CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 25607 depositata il 25 settembre 2024

Tributi – Avviso di irrogazione sanzioni – Insufficiente pagamento contributo unificato – Atto di pignoramento presso terzi – Accoglimento

Rilevato che

1. La CTP di Caserta accoglieva il ricorso proposto da Pe.Lo. avverso l’avviso di irrogazione sanzioni per insufficiente pagamento del contributo unificato con riferimento ad un atto di pignoramento presso terzi.

2. Sull’impugnazione del Ministero dell’Economia e delle Finanze, la CTR Campania rigettava il gravame, evidenziando che il valore della lite doveva identificarsi con quello dell’atto di pignoramento, e non con il valore della pretesa tributaria che aveva dato origine al detto pignoramento, vale a dire con il totale dei tributi (derivanti, nel caso di specie, da due cartelle di pagamento e da un atto di accertamento) dei quali il contribuente risultava debitore.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Ministero dell’Economia e delle Finanze sulla base di un unico motivo. Pe.Lo. non ha svolto difese.

Considerato che

1. Con l’unico motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 14, comma 3-bis, D.P.R. n. 115/2002 e 12, comma 2, D.Lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., per aver la CTR ritenuto, ai fini della determinazione del valore della lite e del conseguente calcolo del contributo unificato, che l’impugnazione promossa dal contribuente con il ricorso RG n. 5279/2019 avesse ad oggetto esclusivamente l’atto di pignoramento, anziché quest’ultimo ed il presupposto avviso di accertamento.

1.1. Il motivo è fondato.

L’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992 recita: “per le controversie di valore fino a tremila Euro le parti possono stare in giudizio senza assistenza tecnica.

Per valore della lite si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato; in caso di controversie relative esclusivamente alle irrogazioni di sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste”.

L’art. 12 riportato è norma che introduce una disciplina speciale rispetto a quella prevista dai giudizi civili, con conseguente inapplicabilità della disposizione generale di rinvio al codice di procedura civile stabilita dall’art. 1 D.Lgs. n. 546 del 1992, ciò in ragione della specificità del processo tributario.

Il contributo unificato, che ha natura tributaria, deve essere versato al momento del deposito dell’atto introduttivo del giudizio tributario dinanzi alla competente Commissione Tributaria.

L’importo del contributo unificato tributario deve essere stabilito in relazione al valore della controversia che si intende instaurare che, per il processo tributario, corrisponde al valore dell’atto impugnato.

Il valore della controversia, ai sensi dell’art. 12, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, è quindi l’importo del tributo, al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 16283 del 10/06/2021).

La possibilità di presentare un unico ricorso cumulativo oggettivo risponde solo ad una esigenza di economia processuale, senza poter però ragionevolmente comportare, oltre ad un risparmio di tempo, un ulteriore risparmio anche in termini economici per il ricorrente.

Del resto, questa Corte ha altresì affermato che: in caso di ricorsi cumulativi tributari, il contributo unificato deve essere determinato sulla base della somma dei contributi dovuti per ciascun atto impugnato, ex art. 14, comma 3-bis, D.P.R. n. 115 del 2002 vigente ratione temporis, assumendo all’uopo rilievo il richiamo da esso operato all’art. 12, comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, che introduce una disciplina speciale rispetto alla norma generale di rinvio ex art. 1 del medesimo D.Lgs.; di talché risulta priva di portata innovativa la modifica dell’art. 14, comma 3-bis, cit. intervenuta ad opera dell’art. 1, comma 598, lett. a), legge n. 147 del 2013 (Cass. n. 16283/2021).

Nel processo tributario, l’indicazione del valore della lite deve essere resa dal ricorrente nelle conclusioni del ricorso, ex art. 14, comma 3-bis, D.P.R. n. 115 del 2002, non potendosi desumere aliunde; essa, infatti, è finalizzata all’esigenza di consentire ai funzionari della Segreteria l’adeguato controllo sulla congruità del pagamento del contributo unificato per fini esclusivamente fiscali, sicché, ove ciò non avvenga, trova applicazione la presunzione legale di cui art. 13, comma 6-quater, lett. f), del medesimo decreto che ascrive la causa allo scaglione di valore più elevato (Cass. n. 16282/2021).

È evidente dunque che, in assenza di una indicazione del valore della lite nelle conclusioni del ricorso, e quindi nei casi dubbi, si debba propendere per la soluzione più rigorosa, ossia per quella più onerosa per il contribuente, dal momento che la giustizia è una risorsa “limitata” e al servizio dell’intera collettività, la quale dispone di un diritto ad una ragionevole durata dei processi complessivamente intesi.

Quindi, il calcolo del contributo unificato deve essere effettuato con riguardo a ciascun atto impugnato ed il relativo importo deve risultare dalla sommatoria dei contributi dovuti con riferimento ad ogni atto impugnato sulla base del valore di ognuno di essi”.

Invero, impugnare con un unico ricorso o con separati ed autonomi ricorsi una pluralità di atti impositivi rappresenta una facoltà del contribuente, che non può però tradursi in un risparmio nel versamento del contributo unificato.

