Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 28618 depositata il 6 novembre 2024

giudicato esterno

RILEVATO CHE

1. Equitalia Sud notificava a M.G. cartella n. 09720120295370965000, relativa a maggior IRPEF e addizionali per l’anno d’imposta 2006, in relazione all’avviso di accertamento TK5015P00814/201, a sua volta notificato il 21 marzo 2011 e non impugnato. Il contribuente ricorreva eccependo però la mancata notifica dell’atto prodromico e la prescrizione del Il ricorso veniva rigettato in primo ed in secondo grado, osservandosi che la notifica dell’atto prodromico appariva regolare.

Ricorre il contribuente in cassazione affidandosi a due motivi. L’Agenzia resiste a mezzo di controricorso, mentre Equitalia Sud è rimasta intimata.

Da ultimo il contribuente ha depositato memoria illustrativa con corredo documentale, eccependo il giudicato esterno circa l’annullamento della cartella.

CONSIDERATO CHE

1. Preliminarmente deve darsi atto, come già indicato, che parte ricorrente ha eccepito il giudicato circa l’annullamento della cartella esattoriale impugnata.

2. Risulta infatti che con sentenza n.9384/2018 resa dalla CTP di Roma in data 27 aprile 2018 – oggetto poi di gravame davanti alla CTR che dichiarava però lo stesso inammissibile con sentenza n. 1006 del 21 febbraio 2020, pronunce entrambe munite del certificato di passaggio in giudicato – è stata annullata un’intimazione di pagamento (anche) relativa al debito di cui alla cartella in oggetto per mancata dimostrazione della notifica (anche) di quest’ultima.

3. L’eccezione è infondata, a tacer d’altro atteso che l’Agenzia delle Entrate non era parte nel giudizio in cui s’è formato il giudicato, nel quale peraltro non risulta essere stata accertata la nullità della notifica della cartella, ma solo preso atto del mancato assolvimento dell’onere della prova da parte dell’amministrazione finanziaria, il tutto sfociato poi in una pronuncia in rito.

4. Col primo motivo si eccepisce violazione degli artt. 112, 139 e 149, cod. proc. civ., 7, l. n. 890(1982 e 2697, cod. civ., per aver valorizzato i giudici di merito delle generiche indicazioni anziché aver preteso la prova dell’invio della raccomandata informativa al destinatario temporaneamente assente.

4.1 Va premesso che gli atti impositivi possono essere notificati alternativamente nelle forme del codice di rito, in quelle previste dall’art. 60 d.P.R. n. 600/1973 o infine direttamente a mezzo posta ai sensi dell’art. 14, l. n. 890/1982.

Nella specie ricorre pacificamente l’ipotesi della notifica a mezzo posta ordinaria (cd “notifica diretta”) che, come espressamente è stabilito dal prefato art. 14, è disciplinata secondo le regole del servizio postale ordinario previste per le raccomandate a mezzo posta, e dunque non necessita, tra l’altro, di alcuna relata di notifica né va effettuata annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, senza necessità dell’invio della raccomandata al destinatario, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c. (Cass. 14/11/2019, n. 29642).

Orbene la necessità dell’invio della raccomandata risulta, anche in caso di notifica attraverso il servizio universale, come dovuta e la relativa validità è subordinata alla prova dell’avviso di deposito quante volte la notifica avvenga per “compiuta giacenza”.

Infatti, la necessità in tal caso della prova dell’invio dell’avviso deve essere confermata anche con riguardo alla notifica diretta perché “Pur nella diversità delle due modalità notificatorie in parte qua ossia in relazione alla spedizione della CAD -quella codicistica attuata dall’ufficiale giudiziario con il concorso dell’agente postale, quella postale attuata esclusivamente da quest’ultimo- non può che ravvisarsi un’unica ratio legis che è quella -profondamente fondata sui principi costituzionali di azione e difesa (art. 24, Cost.) e di parità delle parti del processo (art. 111, secondo comma, Cost.)- di dare al notificatario una ragionevole possibilità di conoscenza della pendenza della notifica di un atto impositivo o comunque di quelli previsti  dall’art.  1,  legge  890/1982  (atti  giudiziari  civili, amministrativi e penali)”. 

(cfr. Cass. Sez. U. 15/04/2021, n. 10012).

Nella specie però non ricorre tale presupposto, perché la notifica avvenne, seppur a mani del portiere, e peraltro nell’ambito della cartolina di ricevimento, redatta dall’agente postale, viene pure dato atto dell’invio di una specifica raccomandata contenente l’avviso, previsto dall’ultimo comma dell’art.7, l. n. 890/1982, rispetto alla quale è sufficiente la prova del relativo invio (che appunto nella specie è indicata anche con riferimento del relativo numero della raccomandata stessa).

5. Col secondo motivo si deduce violazione del d.lgs. n. 507/1993, assumendosi la decadenza della potestà di riscossione trattandosi di tributi locali.

5.1 Il motivo è infondato a tacer d’altro in quanto pacificamente nella specie non si versa in ipotesi di tributi locali ma di riscossione di IRPEF.

6. L’infondatezza del ricorso determina la condanna del ricorrente al pagamento delle spese.

Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.

P. Q. M.

La Corte respinge il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in € 2300,00, oltre spese prenotate a debito. Sussistono i presupposti processuali per dichiarare l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto.