CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 27261 depositata il 21 ottobre 2024
Tributi – Istanza di rimborso IRAP – Assenza propria autonoma organizzazione – Accoglimento
Rilevato che
1. Il dott. Fa.Ro. presentava presso l’Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale II di Milano, istanza di rimborso dell’IRAP versata per gli anni 2013 e 2014, per un importo pari ad Euro 13.422,60.
Nell’istanza in questione il contribuente deduceva di avere svolto, negli anni in questione, la propria attività professionale di consulente nell’ambito della più ampia struttura organizzativa costituita dalla società di revisione K. Spa (facente parte del network mondiale K.) di cui era socio; che K. Spa era il suo unico committente, e pertanto tutto il reddito professionale da lui dichiarato proveniva dalla suddetta attività; che nell’espletamento degli incarichi che gli venivano assegnati svolgeva l’attività in assenza di una propria autonoma organizzazione; che pertanto non sussisteva il presupposto impositivo di cui all’art. 2 del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
2. Formatosi il silenzio-rifiuto da parte dell’Amministrazione finanziaria, il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano la quale, con sentenza n. 691/01/2021, pronunciata in data 9 febbraio 2021 e depositata in segreteria il 16 febbraio 2021, lo rigettava.
3. Interposto gravame dal contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con sentenza n. 2846/07/2022, pronunciata il 17 marzo 2022 e depositata in segreteria il 4 luglio 2022, rigettava l’appello, condannando il contribuente alla rifusione delle spese di lite.
4. Avverso tale ultima sentenza propone ricorso per cassazione Fa.Ro., sulla base di un unico motivo (ricorso notificato il 2 febbraio 2023).
Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
5. Con decreto del 18 marzo 2024 è stata quindi fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’adunanza in camera di consiglio del 5 giugno 2024, ai sensi degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1 cod. proc. civ.
Il ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che
1. Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), cod. proc. civ.
Rileva, in particolare, il ricorrente che erroneamente la C.T.R. aveva attribuito rilievo, ai fini della verifica della sussistenza del requisito dell'”autonoma organizzazione”, non già alle dotazioni di personale e capitale facenti capo al ricorrente (sostanzialmente nulle), bensì al personale ed alle strutture organizzative riferibili alla società K. Spa, ossia il committente dei servizi del dott. Fa.Ro. e dal quale quest’ultimo traeva tutti i suoi compensi professionali.
2. Il motivo è fondato.
Ed invero, come affermato dalle Sezioni Unite civili di questa Corte (Cass. 10 maggio 2016, n. 9451), il requisito dell'”autonoma organizzazione” di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 446/1997, quale presupposto impositivo dell’IRAP, ricorre quando il contribuente:
a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse;
b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza di organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui che superi la soglia dell’impiego di un collaboratore che esplichi attività di segreteria ovvero meramente esecutive (v. anche Cass. 25 maggio 2019, n. 12111; Cass. 19 aprile 2018, n. 9786).
Orbene, affinché un lavoratore autonomo sia assoggettato ad IRAP, è necessario non solo che egli sia inserito in una autonoma organizzazione, ma che egli sia anche titolare di questa organizzazione, e ne sia dunque responsabile (Cass. 16 giugno 2022, n. 19397).
Nella fattispecie in esame è incontroverso che il contribuente, pur essendo un lavoratore autonomo, non occupasse alcun collaboratore alle proprie dipendenze e, quanto ai beni strumentali, non disponesse di una propria organizzazione, ma fosse invece inserito stabilmente in una organizzazione facente capo ad un distinto soggetto giuridico, e cioè la società di consulenza K. Spa, che ne è l’unica responsabile organizzativa.
A nulla rileva, pertanto, che il contribuente si avvalesse di tale organizzazione, in quanto ciò che conta, ai fini dell’assoggettabili all’IRAP, è che il contribuente sia il titolare ed il responsabile di tale organizzazione.
Peraltro, non essendo il ricorrente a sostenere i costi per i collaboratori e dipendenti, non si vede come egli avrebbe potuto assumere decisioni sulla gestione di tale personale, al di là delle singole e specifiche direttive impartite nell’ambito del singolo incarico di revisione di volta in volta svolto (sul punto, Cass 15 marzo 2018, n. 6439; Cass. 2 settembre 2016, n. 17566).
Questa Corte, con specifico riguardo alla fattispecie nella quale l’attività dell’eventuale soggetto passivo dell’imposizione viene espletata a favore di un soggetto terzo già dotato di una propria struttura organizzativa e deve coordinarsi con quest’ultima, ha elaborato il principio generale in forza del quale non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata (v. Cass. 13 giugno 2012, n. 9692, con riferimento al medico che lavori presso una clinica privata diretta e organizzata da altri).
Tale principio ha trovato plurime attuazioni in tema di professionisti che svolgano, in tutto o in parte, la propria attività per società di revisione e di consulenza, in casi del tutto analoghi al presente, ove il professionista svolge un’attività di consulenza per una società, di cui è socio, peraltro in misura molto ridotta (Cass. 28 aprile 2023, n. 11238; Cass. 16 giugno 2022, n. 19397; Cass. 28 aprile 2021, n. 11140); in tali arresti è stato affermato il principio per cui l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito dell’organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente), non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione (da ultimo, v. Cass. 25 luglio 2023, n. 22266; Cass. 5 maggio 2023, n. 11924).
Irrilevante è, poi, a tal fine, la circostanza che il contribuente detenesse all’epoca una quota di partecipazione nel capitale sociale della società di revisione: infatti, in ogni caso la titolarità e la responsabilità di tale autonoma organizzazione faceva comunque capo ad un soggetto (la K. Spa) diverso dal contribuente (nello stesso senso, per fattispecie analoghe, v. Cass 15 marzo 2018, n. 6439; Cass. 2 settembre 2016, n. 17566).
3. Consegue l’accoglimento del ricorso, con l’affermazione del seguente principio di diritto: “l’esercizio di un’attività professionale nell’ambito di una organizzazione costituita da una società di cui il professionista è socio (o dipendente), non realizza il presupposto impositivo costituito dall’autonoma organizzazione ai fini dell’IRAP, in quanto, a tali fini, non è sufficiente che il lavoratore si avvalga di una struttura organizzata, ma è anche necessario che questa struttura sia “autonoma”, cioè faccia capo al lavoratore stesso, non solo ai fini operativi, bensì anche sotto i profili organizzativi; non sono, pertanto, soggetti ad IRAP i proventi che un lavoratore autonomo percepisca come compenso per le attività svolte all’interno di una struttura da altri organizzata“.
La sentenza impugnata deve quindi essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamento di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso originario proposto dal contribuente.
4. Le spese di giudizio seguono la soccombenza dell’Agenzia delle Entrate, secondo la liquidazione di cui al dispositivo.
Spese compensate per le fasi di merito.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario proposto da Fa.Ro.
Condanna l’Agenzia delle Entrate alla rifusione, in favore del ricorrente, delle spese del presente grado di giudizio, che si liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre 15% per rimborso spese generali, C.A.P. ed I.V.A.
Spese compensate per le fasi di merito.