CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 25935 depositata il 2 ottobre 2024
Tributi – Avviso di accertamento IMU – Vincolo a “verde pubblico attrezzato” – Accoglimento
In fatto
Rilevato che
il Comune di Salerno propone ricorso, affidato a tre doglianze articolate su motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 167/2021, emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Salerno, in accoglimento del ricorso proposto da Vo.Gi. avverso avviso di accertamento IMU 2014-2017;
il contribuente resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva.
In diritto
Considerato che
1.1. con la prima doglianza del primo motivo di ricorso il Comune denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione “del D.L. n. 203 del 2005, art. 11quaterdecies, comma 16 (conv. con modif. dalla L. n. 248 del 2005) e del D.L. n. 223 del 2006 art. 36, comma 2 (conv. con modif. dalla L. n. 248 del 2006)” e lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente affermato che l’esistenza del vincolo a “verde pubblico attrezzato” sul terreno tassato escludeva la sua natura edificatoria ai fini IMU dell’area oggetto di imposizione;
1.2. con la seconda doglianza del primo motivo (denominata “1b”) il Comune denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione “degli artt. 32 e 33 della L.R. n. 16/04, in combinato disposto con l’art. 12, comma 2, del Regolamento Regionale attuativo n. 5/2011, e delle disposizioni normative attuative del Piano Urbanistico Comunale del Comune di Salerno” per avere la Commissione tributaria regionale, senza tener conto che l’imposizione del vincolo a verde pubblico attrezzato non escludeva l’imponibilità IMU dell’area, erroneamente affermato che “l’area, prima solo parzialmente edificabile poi assoggettata a vincolo di inedificabilità assoluta, non…(era)… da considerare edificabile a fini Imu in quanto inserita in un programma di compensazione urbanistica con attribuzione al proprietario di diritti edificatori compensativi, poiché questi non hanno natura reale, non ineriscono al terreno, di cui non costituiscono qualità intrinseche e sono trasferibili separatamente da esso”;”
1.3. con il secondo motivo il Comune denuncia “difetto di giurisdizione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 1 c.p.c. in relazione all’art. 133, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 104/2010” e lamenta che, in relazione all’errore in cui sarebbe incorsa la Commissione tributaria regionale “nel qualificare come ‘compensativi’ i diritti edificatori assegnati dal PUC – anziché come ‘perequativi’ in ragione della perequazione quale principio ispiratore della normativa regionale vigente – “, ne conseguiva la carenza di giurisdizione del Giudice tributario, essendo “la materia urbanistica – cui appartiene… la disamina e la valutazione se un PUC sia ispirato a principi ‘perequativi’ piuttosto che ‘compensativi’ -… competenza in via esclusiva del Giudice Amministrativo (ex art. 133, comma 1, lett. f) del D.Lgs. n. 104/2010)”;
2.1. preliminarmente deve rilevarsi che le circostanze sopravvenute, allegate nella memoria del controricorrente, non assumono rilevanza nel presente giudizio;
2.2. in primo luogo, l’ordinanza di questa Corte n. 2097 del 2024 è stata adottata in un giudizio nei confronti di altro contribuente e dagli atti prodotti non è possibile individuare i terreni a cui si riferisce e verificarne l’eventuale coincidenza con quelli oggetto del presente giudizio, trattandosi, peraltro, di un provvedimento con cui è stata cassata una sentenza di appello, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado, sicché occorre attendere la decisione di merito all’esito del giudizio di rinvio per verificare l’effettiva portata del giudicato;
2.3. con riguardo, poi, alle varianti urbanistiche intervenute, va ribadito che esse rilevano per le future annualità di imposta e non per quelle anteriori, oggetto del presente giudizio, essendo stato già precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte che l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento del mercato, dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il Comune non ritenga di riconoscerlo, ai sensi dell’art. 59, comma primo, lettera f), del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 (Cass., Sez. U., n. 25506 del 2006);
3.1. a seguire, il secondo motivo, che va preliminarmente esaminato, in quanto pregiudiziale, va disatteso;
