Corte di Cassazione. sezione tributaria, ordinanza n. 5894 depositata il 5 marzo 2024
sanzioni – IMU / ICI
RILEVATO CHE
A.P. propone ricorso, affidato a sei motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva accolto l’appello del Comune di Avellino avverso la sentenza n. xxx della Commissione tributaria provinciale di Avellino, in accoglimento del ricorso proposto da A.P. e F.P. avverso avvisi di accertamento IMU 2012—2015 e TASI 2014—2015;
il Comune e F.P. sono rimasti intimati;
la contribuente ha da ultimo depositato memoria difensiva
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 342 cod. proc. civ. per avere la Commissione tributaria regionale omesso di rilevare l’inammissibilità del gravame per «mancata impugnazione di tutte le rationes decidendi» della sentenza di primo grado;
1.2. con il secondo motivo di ricorso principale si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., «violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c.» e si lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia omesso di pronunciarsi sull’eccezione dell’appellata relativamente all’omessa censura, da parte dell’appellante, di tutte le rationes decidendi della sentenza di primo grado;
1.3. con il terzo motivo di ricorso principale si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 e degli artt. 1 e 3 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e si lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente respinto le censure della contribuente circa l’omessa motivazione dell’atto impugnato;
1.4. con il quarto motivo di ricorso principale si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., motivazione apparente della Commissione tributaria regionale circa l’eccepito difetto di motivazione dell’avviso di accertamento impugnato;
1.5. con il quinto motivo di ricorso principale si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, circa l’insussistenza dell’edificabilità dell’area;
1.6. con il sesto motivo di ricorso principale si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., violazione dell’art. 99 cod. proc. civ. e del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato per omessa motivazione circa i seguenti motivi di impugnazione:«… a. erroneità ed incongruità del valore accertato dall’ente; b. violazione dell’art. 2 del D.lgvo n.504/92 e s.m.i.; c. inesistenza di una reale, concreta effettiva ed attuale edificabilità dell’area, anche a cagione dell’insostenibilità economica del suo sviluppo edificatorio; c. gradatamente, violazione dell’art. 31 della L. n. 289/2002 e dell’art. 10 comma 2 della L. n. 212/2000, nonché omesso adempimento dell’obbligo, gravante sul Comune, di informazione del contribuente in ordine al mutato regime urbanistico dell’area di sua proprietà; d. gradatamente, violazione dell’art. 12 del D.lgvo n. 472/1997 e dell’art. 14 del D.lgvo n. 504/1992 e conseguente irrogazione di una somma maggiore di quella asseritamente dovuta; e. gradatamente, violazione dell’art. 12 del D.lgvo n. 472/1997 sul cumulo di della stessa indole»;
2.1. il primo motivo è inammissibile;
2.2. le censure, invero, difettano di specificità ai sensi dell’art. 366 cod. proc. civ. nel senso di dimostrare che nell’atto di appello il Comune non avesse impugnato tutte le rationes decidendi della sentenza di primo grado;
2.3. riguardo al contenuto dell’atto d’appello che l’attuale controricorrente aveva proposto, nulla è reso noto, in quanto di detto gravame nulla viene trascritto nel ricorso, né viene ad esso allegato;
2.4. è ben noto, tuttavia, che il ricorso non può essere sostenuto, per raggiungere la necessaria specificità, dal contenuto di altri atti processuali, tra cui la stessa sentenza impugnata, atteso che l’articolo 366 cod. proc. civ. impone inequivocamente della sussistenza dei requisiti ivi previsti come parte costitutiva del ricorso stesso;
