Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 9663 depositata il 10 aprile 2024
accertamento sintetico – onere della prova contraria
Rilevato che:
1. In data 20 settembre 2007 M.F. riceveva notifica di un avviso di accertamento ai fini IRPEF, n. RFG010400647, relativo all’anno di imposta 2001. L’Agenzia delle Entrate – ufficio locale di Lecce 2 – rideterminava sinteticamente il reddito complessivo della detta contribuente ex 38, quarto comma e ss., d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, accertando un maggior reddito di € 36.618,34 per l’anno 2001. La rettifica originava dal riscontro, operato dall’Ufficio, della disponibilità della contribuente di beni e situazioni indicativi di capacità contributiva quali, segnatamente: compravendita di un terreno agricolo denominato “Masseria Paiana” per un corrispettivo di € 800.000,00, titolarità/disponibilità di altri immobili in agro di Porto Cesareo e di Copertino cui era correlata una capacità contributiva assolutamente inadeguata rispetto al reddito annuo dichiarato pari ad € 1.627,00, per le annualità di imposta 2000 e 2001, e ad € 1.628,00 per l’annualità di imposta 2002.
2. Avverso detto avviso di accertamento la contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Lecce; si costituiva in giudizio anche l’ufficio, contestando i motivi di ricorso e chiedendo la conferma del proprio operato.
3. La C.t.p., con sentenza n. 6/08/09, accoglieva il ricorso della contribuente e annullava l’avviso di accertamento, compensando le spese di lite.
4. Contro tale decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Puglia; si costituiva anche la contribuente, rilevando l’inammissibilità e l’infondatezza dell’appello di parte.
5. Con sentenza n. 2506/24/14, depositata in data 3 dicembre 2014, la t.r. adita accoglieva il gravame e condannava la contribuente al pagamento delle spese processuali.
6. Avverso la sentenza della C.t.r. della Puglia, la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a sei motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 25 gennaio 2024 per la quale la contribuente ha depositato memoria.
Considerato che:
1. Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 38, commi 4, 5 e 6 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, degli artt. 2697 e 2729 c.c., nonché dell’art. 53 Cost. (art. 360, comma primo, n. 3, del c.p.c.)» la contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha disconosciuto efficacia probatoria all’atto di liberalità del coniuge avente ad oggetto le somme utilizzate per l’acquisto del complesso immobiliare, stante la non provata legittima provenienza di esse in capo al marito; in questo modo, ha gravato la contribuente dell’obbligo di concorrere alle spese pubbliche in base ad indici di reddito riferiti ad altri soggetti, in violazione del principio della personalità della capacità contributiva.
1.2 Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione dell’art. 38, commi 4, 5 e 6 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, 2697 e 2729 c.c., nonché 53 Cost. sotto distinto profilo (art. 360, comma primo, n. 3, del c.p.c.)» la contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., nonostante abbia riconosciuto in capo al coniuge redditi sufficienti a giustificare una parte del prezzo totale corrisposto per l’acquisto del complesso immobiliare, non ha ritenuto raggiunta almeno parzialmente la prova contraria richiesta alla contribuente.
1.3 Con il terzo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 37, comma 3 e 38, commi 4, 5 e 6 del DPR 29 settembre 1973, n. 600 e 2697 c.c. (art. 360, comma primo, n. 3, del c.p.c.)» la contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., nel ritenerla tenuta anche a dimostrare che le somme ricevute dal coniuge per l’acquisto del complesso immobiliare erano state interamente sottoposte a tassazione, ha sostanzialmente imputato alla contribuente i redditi ritratti dal consorte senza la presenza di una fondata prova atta a supportare una siffatti conclusione.
1.4 Con il quarto motivo di ricorso, così rubricato: «Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (art. 360, comma primo, n. 5, del p.c.)» la contribuente lamenta il difetto di motivazione nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha tenuto conto del fatto secondario, dedotto in funzione di prova del fatto principale, che il coniuge della contribuente svolgeva attività di impresa da oltre trenta anni; dunque, la capacità di risparmio presunta in capo al consorte, determinata limitatamente agli anni 1999, 2000, 2001 e 2002 nella misura di € 200.573,00, andava parametrata all’intera vita lavorativa dello stesso, il risultato mostrando una disponibilità di somme più che sufficiente per l’acquisto del complesso immobiliare oggetto dell’avviso di accertamento.
1.5 Con il quinto motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza per “omessa pronuncia” in violazione dell’art. 112 del c.p.c. (art. 360, comma primo, n. 4, del c.p.c.)» la contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di pronunciarsi sulla questione dell’illegittimità delle sanzioni irrogate; illegittimità data dal fatto che, se si ritenga non sufficiente ad annullare l’avviso la prova che le somme utilizzate per l’acquisto immobiliare erano oggetto di liberalità del coniuge in quanto non anche dimostrata la regolare tassazione di esse da parte dello stesso, il principio di personalità della responsabilità tributaria amministrativa fa sì, comunque, che nessuna sanzione possa irrogarsi alla contribuente per l’eventuale fatto del consorte, cioè la sua ipotetica evasione.
1.6 Con il sesto motivo di ricorso, così rubricato: «Nullità della sentenza per violazione degli artt. 36, comma primo, n. 4, e 61 del Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 111 Cost. (art. 360, comma primo, n. 4, del c.p.c.)» la contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r., se ha motivato con riferimento alla fondatezza della presunzione di evasione oggetto dell’atto impositivo, ha mancato di esporre gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della conferma delle sanzioni irrogate con l’avviso, da ciò derivando una motivazione apparente o, comunque, inesistente.
