Corte di Cassazione, sezione tributaria, ordinanza n. 9759 depositata l’ 11 aprile 2024
limite al controllo automatizzato ex artt. 36 bis – Tributi – Cartella di pagamento – Dichiarazione dei redditi – Crediti non spettanti – IRES – IVA – Periodo di sospensione adempimenti e versamenti tributari – Rigetto
Rilevato che:
Oggetto della controversia è la cartella di pagamento n. 54 2013 00074016 21 notificata a IMMOBILIARE B. S.R.L. in data 08/10/2013, con la quale l’Amministrazione finanziaria, a seguito di controllo automatizzato ex artt. 36 bis DPR 600 del 1973 e 54 bis DPR 633 del 1972, della dichiarazione dei redditi presentata per l’anno d’imposta 2009, pretendeva dalla contribuente il pagamento dell’importo di € 49.490,82, riguardante il recupero dei seguenti crediti non spettanti:
1) € 32.896,00 a titolo di IRES, oltre sanzioni ed interessi, quale credito proveniente da acconti anno 2009, iscritti ma non versati per effetto della sospensione dei versamenti dal 6.4.2009 al 30.06.2010, disposta con OPCM 3780/2009 a seguito del sisma del 2009;
2) € 309,00, a titolo di IVA, oltre sanzioni ed interessi, proveniente dalla correzione del dato relativo al credito compensato nel mod. F24, utilizzato in misura superiore rispetto a quello indicato in € 600,00 nel rigo VL.
La contribuente proponeva ricorso innanzi alla CTP di L’Aquila, dolendosi di non aver ricevuto la preventiva comunicazione di irregolarità e sostenendo nel merito di aver correttamente calcolato, secondo il metodo storico, l’IRES dovuta in acconto per il 2009 in complessivi € 34.030,00, importi non versati per effetto della suddetta sospensione.
Con sentenza n. 524, pronunciata il 4/07/2014 e depositata in data 05/09/2014, la CTP accoglieva in parte il ricorso annullando l’atto impugnato, limitatamente al recupero di € 32.986,00 per IRES dell’anno 2009 ed ai relativi interessi, sanzioni ed altri accessori.
L’Ufficio proponeva appello.
La CTR dell’Abruzzo, con la sentenza in epigrafe, così decideva: “In totale riforma della sentenza appellata, dichiara la nullità della cartella di pagamento impugnata”.
In motivazione, rilevata la necessità di “esaminare preliminarmente l’eccezione di nullità e/o annullabilità della cartella di pagamento impugnata che il ricorrente ha tempestivamente sollevato nel ricorso introduttivo e riproposto espressamente nelle controdeduzioni all’atto di appello, (eccezione) sulla quale il giudice di primo grado non si è pronunciato”, osservava:
Nella dichiarazione dei redditi (modello unico 2010 per l’anno d’imposta 2009) la odierna società appellata indicava, tra l’altro, acconti d’imposta per euro 34.030,00 sospesi e non versati, a seguito del terremoto aquilano del 6.4.2009 indicando, nella stessa dichiarazione, un credito d’imposta di pari importo che l’A.E., in sede di controllo automatizzato ex art. 36 bis, D.P.R. 600/1973 disconosceva recuperandolo a tassazione e applicando sanzioni e interessi; la liquidazione dell’imposta, senza alcun preventivo avviso bonario, veniva definitivamente iscritta a ruolo che veniva trasmesso all’agente di riscossione per la formazione della cartella di pagamento che la società B. ha tempestivamente impugnato avanti alla Commissione Tributaria Provinciale di L’Aquila.
