CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 25606 depositata il 25 settembre 2024
Tributi – Avviso di accertamento – IRES – IRAP- IVA – Intermediazione abusiva di manodopera – Contratto di subappalto – PVC – DURC – Caporalato – Accoglimento
Rilevato che
1. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe con la quale la Commissione Tributaria (CT) di secondo grado di Bolzano ha respinto l’appello erariale contro la sentenza della CT di primo grado che aveva annullato l’avviso di accertamento per il 2008 emesso nei confronti della D.R. Srl, in persona di Wi.Wo., recante recupero di IRES, IRAP e IVA in relazione ad una intermediazione abusiva di manodopera ravvisata dietro lo schermo di un contratto di subappalto.
2. Secondo i Giudici d’appello il contratto di subappalto stipulato tra la D.R. (committente) e la D.C. (subappaltatrice) in data 03/04/2008 non occultava intermediazione abusiva di manodopera, poiché era stato pattuito che i compensi dovevano essere corrisposti a misura secondo le quantità di lavoro effettivamente eseguite e secondo i prezzi unitari come da preventivo, era previsto l’obbligo di presentazione di stati di avanzamento mensili e la subappaltatrice aveva dichiarato di possedere mezzi economici e macchinari necessari per l’esecuzione in autonomia e sotto la propria gestione e a proprio rischio i lavori oggetto del contratto.
La Commissione ha ritenuto, inoltre, che non fosse sufficiente, per “scardinare quanto contrattualmente previsto”, una sola fattura che riportava un importo commisurato alle ore di lavoro prestate agli operai anziché agli stati avanzamento.
3. Il ricorso si fonda su un motivo.
4. Resistono con controricorso la società e il Wi.Wo.
Considerato che
1. Con l’unico motivo si deduce, in relazione all’articolo 360 comma 1 n. 3 c p.c., violazione e falsa applicazione dell’articolo 1655 c.c., art. 29 D.Lgs. n. 207/2003,(ndr art. 29 D.Lgs. n. 276/2003) art. 5 del D.Lgs. n. 446/1997, art. 19 D.P.R. n. 633/1972, art. 64 D.P.R. n. 600/1973, in quanto la CT aveva dato rilievo solo al contratto trascurando gli elementi indiziari raccolti dalla Guardia di finanza nel PVC, da cui risultava che in relazione ai lavori oggetto della fattura n. 32 era stato richiesto il DURC, non necessario in caso di lavori in economia, che gli accordi reali facevano riferimento alle ore di lavoro prestate dagli operai e non all’opera compiuta o al servizio eseguito, che il legale rappresentante della D.C. (Da.Ra.) non impartiva direttive ma fungeva da “caporale” e provvedeva soltanto ad emettere le fatture per operazioni inesistenti e percepiva un compenso a titolo di intermediario sulla tariffa oraria corrisposta ai propri operai.
2. Il motivo è fondato.
3. Va, preliminarmente, rammentato che la giurisprudenza della Corte di cassazione (Cass. n. 18808 del 2017; Cass. n. 28953 del 2018), ha da tempo chiarito che, pur dopo la riforma di cui al D.Lgs. n. 276 del 2003, il contratto di somministrazione di manodopera irregolare, schermato da quello di appalto di servizi, incorre in nullità, che conforma anche la sorte del contratto tra lavoratore e somministratore.
Ne deriva che la fatturazione delle prestazioni rese da parte del somministratore non legittima la detrazione dell’IVA ad esse relativa e l’accertamento rileva anche ai fini della deduzione di componenti negativi ex art. 5, comma 3, del D.Lgs. 446/1997 (Cass. n. 7440 del 2022; Cass. n. 34876 del 2021; Cass. n. 12807 del 2020).
4. Il D.Lgs. 276 del 2003, art. 29, nel testo applicabile ratione temporis risultante dal decreto legislativo del 21/11/2014 n. 175, articolo 28, prevede, invero, che “ai fini della applicazione delle norme contenute nel presente titolo, il contratto di appalto, stipulato ai sensi dell’art. 1655 cod. civ., si distingue dalla somministrazione di lavoro per la organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore, che può anche risultare, in relazione alle esigenza dell’opera o del servizio dedotti in contratto, dall’esercizio del potere organizzativo e direttivo nei confronti dei lavoratori utilizzati nell’appalto, nonché per la assunzione, da parte del medesimo appaltatore, del rischio d’impresa“.
