CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 5113 depositata il 27 febbraio 2025

Tributi – Atto di contestazione – Provvedimento di determinazione di sanzione amministrativa pecuniaria – Violazione obbligo di emissione di alcuni scontrini fiscali – Accoglimento

Fatti di causa

Oggetto di controversia è l’atto di contestazione n. (…), notificato l’08 agosto 2009, relativo all’anno di imposta 2009 contenente il provvedimento di determinazione di sanzione amministrativa pecuniaria pari a Euro 29.928,00 per violazione da parte della contribuente dell’obbligo di emissione di alcuni scontrini fiscali.

Le violazioni del suddetto obbligo erano state appurate con verbali di contestazione n. 204/09 e 205/09 della Guardia di Finanza -Gruppo Taranto, notificati in data 11 luglio 2009.

Il suddetto atto di contestazione veniva impugnato – dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Taranto – dalla sig.ra Ro.Fa., la quale eccepiva l’inesistenza dell’atto conseguente ad inesistenza della notifica, la violazione degli obblighi di motivazione, l’inesistenza dei fatti contestati e la mancanza di prove, l’erroneità nell’applicazione della norma e gli errori nei calcoli, la violazione dell’art. 10 comma 1 e dell’art. 12, comma 7, della legge n. 212/2000.

L’Ufficio, costituendosi in giudizio, controdeduceva alle eccezioni sollevate dal contribuente e chiedeva il rigetto del ricorso, in particolare sottolineando come la doglianza afferente ad una presunta carenza di motivazione dell’atto impugnato fosse priva di fondamento, avendo rispettato il disposto dell’art. 42, comma 2, ultimo periodo, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e i principi in tema di motivazione per relationem enunciati da questa Corte.

Con sentenza del 21 giugno 2010, n. 215/07/10, la Commissione tributaria provinciale di Taranto accoglieva il ricorso e compensava le spese.

Con atto di appello depositato il 22/02/2011, l’Ufficio ha censurato la sentenza di primo grado circa la falsa applicazione dell’art. 7 della legge n.212/2000 e dell’art. 42 del D.P.R. n. 600/1973 relativamente al difetto di motivazione dell’atto di contestazione ed ha contestato quanto affermato in tema di carenza di prova, chiedendo alla Commissione tributaria regionale di Bari, sezione distaccata di Taranto, di riformare la sentenza impugnata.

Con sentenza del 6 aprile 2017, n. 1201/17, la Commissione tributaria regionale di Bari, sezione distaccata di Taranto, rigettava l’appello dell’Ufficio confermando la sentenza di primo grado, ritenuta correttamente motivata, e compensando le spese di lite.

L’Ufficio con ricorso depositato in data 2 novembre 2017 chiede la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale; parte contribuente è rimasta intimata.

Il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 19 febbraio 2025, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 – bis. 1 cod. proc. civ., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal d.l. 31.08.2016, n. 168, conv. dalla legge 25 ottobre 2016, n.197.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo, l’Agenzia ricorrente denunzia la violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4 c.p.c., per motivazione apparente ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c.

1.2. Con il secondo motivo, denunzia la falsa applicazione di norme di diritto, in particolare dell’art. 7 della l. n. 212 del 2000, nonché dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973 ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.

2.1. I motivi, tra loro connessi, sono fondati e vanno accolti nei sensi di cui in motivazione.

Il ricorrente denunzia la violazione di legge processuale, specificamente dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. per motivazione apparente nella parte in cui il giudice di secondo grado, con affermazioni meramente apodittiche e prive di effettiva motivazione, ha sostenuto che l’Ufficio avrebbe compromesso il pieno esercizio del diritto di difesa della contribuente.

Come da principio di diritto già enunciato da questa Corte, la mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132 n. 4 cod. proc. civ. (e nel caso di specie dell’art. 36, secondo comma, n. 4, D.Lgs. 546/1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, si configura quando la motivazione “manchi del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero… essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum.

Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione, sempre che il vizio emerga immediatamente e direttamente dal testo della sentenza impugnata” (Cass., Sez. U., 07/04/2014, n. 8053; successivamente tra le tante Cass. 25/09/2018, n. 22598; Cass. 01/03/2022, n. 6626).

In particolare si è in presenza di una “motivazione apparente” allorché la motivazione, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non rende tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consente alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture.

Sostanzialmente omogenea alla motivazione apparente è poi quella “perplessa e incomprensibile”; in entrambi i casi, invero – e purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali – l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo e, in quanto tale, comporta la nullità della sentenza impugnata per cassazione (Cass., Sez. U., 03/11/2016, n. 22232 e le sentenze in essa citate).

Nel caso di specie, il giudice di secondo grado afferma: “(…) affinché l’atto notificato sia legittimo sotto il profilo relativo all’obbligo motivazionale, il documento richiamato deve essere notificato contestualmente, o quanto meno l’atto tributario deve riprodurne il contenuto essenziale, non rilevando affatto ai fini del decidere la circostanza che il contribuente conoscesse o potesse conoscere il contenuto del documento richiamato per altre vie.

Nella fattispecie di cui trattasi, l’Ufficio, pur rinviando ai 2 PVC da cui scaturisce l’atto in contestazione, ha omesso di allegare i suddetti PVC e non ha compiutamente riferito in merito ai termini della questione, privando in tal modo il contribuente di avere compiuta contezza delle sanzioni comminate, nonché delle ragioni e delle modalità di determinazione a cui è pervenuta nella quantificazione delle stesse, compromettendo, in tal modo, l’esercizio pieno del suo diritto di difesa”.

All’evidenza, la motivazione del giudice di appello, per un verso risulta del tutto apodittica, laddove afferma che l’atto di contestazione non contiene un compiuto riferimento ai “termini della questione”, omettendo ogni esame del contenuto dell’atto oggetto di impugnazione; per altro verso risulta erronea laddove afferma la necessità dell’allegazione del pvc, non rilevando “ai fini del decidere la circostanza che il contribuente conoscesse o potesse conoscere il contenuto del documento richiamato”.

Lo stesso art. 42 D.P.R. n. 600/1973 prevede la possibilità della motivazione per relationem dell’avviso di accertamento, con il correttivo per cui, se l’atto cui si rinvia non sia conosciuto né ricevuto dal contribuente, nella motivazione deve esserne riprodotto il contenuto essenziale, idoneo, cioè, a consentire al contribuente stesso di difendersi.

Di conseguenza, l’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 42 del D.P.R. n. 600 del 1973, non ha l’obbligo di allegare all’atto impositivo i documenti richiamati, potendo limitarsi a riprodurne il contenuto essenziale (v. da ultimo Cass. n.34906/2024); tuttavia, non è necessaria un’allegazione o riproduzione del contenuto essenziale dell’atto cui viene fatto rinvio se l’atto è conosciuto o ricevuto dal contribuente.

Invero, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, “In tema di motivazione per relationem degli atti d’imposizione tributaria, l’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente, nel prevedere che debba essere allegato all’atto dell’amministrazione finanziaria ogni documento da esso richiamato in motivazione, si riferisce esclusivamente agli atti di cui il contribuente non abbia già integrale e legale conoscenza.” (Cass. Sent. 4 luglio 2014 n. 15327 che cita tra le altre Cass. n. 18073 del 2008).

Nel caso in esame la C.t.r. non ha fatto corretta applicazione dei suddetti principi, per cui, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Taranto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, sezione staccata di Taranto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.