Nei motivi di merito, dedotti a sostegno del gravame, la ricorrente ha sostenuto […] di avere correttamente calcolato e indicato in dichiarazione […] l’importo degli acconti dovuti, secondo il metodo storico, di non averli versati perché i termini di scadenza ricadevano nel periodo di sospensione degli adempimenti e dei versamenti tributari previsti da specifiche disposizioni normative […]; che l’A.E. aveva arbitrariamente ed erroneamente interpretato le disposizioni contenute nel provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate di L’Aquila n. 43431/2010 del 16.3.2010, che riguardavano espressamente ed esclusivamente i soggetti residenti fuori dal c.d. “cratere sismico” nei cui confronti si disponeva che gli acconti d’imposta sospesi erano riconosciuti solo nei limiti dell’imposta dovuta a saldo risultante dalla dichiarazione (con la conseguenza che l’eventuale eccedenza sarebbe stata recuperata a tassazione ) mentre nella fattispecie in esame, trattandosi di un contribuente residente nel c.d. cratere sismico, l’A.E. avrebbe dovuto applicare il successivo e separato provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate n. 151122/2010 del 23.11.2010 che, occupandosi esclusivamente delle posizioni tributarie dei soggetti residenti all’interno del cratere sismico, non aveva riprodotto la stessa limitazione (riconoscimento degli acconti sospesi nei limiti dell’imposta dovuta a saldo)[,] legittimando la richiesta di essa società di riconoscimento nella misura del 100% degli acconti d’imposta sospesi con evidenziazione, in dichiarazione, del corrispettivo credito d’imposta.
Fatte queste premesse (dalle quali si può agevolmente desumere che le posizioni delle parti sono speculari e opposte: l’Ufficio considera gli acconti non versati alla stregua di un debito d’imposta (se e nella misura in cui superano l’importo dovuto a saldo, mentre il contribuente, rifiutando l’interpretazione dell’Ufficio, considera gli stessi acconti come versati e li evidenzia come un credito d’imposta), la Commissione ritiene, sulla base del dato normativo, che l’A.E. non potesse prescindere dal comunicare alla società B., all’esito della procedura automatizzata di cui all’art. 36 bis D.P.R. 600/1973, l’esito della liquidazione prima di procedere alla iscrizione a ruolo e alla successiva emissione della cartella di pagamento.
In realtà, le norme poste a presidio (anche del contribuente) del procedimento di liquidazione delle imposte e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni prevedono che l’A.E., quando provvede, tra l’altro, a ridurre i crediti d’imposta … non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni (art. 36 bis, comma 2, lett. e), facendo emergere un’imposta o una maggiore imposta, [comunichi] l’esito della liquidazione […] al contribuente […]; già questa norma prevede un generale dovere di comunicare al contribuente l’esito della liquidazione delle dichiarazioni effettuata sulla base dei dati dichiarati dal contribuente, quando dalla stessa scaturisce un’imposta o una maggiore imposta; dalla violazione di questo dovere, però, non deriva l’illegittimità degli atti formati a seguito della liquidazione medesima perché nessuna sanzione è espressamente prevista dall’ art. 36 bis in caso di omessa comunicazione dei risultati della liquidazione automatica.
Sono, invece, espressamente ritenuti nulli i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui all’art 6, comma 5, della legge 27 luglio 2000 n. 12 […].
[….] [L]’obbligo di comunicazione sussiste “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”; occorre, quindi, valutare se il disconoscimento del credito d’imposta indicato dal contribuente in dichiarazione con il recupero a tassazione del relativo importo costituisc[a], o meno, un aspetto rilevante della dichiarazione e se, in relazione al diverso e opposto risultato finale, sussistano incertezze.
La Commissione ritiene che, nel caso di specie sussistano entrambi i requisiti richiesti dalla legge […].
Gli aspetti rilevanti della dichiarazione sono insiti nell’entità complessiva del recupero d’imposta, pari a circa 50.000,00 euro tra imposte, sanzioni e interessi, tenuto conto che una parte di essa (quella corrispondente all’imposta) è stata indicata dalla ricorrente come credito d’imposta da far valere nella dichiarazione successiva (come, pare, sia avvenuto); su detti aspetti della dichiarazione vi era (e vi è tuttora) incertezza interpretativa: l’A.E. ritiene che si debba applicare alla fattispecie quanto previsto dal provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 16.3.210, nel senso che gli acconti d’imposta non versati possono essere riconosciuti solo nei limiti dell’imposta dovuta a saldo e che l’eventuale residuo non versato debba essere recuperato; il contribuente, invece, ritiene che debba essere applicato il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 23.11.2010 in quanto riferito specificamente ai contribuenti residenti o aventi sede legale (come essa ricorrente) all’interno del cratere sismico: trattasi, come è agevole notare, di posizioni e interpretazioni contrastanti che interessano, sul piano contenzioso, una platea di contribuenti che non hanno accettato l’interpretazione data, sulla medesima questione, dall’Agenzia delle entrate.
