CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Ordinanza n. 7309 depositata il 19 marzo 2025

Categoria catastale di un immobile – Rifugio alpino – Autotutela – Rendita catastale – Classamento – Stima comparativa – Accoglimento

In fatto

Ritenuto che

1. La Commissione tributaria regionale ha accolto l’appello proposto da Ca.Ma. avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto il ricorso avente ad oggetto il rigetto dell’istanza di variazione della categoria catastale di un immobile sito nel Comune di Enego, da D/2 (alberghi, pensioni aventi scopo di lucro) a A/11 (abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi).

2. I giudici di secondo grado hanno ritenuto ammissibile il ricorso proposto dal contribuente avverso la classificazione catastale in quanto l’atto impugnato rientrava nell’elenco, non tassativo, di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992 e hanno accolto il gravame affermando che l’immobile in esame non poteva essere qualificato come struttura alberghiera soltanto per il fatto che era raggiungibile tramite strade ampie e comode e ciò tenuto conto dell’art. 25 della legge regionale 4 novembre 2002, n. 33, che, al punto 16, recava la definizione di rifugi alpini (“Sono rifugi alpini le strutture ricettive in possesso dei requisiti previsti all’allegato G ubicati in montagna a quota non inferiore a 1.300 metri.

I rifugi alpini sono predisposti per il ricovero, il ristoro e per il soccorso alpino e devono essere custoditi e aperti al pubblico per periodi limitati nelle stagioni turistiche”); dalla previsione normativa e dall’esame dell’allegato “G” si desumeva che l’immobile in contestazione poteva essere qualificato rifugio alpino, in quanto era ubicato a 1.309 metri di altezza (superiore a mt 1.300), era attrezzato con distinti locali per il ricovero, la sosta, il ristoro, il pernottamento ed era dotato di un ricovero di fortuna con cassetta di pronto soccorso e medicazione, barella di soccorso, pale sonde per valanga, piazzola per l’atterraggio di elicotteri del Soccorso Alpino e altri attrezzi di soccorso; l’immobile, peraltro espressamente riconosciuto come rifugio alpino con provvedimento n. (…) del 27 dicembre 2007 dalla Provincia di Vicenza, Ufficio Sviluppo Economico, Lavoro e Cultura, andava iscritto nella categoria A/11.

3. L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a due motivi e illustrato con memoria.

4. Ca.Ur., Ca.Lu., Ca.Ca., nella qualità di eredi di Ca.Ma., resistono con controricorso, pure corredato di memoria.

5. La Procura Generale della Corte di cassazione ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto l’accoglimento del ricorso con riferimento al secondo motivo.

In diritto

Considerato che

1. Il primo motivo deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Il giudice di appello aveva fatto mal governo dei principi enunciati dalla giurisprudenza formatasi in materia di impugnabilità del diniego di autotutela in quanto, prescindendo dalla valutazione dei motivi riguardanti la legittimità del rifiuto, peraltro non indicati dal contribuente, aveva sindacato il merito della pretesa tributaria oramai divenuta definitiva.

La procedura di autotutela configurava un potere discrezionale, non soggetto a sindacato nell’ipotesi di contenzioso tributario e l’esercizio del potere di autotutela non costituiva un mezzo di tutela per il contribuente, sostitutivo dei rimedi giurisdizionali che non erano stati esperiti.

Il diniego all’istanza di revisione in autotutela era meramente confermativo della pretesa tributaria divenuta definitiva e non poteva essere impugnato dal contribuente per chiedere al giudice di rimettere in discussione la pretesa erariale, né il giudice avrebbe potuto, come invece era avvenuto, sindacare il merito della pretesa disattendendo in tal modo i principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità.

1.1. Il motivo che, differentemente da quanto obiettato in controricorso e ribadito in memoria, è adeguatamente formulato, è infondato.