2.5. considerata anche la sentenza della Corte di Strasburgo, Sez. 1, 28 ottobre 2021 n. 55064, Succi e altri c. Italia (la quale peraltro, in relazione all’articolo 6 CEDU, non ha in effetti censurato il principio di specificità del ricorso, bensì ha riconosciuto che tale autonomia «mira a semplificare l’attività della Corte di cassazione e a garantire al tempo stesso la certezza (sècuritè) giuridica e la buona amministrazione della giustizia» – così si esprime al § 75; e cfr. pure § 78-79; al riguardo cfr. Cass. 4 marzo 2022 n. 7186 e S.U. 18 marzo 2022 n. 8950), è d’uopo rilevare che il requisito configurato dall’articolo 366, primo comma, n.3 c.p.c. per il ricorso costituisce, secondo una classica definizione, un requisito di contenuto – forma, in quanto è diretto a garantire al giudice di legittimità una chiara e integrale cognizione del fatto sostanziale da cui è sorta la controversia e altresì del fatto processuale, senza che occorra attingere ad altre fonti o ad altri atti, rendendo così realmente autosufficiente/autonomo il ricorso (cfr. S.U. 18 maggio 2006 n. 11653, e sulla sua linea, ex plurimis, Cass. 8 luglio 2014 n. 15478, Cass. 24 agosto 2016 n. 16103, Cass. 24 aprile 2018 n. 10072 e Cass. 28 maggio 2018 n. 13312; e cfr. pure S.U. 17 luglio 2009 n. 16628, S.U. 11 aprile 2012 n. 5698, S.U. ord. 24 febbraio 2014 n. 4324 e S.U. 22 maggio 2014 n. 11308);
2.6. il ricorso, pertanto, attraverso il principio di specificità (autosufficienza) non viene «protetto» mediante uno strumento di formalismo, bensì viene conformato in modo inequivoco e funzionale, così da rendere completamente comprensibile il suo contenuto, e da ciò deriva, per agevole logica, che l’assenza di tale requisito appunto di forma/contenuto depriva il ricorso della sua ontologica conformazione di strumento di denuncia al giudice di legittimità di quanto è avvenuto e di quel che costituirebbe violazione conseguente di legge, così impedendogli di veicolare il suo obiettivo per arrestarlo invece nella negativa figura della inammissibilità;
2.7. alla Corte è dunque preclusa la verifica dell’effettivo contenuto dell’atto di appello, risultando il motivo in esame privo di specificità ex art. 366 cod. proc. civ.;
3.1. il secondo motivo va parimenti disatteso;
3.2. il vizio di omessa pronuncia non è, invero, prospettabile in relazione a domande diverse da quelle di merito, ed il mancato esame da parte del giudice, sollecitatone dalla parte, di una questione puramente processuale, come nel caso in esame, non può dare luogo al vizio di omessa pronunzia, il quale è configurabile con riferimento alle sole domande di merito e non può assurgere a causa autonoma di nullità della sentenza (cfr. Cass. n. 25154 del 11/10/2018; Cass. n. 1876 del 25/01/2018; Cass. n. 22083 del 26/09/2013);
4.1. il terzo motivo ed il quarto motivo, da esaminare congiuntamente, in quanto strettamente connessi, vanno disattesi;
4.2. in primo luogo, va evidenziato che ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto, e ciò non si verifica, in particolare, quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione (cfr. Cass. n. 2151 del 29/01/2021; Cass. n. 18491 del 12/07/2018; Cass. n. 24155 del 13/10/2017; Cass. n. 20311 del 4/10/2011);
4.3. applicando tali principi al caso in esame, la Commissione tributaria regionale ha dunque accolto l’appello del Comune anche sul rilievo dell’insussistenza dell’obbligo di allegazione all’atto impositivo di ogni atto dallo stesso richiamato, limitato ai soli atti necessari per sostenere «le ragioni della decisione intese in senso ampio e, quindi, non limitate a quelle puramente giuridiche ma comprensive anche dei presupposti di fatto», con esclusione quindi di tutti gli atti a contenuto normativo, anche secondario, quali le delibere o i regolamenti comunali;
4.4. è stata pertanto respinta espressamente la censura della contribuente, accolta in primo grado, circa il difetto di motivazione dell’atto impositivo impugnato per mancata allegazione «…dell’allegato 1 degli A.P.I. (ndr. Atti di Programmazione Interventi), approvati con delibera C.C. n. 27 del 11/2/2008, al quale l’avviso di accertamento … rinvia» (cfr. pagg. 3—4 memoria di costituzione in appello, allegata al ricorso);