In realtà, da parte dell’Ufficio è stata disattesa quella che è la “ratio” della norma diretta ad evitare la reiterazione di presunti errori come la stessa norma (art. 36 bis) evidenzia: un minimo di contraddittorio (quantomeno per ottenere un riscontro documentale all’evidenziazione del credito d’imposta in dichiarazione) avrebbe consentito di chiarire meglio le posizioni e magari di raggiungere una mediazione, evitando un probabile contenzioso per i successivi periodi d’imposta.
Le questioni di merito poste nell’atto di appello e nelle controdeduzioni non vengono affrontate perché assorbite dalla questione preliminare.
Propone ricorso per cassazione l’Agenzia delle entrate con un motivo. La contribuente resta intimata.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso si denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 bis del DPR 600/73 e dell’art. 6, comma 5, della legge 27/07/2000 n. 212, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cpc”.
“Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate prot. n. 42431 del 16 marzo 2010, relativo alla ripresa degli adempimenti per i residenti nei comuni al di fuori dei cd. ‘cratere’, nonché la circolare n. 44/E del 13 agosto 2010, hanno precisato che gli acconti sospesi potevano essere riconosciuti ‘nei limiti dell’imposta dovuta a saldo’. Una simile previsione non è stata, però, ribadita nel provvedimento del Direttore dell’Agenzia prot. n. 151122 del 23 novembre 2010, relativo alla ripresa degli adempimenti per i residenti nei comuni del cd. ‘cratere’. Orbene, è vero che a monte dei due provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate (16.3.2010 e 23.11.2010) ci sono due diverse disposizioni normative, ossia: – l’art. 25 c. 2 D.L. n. 78/09, conv. in L. n. 102/09, disciplinante la ripresa della riscossione per i tributi sospesi ex art. 1 OPCM n. 3780/09 e D.M. 9.4.09, regolamentata poi nel dettaglio dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 16.3.2010; – l’art. 39 del D.L. n. 78/2010 conv. in L. n. 122/2010, come modificato con l’art. 33 c. 28 della L. n. 183/2011, specificatamente riferito ai residenti “nel cratere”, per la cui concreta attuazione è stato poi emanato il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 23.11.2010. Tuttavia non ci si trova di fronte a due comparti normativi differenziati in ragione della residenza dei soggetti fruitori dei benefici, bensì […] ad un’unica agevolazione poi ampliata nei soli confronti dei residenti nel ‘cratere’ […]”. “La diversità (solo apparente […]) dei citati provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate, quindi, non può essere invocata per sostenere che vi fosse incertezza sul reale scopo della normativa emergenziale e sulla relativa applicazione”. Tanto premesso, la sentenza è illegittima. “In primo luogo si contesta il collegamento operato dalla CTR fra ‘l’entità’ del recupero a tassazione e la ‘rilevanza’ degli aspetti connessi alla dichiarazione dei redditi”. “Il requisito richiesto dal Legislatore, invero, non può essere inteso in senso meramente quantitativo, essendo piuttosto collegato alla eventuale problematicità dei profili applicativi propri dell’obbligo dichiarativo”. “Ebbene, il recupero effettuato dall’Ufficio, consistente nel disconoscimento del credito da acconti sospesi superiori all’imposta dovuta a saldo, non presenta profili di rilevante complessità, essendo, di fatto, assimilabile al recupero dell’imposta dichiarata e non versata”. “Anche in questo caso, quindi, sarebbe del tutto superfluo procedere al contraddittorio con il contribuente […]”. “Allo stesso modo non possono rinvenirsi, nel caso in esame, profili di incertezza nella liquidazione delle imposte. Invero il fatto che l’inciso ‘incriminato’ riportato nel Provv.to del 16.3.2010 (‘nei limiti dell’imposta dovuta a saldo’) non sia riprodotto anche nel successivo provvedimento del 23.11.2010 non pone alcuna incertezza in ordine all’impossibilità di riconoscere il credito esposto in dichiarazione dal contribuente. La disposizioni normative escludono chiaramente la spettanza del credito d’imposta in caso di acconti figurativi eccedenti il saldo […]”.
