CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 25043 depositata il 18 settembre 2024

Tributi – Avviso di accertamento – Imposte dirette – IVA – Verifica fiscale con p.v.c. – Movimenti bancari non giustificati – Ricavi non dichiarati – Accoglimento parziale

Rilevato che

Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata di Catania, veniva parzialmente accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Catania n. 61/8/13 con la quale il giudice aveva accolto il ricorso dell’imprenditore edile La.Al., avverso l’avviso di accertamento n. (…)/2010 emesso per II.DD. e IVA 2006 ex artt. 32 e 39 del D.P.R. n. 600/73 a seguito di verifica fiscale conclusa con p.v.c. e interlocuzione con il contribuente ex art.12 comma 7 L. n. 212/2000.

Venivano ritenuti non giustificati i movimenti bancari, effettuati dal contribuente, dai suoi figli Gi., Al. e An. La.Al. e dalle imprese collegate per complessivi Euro 2.592.083, i quali venivano qualificati ricavi non dichiarati.

Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso introduttivo ritenendo non sufficientemente motivato l’atto impositivo impugnato.

Il giudice d’appello riformava tale decisione, stabilendo al contrario che l’avviso e il p.v.c. fornissero evidenze di movimenti finanziari sui conti del contribuente e dei familiari e che questi non fossero stati giustificati.

La CTR stabiliva inoltre: “Deve, però, altresì, rilevarsi che, essendo tre (il contribuente e i due figli) i nominativi che risultano nell’elenco dei prelievi effettuati, la quota di pertinenza del contribuente è di un terzo. Pertanto, l’importo di ricavi non contabilizzati, di cui a pag. 3 dell’avviso di accertamento impugnato, deve essere ridotto ad un terzo e cioè Euro 864.028,00 (1/3 di Euro 2.592.083,00).”.

Avverso tale sentenza Alfredo La.Al. ha proposto ricorso principale per Cassazione, articolato in sette censure.

L’Agenzia delle Entrate ha a sua volta proposto ricorso successivo e quindi controricorso e ricorso incidentale affidato a tre motivi, identici a quelli del ricorso successivo.

Considerato che

1. Il primo motivo proposto dal ricorrente principale deduce la violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 7 e 12, comma 7, della legge 27/7/2000 n. 212, 3 della legge del 7/8/1990 n.241, in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per omesso esame delle idonee giustificazioni e osservazioni spedite alla Agenzia Entrate il 16/4/2008 in sede di attivazione del contraddittorio endoprocedimentale, avendo il ricorrente enunciato e dimostrato in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere in sede di contraddittorio qualora questa fase fosse stata tempestivamente attivata dall’Ufficio al fine di addivenire ad un bonario componimento. Il ricorrente si duole inoltre del fatto che nell’atto di accertamento non sono specificati i motivi di rigetto delle osservazioni al p.v.c. 25/2/2008 spedite il 16/4/2008.

1.1. La seconda censura del ricorso principale prospetta l’insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., in relazione agli artt. 7 e 12 comma 7 della legge 27/7/2000 n. 212, 42 del D.P.R. 600/73 e 56 del D.P.R. 633/72, per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di contraddittorio con l’Ufficio.

2. I due motivi, connessi e relativi alla fase del contraddittorio pro-cedimentale, sono inammissibili per più concorrenti ragioni.

2.1. Innanzitutto, le due doglianze in disamina sono meramente formali e generiche perché il ricorrente si duole del fatto che il giudice non abbia preso posizione sulle giustificazioni di parte alle movimentazioni bancarie contestate senza neppure riportarne il contenuto concreto per dimostrare la decisività della prospettazione di parte.

2.3. In secondo luogo, l’avviso di accertamento, sia pure succintamente, dà conto dell’intervenuta interlocuzione ex  art.12 comma 7 L. n.212/2000 con il contribuente e dunque anche della produzione difensiva avvenuta in quella fase, mentre l’Amministrazione non aveva alcun obbligo di accogliere in tutto o in parte la prospettazione del contribuente e nemmeno di specificare i motivi del mancato accoglimento, essendo sufficiente dimostrare che ne ha tenuto conto, come avvenuto.

2.3. In terzo luogo, entrambe le censure (la prima nella parte in cui si duole del fatto che nell’atto di accertamento non sono specificati i motivi di rigetto delle osservazioni al p.v.c. 25/2/2008 spedite il 16/4/2008 e interamente il secondo motivo) sono prive di specificità anche perché dirette a riproporre argomentazioni di merito già vagliate dal giudice e da questi disattese, piuttosto che a censurare la sentenza di appello.

Al proposito, la sentenza ha chiaramente affermato che le argomentazioni difensive non sono idonee a fornire una prova liberatoria dalle presunzioni gravi precise e concordanti discendenti dall’art. 32 del D.P.R. n.600/73, determinate dai collegamenti economici tra le imprese di La.Al. e dei figli e dalle incongruenze riscontrate nelle scritture contabili a fronte degli ingenti valori oggetto di movimentazioni economica sui conti correnti loro intestati.