4.5. la Commissione tributaria regionale ha, invero, altresì evidenziato l’insussistenza del lamentato vizio di motivazione rilevando che «l’avviso di accertamento risulta(va)… pienamente esplicativo degli elementi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dell’ente impositore in quanto contenente: a) la descrizione di fatti scelti ed incontestabili quali la ommessa o la infedele dichiarazione degli immobili ai fini dell’imposizione; b) la indicazione dei valori dei fabbricati risultanti dagli atti del catasto; c) il calcolo dell’imposta evasa; d) il calcolo automatico e consequenziale delle sanzioni previste dall’articolo 14 d.lg. 18 dicembre 1997 n. 473»;
4.6. a seguire, la ricorrente si duole che la Commissione tributaria regionale abbia riformato la sentenza di primo grado anche nella parte in cui era stato annullato l’atto impositivo per carenza di motivazione in ordine «all’inattualità della previsione urbanistica comunale», non avendo l’Amministrazione comunale «comprovato sia l’oggettiva ed effettiva attualità della previsione urbanistica di edificazione, sia l’effettiva adeguatezza del criterio di stima utilizzato e, quindi, la congruità del valore imponibile determinato in sua applicazione»;
4.7. ciò posto, in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), così come di imposta municipale propria (IMU), l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestare efficacemente l’an ed il quantum dell’imposta, ed in particolare, il requisito motivazionale esige, oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi ed oggettivi della posizione creditoria dedotta, soltanto l’indicazione dei fatti astrattamente giustificativi di essa, che consentano di delimitare l’ambito delle ragioni adducibili dall’ente impositore nell’eventuale successiva fase contenziosa, restando, poi, affidate al giudizio di impugnazione dell’atto le questioni riguardanti l’effettivo verificarsi dei fatti stessi e la loro idoneità a dare sostegno alla pretesa impositiva (cfr. Cass. n. 26431 del 08/11/2017; conf. Cass. n. 1694 del 24/01/2018);
4.8. una volta assolto dall’ente impositore l’obbligo di enunciare i presupposti valutativi adottati e le relative risultanze esula, quindi, dal tema della motivazione, per attingere a quello, affatto diverso, della prova della pretesa tributaria, ogni ulteriore questione circa l’idoneità, in concreto, del criterio applicato in sede di rettifica e la correttezza del risultato estimativo raggiunto, profili che attengono propriamente al merito della pretesa tributaria medesima;
4.9. sulla scorta delle stesse asserzioni della ricorrente e di quanto riportato nella sentenza impugnata, pertanto, l’avviso di accertamento in questione rispondeva ai coefficienti minimi così enucleati e non sussistono i presupposti per la richiesta cassazione – sotto questo profilo – della sentenza impugnata;
5.1. il quinto motivo di ricorso principale va parimenti disatteso;
5.2. in particolare, la ricorrente lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia omesso di valutare il «fatto oggettivo che lo sviluppo edificatorio del comparto non …(era)… economicamente sostenibile ovvero attuabile», avendo ella fornito, nei propri «atti difensivi ed, in particolare, anche, nella memoria di costituzione in appello … precise indicazioni dei costi di infrastrutturazione e di urbanizzazione del comparto» e dimostrato la «incoerenza tra gli elevati costi degli oneri di infrastrutturazione e di urbanizzazione del comparto ed il suo ridotto indice di inedificabilità», cosicché «la previsione di edificabilità …(era)… solo apparente»;
