CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 9817 depositata l’ 11 aprile 2024
Tributi – Iscrizione ipotecaria immobili – IVA non pagata – Rigetto
Rilevato che
1. Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, sez. staccata di Messina, è stato rigettato l’appello proposto da M.A. avverso la sentenza n. 374/5/13 della Commissione Tributaria Provinciale di Messina, che aveva a sua volta rigettato il ricorso proposto dal contribuente, avverso l’avviso di iscrizione ipotecaria n. 72687/2010 su immobili di proprietà relativa ad IVA non pagata per Euro 98.571,66.
2. Dalla sentenza impugnata in questa sede si apprende che il contribuente in primo grado ha censurato la nullità dell’atto impugnato per mancata notifica delle intimazioni di pagamento ai sensi dell’art. 50 del d.P.R. 602/1973 e delle relative cartelle sottese all’iscrizione ipotecaria divenute definitive. Il ricorrente deduceva inoltre, quali ulteriori cause di nullità dell’iscrizione ipotecaria, il fatto che avesse ad oggetto un bene immobile vincolato in quanto facente parte di fondo patrimoniale destinato unicamente ai bisogni della famiglia, oltre all’inesistenza della notifica della opposta ipoteca, all’omessa indicazione del valore catastale degli immobili e delle modalità di calcolo degli interessi dovuti, nonché alla carenza di motivazione e allegazione dell’iscrizione, anche la violazione dell’art. 7 della L. 241/1990 e l’intervenuta prescrizione.
Il giudice di prime cure rigettava il ricorso, decisione confermata in ogni sua parte dal giudice d’appello.
3. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso il contribuente, affidato a cinque motivi, che illustra con memoria, cui replica l’Agenzia con controricorso.
Considerato che
4. Con il primo motivo parte ricorrente – ai fini dell’art.360 primo comma n.3 cod. proc. civ. – lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n.546 del 1992, art. 36 e degli artt. 132 e 276 cod. proc. civ., 118 disp. att. cod. proc. civ. e 111 Cost., comma 6 da parte della sentenza impugnata, la cui motivazione sarebbe inidonea a rendere comprensibili le ragioni della decisione, e farebbe semplice rinvio al contenuto della sentenza del giudice di prime cure.
5. Il motivo, che per errore non riporta il pertinente paradigma processuale, ossia il n.4 e non il n.3 dell’art.360 primo comma cod. proc. civ., è infondato. Il Collegio rammenta che la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, solo quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016, Rv. 641526 – 01). Inoltre, la riforma disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettiva-mente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830). Nel caso di specie l’argomentare della CTR non si colloca al di sotto del minimo costituzionale, avendo alle pagg.4-6 della sentenza espresso una chiara ratio decidendi articolata su più profili, non facendo semplicemente rinvio per relationem alla decisione di primo grado, ma motivando in modo logico sia su questioni preliminari come il previo avviso di intimazione di iscrizione di ipoteca ex art.50 comma 2 d.P.R. n. 602/73 e la notifica delle cartelle di pagamento sottese all’iscrizione, sia nel merito, quanto al rapporto tra iscrizione ipotecaria e fondo patrimoniale nel caso di specie.
6. Con il secondo motivo il ricorrente – in relazione all’art. 360 primo comma nn.3 e 5 cod. proc. civ. – denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 50 e 77 d.P.R. n.602/73 nonché l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, avendo la CTR mancato di riconoscere che l’iscrizione ipotecaria dev’essere preceduta sia dalla notifica di un atto di intimazione di pagamento sia dalla comunica-zione preventiva di ipoteca. In particolare, l’adempimento di cui all’art.50 comma 2 d.P.R. n.602/73 sarebbe necessario anche in re-lazione a cartelle di pagamento per le quali non è decorso l’anno dalla loro notifica, per il principio dell’indivisibilità dell’ipoteca.
