CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 8472 depositata il 28 marzo 2024

Tributi – Avviso di accertamento – IRPEF – IVA – IRAP – Scostamento dai ricavi dichiarati – Accoglimento –  le fatture rinvenute negli elenchi clienti e fornitori corrispondono a fatture regolarmente registrate per cui il soggetto passivo è legittimato a detrarre la relativa imposta ed aventi perciò valore probatorio

Rilevato che

l’Agenzia delle entrate emise, a carico di S., avviso di accertamento, relativo a Irpef, Iva e Irap dell’anno 2007, avendo riscontrato uno scostamento fra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dagli elenchi C. trasmessi da tale B..

L’atto impositivo, impugnato con ricorso dal contribuente, venne annullato dall’adita C.T.P. e la decisione, appellata dall’Agenzia delle entrate venne confermata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte.

In particolare, il Giudice di appello, nel confermare la sentenza della C.T.P., riteneva che non fosse sufficiente, al fine della fondatezza della pretesa tributaria, la discordanza dei dati C., in assenza di qualsiasi altro riscontro in termini di rapporti commerciali, prestazione eseguite e movimenti finanziari intercorsi tra le ditte dei signori S. e B..

Avverso questa sentenza ricorre, su unico motivo, l’Agenzia delle entrate.

Resiste con controricorso S..

Considerato che

Preliminarmente va respinta l’eccezione sollevata in controricorso di inammissibilità, per tardività, del ricorso per cassazione.

Il ricorso, infatti, risulta tempestivamente presentato per la notificazione il 12 dicembre 2016, termine ultimo di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza impugnata, non notificata, avvenuta il 10 maggio 2016.

Egualmente infondata deve, poi, ritenersi l’ulteriore eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata sul presupposto che si verta in un caso di cd. doppia conforme, in quanto il mezzo di impugnazione, svolto dall’Agenzia delle entrate, è stato, correttamente, articolato ai sensi del n.3 dell’art. 360 cod. proc. civ.

2 Con l’unico motivo di ricorso, infatti, l’Agenzia delle entrate ha dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art.39, co.1 lett. d) del D.P.R. n.600 del 1973, dell’art 54, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1973 (ndr art 54, quarto comma, del D.P.R. n. 633 del 1972) e dell’art.2697 cod. civ., laddove la C.T.R., pur essendo pacifico che l’avviso era fondato sulle risultanze degli elenchi CLIFO e che, da tali elenchi era emersa l’omessa contabilizzazione di operazioni imponibili IVA per un ammontare pari a Euro 100.000,00, aveva ritenuto tale dato meramente indiziario.

2.1 La censura è fondata. Va evidenziato che, rispetto a detti elenchi, questa Corte ha chiarito (Cass. pen., 8.1.2020, n. 230) che “quelle rinvenute nell’elenco fornitori inviato dai clienti all’Agenzia delle Entrate non costituiscono mere annotazioni, ma corrispondono a fatture regolarmente registrate in corrispondenza di prestazioni di servizi ricevute o di beni acquistati dal soggetto emittente la corrispondente fattura sulla quale il cliente, in quanto titolare di partita IVA, è legittimato a detrarre la relativa imposta ed aventi perciò valore probatorio in ordine all’acquisto di beni“. Donde la conclusione per cui, nell’ottica della ripresa tributaria in materia di I.V.A., gli elenchi dei fornitori allegati alle dichiarazioni di soggetti terzi sono utilizzabili ai fini dell’accertamento poiché, per un verso, ai sensi dell’art. 39 del D.P.R. n. 600 del 1973, gli atti dei quali l’Amministrazione finanziaria può avvalersi non costituiscono un numero chiuso, e, per altro, l’art. 54, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, autorizza il ricorso agli elenchi contenuti nelle dichiarazioni di altri contribuenti, atteso che detti elenchi costituiscono, in base alle circostanze concrete, elemento per presumere che la prestazione è stata effettivamente posta in essere e retribuita (Cass., Sez. 6-5, 19.2.2019, n. 4912; Cass. 11830 del 10.1.2022);

3. Tali principi sono stati disattesi dalla C.T.R., la quale ha invece erroneamente escluso che dall’ esame degli elenchi allegati alle dichiarazioni dei clienti dell’odierno controricorrente possa trarsi l’esistenza di reddito imponibile suscettibile di ripresa.

4. Ritenuto, dunque, che il ricorso va accolto, la sentenza impugnava va cassata con rinvio al giudice di merito il quale provvederà a nuovo esame e al regolamento delle spese processuali di questo giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso;

cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese di questo giudizio.