1.2. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte al contribuente deve essere riconosciuto il diritto di modificare, senza alcun limite temporale, la rendita proposta con la procedura DOCFA, quando la situazione di fatto o di diritto ab origine denunziata non sia veritiera (cfr. Cass., 13 giugno 2014, n. 13535; Cass., 13 febbraio 2015, nn. 2995 e 3001; Cass., 21 giugno 2021, n. 17627); inoltre, il termine di dodici mesi dalla presentazione della DOCFA, fissato dall’art. 1 del D.M. 19 aprile 1994 n. 701, per la determinazione della rendita catastale definitiva da parte dell’amministrazione finanziaria (eventualmente modificativa della rendita proposta dal contribuente), non ha natura perentoria, ma meramente ordinatoria, costituendo una modalità di esercizio dei poteri per la formazione e l’aggiornamento del catasto (Cass., 11 marzo 2011, n. 5843; Cass., 19 marzo 2014, n. 6411; Cass., 13 febbraio 2015, n. 2995; Cass., 19 febbraio 2015, nn. 3355 e 3358; Cass., 13 marzo 2015, n. 5051), con il duplice corollario che l’esito del procedimento di classamento è di tipo accertativo e mira solo a fornire chiarezza sul valore economico del bene, attraverso il sistema del catasto, in vista di una congrua tassazione secondo le diverse leggi d’imposta, e che quando la situazione di fatto e di diritto denunziata non sia veritiera il contribuente mantiene il diritto di modificare la rendita proposta all’amministrazione finanziaria (Cass., 4 novembre 2021, n. 31574).

1.3. Come questa Corte ha già precisato, il diniego o rifiuto di variazione catastale non rientra nella tipologia degli atti impugnabili soltanto sub specie del diniego espresso o tacito di autotutela, che può riguardare soltanto eventuali profili di illegittimità del rifiuto dell’amministrazione finanziaria, in relazione alle ragioni di rilevante interesse generale che giustificano l’esercizio di tale potere, e non la fondatezza della pretesa tributaria, atteso che, altrimenti, si avrebbe un’indebita sostituzione del giudice nell’attività amministrativa o un’inammissibile controversia sulla legittimità di un atto impositivo ormai definitivo (Cass., 28 marzo 2018, n. 7616; Cass., 24 agosto 2018, n. 21146; Cass., 26 settembre 2019, n. 24032; Cass., 4 dicembre 2020, n. 27806; Cass, 16 marzo 2021, n. 7378).

1.4 Sotto altro aspetto, l’art. 19, primo comma, lett. f), del D.Lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che il ricorso può essere proposto avverso “gli atti relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2”, dello stesso D.Lgs. n. 546 del 1992, norma quest’ultima che annovera nell’oggetto della giurisdizione tributaria tutte le controversie concernenti “la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale” e, in particolare, l’attribuzione della rendita catastale all’immobile posseduto, che è, quindi, impugnabile dinanzi le commissioni tributarie (Cass., 13 febbraio 2015, n. 3011; Cass., 24 gennaio 2019, n. 2006).

1.5 Anche di recente, questa Corte ha affermato che “In tema di contenzioso tributario, l’atto di diniego della variazione catastale, emesso a seguito di richiesta del contribuente, rientra tra quelli relativi alle operazioni catastali indicate nell’art. 2, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – norma quest’ultima che annovera nell’oggetto della giurisdizione tributaria tutte le controversie concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo nonché quelle, concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale – per cui è impugnabile, ai sensi dell’art. 19, comma 1, lett. f), del D.Lgs. n. 546 del 1992, dinanzi al giudice tributario.

(Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che aveva dichiarato inammissibile il ricorso del contribuente avverso il diniego dell’Amministrazione a fronte di una richiesta di variazione catastale, concernente l’erronea decorrenza della classificazione catastale di un complesso industriale in categoria F/2, con invito all’amministrazione finanziaria ad apportare la necessaria correzione, sul presupposto della sua non impugnabilità dinanzi al giudice tributario)” (Cass., 26 luglio 2024, n. 21010; conf., da ultimo, Cass., 01 marzo 2025, n. 5454).

1.6 Pertanto, i giudici di appello correttamente hanno qualificato la domanda di accertamento della nuova rendita come impugnativa del diniego espresso opposto dall’amministrazione finanziaria alla istanza formulata da Ca.Ma. del 4 maggio 2015 con la quale era stata chiesta la variazione della categoria catastale dell’immobile sito nel Comune di Enego da D/2 (alberghi, pensioni aventi scopo di lucro) e A/11 (abitazioni ed alloggi tipici dei luoghi) e oggetto di diniego con nota dell’Agenzia delle Entrate dell’8-10 giugno 2015, diniego qualificabile come atto relativo alle operazioni catastali di classamento (cfr. pag. 1 della sentenza impugnata).

