CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 26167 depositata il 7 ottobre 2024

Tributi – Avviso di accertamento – IVA – IRES – IRAP – Servizi di pulizia e facchinaggi – Consorzio – Fatture emesse da fittizie cooperative – Operazioni inesistenti – Accertamento induttivo – Ricostruzione della situazione reddituale del contribuente – Componenti negative del reddito – Natura del giudizio tributario di impugnazione-merito – Accoglimento parziale – nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie

Rilevato che

1. La controversia in oggetto trae origine dall’impugnativa, dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma, di un avviso di accertamento ai fini IVA, IRES ed IRAP, per l’anno 2010, emesso nei confronti del Consorzio E.S.C. a.r.l. sulla scorta delle risultanze di un p.v.c. della G.d.F. da cui era emerso che la predetta società contribuente aveva messo in atto un meccanismo fraudolento attraverso l’impiego, nei servizi di pulizia e facchinaggio resi a favore di propri clienti, di soci lavoratori delle società, asseritamente fittizie, partecipanti al consorzio, con conseguente recupero dell’Iva indebitamente detratta sulle fatture emesse dalle fittizie cooperative nei confronti del Consorzio per operazioni inesistenti e rettifica, con metodo induttivo puro, del reddito imponibile di quest’ultimo ai fini delle imposte dirette.

2. La CTP di Roma, con sentenza n. 11468/53/2015, accoglieva il ricorso del Consorzio annullando l’avviso in questione.

3. Avverso la sentenza di primo grado proponeva appello l’Agenzia delle entrate dinanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio che, con sentenza 6890/11/2016, lo accoglieva.

4. Avverso la sentenza di appello, il Consorzio proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi che veniva accolto, con ordinanza n. 13357 depositata il 28 maggio 2018, con cassazione della decisione impugnata e rinvio alla CTR del Lazio in diversa composizione.

5. Riassunto il giudizio a cura del Consorzio dinanzi alla CTR del Lazio, con sentenza n. 3054/02/2020, veniva rigettato l’appello dell’Ufficio, confermando la sentenza di prime cure.

6. In punto di diritto, per quanto di interesse, la CTR – premesso che con l’ordinanza n. 13357/2018, la S.C.:

1) in accoglimento dei motivi primo e terzo, aveva ravvisato il vizio di motivazione apparente della sentenza di appello per non avere la CTR disvelato gli elementi circostanziali sulla base dei quali era pervenuta al convincimento della partecipazione del Consorzio al contestato meccanismo fraudolento;

2) in accoglimento del secondo motivo, aveva ritenuto erronea la statuizione della CTR circa la legittima ricostruzione ad opera dell’Ufficio, con metodo induttivo puro, del reddito imponibile con disconoscimento integrale dei costi – ha affermato che, facendo applicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte, in relazione del secondo motivo di ricorso, emergeva l’illegittimità dell’avviso in questione non avendo l’Agenzia nel ricostruire, con metodo induttivo puro (“in conseguenza della inattendibilità delle scritture contabili”), la situazione reddituale complessiva del contribuente, tenuto conto delle componenti anche negative del reddito, ma avendo, invece, disconosciuto tutti i costi dichiarati dal Consorzio in violazione degli artt. 109 TUIR e 14, comma 4-bis della legge n. 537/93; stante i limiti oggettivi del giudizio di rinvio, tali considerazioni assumevano una valenza assorbente ai fini del rigetto dell’appello dell’Ufficio.

7. Avverso la suddetta sentenza, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

8. Resiste, con controricorso, il Consorzio E. società cooperativa a responsabilità limitata in liquidazione.

9. In data 14 marzo 2024, l’Agenzia delle entrate ha depositato istanza di fissazione di udienza congiunta del presente ricorso con i procedimenti RG 28340/2017; RG 4174/2024; RG 10910/2021; RG 9858/2022; RG 9006/2017; RG 9867/2022; RG 2095/2023.

Considerato che

1. In ordine alla istanza depositata in data 14.3.2024 dall’Agenzia delle entrate di fissazione di udienza congiunta (con i procedimenti RG 28340/2017; RG 4174/2024; RG 10910/2021; RG 9858/2022; RG 9006/2017; RG 9867/2022; RG 2095/2023), per asserita coincidenza di alcune delle questioni trattate e per consentire a questa Corte di avere una visione completa dell’attività svolta dal Consorzio E.

– in disparte la già disposta fissazione alla medesima udienza dei procedimenti RG 28340/2017 e RG 9006/2017 – con riguardo agli altri procedimenti indicati nell’istanza non si ravvisa, in concreto, ragione alcuna di opportunità o di economicità che consiglia il differimento del presente procedimento, già pronto per la decisione, per consentirne la trattazione congiunta.

2. Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio, avendo la CTR in sede di rinvio – nel ritenere illegittimo l’avviso di accertamento in questione – omesso di valutare che il Consorzio aveva registrato fatture emesse da fittizie società consorziate afferenti ad operazioni inesistenti e che l’Ufficio, pur essendo inattendibile la contabilità di quest’ultimo, aveva tenuto conto dei costi d’impresa (nella misura dell’80% dei ricavi) nella ricostruzione induttiva del reddito; peraltro, il giudice del rinvio non avrebbe considerato che proprio la natura fittizia dei costi rappresentati dalle fatture delle cooperative consorziate, costituiva il presupposto della legittima applicazione del metodo induttivo puro.

2.1. Il motivo è inammissibile posto che il vizio specifico denunciabile per cassazione in base alla nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (come modificato dal decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis) concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia).

Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c. e dell’art. 369, comma 2, n. 4, c.p.c. il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass., sez. un., n. 8053 e n. 8054 del 2014; Cass. n. 14324 del 2015).

Né, ovviamente, e a maggior ragione, l’apprezzamento giuridico del giudice, dissonante rispetto alle aspettative e prospettazioni della parte, può assurgere a omesso esame di un fatto controverso e decisivo (Cass. sez. 2, n. 29923 del 2023); nella specie, la ricorrente non ha assolto il suddetto onere, non avendo dedotto l’omesso esame di un “fatto storico”, ma peraltro di argomentazioni difensive – concernenti l’assunto carattere fittizio dei costi rappresentati nelle fatture emesse dalle cooperative consorziate, l’avvenuto riconoscimento da parte dell’Ufficio, in modo forfettario, di una percentuale di costi d’impresa pari all’80% dei ricavi – svolte nei precedenti gradi di giudizio, peraltro, senza confrontarsi con la ratio della sentenza impugnata in base alla quale il giudice del rinvio ha ritenuto – in asserita applicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte di cassazione nella ordinanza n. 13357/2018, in accoglimento del secondo motivo di ricorso circa la violazione degli artt. 109 TUIR e 14, comma 4bis della legge n. 537/1993 – illegittimo l’avviso in quanto risultava “accertato che l’Ufficio (avesse) disconosciuto tutti i costi dichiarati dalla E.”, senza tenere conto nella ricostruzione reddituale del Consorzio delle componenti anche negative di reddito, determinabili, se del caso, in via induttiva.

3. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., la nullità per violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 35, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992 e degli artt. 112 e 277 c.p.c. per non avere la CTR, in sede di rinvio – una volta ritenuto che l’Ufficio non avesse tenuto conto dei costi di impresa nella ricostruzione induttiva pura del reddito imponibile – in luogo di annullare l’atto impositivo, rideterminato il quantum della pretesa tributaria, in considerazione della natura del giudizio tributario di impugnazione – merito.

3.1. Il motivo è fondato.

3.2. Va premesso che questa Corte, con la ordinanza n. 13357 del 2018, aveva accolto:

1) il primo e il terzo motivo di ricorso con i quali il Consorzio aveva dedotto la nullità della sentenza per motivazione apparente, atteso che la CTR “non aveva disvelato quali fossero gli elementi probatori esaminati e conducenti all’affermata partecipazione della società cooperativa al contestato meccanismo fraudolento né il percorso logico-giuridico seguito per risolvere le questioni poste nel giudizio dalle parti., non avendo spiega(to) sulla base di quali elementi circostanziali fosse pervenuta al convincimento della sussistenza della simulazione posta in essere dal Consorzio”;

2) il secondo mezzo concernente la dedotta violazione degli artt. 109 TUIR e 14, comma 4bis della legge n. 537/93, atteso che la decisione della CTR che aveva legittimato il disconoscimento integrale dei costi operato dall’Amministrazione finanziaria non aveva fatto applicazione del principio di diritto secondo cui l’Ufficio, in sede di accertamento induttivo puro ex art. 39, comma 2, del DPR n. 600/73, “nella ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente (doveva) tenere conto anche delle componenti negative del reddito che (fossero) comunque emerse dagli accertamenti compiuti, tanto che, qualora per alcuni proventi non (fosse) possibile accertare i costi, questi potevano essere determinati induttivamente perché diversamente si assoggetterebbe ad imposta come reddito d’impresa il profitto lordo anziché quello netto in contrasto con il parametro costituzionale della capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost.” (sono richiamate Cass. n. 3995 del 2009 e Cass. n. 23314 del 2013).

3.3. Nella sentenza impugnata, il giudice del rinvio, ha ritenuto – facendo asserita applicazione del principio di diritto enunciato da questa Corte nella ordinanza n. 13357/2018 in accoglimento del secondo motivo di ricorso – illegittimo l’avviso atteso che, nella specie, “l’Agenzia delle entrate non aveva proceduto alla ricostruzione della situazione reddituale complessiva del contribuente tenendo conto delle componenti anche negative di reddito, se del caso procedendo al tal fine anche in via induttiva“, risultando, al riguardo, “accertato che l’Ufficio avesse disconosciuto tutti i costi dichiarati dalla E. in violazione degli artt. 109 TUIR e 14, comma 4-bis, della legge n. 537 del 1993”.

