seconda, con la conseguenza che, per la regola dell’effetto espansivo interno di cui all’ 336, primo comma, cod. proc. civ., la riforma in appello del capo di sentenza relativo alla domanda volta a far dichiarare l’inefficacia della rendita catastale non può che comportare la riforma del capo di sentenza relativo all’azione diretta dell’avviso di accertamento IMU, anche se quest’ultimo non sia stato attinto dai motivi di impugnazione (cfr., su tali principi, Cass. Sez. II; 23 gennaio 2023, n. 1910);

9. risulta inammissibile la seconda censura con cui il ricorrente ha rimproverato al Giudice regionale di aver ritenuto la «minuta ad uso ufficio» dell’atto di variazione catastale depositata dall’Agenzia idonea a dimostrare l’esistenza dell’atto di classamento, opponendo a tale valutazione che si tratta di atto inesistente anche perchè priva della firma del soggetto titolato a manifestare la volontà dell’ente, per cui la Commissione, con asserita motivazione abnorme, avrebbe violato la previsione dell’art. 115 cod. proc. civ., avendo supposto l’esistenza di un fatto non allegato al giudizio;

9.1 non è conferente il richiamo all’art. 115 cod. proc. civ., avendo il Giudice regionale valutato la predetta minuta come atto rappresentativo dei contenuti dell’accertamento catastale, così fondando «[…] la propria decisione su un dato probatorio preso in considerazione nella sua oggettività […]» ed adottando «[…] la propria decisione sulla base di informazioni probatorie desunte dal dato probatorio, il tutto sostenuto da una motivazione rispettosa dell’esigenza costituzionale di motivazione […]» (cfr. su tali principi Cass., Sez. Un., 5 marzo 2024, n. 5792), né potendo considerarsi abnorme la motivazione della sentenza nella parte in cui ha ritenuto verosimile che l’originale dell’atto di variazione fosse stato consegnato al contribuente, costituendo tale circostanza un dato fattuale plausibilmente considerato secondo l’id quod plerumque accidit;

9.2 ad ogni modo, tale segmento della motivazione della Commissione, svolta, ad abundantiam, per rispondere alle deduzioni difensive sviluppate dal ricorrente nella nota illustrativa, deve considerarsi espressione di una valutazione eccedente le ragioni essenziali e dirimenti della decisione, basate sul rilievo secondo cui

«[…] il contribuente non ha provveduto ad impugnare la nuova rendita catastale attribuita dall’Agenzia del Territorio, e correttamente il relativo importo è stato oggetto di richiesta da parte del Comune di Napoli» (così a pagina n. 5 della sentenza impugnata);

9.3 in tale direzione il Giudice dell’appello ha riconosciuto la non controvertibilità del classamento, il che, di per sé, supera e preclude ogni questione sulla validità, anche formale, dell’atto con cui era stata determinata la rendita catastale; detta valutazione, in altri termini, inibisce ogni ipotesi di revisione critica dell’atto di accertamento catastale, tenuto conto della sua conseguita irretrattabilità, con conseguente inammissibilità della censura in oggetto, alla fine attinente ad una statuizione della sentenza impugnata non essenziale rispetto alla predetta, decisiva, ratio decisoria, basata sulla mancata impugnazione dell’avviso di rettifica catastale;

10. quanto al terzo motivo, va premesso che ogni contestazione sulla modalità con cui è stata eseguita la notifica dell’avviso di accertamento (vale a dire se tramite l’intermediazione di altro soggetto o se mediante spedizione diretta del plico da parte dell’Ufficio) è questione di merito che è stata espressamente accertata dal Giudice regionale nella parte in cui ha affermato che

«[…] l’ufficio finanziario ha dato prova di aver proceduto alla notifica mediante invio diretto dell’atto a mezzo posta, ai sensi dell’art. 26, comma 1, d.P.R. n. 602/ del 1973» (v. pagina n. 4 della sentenza), il tutto con accertamento di fatto in tale sede non sindacabile sotto il canone censorio prescelto (art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.);