5.3. la ricorrente (in violazione del principio di specificità ex art. 366 cod. proc. civ.) non indica, dunque, né riproduce, i dati probatori che, in tesi, sarebbero stati pretermessi dal Giudice del gravame – risolvendo la sua censura nel rinvio al contenuto di atti e memorie difensive depositate nei gradi di merito -, dovendo al riguardo la Corte evidenziare che il denunciato difetto di motivazione è configurabile solo se, dall’esame del ragionamento svolto dal giudice del merito, e quale risulta dalla stessa sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che avrebbero potuto condurre a una diversa decisione ovvero quando sia evincibile un’obiettiva deficienza, nel complesso della sentenza medesima, del procedimento logico che ha condotto il giudice, sulla base degli stessi elementi acquisiti, al suo convincimento;
5.4. il vizio di motivazione non sussiste, pertanto, quando, come nel caso in esame, vi sia (mera) difformità rispetto alle attese e alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato attribuiti dal giudice di merito agli elementi delibati (cfr. ex plurimis, Cass. n. 32547 del 12/12/2019 in motiv., Cass., 29 marzo 2012, n. 5088; Cass., 2 febbraio 1996, n. 914), dovendo, per risultare rilevante ex articolo 360, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame di un fatto decisivo consistere in un difetto di attività del giudice di merito che si verifica soltanto se vi sia traccia evidente che egli abbia trascurato non già la deduzione o l’argomentazione che la parte ritiene rilevante per la sua tesi, bensì una circostanza obiettiva acquisita alla causa mediante prova scritta od orale, idonea di per sé, qualora fosse stata presa in considerazione, a condurre con giudizio di certezza e non di mera probabilità ad una decisione diversa da quella adottata (cfr. Cass. 3 febbraio 2000, n. 1203; Cass. 23 dicembre 2003, n. 19679);
5.5. alla luce di detti principi, tutte le argomentazioni, evidenziate dalla ricorrente e delle quali il primo Giudice avrebbe omesso l’esame risultano non decisive in quanto inidonee anche, ove valutate, a condurre ad una decisione diversa da quella adottata dalla Commissione tributaria regionale;
6.1. va parzialmente accolto, infine, il sesto motivo;
6.2. le doglianze circa la pretesa omessa pronuncia sui motivi di impugnazione dell’atto impositivo, riproposti in appello, circa la «erroneità ed incongruità del valore accertato dall’ente…, (la)… violazione dell’art. 2 del D.lgvo n. 504/92 e s.m.i. … (e la)… inesistenza di una reale, concreta effettiva ed attuale edificabilità dell’area, anche a cagione dell’insostenibilità economica del suo sviluppo edificatorio», risultano prive di fondamento sulla scorta di quanto espressamente dedotto dalla stessa ricorrente con il quinto motivo di ricorso, laddove, come dianzi indicato, si lamenta l’omesso «esame di fatti oggettivi e decisivi» che si assumono non valutati e presi in considerazione dalla Commissione tributaria regionale «circa la potenzialità edificatoria, ovvero l’edificabilità dell’area» e la mancata «sostenibilità economica del suo sviluppo edificatorio», il che, con evidenza, esclude, secondo le stesse affermazioni della ricorrente, la sussistenza della lamentata omessa decisione sui suddetti motivi di gravame;
6.3. quanto alle rimanenti censure si osserva che sulla doglianza relativa alla pretesa «violazione dell’art. 31 della L. n. 289/2002 e dell’art. 10 comma 2 della L. n. 212/2000, nonché …(all’)… omesso adempimento dell’obbligo, gravante sul Comune, di informazione del contribuente in ordine al mutato regime urbanistico dell’area di sua proprietà» in relazione all’applicazione delle sanzioni e degli interessi moratori da parte del Comune, che si assumono non dovuti per violazione dei suddetti obblighi a carico dell’ente locale, è dirimente osservare che, come già affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 26169 del 16/10/2019; Cass. n. 15558 del 02.07.2009), l’art. 31 della legge n. 289/2002 non condiziona la produttività di effetti ai fini tributari dell’avvenuta destinazione edificatoria dell’area alla notifica della comunicazione prevista dalla stessa norma;