3.4. Invero, disponendo l’annullamento in toto dell’avviso per non avere l’Ufficio tenuto conto dei costi d’impresa nella ricostruzione induttiva pura del reddito, il giudice del rinvio ha fatto una formale e non già sostanziale applicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte nella ordinanza n. 13357/18 in accoglimento del secondo mezzo di ricorso, in quanto – come, peraltro, ribadito in Cass. n. 3995 del 2009 espressamente richiamata nella ordinanza n. 13357/18 – l’impugnazione davanti al giudice tributario attribuisce a quest’ultimo la cognizione non solo dell’atto, come nelle ipotesi di “impugnazione – annullamento”, orientate unicamente all’eliminazione dell’atto, ma anche del rapporto tributario, trattandosi di una c.d. “impugnazione-merito”, perché diretta alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva (nella specie) dell’accertamento dell’amministrazione finanziaria, implicante per esso giudice di quantificare la pretesa tributaria entro i limiti posti dalle domande di parte; ne consegue che il giudice che ritenga invalido l’avviso di accertamento non per motivi formali, ma di carattere sostanziale (…) , non deve limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria, e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (cfr., sentt. nn. 4280 e 7791 del 2001, 3309 del 2004 e 11212 del 2007).

3.5. Ne consegue che il giudice del rinvio – una volta ritenuto che l’Ufficio non aveva tenuto conto dei costi d’impresa nella ricostruzione induttiva pura del reddito, essendo accertato l’avvenuto disconoscimento di tutti i costi dichiarati dalla E. – ha erroneamente annullato in toto l’avviso in luogo di rideterminare il reddito ripreso a tassazione considerando l’incidenza dei costi medesimi.

4. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la CTR omesso di pronunciarsi sul motivo di appello dell’Ufficio – ripreso nelle controdeduzioni in sede di giudizio di rinvio – volto alla conferma del rilievo Iva che si assumeva indebitamente detratta dal Consorzio in relazione alle fatture emesse dalle società consorziate afferenti alle contestate operazioni inesistenti.

4.1. Il motivo è fondato.

4.2. Nell’atto di appello – ripreso nelle controdeduzioni in sede di giudizio di rinvio – riprodotto in ricorso, nella parte di interesse, in ossequio al principio di autosufficienza, l’Ufficio aveva chiesto la conferma della ripresa Iva (“Il Consorzio E. ha indebitamente detratto l’imposta sul valore aggiunto relativa all’annotazione e dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti emesse dalle cooperative …il Consorzio E. conosceva e non poteva non conoscere il comportamento fraudolento tenuto dalle altre cooperative essendo tale condotta fraudolenta orchestrata e gestita dagli stessi vertici del Consorzio”).

4.3. Nella sentenza impugnata, il giudice del rinvio – ritenendo avere valore asseritamente assorbente l’applicazione del principio di diritto enunciato da questa Corte, nella ordinanza n. 13357/2018, in accoglimento del secondo motivo di ricorso con riguardo alla erroneità della statuizione del giudice di appello circa la legittimità del disconoscimento integrale dei costi in sede di ricostruzione induttiva del reddito ai fini delle imposte dirette – ha omesso del tutto di pronunciarsi sulla richiesta dell’Ufficio di conferma della ripresa Iva, ritenuta indebitamente detratta in relazione alle fatture emesse dalle società cooperative consorziate afferenti ad operazioni che si assumevano inesistenti.

Peraltro, in questo caso, non si pone un problema – come eccepito in controricorso – di possibile eccesso dei limiti della cognizione devoluta al giudice del rinvio in quanto, con riguardo alla contestata partecipazione del Consorzio al meccanismo fraudolento mediante l’impiego, nei servizi di pulizia e facchinaggio resi a favore di propri clienti, di soci lavoratori delle società consorziate, l’ordinanza di questa Corte aveva accolto i motivi primo e terzo di ricorso ravvisando una motivazione apparente in merito della CTR, il che comporta che, per giurisprudenza consolidata di legittimità, trattandosi di un vizio radicale di motivazione, “il giudice del rinvio non solo può valutare liberamente i fatti già accertati, ma anche indagare su altri fatti, ai fini di un apprezzamento complessivo in funzione della statuizione da rendere in sostituzione di quella cassata, ferme le preclusioni e decadenze già verificatesi” (Sez. 2, n. 448 del 14/01/2020; S.U. n. 11303 del 2014).

5. In conclusione, vanno accolti il secondo e il terzo motivo, dichiarato inammissibile il primo, con cassazione della sentenza impugnata – in relazione ai motivi accolti- e rinvio, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione;

P.Q.M.

Accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata – in relazione ai motivi accolti – e rinvia, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.