10.1 sotto altro profilo, non occorrono soverchie riflessioni per ribadire il consolidato indirizzo interpretativo della Corte secondo cui, qualora la notifica dell’atto fiscale sia eseguita mediante invio diretto di raccomandata con avviso di ricevimento, trovano applicazione le norme concernenti il servizio postale ordinario e non quelle della legge 20 novembre 1982, n. 890, per cui non è necessario l’invio di una successiva raccomandata informativa in quanto le norme concernenti il servizio postale ordinario non prevedono tale formalità, giustificandosi tale forma “semplificata” di notificazione, come affermato dalla Corte Costituzionale nelle sentenze 175 del 2018 e n. 104 del 2019, in relazione alla funzione pubblicistica svolta dall’Agenzia volta ad assicurare la pronta realizzazione del credito fiscale a garanzia del regolare svolgimento della vita finanziaria dello Stato (così, tra le tante, anche da ultimo, Cass., Sez. T., 11 aprile 2024, n. 9866, che richiama Cass., Sez. VI/V, 12 novembre 2018, n. 28872 e Cass., Sez. VI/V, 10 aprile 2019, n. 10037; nello stesso senso, tra le tante, Cass., Sez. T., 29 novembre 2023, n. 33236; Cass., Sez. T., 4 ottobre 2023, n. 27983; Cass., Sez. T., 22 settembre 2023, n. 27101; Cass., Sez. T, 10 agosto 2023, n. 24492; Cass., Sez. V, 4 aprile 2018, n. 8293 ed anche Cass., Sez. T. 18 gennaio 2024, n. 1896, che richiama Cass., Sez. T. 3 aprile 2019, n. 9240 e Cass., Sez. I, 19 gennaio 2023, n. 1686 e tante altre in dette pronunce citate); la doglianza, dunque, si rivela inammissibile ai sensi dell’art. 360-bis cod. proc. civ.;

11. non vi è, infine ragione di investire nuovamente la Corte Costituzionale delle suindicate questioni, avendo la stessa avuto modo di pronunciarsi, anche di recente (due volte) su detti temi, affermando e ribadendo, anche con riferimento all’art. 6 CEDU, che:

– «[…] nella fattispecie della notificazione “diretta”, vi è un sufficiente livello di conoscibilità – ossia di possibilità che si raggiunga, per il notificatario, l’effettiva conoscenza dell’atto

– «stante l’avvenuta consegna del plico (oltre che allo stesso destinatario, anche alternativamente) a chi sia legittimato a riceverlo, sicché il “limite inderogabile” della discrezionalità del legislatore non è superato e non è compromesso il diritto di difesa del destinatario della notifica»;

– «[…] analoghe considerazioni possono svolgersi con riferimento sia alla notifica diretta ad opera degli uffici finanziari, prevista dall’art. 14 della legge n. 890 del 1982 sia a quella contemplata dall’ 1, comma 161, della legge n. 296 del 2006 per i tributi locali»;

– «[…] come già evidenziato nella sentenza n. 175 del 2018 – la mancanza, in concreto, di «effettiva conoscenza» dell’atto, per causa non imputabile, può legittimare il destinatario a richiedere la rimessione in termini ai sensi dell’art. 153, secondo comma, del codice di procedura civile»;

– «[…] l’art. 6 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente) legittima un’applicazione estensiva dell’istituto della rimessione in termini, sì da tutelare il contribuente che non abbia avuto «effettiva conoscenza» dell’atto restituendolo nel termine di decadenza, di cui all’art. 19 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), per impugnare l’atto»;

– […] è rimesso al prudente apprezzamento del giudice della controversia valutare ogni comprovato elemento presuntivo (art. 2729 del codice civile), offerto dal destinatario della notifica “diretta” della cartella di pagamento – il quale, pur essendo integrata un’ipotesi di conoscenza legale in ragione del rispetto delle formalità (tanto più che semplificate) di cui alle disposizioni censurate, assuma di non aver avuto conoscenza effettiva dell’atto per causa a lui non imputabile – al fine di accogliere, o no, la richiesta di rimessione in termini» (così Corte Cost., 24 aprile 2019, n. 104 e, nei medesimi termini, Corte Cost., 3 gennaio 2020, n. 2, che richiamano le sentenze della medesima Corte n. 90 del 2018 e n. 281 del 2011);

12. alla stregua di tali riflessioni, ricorso va respinto;

13. le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza;

14. va dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore dell’Agenzia delle Entrate nella misura di 2.400,00 € per competenze, oltre al pagamento delle spese che risulteranno dai registi di cancelleria prenotate a debito e nei riguardi del Comune di Napoli nella misura di 2.400,00 € per competenze, oltre accessori ed al pagamento delle spese vive, liquidate in 200,00 €.

Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1- quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte del ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.