7. La doglianza è inammissibile, per più concorrenti ragioni.
7.1. Il motivo è precluso per doppia conforme con riferimento al prospettato vizio motivazionale. Infatti, l’abrogazione dell’art. 348-ter cod. proc. civ., già prevista dalla legge delega n. 206/2021 attuata per quanto qui interessa dal D.Lgs. n.149/2022, ha comportato il collocamento all’interno dell’art. 360 cod. proc. civ. di un terzo comma, con il connesso adeguamento dei richiami, il quale ripropone la disposizione dei commi quarto e quinto dell’articolo abrogato e prevede l’inammissibilità del ricorso per cassazione per il motivo previsto dal n. 5 dell’art. 360 citato, ossia per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Parte contribuente non ha dimostrato che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello sono state tra loro diverse.
7.2. In secondo luogo, come eccepito in controricorso, la censura è inammissibile in primo luogo perché dalla lettura della sentenza e del ricorso non risulta che in appello fosse stata posta la questione della necessità di notifica al proprietario dell’immobile di una comunicazione preventiva contenente l’avviso che, in mancanza del pagamento delle somme dovute entro il termine di trenta giorni, sarebbe stata iscritta l’ipoteca di cui al comma 1 (art.77 comma 2 bis d.P.R. n.602/73), ma solo la diversa questione dell’adempimento di cui all’art.50 comma 2 d.P.R. n.602/73 ai fini dell’iscrizione ipotecaria dell’art.77 cit. Ai sensi dell’art.50 comma 2, se l’espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l’espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall’art. 26, di un avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni. Inoltre, ulteriore profilo di inammissibilità, il comma 2 bis è stato introdotto dall’articolo 7 del D.L. del 13/05/2011 n. 70, successivamente alla notifica dell’iscrizione ipotecaria alla base del presente processo, intervenuta il 21 febbraio 2011.
7.3. Per il resto, la decisione della CTR è conforme alla consolidata giurisprudenza della Corte, secondo cui l’iscrizione ipotecaria prevista dall’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 non costituisce atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria, sicché può essere effettuata anche senza la necessità di procedere alla notifica dell’intimazione di cui all’art. 50, secondo comma, del d.P.R. n. 602 cit., la quale è prescritta per l’ipotesi in cui l’espropriazione forzata non sia iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento (Cass. Sez. U, sentenze nn.19667 e 19968 del 18/09/2014). Non vi sono ragioni per discostarsi nel caso di specie da tale consolidato principio di diritto.
8. Con il terzo motivo di ricorso, dedotto in relazione all’art.360 primo comma nn.3 e 5 cod. proc. civ., il contribuente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 169 e 170 cod. civ. e dell’art. 77 del d.P.R. n.602/73, nonché l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, con riferimento alle circostanze che dimostrerebbero l’illegittimità dell’iscrizione ipotecaria sul bene facente parte del fondo patrimoniale costituito dal ricorrente e dal coniuge, in particolare la data di costituzione del fondo e anche del nucleo familiare, a fronte della data anteriore in cui sono sorti i debito tributari.
9. Il quarto motivo del ricorso, ai fini dell’art.360 primo comma nn.3 e 5 cod. proc. civ., censura la violazione e falsa applicazione degli artt. 169 e 170 cod. civ. e dell’art. 77 del d.P.R. n.602/73, nonché l’omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, quanto al costituito fondo patrimoniale, i cui beni sono aggredibili dai creditori solo per diritti sorti per il soddisfacimento dei bisogni familiari, mentre le cartelle di pagamento in forza delle quali è stata iscritta l’ipoteca risalgono ad epoca anteriore alla costituzione del fondo.
10. I motivi terzo e quarto, articolati secondo una medesima logica, possono essere esaminati congiuntamente e sono affetti da concorrenti profili di inammissibilità.
10.1. Innanzitutto, con riferimento al prospettato vizio motivazionale in entrambe le censure opera la doppia conforme secondo quanto già chiarito in dipendenza del secondo motivo, non avendo il ricorrente né allegato né dato prova del fatto che le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello siano state tra loro diverse.