In sostanza, con la domanda del 4 maggio 2015, il contribuente ha denunciato l’erroneità della rendita catastale, invitando l’amministrazione finanziaria ad apportare le necessarie correzioni, ma quest’ultima ha opposto un rifiuto, confermando la validità della rendita precedentemente attribuita su proposta del medesimo contribuente.

Il provvedimento negativo con il quale l’amministrazione finanziaria ha mantenuto la precedente rendita (motivato nel senso che “l’istanza non rientra nei casi previsti dall’attuale Regolamento dell’Autotutela”, cfr. pag. 2 del ricorso per cassazione), rigettando l’istanza di variazione avanzata dai contribuenti, deve considerarsi atto riguardante l’operazione catastale di attribuzione di rendita e, in tal senso, depone la decisione impugnata.

2. Il secondo motivo deduce, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione del regio decreto n. 652 del 1939, del D.P.R. n. 1142 del 1949  e del D.M. n. 28 del 1998, nonché della legge regionale n. 33 del 2002, in quanto la decisione del giudice d’appello, sull’eccezione di inammissibilità del ricorso, aveva fondato la decisione su una errata interpretazione della normativa applicabile al caso in esame e si poneva in contrasto con i principi e le norme che disciplinavano il corretto classamento degli immobili, prescindendo dalle caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell’immobile in esame. Il giudice del gravame aveva erroneamente applicato la legge regionale n. 33/2002, essendo evidente che l’ubicazione sopra i 1300 mt e la dotazione di distinti locali per ricovero, la sosta o pernottamento, oppure il fatto di essere aperti al pubblico per periodi limitati nelle stagioni turistiche erano caratteristiche comuni a molte strutture turistico-alberghiere site nelle zone alpine e prealpine del Veneto.

Piuttosto il classamento delle unità immobiliari, come previsto dalla legge n. 1142 del 1949 (ndr D.P.R. n. 1142 del 1949) e dalle norme indicate era basato esclusivamente sul confronto tra le caratteristiche intrinseche ed estrinseche di ciascuna unità oggetto di esame e quelle ordinariamente associate alle tipologie presenti nel quadro di qualificazione e la totalità delle strutture ricettive similari a quella oggetto del contendere e ricadenti nel comprensorio del comune di Enego, erano censite in categoria D/2 anche se denominate “Rifugio” in quanto non presentavano le caratteristiche tipiche dei “Rifugi Alpini”.

Inoltre, l’art. 64 del Regolamento per la formazione del nuovo catasto edilizio Ca.Ur., approvato con D.P.R. n. 1142 del 1949, prevedeva l’integrazione del quadro di categorie e classi di un comune quando fosse stata accertata l’esistenza di una unità immobiliare avente destinazione ordinaria o caratteristiche influenti sul reddito notevolmente difformi da quelle proprie delle categorie e classi prestabilite per il comune medesimo e nel comune di Enego, ad oggi, non erano state riscontrate unità immobiliari aventi destinazione ordinaria o caratteristiche influenti sul reddito difformi da quelle proprie delle categorie e classi prestabilite dal comune, né risultava approvato da parte della competente Commissione censuaria provinciale il prospetto integrativo del quadro tariffario del catasto edilizio Ca.Ur. con riferimento alla nuova istituzione della categoria A/11 integrante i prospetti contenenti le tariffe d’estimo delle unità immobiliari urbane determinate con decreto del Ministro delle Finanze 27 settembre 1991.