Il giudice ha motivatamente ritenuto non plausibile la riconducibilità dei prelievi a incassi scaturenti dall’attività edilizia svolta dal contribuente “tenuto conto che i detti prelievi non trovano alcun supporto e/o giustificazione negli utili che lo stesso ha dichiarato di aver conseguito negli anni precedenti attraverso i dati esposti nelle relative dichiarazioni dei redditi” (v. p. 2 sentenza).

2.4. Ancora, il secondo motivo propone un vizio motivazionale per insufficiente e contraddittoria motivazione non utilmente introduci-bile in Cassazione nel quadro normativo applicabile alla fattispecie. L’art. 54, comma primo, lett. b), del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, ha riformato il testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., e si applica nei confronti di ogni sentenza pubblicata dal trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della legge di conversione del decreto e, dunque, dall’11 settembre 2012.

La novella trova perciò applicazione nella fattispecie, in cui la sentenza impugnata è stata depositata il 7 marzo 2019 e, nel testo applicabile, il vizio motivazionale deve essere dedotto censurando l'”omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” e non più l'”omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione” circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio come precedentemente previsto dal “vecchio” n.5, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso il quale non ha tenuto conto del mutato quadro normativo processuale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 2014).

2.5. Infine, la seconda doglianza apoditticamente afferma che la valutazione delle circostanze difensive avrebbe portato ad una ricostruzione dei fatti diversa da quella accolta dal giudice di secondo grado, ma la deduzione è generica non indicando neppure per sommi capi le concrete giustificazioni, movimento per movimento bancario contestato, di cui non si sarebbe tenuto conto e quindi, a maggior ragione, in che misura il contenuto concreto dell’atto impositivo avrebbe potuto essere differente con menomazione effettiva del diritto di difesa.

3. Con il terzo motivo La.Al. lamenta la violazione e falsa applicazione art. 39, comma 1, lettera d), del D.P.R. 600/73, e art. 32 commi 1 e 2 del D.P.R. 600/73, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., per omesso esame di un fatto decisivo del giudizio, giacché l’accertamento dell’Ufficio non sarebbe analitico induttivo fondato sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta.

Le asserite irregolarità contabili riguarderebbero le scritture contabili della società conferenti, ma non quella della ditta individuale La.Al., per cui l’accertamento sarebbe basato esclusivamente sui prelevamenti bancari effettuati dai conti correnti intrattenuti presso il Banco di Sicilia dell’impresa individuale La.Al. per complessivi Euro 2.592.083 e versati nella Società a ristretta base familiare S.I. Srl Quindi, si tratterebbe di accertamento esclusivamente presuntivo ex art. 32, commi 1 e 2, del D.P.R. 600/73 e art. 51, comma 2, numero 2, del D.P.R. 633/72, laddove è ammessa la giustificazione dei singoli prelevamenti bancari da parte del contribuente.

4. Il motivo è inammissibile.

4.1. La tecnica di formulazione del mezzo di impugnazione è contraddittoria, facendo riferimento da un lato al paradigma della censura motivazionale e, dall’altro, ad un contenuto di violazione di legge.

4.2. Il mezzo di impugnazione è inoltre generico e privo di specificità nel suo contenuto.

L’affermazione secondo cui non vi sarebbe irregolare tenuta delle scritture contabili in capo ad La.Al. e alla sua attività di impresa sconta il fatto che non solo la sentenza non si pronuncia esplicitamente sul punto e il ricorrente non indica in quali atti difensivi di primo grado abbia introdotto la doglianza e poi l’abbia riproposta in appello.

A ben vedere è anche irrilevante, dal momento che la regolarità formale delle scritture non impedisce in alcun modo l’accertamento e l’applicazione delle presunzioni di cui all’art. 32 cit.

4.3. In ogni caso, l’allegazione sulla scorta del quale viene prospettata una riqualificazione dell’accertamento è priva di base, come si evince dalla lettura del p.v.c. richiamato dall’avviso e riprodotto dallo stesso contribuente in allegato al ricorso per Cassazione, ove si contestano numerose violazioni sostanziali per omesse fatturazioni, omesse dichiarazioni di componenti positivi di reddito con riferimento al contenuto delle scritture contabili sia per le II.DD. che per l’IVA, dichiarazioni infedeli ecc..

Si tratta di un compendio di elementi pienamente idonei a fondare l’accertamento ex artt. 32 e 39 del D.P.R. 600/73 nell’ambito del quale sono state disposte le indagini bancarie di cui all’art. 32 commi 1 e 2 del D.P.R. 600/73 le quali, peraltro, costituiscono un mezzo istruttorio e non un’autonoma tipologia di accertamento fiscale.