3.2. va richiamato l’insegnamento di questa Corte, anche a Sezioni Unite (cfr. Cass. n. 17485 del 14.07.2017 in motiv.; Cass. S.U. 6.03.2006, n. 6265), secondo cui il potere di disapplicazione, riconosciuto alle Commissioni tributarie dall’art. 7 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, degli atti amministrativi illegittimi “presupposti” agli atti impositivi, non è inibito dal fatto che spetta al giudice amministrativo la cognizione, in sede di legittimità, delle delibere;
3.3. esso sussiste anche qualora l’atto amministrativo disapplicato sia divenuto inoppugnabile per l’inutile decorso dei termini di impugnazione davanti al giudice amministrativo, e risulta precluso solo quando la legittimità di un atto amministrativo sia stata affermata dal Giudice amministrativo nel contraddittorio delle parti e con autorità di giudicato;
3.4. il potere del giudice tributario di disapplicare tutti gli atti amministrativi illegittimi costituenti presupposto per l’imposizione, e non soltanto quelli a contenuto normativo o generale, come disposto dall’art. 7, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, costituisce, quindi, espressione di un principio generale dell’ordinamento, contenuto nell’art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, anche prima dell’espresso riconoscimento, operato dall’art. 12, comma 2, della legge 28 dicembre 2001, n. 448, con l’introduzione del nuovo testo dell’art. 2 del D.Lgs. n. 546 del 1992, di un generale potere di decidere incidenter tantum su questioni attribuite alla competenza di altre giurisdizioni (cfr. Cass. n. 5929 del 14/03/2007);
4.1. le due doglianze del primo motivo, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connesse, sono fondate;
4.2. in diritto va premesso, come già affermato da questa Corte in tema di ICI (ma sulla base di principi applicabili anche all’IMU), che l’assoggettabilità a tale imposta di un’area, individuata in un programma di compensazione urbanistica come destinataria del trasferimento di un diritto edificatorio, si determina solamente a seguito del perfezionamento della procedura disposta per l’accordo di programma, ove prevista, con la conseguente approvazione dei piani urbanistici e delle relative varianti ai PRG, attraverso l’individuazione esatta delle volumetrie concordate in compensazione e l’identificazione precisa delle aree per il tramite degli identificativi catastali (cfr. Cass. n. 1038 del 16/01/2023; Cass. n. 37934 del 02/12/2021; Cass. SU. n. 23902 del 29/10/2020);
4.3. è stato poi precisato che, posta la rilevanza della mera potenzialità edificatoria, è soggetto a imposta il terreno inserito nell’ambito della perequazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene direttamente attribuito ai suoli ricompresi nel comparto o, comunque, nell’area interessata dal piano di intervento, un indice perequativo costante di edificabilità, che diviene una qualità intrinseca del terreno; diversamente, non è soggetto a imposta il terreno inserito nell’ambito della compensazione urbanistica, atteso che, per effetto di essa, viene attribuito al privato un indice di capacità edificatoria fruibile su un’altra area, che può essere individuata anche successivamente, a fronte della cessione dell’area oggetto di trasformazione urbanistica, ovvero dell’imposizione su di essa di un vincolo di inedificabilità assoluta o preordinato all’esproprio, con la conseguenza che, in tale caso il diritto edificatorio non inerisce al terreno, non costituisce una sua qualità intrinseca ed è trasferibile separatamente da esso (cfr. Cass. n. 26895 del 05/10/2021);
4.4. invero, la perequazione urbanistica ha finalità equitativo-redistributive, in quanto ripartisce la capacità volumetrica su vari terreni, con possibilità di suo “atterraggio” su altro terreno, diverso da quello di “decollo”, mentre la compensazione urbanistica ha finalità compensativo-indennitaria e trae origine dalla perdita di edificabilità dell’area di decollo, su cui viene apposto dall’Amministrazione un vincolo di inedificabilità o di esproprio, con conseguente apertura di un procedimento amministrativo, che individua l’area di “atterraggio”, ove esercitare la capacità edificatoria da parte del titolare del fondo di decollo, e la fase intermedia, cd. del “volo”, vede il diritto edificatorio circolare separatamente dal fondo che l’ha originato;
