CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 27268 depositata il 21 ottobre 2024
Tributi – Avvisi di accertamento – Maggiore IRAP, IVA e IRPEF – Costi sponsorizzazione – Rigetto
Rilevato che
– la società CTM DI PI.SE. Srl unipersonale, ora incorporata nella società A. Srl, già CTM Snc e gli ex soci Pi.Se. e Gi.Al. impugnavano gli avvisi di accertamento notificati loro per l’anno d’imposta 2011 per maggiore IRAP ed IVA quanto alla società e quanto ai soci per maggiore IRPEF (essendo all’epoca dell’accertamento la stessa costituita nella forma personale) chiedendone l’annullamento;
– in separati giudizi, la CTP accoglieva le doglianze sui costi di sponsorizzazione e rigettava nel resto i gravami;
– appellavano tale pronuncia la società e i soci; l’Amministrazione finanziaria resisteva e proponeva appello incidentale;
– la CTR, sempre in separati giudizi, accoglieva l’appello incidentale dell’Ufficio e rigettava le impugnazioni dei contribuenti confermando quindi nel resto la decisione di primo grado;
– ricorrono a questa Corte la società contribuente e i ridetti soci della stessa con separati ricorsi affidati ciascuno a due motivi e illustrati da memorie;
– resiste con autonomi controricorsi l’Agenzia delle entrate;
– all’adunanza camerale del 14 dicembre 2022 il Collegio rinviava a nuovo ruolo, stante la pendenza di autonomi giudizi n. r.g. 26789/2021 e r.g. n. 26790/2021, rispetto al giudizio n. 26788/2021, nei quali erano parti i soci della società ricorrente, all’epoca costituita nella forma della Snc, per i quali risultava opportuna la trattazione congiunta delle controversie;
– successivamente, all’adunanza camerale del 19 ottobre 2023 era disposto ulteriore rinvio a nuovo ruolo per le ragioni indicate nell’ordinanza interlocutoria depositata all’esito di tale incombente;
Considerato che
– al presente giudizio r.g. n. 26788/2021 sono ora riuniti i giudizi iscritti ai n. r.g. 26789/2021 e n. r.g. 26790/2021 in quanto dalla sentenze impugnate si evince come anche i soci della ora incorporata CTM Snc, alla quale è succeduta l’odierna ricorrente A. Srl, abbiano presentato ciascuno autonomi ricorsi e come dette impugnative siano state riunite nel primo grado di merito; gli stessi hanno proposto distinti appelli, sia pure non riuniti di fronte alla CTR ma contestualmente da essa decisi come si deduce dalle indicazioni dei relativi r.g.a. riportate a pag. 2 del ricorso per cassazione nel giudizio n. r.g. 26788/2021;
– va poi dato dato atto della regolarità delle notifiche anche con riguardo all’avviso di fissazione dell’adunanza camerale destinato agli eredi di Pi.Se.; pertanto il Collegio può procedere allo scrutinio dei motivi di ricorso che risultano nella loro formulazione del tutto identici in ciascuno dei giudizi qui ora riuniti;
– né può ritenersi ostativa a ciò la mancata nomina, da parte degli eredi di Pi.Se., all’epoca ricorrente nel giudizio n. r.g. 26789/21, di proprio nuovo difensore a seguito del decesso dei difensori nominati a suo tempo in sede di ricorso per cassazione, avvocati R.F. e C.D.P., in quanto (in termini Cass. Sez. 3, Sentenza n. 24681 del 24/11/2009) nel giudizio di cassazione, dominato dall’impulso d’Ufficio, qualora la cancelleria – a seguito della relata di notifica dell’avviso di udienza attestante la morte dell’unico difensore – provveda direttamente a notificare alla parte personalmente il predetto avviso, unitamente alla relata di notifica negativa al difensore, e la parte non provveda alla nomina di un nuovo difensore, non ricorrono i presupposti per rinviare la discussione della causa quando la notifica alla parte sia avvenuta in una data che, non solo rispetti il termine stabilito dall’art. 377, secondo comma, c.p.c. ma consenta, altresì, come è avvenuto nel presente caso, alla stessa parte di fruire di un tempo ragionevole per provvedere alla nomina di un nuovo difensore;
– venendo allora alla disamina delle censure proposte, rileva la Corte che il primo motivo di ricorso dedotto in ciascuno dei giudizi ante riunione si duole della violazione o falsa applicazione per errata interpretazione delle disposizioni di cui agli artt. 14 e 29 del D.Lgs. n. 546 del 1992, 102 c.p.c., 111 c. 2 Cost., in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 e n. 4 c.p.c. per avere la CTR mancato di rilevare la nullità del giudizio di appello per violazione dell’art. 14 del D.Lgs. n. 546 del 1992 non avendo la stessa, in sintesi, riunito il procedimento relativo al ricorso in appello presentato dalla società contribuente con le impugnazioni presentate innanzi alla medesima commissione dai soci della stessa Pi.Se. e Gi.Al.;
– la censura è infondata;
– come sopra accennato, invero dalla sentenza impugnata si evince come anche i soci abbiano presentato ricorso e come dette impugnative siano state riunite nel primo grado di merito; gli stessi hanno proposto poi distinti appelli, che per quanto non riuniti di fronte alla CTR sono stati contestualmente da essa decisi come si deduce dalle indicazioni dei relativi r.g.a., consecutivi gli uni agli altri, riportate a pag. 2 del ricorso per cassazione;
– se infatti è ben vero che costituisce principio reiterato e pacifico quello della unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dei soci delle stesse, e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, altrettanto è vero che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di accertamento, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci, sicché tutti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi;
– la controversia infatti non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.
Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 14 D.Lgs. n. 546 del 1992 ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio (Sez. un., 4 giugno 2008, n. 14815; 25 luglio 2012, n. 13073; 28 novembre 2014, n. 25300; 25 giugno 2018, n. 16730);
– ciò posto e confermato, osserva il Collegio che ai fini della verifica del rispetto del litisconsorzio si è anche riconosciuto che, nella ipotesi di rettifica del reddito di una società di persone e di quello di partecipazione dei soci, le pur distinte pronunce riguardanti la società ed i soci, se adottate dallo stesso collegio in identica composizione nella medesima circostanza e nel contesto di una trattazione sostanzialmente unitaria, implicano la presunzione che si sia realizzata una vicenda sostanzialmente esonerativa del litisconsorzio formale, sicché la parte ricorrente per cassazione, che lamenti la violazione del principio del necessario contraddittorio con riferimento al giudizio di primo grado, ha l’onere – in conformità al principio di autosufficienza del ricorso -di descrivere lo sviluppo delle procedure nel corso di quel grado.
Più in generale, quando oggetto della controversia sia l’accertamento del reddito di una società di persone, incidente sul reddito di partecipazione di ciascun socio, per il principio della trasparenza, ex art. 5 del D.P.R. n. 917 del 1986, anche per osservanza dei principi, aventi fondamento costituzionale, di economia processuale e di ragionevole durata del processo, deve ritenersi già soddisfatta l’esigenza del simultaneus processus nei gradi di merito, atteso che in essi i diversi ricorsi, trattati contestualmente e dal medesimo giudice seppur resi oggetto di distinte decisioni, hanno ugualmente ricevuto completezza del contradditorio (ex multis, cfr. Sez. un., n. 14815 del 2008, cit.; Cass., 15 febbraio 2018, n. 3789; 10 dicembre 2019, n. 32220; 1 giugno 2021, n. 15179; in ultimo Cass. Sez. V., Ordinanza 6 ottobre 2022, n. 29032);
– nel presente caso, in forza di quanto si desume dalla sentenza impugnata – nell’assenza di trascrizioni da parte del ricorrente di elementi atti a smentire la sostanziale unitaria trattazione del giudizio di appello che si evince come sopra riportato – non vi è quindi alcuna violazione dell’art. 14 del D.Lgs. N. 546 del 1992;
– il secondo motivo di ricorso proposto in tutti i giudizi ante riunione si incentra sulla violazione o falsa applicazione per erronea interpretazione delle disposizioni di cui all’art. 109 c. 5 TUIR e all’art. 19 bis e 19 bis c. 1 del D.P.R. n. 633 del 1972 in relazione all’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere il giudice dell’appello erroneamente applicato ai principi in tema di inerenza dei costi alla fine dell’imposizione sul reddito e dell’iva prendendo in esame esclusivamente il rapporto tra costo dei servizi relativo fatturato, con ciò prescindendo totalmente dalla comprovata convenienza economica e conseguente marginalità positiva dell’operazione generativa del costo, senza considerare il nesso utilitaristico tra costi e attività di impresa;
– nello specifico l’importo corrisposto dalla società Z. -secondo la prospettazione ricorrente – sarebbe inerente e congruo poiché dai documenti in atti si evincerebbe il servizio prestato quanto agli accordi con il cliente finale e all’assistenza tecnica relativa ai macchinari;
– la censura è inammissibile, in quanto non connessa con le ratio decidendi poste a base della pronunce qui impugnate;
– la CTR, in realtà, in ogni pronuncia oggetto di ricorso a questa Corte, non ha ritenuto difettosa l’inerenza dei costi: essa ha ritenuto (pag. 2 primo periodo sia della sentenza CTR dell’Emilia Romagna n. 453/14/2022 sia della sentenza CTR dell’Emilia Romagna n. 454/14/2022 sia della sentenza n. 455/14/2022 dell’Emilia Romagna) difettosa la prova “certa circa le prestazioni” oggetto delle fatture, pertanto le stesse sono state ritenute relative a operazioni inesistenti, come tali oggetto di legittimo disconoscimento quanto alla deduzione dei costi ai fini dell’imposizione reddituale e alla detrazione ai fini dell’IVA;
– in tal senso depone anche la seguente affermazione (pag. 2 primo periodo sia della sentenza CTR dell’Emilia Romagna n. 453/14/2022 sia della sentenza CTR dell’Emilia Romagna n. 454/14/2022 sia della sentenza n. 455/14/2022 dell’Emilia Romagna) secondo la quale “anche il fatturato complessivamente assicurato pari a 298.000 Euro nel periodo 2008/2012 non giustifica sotto il profilo della congruità l’importo corrisposto a Z. per il solo 2011 ammontante a oltre 129.000 Euro ossia quasi la metà dell’intero ammontare sul lungo periodo” si riferisce a un mero obiter dictum, introdotto nella motivazione unicamente al fine di meglio illustrarne la precedentemente esposta;
– pertanto, poiché privo di collegamento con la sentenza impugnata, il motivo va dichiarato inammissibile, in quanto (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19989 del 10/08/2017) in tema di ricorso per cassazione, è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia colpita dal gravame;
– in conclusione, i ricorsi riuniti vanno rigettati;
– la soccombenza regola le spese;
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi riuniti; condanna le parti ricorrenti in solido tra loro al pagamento delle spese processuali in favore di parte controricorrente che liquida in Euro 4.100,00 oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater del D.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 -bis del citato art. 13.