CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, sentenza n. 11386 depositata il 29 aprile 2024
Tributi – Contestazione di violazioni finanziarie e di irrogazione sanzioni – Mancato pagamento di diritti di confine evasi – Importazione di pietre preziose – Confisca della merce – Obbligazione doganale per dazi e IVA estinta – Termine di prescrizione – Depenalizzazione del reato di contrabbando – Rigetto
Fatti di causa
1. Con sentenza n. 932/07/19 del 17/09/2019 la Commissione tributaria regionale del Piemonte (di seguito CTR) accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle dogane e dei monopoli (di seguito ADM) avverso la sentenza n. 36/01/18 della Commissione tributaria provinciale di Verbania (di seguito CTP), la quale aveva a sua volta accolto il ricorso proposto da Kh.Vi. (di seguito Kh.) avverso un atto di contestazione di violazioni finanziarie e di irrogazione sanzioni.
1.1. Con l’atto impositivo veniva contestato il mancato pagamento di diritti di confine evasi (dazi e IVA all’importazione) con riferimento all’importazione di pietre preziose, le quali venivano sottoposte a confisca con determinazione della sanzione dovuta.
1.2. La CTR accoglieva l’appello proposto da ADM evidenziando che: a) il giudice penale (la Corte d’appello in sede di rinvio), a seguito della depenalizzazione del reato di contrabbando, aveva assolto il ricorrente e trasmesso gli atti all’autorità amministrativa per l’irrogazione delle sanzioni, così come previsto dall’art. 9 del D.Lgs. 15 gennaio del 2016, n. 8; b) l’Ufficio delle dogane aveva notificato al contribuente le sanzioni nei successivi novanta giorni; c) la sentenza da considerare ai fini della decorrenza del termine triennale di prescrizione era quella della Corte d’appello e non quella della Corte di cassazione, superata in ragione della intervenuta depenalizzazione; d) il termine di prescrizione non era, pertanto, maturato alla data di notificazione dell’atto di contestazione della sanzione.
2. Avverso la sentenza della CTR Kh. proponeva ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, illustrato da memoria ex art. 380 bis.1 cod. proc. civ..
3. ADM resisteva con controricorso.
4. Con ordinanza resa all’esito dell’adunanza camerale del 08/03/2023, la causa veniva rinviata a nuovo ruolo per l’eventuale trattazione in pubblica udienza.
Ragioni della decisione
1. Con l’unico motivo di ricorso Kh. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 34 D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (Testo unico delle leggi doganali – TULD), in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per avere la CTR errato nel non dichiarare la prescrizione dei diritti doganali.
1.1. Il motivo è infondato per le considerazioni che seguono.
1.2. Va pregiudizialmente evidenziato che il presente giudizio verte esclusivamente sull’applicazione delle sanzioni tributarie, posto che l’obbligazione doganale per dazi ed IVA all’importazione si è estinta a seguito della confisca della merce ai sensi dell’art. 233, par. 1, del reg. n. 92/2913/CEE del Consiglio del 12 ottobre 1992 (cd. Codice doganale comunitario – CDC), applicabile all’epoca dei fatti (disposizione, peraltro, trasfusa anche nell’art. 124 del reg. (UE) n. 952/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 9 ottobre 2013, cd. codice doganale dell’Unione – CDU), confisca della quale pure non viene fatta questione.
1.3. Ciò precisato, è noto – e non oggetto di contestazione – che il termine di prescrizione resta sospeso nel caso di inoltro di una notitia criminis e per tutta la durata dal procedimento penale, sicché dalla cessazione di tale procedimento decorre un nuovo termine di prescrizione; e ciò vale sia per i dazi doganali che per l’IVA all’importazione (si veda, ex multis, Cass. n. 21659 del 29/07/2021).
1.3.1. E, poiché a seguito della contestazione della violazione consegue la sanzione, detto termine non può che applicarsi anche a quest’ultima, indipendentemente dall’estinzione della violazione conseguente all’intervenuta confisca; sicché le considerazioni in proposito formulate dalla difesa erariale non sono pertinenti, essendo chiaro che il ricorrente ha impugnato il provvedimento sanzionatorio.
1.4. L’unica questione oggetto di discussione è, quindi, quella costituita dalla decorrenza del termine di prescrizione, atteso che Kh. sostiene che lo stesso decorra dalla sentenza della Corte di cassazione del 14/01/2010 – la quale ha riconosciuto il ricorrente colpevole di contrabbando e ha rinviato alla Corte d’appello di Torino limitatamente alla questione concernente la mancata applicazione dei benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione – e non già dalla sentenza resa in sede di rinvio dalla Corte d’appello di Torino in data 09/02/2017, la quale ha assolto l’imputato in ragione della intervenuta depenalizzazione del reato di contrabbando.
1.5. Orbene, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “la prescrizione del diritto a riscuotere le somme dovute a titolo di sanzione amministrativa comincia a decorrere dal momento in cui il diritto può essere fatto valere (art. 2935 c.c.); tale momento, nel caso di fatti già sanzionati penalmente e successivamente depenalizzati, non può identificarsi con quello in cui la violazione è stata commessa, bensì con quello nel quale gli atti relativi pervengono alla competente autorità amministrativa, cui sono trasmessi dall’autorità giudiziaria a norma dell’art. 41 della l. n. 689 del 1981, poiché solo dopo tale momento l’amministrazione è in grado di esercitare il diritto di riscuotere la somma stabilita dalla legge a titolo di sanzione amministrativa” (Cass. n. 19897 del 27/07/2018; conf. Cass. n. 29776 del 29/12/2011; Cass. n. 18168 del 16/08/2006; Cass. n. 19529 del 19/12/2003).
1.6. Nel caso di specie, si è proceduto penalmente per il reato di contrabbando, reato che è stato depenalizzato nel corso del giudizio.
Ne consegue che la prescrizione della sanzione amministrativa applicabile in luogo della sanzione penale decorre dalla trasmissione degli atti all’autorità amministrativa da parte della corte d’appello, la quale ha dichiarato la depenalizzazione del reato.
1.6.1. Ne consegue che, essendo stata la sentenza della Corte d’appello di Torino pronunciata in data 09/02/2017, nel caso di specie sicuramente non era decorso il termine di prescrizione previsto dalla legge per l’applicazione della sanzione.
1.7. Si noti che la decisione non cambierebbe nemmeno ove si ritenesse che, essendo il contrabbando un fenomeno esclusivamente tributario (cfr. nota ADM del 24 maggio 2016, n. 55383), l’applicazione della l. n. 689 del 1981 in caso di depenalizzazione fosse residuale, essendo la fattispecie regolata dalla disciplina ordinaria e, quindi, in via generale, dal D.Lgs. n. 472 del 1997.
1.7.1. In tale ipotesi, infatti, dovrebbe trovare applicazione la disposizione dell’art. 84 TULD. Ai sensi del primo comma, lett. d), di detta disposizione, il termine di prescrizione decorre “dalla data in cui i diritti sono divenuti esigibili, in ogni altro caso. Qualora il mancato pagamento, totale o parziale, dei diritti abbia causa da un reato, il termine di prescrizione decorre dalla data in cui il decreto o la sentenza, pronunciati nel procedimento penale, sono divenuti irrevocabili. (…)”.
1.7.2. Orbene, se è vero che la responsabilità di Kh. è stata accertata già dalla sentenza della Corte di cassazione penale (che ha rinviato al merito al solo fine dell’applicazione della sospensione condizionale della pena e delle sanzioni accessorie), è altrettanto vero che è la Corte d’appello a pronunciare l’assoluzione dell’imputato in ragione della intervenuta depenalizzazione del reato di contrabbando. Ne consegue che – in disparte da quanto affermato da Cass. n. 22495 del 12/09/2019, citata in memoria, che riguarda ipotesi del tutto diversa da quella oggetto del presente giudizio – il termine di prescrizione non può che decorrere da tale ultima pronuncia, con conseguente infondatezza del motivo.
2. In conclusione, il ricorso va rigettato.
2.1. Il ricorrente va, altresì, condannato al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo avuto conto di un valore della lite indeterminato, per come dichiarato in ricorso.
2.2. Poiché il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 quater dell’art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, ove dovuto.
P.Q.M.
Rigetto il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi Euro 5.000,00, oltre alle spese di prenotazione a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente del contributo unificato previsto per il ricorso a norma dell’art. 1 bis dello stesso art. 13 (ndr comma 1 bis dello stesso art. 13), ove dovuto.