4.5. nel caso in esame, dalla sentenza impugnata emerge che è stata oggetto di tassazione “un’area non edificabile con destinazione a verde pubblico”, essendo stato in particolare evidenziato quanto segue: “Il PUC del 2006 ha imposto sul predetto terreno un vincolo di inedificabilità assoluta, destinandolo a verde attrezzato pubblico, con diritto di acquisizione gratuita da parte del Comune a fronte del riconoscimento di diritti edificatori ai proprietari su altra area, distante più di 10 km assegnata in comunione con altri proprietari”;
4.6. ciò posto, è dato rilevare che nella fattispecie in oggetto si versa in un’ipotesi di perequazione e non di compensazione urbanistica, in quanto non vi è un’area, prima edificabile e poi assoggettata ad un vincolo di inedificabilità assoluta;
4.7. come già precisato da questa Corte (cfr. Cass. sent. n. 16467/2022) con riguardo alla questione relativa al se il vincolo di destinazione urbanistica a “verde pubblico” sottragga l’area al regime fiscale dei suoli edificabili, ai fini dell’ICI/IMU, trovano applicazione i principi, già enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte e a cui il Collegio intende dare in questa sede continuità, secondo cui, in tema d’imposta comunale sugli immobili la nozione di edificabilità non si identifica e non si esaurisce in quella di edilizia abitativa (cfr. Cass. n. 19161/2004), cosicché l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale ad attrezzature e impianti di interesse generale, o a servizi pubblici o di interesse pubblico, non esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione, che condizionano, in concreto, l’edificabilità del suolo, ma non sottraggono l’area su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili e considerato che la destinazione prevista dal vincolo posto dal piano regolatore è realizzabile non necessariamente mediante interventi (o successive espropriazioni) di carattere pubblico, ma anche ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata (non importa se direttamente ovvero in seguito ad accordi di natura complessa) (cfr. Cass. nn. 21351/2021, 17764/2018, 23814/2016, 14763/2015, 5161/2014, 9778/2010, 9510/2010, 19161/2004);
4.8. va quindi motivatamente disatteso il diverso orientamento (cfr. Cass. nn. 27121/2019, 5992/2015, 25672/2008), secondo il quale le aree sottoposte dal piano regolatore generale a un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, non possono essere qualificate come fabbricabili, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 1992/504 e restano sottratte al regime fiscale dei suoli fabbricabili, non tenendo conto, tali pronunce, che il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), prevedendo che un terreno è considerato edificatorio sia quando l’edificabilità risulti dagli strumenti urbanistici generali o attuativi, sia quando, per lo stesso terreno, esistano possibilità effettive di costruzione, delinea una nozione di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria;
4.9. essa, pertanto, non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo, giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria;
4.10 con riguardo, alle aree destinate a servizi pubblici o di interesse pubblico, è stato ritenuto, infatti, che “in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del D.Lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile” (cfr. n. 23814/2016; conforme Cass. nn. 9529/2023, 5604/2022, 653/2022, 17764/2018);
4.11. ne discende che la presenza dei suddetti vincoli non sottrae le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incide soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile (cfr. Cass. nn. 24308/2016, 5161/2014, 9778/2010, 9510/2008);
4.12. non è dunque conforme ai principi sin qui illustrati la sentenza impugnata nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha confermato la sentenza di primo grado ritenendo che nella fattispecie al vaglio si trattava di area “assoggettata a vincolo di inedificabilità assoluta”, da considerare non “edificabile a fini Imu”, dovendo al contrario essere ribadito che la presenza di vincoli di inedificabilità, come quello in esame, non impedisce di considerare la vocazione edificatoria di simili aree;
5. sulla scorta di quanto sin qui osservato il ricorso va accolto limitatamente alle due doglianze del primo motivo, rigettato il secondo, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie le due doglianze del primo motivo, respinto il secondo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione alle doglianze accolte e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.