2. Il primo ed il quarto motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente in ragione della stretta connessione oggettiva, sono fondati.
Con essi parte ricorrente si duole, sotto il profilo dell’error in iudicando e dell’omessa valutazione di un fatto decisivo per il giudizio, che la C.t.r. non ha ritenuto provato lo spirito di liberalità delle erogazioni, attraverso assegni circolari, compiute dal coniuge della contribuente sig. M.A., titolare di un’azienda avente ad oggetto attività di impresa stradale e movimento terra, ai fini dell’acquisto, da parte della stessa, del terreno ed annesso complesso immobiliare per un valore complessivo pari ad € 800.000,00; si duole, altresì, del fatto che la C.t.r. non ha valutato che il coniuge della contribuente svolgeva attività di impresa da oltre trenta anni e che, dunque, la capacità di guadagno, determinata limitatamente agli anni 1999, 2000, 2001 e 2002 nella misura di € 300.859,00, andava parametrata all’intera vita lavorativa dello stesso.
2.1 In materia, questa Corte di legittimità ha confermato che «in tema di accertamento delle imposte sui redditi, con riferimento alla determinazione sintetica del reddito complessivo netto in base ai coefficienti presuntivi individuati dai decreti ministeriali previsti dall’art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973 (cd. redditometro), la prova contraria ivi ammessa, richiedendo la dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, implica un riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori, atteso che la presunzione del loro concorso alla produzione del reddito trova fondamento, ai fini dell’accertamento suddetto, nel vincolo che li lega», (Cass. Sez. V, 31.10.2018, n. 27851). La prova contraria ammessa non consiste, però, nella mera allegazione del rapporto di coniugio, bensì nella dimostrazione di elementi sintomatici che, in conseguenza del vincolo personale, il contribuente sottoposto ad accertamento abbia potuto ricevere rimesse in denaro sufficienti per far fronte alle spese sostenute. Si è già avuta l’occasione di chiarire, in merito, che «in tema di accertamento cd. sintetico, ove il contribuente deduca che la spesa effettuata deriva da risorse di natura non reddituale di cui ha goduto il proprio nucleo familiare, ai sensi dell’art. 38, comma 6, d.P.R. n. 600 del 1973 (applicabile “ratione temporis”), per consentire la riferibilità̀ della maggiore capacità contributiva a tali ulteriori redditi, è onerato della prova contraria in ordine alla loro disponibilità, alla loro entità̀ ed alla durata del relativo possesso, sicché, sebbene non debba dimostrarne l’utilizzo per sostenere le spese contestate, è tenuto a produrre documenti da cui emergano elementi sintomatici del fatto che ciò sia accaduto o sia potuto accadere. (In applicazione del principio, la S.C. ha cassato la decisione di accoglimento del ricorso del contribuente che aveva acquistato in favore del nipote un immobile pagandone l’anticipo ed accollandosi il restante mutuo, poi estinto con assegno circolare, deducendo la provenienza delle liquidità da operazioni di disinvestimento di titoli mobiliari e dalla disponibilità di risorse non senza tuttavia provarne l’utilizzo per l’acquisto contestato)», Cass. Sez. V, 4.8.2020, n. 16637.
2.2 Il fatto che il reddito conseguito dal coniuge può essere preso in considerazione ai fini dell’accertamento sintetico mediante il c.d. redditometro non implica che risultino alterati gli ordinari principi di imputazione dell’onere della prova. Compete pertanto al contribuente, il quale alleghi di avere ricevuto aiuti economici da parte del coniuge per sostenere le spese affrontate nell’anno di riferimento, dimostrare la ricorrenza di elementi sintomatici che le stesse possano verosimilmente essere state affrontate con provvista assicurata dal coniuge.
2.3 Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha fatto malgoverno dei superiori principi non avendo disaminato compiutamente tutte le prove e segnatamente la donazione indiretta asserita come effettuata dal marito in sede di acquisto dell’immobile di Copertino, il reddito percepito dal marito (complessivamente € 300.859,00 per gli anni dal 1999 al 2002) ritenendolo “sic et simpliciter” insufficiente a giustificare la quota di incremento patrimoniale imputabile alla contribuente, individuando un calcolo matematico a riprova di un presunto risparmio sulla base di un periodo limitato nel tempo, laddove l’attività del coniuge era trentennale e presumibilmente lucrativa essendo titolare di impresa stradale e movimento terra. La pronuncia è affetta da error in iudicando siccome assunta in violazione dei principi normativi e giurisprudenziali in materia, nonché carente sul crinale motivazionale anche e soprattutto con riferimento alla produzione delle certificazioni bancarie attestanti che la somma di € 750.000,00 – utilizzata per la compravendita in argomento – erano state prelevate su conti correnti intestati al marito sig. M.A..
3. Dall’accoglimento di questi due motivi discende l’assorbimento dei restanti motivi di ricorso.
4. In conclusione, vanno accolti il primo ed il quarto motivo di ricorso e, assorbiti i restanti, la sentenza impugnata va cassata con rinvio del giudizio al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo ed il quarto motivo di ricorso e, assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia – sezione staccata di Lecce – affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
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