6.4. peraltro, l’articolo 36, comma 2, del d.l. n. 223/2006 stabilisce che in base al d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504, un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio secondo lo strumento urbanistico generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi, cosicché la mera previsione dello strumento urbanistico generale semplicemente adottato dal Comune fa sorgere l’obbligo di corrispondere l’Ici (e successivamente l’IMU e la TASI) sull’area edificabile, circostanza non subordinata a nessuno specifico adempimento di comunicazione o di notifica;
6.5. inoltre, la mancanza della comunicazione non esclude l’obbligo dichiarativo, previsto dall’articolo 10 del D.lgs 504/1992 (ma anche nell’IMU, cfr. art. 13, comma 12-ter, d.l. n. 201/2011), né la mancata comunicazione può riverberare effetti sull’applicazione di sanzioni e interessi in caso di mancato adempimento da parte del contribuente;
6.6. il Ministero dell’Economia e delle finanze, nella Circolare n. 3DF/2012, richiamata nei precedenti dianzi citati, ha ritenuto, peraltro, che in tale ipotesi si applichi l’articolo 10, comma 2, della legge n. 212/2000, che esclude l’applicazione di sanzioni e interessi nel caso in cui il contribuente si sia conformato a indicazioni contenute in atti dell’amministrazione finanziaria, ancorché successivamente modificate, o qualora il suo comportamento risulti posto in essere in seguito a fatti direttamente conseguenti a ritardi, omissioni o errori dell’amministrazione stessa, ma la circolare ministeriale, interpretativa di una norma tributaria, anche ove contenga una direttiva agli uffici gerarchicamente subordinati, esprime esclusivamente un parere, non vincolante per il contribuente (oltre che per gli Uffici), per il Giudice e per la stessa autorità che l’ha emanata, in quanto priva di efficacia normativa (cfr. Cass. ex plurimis: Cass. n. 20819 del 30/09/2020);
6.7. nella specie, inoltre, la variazione della qualità del terreno viene fatta risalire al 2008, anno di approvazione del nuovo piano urbanistico comunale (PUC), atto generale e conoscibile, mentre l’avviso di accertamento impugnato riguarda le annualità IMU 2012—2015 e TASI 2014—2015;
6.8. non ricorre, pertanto, la «buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo», che è uno dei requisiti necessari ai fini dell’applicabilità di tale disposizione (cfr. Cass. n. 12372 del 11/05/2021; Cass. n. 537 del 14/01/2015);
6.9. sono fondate, invece, le doglianze relative all’omessa pronuncia della Commissione tributaria regionale sui motivi di impugnazione formulati nel ricorso introduttivo (ritualmente trascritti in parte qua) e riproposti in grado di appello (cfr. memoria di costituzione allegata al ricorso) circa la dedotta illegittima applicazione delle sanzioni ai sensi dell’art. 14, comma 1, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, ricorrendo, secondo la ricorrente, nel caso in esame l’ipotesi dell’infedele dichiarazione, in luogo dell’omessa dichiarazione, e circa la «violazione dell’art. 12 del D.lgvo n. 472/1997 e dell’art. 14 del D.lgvo n. 504/1992 e conseguente irrogazione di una somma maggiore di quella asseritamente dovuta …(ed alla)… violazione dell’art. 12 del D.lgvo n. 472/1997 sul cumulo di della stessa indole»;
6.10. deve in effetti rilevarsi la mancanza in sentenza di uno specifico esame delle censure, e ad esso non può tuttavia procedere questa Corte, non trattandosi di questioni di mero diritto, ma richiedendo le censure anche ulteriori accertamenti di fatto;
7. sulla scorta di quanto sin qui osservato, va accolto il sesto motivo di ricorso, nei limiti dianzi indicati, respinti i rimanenti motivi, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo di ricorso nei limiti di cui in motivazione, respinti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.