5. Con il quarto motivo di ricorso principale viene prospettato l’error in iudicando, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., per falsa applicazione “delle presunzioni legali previste dell’art. 32 commi 1) e 2) D.P.R. 600/73 e 51 comma 2) numero 2 D.P.R. 633/72 per omessa valutazione delle prove e degli elementi risultanti dalle scritture contabili dell’impresa individuale in contabilità ordinaria.”.

Secondo il ricorrente il giudice avrebbe omesso di valutare le prove documentali fomite dalle quali emergerebbe che tutti gli addebiti contabilizzati sono riferiti ad operazioni imponibili fatturate, essendo stata dimostrata la provenienza e destinazione dei singoli prelevamenti.

6. Il mezzo di impugnazione è inammissibile.

Premesso che le presunzioni discendenti dall’art. 32 D.P.R. 600/73 sono relative, la censura è chiaramente generica e, in ultima analisi, anche meritale.

A fronte della valutazione della prova operata dal giudice, in ricorso non sono indicate, neppure per sommi capi, le concrete giustificazioni delle singole movimentazioni contestate di cui il giudice non avrebbe tenuto conto, e non basta il richiamo generico alla produzione documentale effettuata in sede di osservazioni al p.v.c. ex art. 12 comma 7 L. n. 212/2000 e indicata come allegata al ricorso, la quale oltretutto non è chiaro in quale misura si distingua per contenuto dai prospetti giustificativi già esibiti agli accertatori anteriormente all’adozione del p.v.c. e di cui tiene già conto quest’ultimo documento.

La Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale ed esercita un controllo sulla legalità e logicità della decisione che non consente di riesaminare e di valutare autonomamente il merito della causa.

Ne consegue che la parte non può limitarsi a censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali contenuta nella sentenza impugnata, contrapponendovi la propria diversa interpretazione, al fine di ottenere la revisione degli accertamenti di fatto compiuti (Cass. 28 novembre 2014 n. 25332).

Non vi sono ragioni per discostarsi da tale insegnamento nel caso di specie.

7. Con il quinto motivo il ricorrente principale lamenta la violazione degli artt. 39, comma 1, lett. d), del D.P.R. 600/73, 2729 e 2359 cod. civ., ai fini dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ. per non aver la CTR tenuto conto che “il vincolo familiare dei soci determina il collegamento ex art. 2359 c.c. delle tre società A.F.S. Srl, B.C. Srl e S.I. Srl., per cui spetta alla Amministrazione Finanziaria che contesti i dati esposti nelle dichiarazioni fornire la prova dell’inesistenza del collegamento fra le società”.

8. Il motivo è inammissibile, in quanto chiaramente diretto ad ottenere un nuovo apprezzamento della prova.

La censura inoltre è anche incongruente, dal momento che l’unico collegamento tra la doglianza e la fattispecie concreta è la seguente affermazione a pag.11 del ricorso: “La semplice incollatura dei verbali di assemblea redatti su supporto elettronico nel libro delle adunanze, non può costituire una valida prova di maggiori ricavi, giacché i movimenti bancari risultanti dal conto bancario intestato al La.Al. sono riferibili ad operazioni poste in essere dall’impresa edile La.Al. e sono stati tutti dichiarati e fatturati.”.

Il Collegio osserva che l’irregolare tenuta della contabilità è una circostanza tutt’altro che di minore rilevanza, come sostiene il contribuente, depotenziando l’elemento suddetto, certamente idoneo a fondare l’accertamento analitico induttivo (cfr., tra le molte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 6937 del 25/03/2011).

In disparte da ciò, la contestazione è stata ritenuta fondata dal giudice perché: “le consistenti somme di cui trattasi non trovano alcuna corrispondenza né in entrata né in uscita nei conti e/o sottoconti delle scritture contabili.

Né può ritenersi idonea la motivazione addotta dal contribuente circa la riconducibilità dei prelievi a incassi scaturenti dalla attività edilizia svolta dallo stesso tenuto conto che i detti prelievi non trovano alcun supporto e/o giustificazione negli utili che lo stesso ha dichiarato di aver conseguito negli armi precedenti attraverso i dati esposti nelle relative dichiarazioni dei redditi.” (cfr. p.2 sentenza). Si tratta di una argomentazione logica non specificamente censurata con apposita doglianza motivazionale.

9. Con il sesto motivo del ricorso principale viene prospettato l’error in procedendo per violazione e falsa applicazione degli artt. 32 e  39 D.P.R. 600/73 e 51 D.P.R. 633/72, in rapporto all’art. 360 comma 1 n. 5 cod. proc. civ. per contraddittorietà della motivazione, laddove i giudici d’appello, riconoscendo le operazioni non giustificate ammontanti a Euro 2.592.083, hanno ritenuto congruo ridurre di un terzo i ricavi non contabilizzati in Euro 864.028, senza specificare analiticamente quali fossero, singolarmente, i prelevamenti giustificati.

