Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 12395 depositata il 7 maggio 2024

cedolare secca

FATTI DI CAUSA 

1. D.D. ha proposto un motivo di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la Commissione tributaria regionale della Lombardia ha riformato la prima decisione, resa sui ricorsi riuniti del contribuente, che aveva ritenuto illegittimi gli avvisi di liquidazione, con irrogazione di sanzioni, notificati dall’Agenzia delle Entrate per omesso integrale versamento dell’imposta di registro, relativamente alle annualità 2012 e 2013, in ordine al contratto di locazione, stipulato nel 2010 con Scandinavian Airlines System (SAS), avente ad oggetto un immobile ad uso abitativo, sito in Milano, destinato al legale rappresentante della società (parte conduttrice del contratto di locazione).

2. La Commissione tributaria regionale, in particolare, ha ritenuto che il comma 6 dell’art. 3, d.lgs. n. 23 del 2011 esclude l’applicazione del regime sostitutivo di tassazione (c.d. «cedolare secca») previsto dal comma 1, a favore del locatore persona fisica che non esercita attività imprenditoriale, «alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa, o arti e professioni», perché in tale esclusione rientra anche l’ipotesi in cui sia il conduttore ad esercitare attività d’impresa o arti o professioni.

3. Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate.

4. Il G. ha concluso per il rigetto del ricorso.

5. Il ricorrente ha depositato ulteriore memoria.

Ragioni della decisione 

1. Con il motivo di ricorso il contribuente ha prospettato, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod.proc.civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011, per avere la CTR erroneamente equiparato, ai fini qui considerati, i conduttori ai locatori, atteso che soltanto questi ultimi, per poter usufruire del regime della cedolare secca, non devono agire nell’esercizio di un’impresa, arte o professione. Deduce, altresì, che la formulazione del testo normativo non offre alcun argomento a supporto della restrittiva interpretazione fornita dall’Amministrazione finanziaria nella Circolare del 1/6/2011 n. 26/E, essendo tale limite soggettivo, al regime opzionale della «cedolare secca» sugli affitti, riferibile unicamente ai locatori.

2. La censura è fondata.

Il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento di unità immobiliari abitative, e relative pertinenze, locate ad uso abitativo, che abbia optato per il regime della «cedolare secca», assolve il proprio obbligo tributario mediante  versamento, in acconto e a saldo, della «cedolare secca», secondo le modalità definite con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 7 aprile 2011, emesso in forza di quanto previsto dall’art. 3, comma 4, del decreto legislativo citato. La base imponibile è determinata sulla scorta del canone di locazione annuo stabilito dalle parti ed in ragione di una aliquota del 21% (o, in caso di contratti a canone concordato, di quella ridotta: v. da ultimo d.l. n. 47 del 2014). Il locatore, che opta per tale regime tributario agevolato, non può chiedere l’aggiornamento del canone.

Ai sensi dell’art. 3, sesto comma, del d.lgs. n. 23 del 2011 le disposizioni di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 del presente articolo, che prevedono il descritto regime della cedolare secca, non si applicano alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni.

Stante la necessità di coordinare la disposizione in esame con quelle richiamate, di cui ai precedenti commi, che attribuiscono esclusivamente al locatore la possibilità di optare per il regime tributario della cedolare secca, senza che il conduttore possa in alcun modo incidere su tale scelta, l’esclusione logicamente deve essere riferita, esclusivamente, alle locazioni di unità immobiliari effettuate dal locatore nell’esercizio della sua attività di impresa o della sua arte/professione, restando, invece, irrilevante la qualità del conduttore e la riconducibilità della locazione, laddove ad uso abitativo, alla attività professionale del conduttore (ad esempio, come avvenuto nel caso di specie, per esigenze di alloggio dei suoi dipendenti).

In questo senso depone non solo la lettera, ma anche la ratio della legge, che non è solo quella di contrastare l’evasione fiscale, ma anche quella di facilitare il reperimento di immobili ad uso abitativo (esigenza che può sorgere anche nell’esercizio delle attività imprenditoriali, arti o professioni, che sempre più spesso avvengono lontano dal luogo di residenza/sede o sono dislocate in plurimi contesti territoriali) e quella di sostenere la conservazione del patrimonio immobiliare, che richiede periodiche spese di manutenzione straordinaria.

La circostanza che il regime tributario in esame avvantaggia anche il conduttore (in considerazione dell’esclusione dell’imposta di registro e dell’aggiornamento del canone) non può certo giustificare un’interpretazione dell’art. 3, comma 6, del d.lgs. n. 23 del 2011, da cui derivi una riduzione dell’ambito applicativo della cedolare secca in danno del locatore, a cui è riservata la relativa scelta e che è il beneficiario principale di tale regime.

Né possono desumersi contrari argomenti interpretativi dall’art. 3, comma 6-bis, d.lgs n. 23 del 2011, ai sensi del quale l’opzione di cui al comma 1 può essere esercitata anche per le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro di cui al libro I, titolo II del cod. civ., purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione. In primo luogo, il comma 6-bis non esclude affatto che, in base ai commi precedenti, il locatore possa esercitare l’opzione per la cedolare secca con riferimento ad un contratto di locazione ad uso abitativo concluso con un imprenditore/professionista e riconducibile all’attività di quest’ultimo. Inoltre, non può certo ritenersi che, posta questa premessa, il comma 6-bis dell’art. 3 del d.lgs. n. 23 del 2011 sia privo di effetti. Difatti, tale disposizione disciplina la possibilità per il locatore di optare per la cedolare secca in ragione non del contratto di locazione concluso con conduttori cooperative edilizie per la locazione/enti senza scopo di lucro, ma piuttosto di quello di sub-locazione con studenti universitari: possibilità che, da un lato, prescinde dal tipo di contratto «madre» concluso (che potrebbe anche non essere una locazione ad uso abitativo), ma che, dall’altro lato, esige, al fine di evitare abusi o distorsioni della cedolare secca, la successiva stipula di un contratto di sub-locazione ad uso abitativo, con rinuncia all’aggiornamento i.s.t.at., a favore di studenti universitari e la messa a disposizione dei Comuni.

Solo per completezza deve sottolinearsi che l’Amministrazione finanziaria non ha poteri discrezionali nella determinazione delle imposte: di fronte alle norme tributarie, essa ed il contribuente si trovano su un piano di parità, per cui la cosiddetta interpretazione ministeriale, sia essa contenuta in circolari o risoluzioni, non costituisce mai fonte di diritto (Cass. n. 3598/2022; n. 14619/2000; Cass., Sez. U, n. 23031/2007). Conseguentemente, la Circolare del 1/6/2011 n. 26/E, in quanto non manifesta attività normativa, essendo atto interno della stessa Amministrazione, è destinata ad esercitare una funzione direttiva nei confronti degli uffici dipendenti ed è, altresì, inidonea ad incidere sugli elementi costitutivi del rapporto tributario.

3. In conclusione, il ricorso merita accoglimento in virtù del seguente principio di diritto: in tema di redditi da locazione, il locatore può optare per la cedolare secca anche nell’ipotesi in cui il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale, atteso che l’esclusione di cui all’art. 3, sesto comma, lgs. n. 23 del 2011 si riferisce esclusivamente alle locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate dal locatore nell’esercizio di una attività d’impresa o di arti e professioni.

Pertanto la sentenza impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con accoglimento dell’originario ricorso.

L’assenza di precedenti giurisprudenziali giustifica la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M. 

accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie l’originario ricorso introduttivo del giudizio;

dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.