2.1 Il motivo è, innanzi tutto ammissibile, in quanto, diversamente da quanto affermato dai controricorrenti, la censura non sollecita una rivalutazione dei fatti, ma deduce una falsa applicazione di legge per errore di sussunzione, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte secondo cui “Il controllo di legittimità non si esaurisce in una verifica dell’attività ermeneutica diretta a ricostruire la portata precettiva di una norma, ma il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. comprende anche l’errore di sussunzione del fatto nell’ipotesi normativa; tale vizio si riferisce ad un momento successivo a quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto ed investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nell’affermazione erronea dell’esistenza o dell’insussistenza di una norma, ovvero della attribuzione ad essa di un contenuto che non ha riguardo alla fattispecie in essa delineata (violazione di legge in senso proprio); la falsa applicazione consiste invece nell’assumere la fattispecie concreta sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista, pur rettamente individuata e interpretata, non è idonea a regolarla” (Cass., Sez. U., 18 gennaio 2001, n. 5 e, più di recente, Cass., 29 agosto 2019, n. 21772; Cass., 28 novembre 2007, n. 24756; Cass., 26 settembre 2005, n. 18782; Cass., 11 agosto 2004, n. 15499).

2.2 Il motivo, ammissibile, è fondato.

2.3 Ed invero, con il r.D.L. n. 652 del 1939, convertito con legge n. 1249 del 1939 e, successivamente, con D.P.R. n. 1142 del 1949 si è disciplinato il Nuovo Catasto edilizio Ca.Ur. e si sono distinti i fabbricati in due raggruppamenti: quello degli immobili a destinazione ordinaria e quello degli immobili a destinazione speciale o particolare; per il primo gruppo si procede con l’attribuzione di categoria e classe, per il secondo non si esegue detta classificazione, ma si procede mediante stima diretta.

In particolare, questa Corte ha statuito che “In tema di classamento, il metodo di valutazione, per gli immobili della categoria ordinaria, è quello della stima comparativa, basata sulle caratteristiche estrinseche ed intrinseche del bene e sulla sua ubicazione, in relazione alla tariffa prevista per la classe di appartenenza, mentre è soltanto per gli immobili a destinazione speciale, il cui valore risulta dalla sommatoria di più fattori, che è necessaria la stima diretta con sopralluogo” (Cass., 6 marzo 2017, n. 5600 e, con specifico riferimento all’attribuzione di rendita ai fabbricati a destinazione speciale o particolare, Cass., 27 marzo 2019, n. 8529; Cass., 7 aprile 2021, n. 8529).

2.4 La sentenza impugnata non è conforme al principio suesposto, in quanto la Commissione tributaria regionale, basandosi sul dato normativo di cui all’art. 25 della legge regionale 4 novembre 2002, n. 33 (che, peraltro, è rubricata “Testo Unico delle legge regionali in materia di turismo” e, dunque, tratta una materia non pertinente al tema della classificazione catastale degli immobili), ha affermato che l’immobile in contestazione poteva essere qualificato rifugio alpino, in quanto era ubicato a 1.309 metri di altezza ed in possesso dei requisiti previsti dall’allegato “G” della legge regionale citata (cfr. pag. 3 della sentenza impugnata) e che il rifugio M. era stato espressamente riconosciuto come tale dal provvedimento n. (…) del 27 dicembre 2007 dalla Provincia di Vicenza, Ufficio Sviluppo Economico, Lavoro e Cultura (cfr. pag. 4 della sentenza impugnata).

I giudici di secondo grado, dunque, basandosi sull’interpretazione della normativa regionale, non hanno tenuto conto del metodo di valutazione previsto per gli immobili della categoria ordinaria, che è quello della stima comparativa, basato sulle caratteristiche intrinseche ed estrinseche dell’immobile; il giudice di appello, sostanzialmente, non ha tenuto conto che il classamento delle unità immobiliari a destinazione ordinaria, come previsto dal complesso di norme dinanzi indicato, deve basarsi esclusivamente sul confronto tra le caratteristiche intrinseche ed estrinseche di ciascuna unità oggetto di esame e quelle ordinariamente associate alle tipologie presenti nel quadro di qualificazione e la totalità delle strutture ricettive similari a quella oggetto del contendere (nella specie ricadenti nel comprensorio del comune di Enego e censite in categoria D/2 anche se denominate “Rifugio”).

3. Per le ragioni di cui sopra, va accolto il secondo motivo e rigettato il primo; la sentenza impugnata va cassata, in relazione al motivo accolto, e la causa deve essere rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.