Tale interpretazione sarebbe secondo il ricorrente in violazione della giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale il contribuente deve fornire una prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero della loro estraneità alla propria attività, ritenuta insufficiente dai giudici di secondo grado, senza una specifica motivazione.

10. Il motivo è inammissibile in quanto da un lato non coglie la ratio decidendi espressa dalla CTR che, come sopra visto, ha accertato non la mera insufficienza della prova bensì la totale irreconciliabilità tra le movimentazioni contestate e le risultanze delle scritture contabili.

Dall’altro, il ricorrente non ha interesse ex art.100 cod. proc. civ. a far valere il fatto che la CTR abbia ridotto di un terzo della pretesa impositiva in assenza di prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni contestate.

11. Il settimo motivo del ricorso principale, con riferimento all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., prospetta il vizio di motivazione apparente della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ. e 36 del D.Lgs. 31/12/1992 n. 546 in conseguenza dell’omessa esposizione delle ragioni e dell’iter logico seguito per pervenire alla decisione di ridurre di un terzo i presunti maggiori ricavi lordi accertati dall’Amministrazione finanziaria.

12. Il motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente non ha interesse ex  art.100 cod. proc. civ. a far valere il fatto che la CTR abbia ridotto di un terzo della pretesa impositiva in assenza di prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni contestate.

13. Con il primo motivo, ai fini dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. e degli artt. 1, comma 2, 36, e 61 D.Lgs. 546/1992, nonché dell’art. 111, comma 6, Cost., e la nullità della sentenza per assoluta mancanza (o mera apparenza) della motivazione quanto alla riduzione ad un terzo dell’importo dei ricavi non contabilizzati di cui a pag. 3 dell’avviso di accertamento impugnato.

13.1. Il secondo motivo di censura proposto dell’Amministrazione finanziaria prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, comma 1, nn.2 e 7, del D.P.R. n. 600/1973 e dell’art. 51, comma 2, nn. 2 e 7, del D.P.R. n. 633 del 1972, 2727, 2729 e 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., relativamente ai rilievi fiscali effettuati sulla base delle indagini bancarie in quanto, pur avendo ritenuto la sussistenza di operazioni extracontabili, il giudice d’appello ha rideterminato nella misura di un terzo i ricavi non contabilizzati.

14. I motivi, connessi, possono essere trattati congiuntamente e sono fondati. La CTR non ha tenuto conto del fatto che, quanto alle II.DD., al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 – in virtù della quale i prelevamenti ed i versamenti operati su conto corrente bancario vanno imputati a ricavi conseguiti nell’esercizio dell’attività d’impresa -, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (cfr., tra le molte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4829 del 11/03/2015).

Quanto all’accertamento riferito all’imposizione indiretta poi va ribadito che tutti i movimenti sui conti bancari del contribuente, siano essi accrediti che addebiti, si presumono, ai sensi dell’art. 32, comma 1, n.2 del D.P.R. n.600 del 1973, e dell’art. 51, comma 2, n.2, del D.P.R. n.633 del 1972, riferiti all’attività economica del contribuente, i primi quali ricavi e i secondi quali corrispettivi versati per l’acquisto di beni e servizi reimpiegati nella produzione, spettando all’interessato fornire la prova contraria che i singoli movimenti non si riferiscono ad operazioni imponibili (cfr. exmultis, Cass. Sez. 5, Sentenza n.26111 del 30/12/2015; conforme Cass. Sez. 5, Sentenza n.15857 del 29/07/2016).

Il giudice non ha tenuto conto che, per superare tale presunzione, il contribuente deve in particolare dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni versamento bancario, che gli elementi desumibili dalla movimentazione bancaria non sono riferibili ad operazioni imponibili (Cass. Sez. 5, Sentenza n.15857 del 29/07/2016, conforme, Cass. Sez. 5, Sentenza n.4829 del 11/03/2015), non potendo operare una riduzione forfetaria ad un terzo per il semplice fatto che le indagini bancarie hanno interessato anche conti correnti intestati a due familiari del contribuente.

La motivazione adottata dalla CTR è in ultima analisi apodittica e quindi non rispetta il minimo costituzionale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 2014).

15. L’accoglimento dei primi due motivi proposti dall’Agenzia determina l’assorbimento del terzo mezzo di impugnazione che prospetta anche il vizio motivazionale per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.

16. La sentenza impugnata dev’essere cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Accoglie i primi due motivi di ricorso dell’Agenzia delle Entrate, assorbito il terzo, rigettato il ricorso principale, cassa la sentenza impugnata e rinvia Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo e per la liquidazione delle spese di lite.

Si dà atto che, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.