CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 5522 depositata il 1° marzo 2024
Tributi – Avviso in rettifica – IMU – Riconoscimento del beneficio di imposta per abitazione principale – Sanzioni amministrative – Intrasmissibilità agli eredi – Cessazione della materia del contendere – in tema di ICI, secondo principi applicabili anche all’IMU, l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’an ed il quantum dell’imposta, ed in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva
Rilevato che
1. la Commissione tributaria regionale della Campania, con la sentenza n. 229/15/2022, depositata in data 3 gennaio 2022 e non notificata, in parziale riforma della sentenza di primo grado in controversia relativa ad impugnazione di avviso in rettifica IMU 2018 in ordine a plurimi immobili di proprietà della signora C.M., accoglieva il ricorso originario della contribuente limitatamente al riconoscimento del beneficio di imposta per abitazione principale quanto ai beni di via (…);
2. contro detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, C.M. cui ha resistito con controricorso il comune di Napoli;
3. nel corso del giudizio si sono costituiti R.R., R.O. e R.A., in qualità di eredi di C.M., i quali, in via preliminare, hanno chiesto di disporre la disapplicazione delle sanzioni per intrasmissibilità agli eredi, in forza di quanto stabilito dall’art. 8, D.Lgs. n. 472 del 1997, stante l’intervenuto decesso, in data 31 agosto 2022, della sig.ra C.M., destinataria della pretesa tributaria da parte del Comune di Napoli, insistendo, per il resto, nelle censure dispiegate;
Considerato che
1. con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7, legge n. 212 del 2000 e 3 legge n. 241 del 1990 lamentando che la Commissione tributaria regionale aveva erroneamente ritenuto adeguatamente motivato l’impugnato avviso in rettifica sebbene: “a) … totalmente privo dell’indicazione del classamento, della rendita catastale, e dei moltiplicatori (coefficienti) utilizzati dal Comune di Napoli per determinare l’Imu asseritamente dovuta; … b) indichi in maniera errata la classe della gran parte degli immobili oggetto di accertamento”;
2. con il secondo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 36, D.Lgs. n. 546 del 1992 e 111 Cost. per avere la Commissione tributaria regionale adottato una motivazione meramente apparente a fronte delle specifiche censure formulate;
3. il primo motivo va disatteso;
3.1. la doglianza per l’asserito difetto di motivazione dell’avviso è, infatti, inammissibile per difetto di specificità ex art. 366 cod. proc. civ., non avendo i ricorrenti riprodotto e allegato al ricorso l’avviso e ciò, tanto più, a fronte dell’esplicito accertamento operato dai giudici di merito, che hanno affermato che l’atto era adeguatamente motivato contenendo la individuazione degli immobili ed i criteri di calcolo del tributo;
3.2. va dato seguito, invero, al condiviso principio di diritto secondo il quale “in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall’art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell’atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso medesimo” (cfr. Cass. nn. 16147/2017, 2928/2015, 8312/2013);
3.3. tale condizione di ammissibilità del mezzo di impugnazione proposto non è stata concretizzata dai ricorrenti nella sua formulazione, non essendo stata affatto riportata per estratto nei punti rilevanti la motivazione dell’atto impositivo impugnato;
3.4. occorre, peraltro, ribadire che in tema di ICI, secondo principi applicabili anche all’IMU, l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’an ed il quantum dell’imposta, ed in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (cfr. Cass. n. 1694 del 24/01/2018; Cass. n. 26431 del 08/11/2017), situazione, certamente, verificatasi nella fattispecie in esame secondo quanto è dato anche desumere dal tenore delle difese dei contribuenti;
4. il secondo motivo va parimenti disatteso;
4.1. per le Sezioni unite di questa Corte la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in procedendo, allorquando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguìto dal giudice per la formazione del proprio convincimento, cioè tali da lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. Sez. U. 19/06/2018, n. 16159 (p. 7.2.), che menziona Cass. Sez. U. 03/11/2016, n. 22232; conf.: Cass. Sez. U. nn. 22229, 22230, 22231, del 2016. I medesimi concetti giuridici sono stati espressi da Cass. Sez. U. 24/03/2017, n. 766; Cass. Sez. U. 09/06/2017, n. 14430 (p. 2.4.); Cass. Sez. U. 18/04/2018, n. 9557 (p. 3.5.)). Ancor più di recente (Cass. Sez. U. 27/12/2019, n. 34476 e Cass. Sez. U. 31/12/2018, n. 33679) è stato precisato che “nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione“;
4.2. orbene nel caso in esame il decisum raggiunge la soglia del minimo costituzionale, avendo i giudici di appello motivato la loro decisione tenendo conto delle complessive allegazioni delle parti, di quanto ricostruito dal giudice di primo grado nonché del tenore dell’invocata sentenza della C.T.R. 90/07/11, con argomentazioni che, nel loro insieme, vanno ritenute congrue ed adeguate;
4.3. giova, pure, ricordare che il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, essendo, invece, necessario e sufficiente, in base all’art. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ., che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non espressamente esaminati, ma subvalenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr., ex multis, Cass., Sez. VI/T, 2 febbraio 2022, n. 3108, che richiama Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. I, 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., Sez. VI, 17 maggio 2013, n. 12123);
4.4. in conclusione muovendo dalle superiori considerazioni anche tale motivo deve essere disatteso;
5. la difesa dei ricorrenti, in qualità di eredi dell’originaria contribuente, ha chiesto, con riguardo agli importi dell’atto impugnato relativi a sanzioni amministrative, che ne sia disposta la relativa decurtazione;
5.1. trattandosi di sanzione amministrativa non trasmissibile agli eredi, va conseguentemente dichiarata la cessazione della materia del contendere in parte qua, facendosi applicazione del principio di diritto, già affermato da questa Corte (cfr. Cass. nn. 29577/2021, 6737/2016, 22199/2010), secondo cui, in tema di sanzioni amministrative, la morte dell’autore della violazione comporta l’estinzione dell’obbligazione di pagare la sanzione pecuniaria irrogata dall’Amministrazione, la quale, ai sensi dell’art. 7 della legge n. 689 del 1981, non si trasmette agli eredi, con conseguente cessazione della materia del contendere che può intervenire anche in sede di legittimità, ove il decesso sia documentato ex art. 372 cod. proc. civ.;
6. il ricorso va, in conclusione respinto, fatta salva la declaratoria di cessazione della materia del contendere di cui si è detto;
6.1. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
Dichiara cessata la materia del contendere quanto alle sanzioni applicate con l’impugnato avviso di rettifica IMU in quanto non più dovute; rigetta per il resto il ricorso; condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese di questo giudizio in favore del Comune controricorrente che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre ad euro 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento ed agli accessori di legge, se dovuti; visto l’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico delle parti ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 – bis dello stesso art.13, se dovuto.
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