CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, ordinanza n. 9828 depositata l’ 11 aprile 2024
Tributi – Restituzione IVA – Tariffa di igiene ambientale – Atto di rinuncia al giudizio – Raggiunto accordo tra le parti – Estinzione giudizio
Ritenuto che
La controversia ha ad oggetto la domanda di restituzione dell’Iva, pagata sulla tariffa di igiene ambientale, cd Tia, alla (…) – V.E.R.T.A.S. Spa (d’ora in poi ricorrente), proposta con decreto ingiuntivo da Ce.Ce. (d’ora in poi controricorrente).
Il Giudice di pace ha respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo spiegata dall’attuale ricorrente.
Il Tribunale ha confermato la pronuncia di primo grado.
La ricorrente ha proposto ricorso fondato su tre motivi, depositato dichiarazione di rinuncia al giudizio, il controricorrente ha proposto controricorso e depositato istanza di accettazione della rinuncia.
Considerato che
La ricorrente ha depositato atto di rinuncia al giudizio, allegando di avere raggiunto un accordo con l’odierno controricorrente.
Come statuito dalla Corte, la rinuncia al ricorso per cassazione è atto unilaterale che non esige, per la sua operatività, l’accettazione della controparte, ma pur sempre di carattere ricettizio, poiché la norma esige che sia notificato alle parti costituite o comunicato ai loro avvocati che vi appongono il visto, così che, ove effettuata nel rispetto di tali formalità, dà luogo alla pronuncia di estinzione del processo di cassazione, ai sensi dell’art. 391 cod. proc. civ. (Cass., 28 maggio 2020, n. 10140; Cass., 26 febbraio 2015, n. 3971; Cass. Sez. U., 25 marzo 2013, n. 7378; Cass., 5 maggio 2011, n. 9857); e, peraltro, in assenza di dette formalità, la rinuncia è pur sempre significativa del venir meno dell’interesse al ricorso cui si correla, per l’appunto, la pronuncia di inammissibilità del ricorso stesso (v., ex plurimis, Cass., 7 dicembre 2018, n. 31732; Cass., 7 giugno 2018, n. 14782; Cass., 21 giugno 2016, n. 12743; Cass. Sez. U., 18 febbraio 2010, n. 3876; Cass., 14 luglio 2006, n. 15980).
La rinuncia, nella fattispecie, comprensiva anche della compensazione delle spese legali è stata accettata dall’odierno controricorrente, come risulta dalla documentazione agli atti.
L’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, che pone a carico del ricorrente rimasto soccombente l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non trova applicazione in caso di rinuncia al ricorso per cassazione, in quanto tale misura si applica ai soli casi – tipici – del rigetto dell’impugnazione o della sua declaratoria d’inammissibilità o improcedibilità e, trattandosi di misura eccezionale, latu sensu sanzionatoria, è di stretta interpretazione e non suscettibile, pertanto, di interpretazione estensiva o analogica (Cass., 18 luglio 2018, n. 19071; Cass., 12 novembre 2015, n. 23175).
Va ribadito, inoltre, che anche la ratio di detta disposizione, orientata a scoraggiare le impugnazioni dilatorie o pretestuose (cfr., ex plurimis, Cass., 18 gennaio 2019, n. 1343; Cass., 25 luglio 2017, n. 18348; Cass., 2 luglio 2015, n. 13636), induce ad escludere che il meccanismo ivi previsto sia applicabile in ipotesi di inammissibilità, come nella specie, sopravvenuta (cfr. Cass., 6 agosto 2020, n. 16765; Cass., 7 dicembre 2018, n. 31372; Cass., 7 giugno 2018, n. 14782; Cass., 10 febbraio 2017, n. 3542; Cass., 2 luglio 2015, n. 13636).
P.Q.M.
Dichiara l’estinzione del giudizio.