Il motivo è infondato.
Corrisponde a principio di diritto già da lungo tempo presente nella giurisprudenza di questa Suprema Corte quello a termini del quale “il potere attribuito agli Uffici finanziari dal secondo comma, lett. e, dell’art. 36 bis d.P.R. n. 597 del 1973 è esercitabile soltanto quando l’errore sia rilevabile ‘ictu oculi’ a seguito di mero riscontro cartolare delle dichiarazioni presentate, nei casi eccezionali e tassativamente indicati dalla legge, vertenti su errori materiali e di calcolo, non abbisognevoli di alcuna istruttoria ed emendabili dall’Amministrazione anche a vantaggio del contribuente. Allorché sia, invece, necessaria un’indagine interpretativa della documentazione allegata, ovvero una valutazione giuridica della norma applicata, la menzionata disposizione non è applicabile, occorrendo un atto d’accertamento esplicitamente motivato, il quale soltanto è idoneo a rendere edotto il contribuente del processo logico giuridico seguito dall’Amministrazione nella diversa determinazione dell’imponibile ed a metterlo in condizione di potersi adeguatamente difendere” [Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25459 del 02/12/2014 (Rv. 633611 – 01); Sez. 5, Sentenza n. 21349 del 30/11/2012 (Rv. 624378 – 01)]. Ed invero “l’Amministrazione finanziaria non può emettere la cartella di pagamento ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973 ove venga in rilievo non già un errore materiale o di calcolo bensì l’interpretazione di una disposizione normativa (nella specie, quella dell’art. 43-bis del d.P.R. n. 602 del 1973)” [Sez. 5, Ordinanza n. 30791 del 28/11/2018 (Rv. 651619 – 01)].
Sicché – con più specifico riferimento al “thema” oggetto del presente giudizio – “l’iscrizione a ruolo della maggiore imposta ai sensi degli artt. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972 è ammissibile solo quando il dovuto sia determinato mediante un controllo meramente cartolare, sulla base dei dati forniti dal contribuente o di una correzione di errori materiali o di calcolo, non potendosi, invece, con questa modalità, risolvere questioni giuridiche, sicché il disconoscimento, da parte dell’Amministrazione finanziaria, di un credito d’imposta non può avvenire tramite l’emissione di cartella di pagamento avente ad oggetto il relativo importo, senza essere preceduta da un avviso di recupero di credito d’imposta o quanto meno bonario” [Sez. 5, Sentenza n. 14949 del 08/06/2018 (Rv. 649365 – 01], dovendosi aggiungere che “l’Amministrazione non può far ricorso [alla previsione “di natura eccezionale” di cui all’art. 36 bis DPR n. 600 del 1973, “che non tollera applicazioni estensive ad ipotesi diverse indicate da tale norma (‘errore materiale o di calcolo”’)] “allorché, al di là del necessario riscontro cartolare, sia necessario qualificare fatti o rapporti, tra l’altro mediante l’ausilio di circolari, che esigono comunque una specifica procedura di accertamento” [Sez. 5, Sentenza n. 21274 del 02/11/2005 (Rv. 584577 – 01)].
Nel caso di specie, come correttamente rilevato dalla CTR, sorge questione interpretativa, peraltro non assistita da precedenti di legittimità, in ordine al rapporto tra i due provvedimenti del Direttore dell’Ufficio di L’Aquila dell’Agenzia delle entrate n. 43431/2010 del 16.3.2010 e n. 151122/2010 del 23.11.2010; tale questione, oltretutto, necessariamente si estende al contesto normativo primario in cui i provvedimenti stessi si inscrivono; essa, pertanto, incide direttamente sull’appostazione dei crediti in dichiarazione.
Ne consegue che va scevro da censure l’avviso della CTR in ordine alla necessità della previa notificazione del cd. avviso bonario.
Ne consegue il rigetto del ricorso.
Nulla sulle spese per mancata costituzione della contribuente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.