Nel caso di specie, il Pe.Lo., con il ricorso RG n. 5279/2019, ha chiesto l’annullamento sia dell’atto di pignoramento che del prodromico avviso di accertamento (cfr. pag. 2 del ricorso, in cui il Ministero, in osservanza del principio di autosufficienza, ha trascritto nei suoi passaggi maggiormente significativi il ricorso del contribuente), ragion per cui il valore della lite andava determinato con riferimento ad ogni singolo atto impugnato (per poi determinare il contributo unificato dovuto dal ricorrente sommando i singoli contributi unificati dovuti per ciascun atto impugnato), e non alla somma dei valori dei singoli atti.

Nel solco di tale impostazione, la Consulta, con la pronuncia n. 78 del 2016, ha ritenuto inammissibili, per difetto di motivazione delle censure, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 14, comma 3-bis, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nella parte modificata dall’art. 1, comma 598, lett. a), della legge n. 147 del 2013), impugnato, in riferimento agli artt. 3,24,53,113 e 117, primo comma, Cost., in quanto dispone che, anche nel caso di ricorso cumulativo, il contributo unificato debba essere “determinato per ciascun atto impugnato, anche in appello”.

Quanto alla pretesa violazione degli artt. 3 e 53 Cost., scrive la Corte, il rimettente non argomenta minimamente in ordine alle ragioni per le quali debba sussistere un identico trattamento tra tributi e sanzioni, stante la diversa natura e funzione e la distinta disciplina, né spiega compiutamente perché, a fronte di una disomogeneità dei criteri fissati per determinare il valore della lite nei singoli ambiti processuali, calati sulle particolarità delle questioni ivi deducibili e sulle peculiarità dei diversi processi, solo il criterio del rito civile, ancorato al valore unitario del processo, dovrebbe essere assunto quale tertium comparationis.

Con riferimento all’asserita violazione del principio della capacità contributiva, aggiunge la Corte, le censure non appaiono congruenti in relazione alla fattispecie normativa in esame.

Infatti, detto principio non riguarda né una singola imposizione ispirata a principi diversi da quello della progressività, né la spesa per i servizi generali, coperta da imposte indirette o da entrate dovute esclusivamente da chi richiede una determinata prestazione e, pertanto, non è invocabile e non può operare con riguardo alle spese di giustizia.

In ordine alla dedotta violazione degli artt. 24 e 113, primo comma, Cost., il rimettente non chiarisce in alcun modo per quale motivo il diritto di difesa sarebbe conculcato dal meccanismo di determinazione del contributo unificato nel ricorso cumulativo oggettivo mentre non lo sarebbe con riguardo a quello previsto per ogni singolo atto.

Infine, l’asserito contrasto con gli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo si configura come oggetto di mera asserzione, priva di alcun riscontro argomentativo in grado di giustificare la pretesa lesione del diritto ad un processo equo e ad una tutela giurisdizionale effettiva.

Per il costante orientamento della Corte, infine, il principio della capacità contributiva come limite alla potestà di imposizione di cui all’art. 53 Cost. non riguarda “né una singola imposizione ispirata a principi diversi da quello della progressività, né… la spesa per i servizi generali… coperta da imposte indirette o da entrate che siano dovute esclusivamente da chi richiede la prestazione dell’ufficio organizzato per il singolo servizio o da chi ne provoca l’attività”.

1.2. La CTR è altresì incorsa nell’errore di ritenere corretta la determinazione del valore della lite sulla base dell’importo del credito vantato dal Pe.Lo. nei confronti del terzo pignorato, piuttosto che sulla base dei tributi richiesti (Irap, Irpef e relative addizionali per l’anno d’imposta 2013) con gli atti (atto di pignoramento ed avviso di accertamento) poi impugnati (di cui Euro 9.263,00 per Irap, Euro 1.415,00 per addizionale comunale Irpef, Euro 3.591,00 per addizionale regionale Irpef ed Euro 74.610,00 per Irpef).

Invero, nel caso di specie, il Pe.Lo. ha adito la CTP di Caserta al fine di contestare la regolarità della notifica dell’avviso di accertamento presupposto all’atto di pignoramento e, quindi, la pretesa tributaria portata dal suddetto avviso di pignoramento.

In quest’ottica, premesso che l’importo lordo dei tributi dovuti dal contribuente nei confronti dell’Erario era pari, sì come desumibile dall’estratto di ruolo relativo all’avviso di accertamento sotteso all’atto di pignoramento, ad Euro 244.283,07, la pretesa tributaria, al netto di interessi e sanzioni, ammontava ad Euro 88.879,00, sul quale importo andava calcolato il contributo unificato dovuto.

2. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso merita di essere accolto.

Ne consegue la cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso di rigettare il ricorso originario del contribuente.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, laddove la circostanza che la giurisprudenza di questa Corte sulla questione principale si sia formata tra il 2021 e il 2022 giustifica la compensazione delle spese relative ai gradi di merito.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente;

compensa le spese relative ai gradi di merito e condanna l’intimato al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in Euro 1.400,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.