10.2. Quanto poi alle dedotte violazione di legge, non è dirimente il mero profilo cronologico costituito dall’anteriore sorgere del debito e notifica delle cartelle di pagamento, a fronte della successiva costituzione del fondo patrimoniale o anche dello stesso nucleo familiare. Infatti, in tema di riscossione coattiva, la giurisprudenza consolidata della Corte (Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 20998/2018 conforme Cass. Sez. 5 – , Sentenza n. 1318/2022) è nel senso che l’iscrizione ipotecaria di cui all’art. 77 del d.P.R. n. 602 del 1973 è ammissibile anche sui beni facenti parte di un fondo patrimoniale alle condizioni indicate dall’art. 170 cod. civ. In sintesi, l’iscrizione è legittima se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni, gravando in capo al debitore opponente l’onere della prova non solo della regolare costituzione del fondo patrimoniale, e della sua opponibilità al creditore procedente, ma anche della circostanza che il debito sia stato contratto per scopi estranei alle necessità familiari, avuto riguardo al fatto generatore dell’obbligazione e a prescindere dalla natura della stessa.
11. Tale fatto è stato valutato dalla CTR, che ha motivatamente ritenuto che il contribuente non ha dato prova della conoscenza in capo al creditore dell’estraneità ai bisogni dalla famiglia dei debiti fiscali inerenti alla propria attività lavorativa, e non è ammissibile una rivalutazione in sede di legittimità dell’apprezzamento motivato del giudice del merito, nei termini proposti. Deve ribadirsi che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione (ex multis, Cass. n. 26110 del 2015).
Inoltre, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7 aprile 2017 n. 9097). In ultima analisi le censure in disamina, anche con riferimento alle dedotte violazioni di legge, sono chiaramente dirette ad ottenere un nuovo apprezzamento delle circostanze fattuali già esaminate dal giudice d’appello alle pagg. 4 e 5 della sentenza impugnata.
12. Il quinto motivo articolato dal contribuente, agli effetti dell’art.360 primo comma nn.3 e 5 cod. proc. civ., censura la violazione e falsa applicazione delle medesime previsioni dei motivi precedenti, e dunque degli artt. 169 e 170 cod. civ. e dell’art. 77 del d.P.R. n. 602/73, nonché l’omessa motivazione circa un fatto contro-verso e decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, contestando l’inciso della sentenza che motiva il rigetto dell’appello “poiché la ipoteca legale iscritta era atto avente natura e finalità cautelare e non di esecuzione”, ritenendola incoerente con la premessa che “l’iscrizione dell’ipoteca è possibile solo per quei debiti venuti in essere per scopi direttamente legati all’esigenza della famiglia”.
13. Il motivo è infondato. Non sussiste l’incoerenza denunciata, perché è pacifico che l’iscrizione ipotecaria prevista dall’art. 77 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 non costituisce atto dell’espropriazione forzata, ma va riferita ad una procedura alternativa all’esecuzione forzata vera e propria (Cass. Sez. U, Sentenza n. 19667/2014). È per tale ragione che l’iscrizione può essere effettuata anche senza la necessità di procedere alla notifica dell’intimazione di cui all’art. 50, secondo comma, del d.P.R. n. 602 citato.
Inoltre, anche con riferimento al fondo patrimoniale (ragionando da (Cas. Sez. 5 – , Sentenza n. 13618/2018), l’eventuale vincolo di destinazione gravante sugli immobili, assume rilevanza solo dopo che sia iniziata l’espropriazione forzata con l’effettuazione del pignoramento, e non anche rispetto all’ipoteca, quale atto solo preordinato all’esecuzione, avente effettivamente funzione di garanzia e di cautela. Le due proposizioni usate dal giudice d’appello e oggetto della censura in scrutinio non sono dunque affatto inconciliabili tra loro, con conseguente reiezione del mezzo di impugnazione.
14. Il ricorso è conclusivamente rigettato. Le spese di lite sono regolate come da dispositivo e seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in Euro 5.800,00 per compensi, oltre Euro 200 per spese borsuali, Spese generali 15% Iva e Cpa.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.