Secondo un indirizzo di questa Corte ormai consolidato ed anche di recente confermato in termini generali, in tema di interposizione di manodopera, affinché possa configurarsi un genuino appalto di opere o servizi ai sensi dell’art. 29, comma 1, del D.Lgs. n. 276 del 2003, è necessario verificare, specie nell’ipotesi di appalti ad alta intensità di manodopera (c.d. labour intensive), che all’appaltatore sia stata affidata la realizzazione di un risultato in sé autonomo, da conseguire attraverso una effettiva e autonoma organizzazione del lavoro, con reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d’impresa, dovendosi invece ravvisare un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo o organizzativo sia interamente affidato al formale committente, restando irrilevante che manchi, in capo a quest’ultimo, l’intuitus personae nella scelta del personale, atteso che, nelle ipotesi di somministrazione illegale, è frequente che l’elemento fiduciario caratterizzi l’intermediario, il quale seleziona i lavoratori per poi metterli a disposizione del reale datore di lavoro (così Cass. n. 12551 del 2020; Cass. n. 15557 del 2019; v. anche Cass. n. 12807 del 2020).
Ciò che conta è il reale assoggettamento al potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, con impiego di propri mezzi e assunzione da parte sua del rischio d’impresa (Cass. n. 12551 del 2020).
Al contrario, si deve invece ravvisare un’interposizione illecita di manodopera nel caso in cui il potere direttivo e organizzativo sia interamente affidato al formale committente.
5. In riferimento agli appalti “endoaziendali”, caratterizzati dall’affidamento ad un appaltatore esterno di tutte le attività, ancorché strettamente attinenti al complessivo ciclo produttivo del committente, questa Corte ha altresì osservato che il divieto di intermediazione ed interposizione nelle prestazioni di lavoro opera tutte le volte in cui l’appaltatore metta a disposizione del committente una prestazione lavorativa, rimanendo in capo all’appaltatore-datore di lavoro i soli compiti di gestione amministrativa del rapporto (quali retribuzione, pianificazione delle ferie, assicurazione della continuità della prestazione), ma senza che da parte sua ci sia una reale organizzazione della prestazione stessa, finalizzata ad un risultato produttivo autonomo (Cass. n. 6343 del 2013).
Ha, inoltre, affermato che, una volta accertata l’estraneità dell’appaltatore alla organizzazione e direzione dei prestatori di lavoro nell’esecuzione dell’appalto, è del tutto ultronea qualsiasi questione riguardante il rischio economico e l’autonoma organizzazione del medesimo, né rileva che l’impresa appaltatrice sia effettivamente operante sul mercato, atteso che, se la prestazione risulta diretta ed organizzata dal committente, per ciò solo si deve escludere l’organizzazione del servizio ad opera dell’appaltante (in questi termini Cass. n. 11720 del 2009; Cass. n. 17444 del 2009; Cass. n. 9624 del 2008).
6. Tali accertamenti vanno svolti in concreto dal giudice, alla stregua dell’oggetto e del contenuto intrinseco del contratto (cfr. Cass. n. 18455 del 2023); pertanto, il nomen iuris o le formali pattuizioni non escludono la necessità di verificare la riconducibilità, in concreto, della prestazione allo schema legale tipico.
Nel caso di specie, la Commissione non ha fatto buon governo di questi principi, avendo del tutto trascurato l’accertamento in concreto della natura e delle caratteristiche dell’attività svolta ed essendosi limitata a dar prevalenza al testo contrattuale, rispetto al complesso dei concreti elementi indiziari evidenziati dall’Ufficio, senza indagare quale fosse l’effettiva intenzione delle parti né valutare il loro comportamento complessivo, anche successivo alla conclusione del contratto, come previsto pure dall’art. 1362 c.c. in tema di regole generali sull’interpretazione del contratto.
7. Pertanto, accolto il ricorso e cassata di conseguenza la sentenza impugnata, la causa deve essere rinviata al giudice del merito che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado di Bolzano in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.