Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 20017 depositata il 19 luglio 2024

le regole di imputazione temporale, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, sono inderogabili

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di processo verbale di constatazione del 1° giugno 2011, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Latina notificava, in data 15 dicembre 2011, alla società C.M. B. s.r.l. avviso di accertamento n. TKF031202571/2011, con il quale accertava, per l’anno di imposta 2009, sulla base di n. 8 rilievi, un maggior reddito di impresa di € 848.229,00, con conseguenti maggiori imposte a titolo di IRES, IRAP e IVA.

2. Avverso tale avviso di accertamento, la società proponeva ricorso dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Latina la quale, con sentenza n. 417/03/2013, depositata il 7 ottobre 2013, accoglieva parzialmente il ricorso, compensando le spese di giudizio.

3. Interposto gravame dall’Ufficio, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio – sezione staccata di Latina, con sentenza n. 5294/40/2016, pronunciata il 22 giugno 2016 e depositata in segreteria il 20 settembre 2016, riformava parzialmente la decisione di primo grado, rigettando le questioni pregiudiziale sollevata dalla società, accogliendo l’appello dell’Ufficio sui rilievi 2, 3, 4, 5, 6 e 7 dell’avviso di accertamento e rigettando quello sui rilievi n. 1 e n. 8 (che venivano quindi confermati).

4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione

l’Agenzia delle Entrate, sulla base di tre motivi.

C.M. B. s.r.l. resiste con controricorso.

5. All’odierna udienza del 22 marzo 2024 sono comparsi i procuratori delle parti, che hanno concluso come da verbale in

Il Pubblico Ministero ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.  Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a tre

1.1 Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate, in relazione al rilievo n. 8, eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 55 e 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, 546, e dell’art. 112 cod. proc. civ., richiamato dall’art. 1 del d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4), cod. proc. civ.

Occorre preliminarmente precisare che il rilievo n. 8 dell’avviso di accertamento impugnato riguarda l’omessa contabilizzazione, da parte della società, di ricavi di competenza dell’anno 2009, per un ammontare complessivo di € 3.164.400,00.

Con il predetto motivo di ricorso, l’Amministrazione finanziaria deduce che la C.T.R. avrebbe confermato la decisione del primo giudice in merito all’asserita illegittimità del rilievo n. 8, senza tuttavia pronunciarsi sull’eccezione formulata nell’appello dello stesso Ufficio secondo cui, nel ricorso introduttivo, la società non avrebbe mai contestato tale rilievo, con la conseguente ultrapetizione del giudice di prime cure e, quindi, anche del giudice a quo.

1.2 Con il secondo motivo di ricorso, sempre in relazione al rilievo n. 8, l’Ufficio eccepisce violazione e falsa applicazione delle norme contenute nel d.lgs. 19 giugno 1997, n. 218, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), dello stesso

Secondo l’Amministrazione finanziaria, il giudice a quo avrebbe errato nel ritenere illegittimo il rilievo n. 8 sulla base di un verbale di contraddittorio, avvenuto tra l’Ufficio e la società in sede di tentativo di accertamento con adesione, nel quale il primo riconosceva il corretto storno di una commessa di € 3.164.400,00. Sottolinea l’Ufficio che un siffatto verbale di contraddittorio sarebbe irrilevante ai fini della decisione del giudizio, in quanto la procedura di definizione del rapporto tributario si sarebbe conclusa in un nulla di fatto, con una proposta non accettata dalla società contribuente.

1.3 Con il terzo e ultimo motivo di ricorso l’Amministrazione ricorrente deduce, in relazione al rilievo 1, violazione e falsa applicazione dell’art. 109 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3), dello stesso codice.

Occorre preliminarmente specificare che il rilievo n. 1 dell’avviso di accertamento impugnata riguarda la deduzione di componenti negative di reddito di competenza di altri esercizi, in violazione dell’art. 109, comma 4, del D.P.R. n. 917/1986.

Nello specifico, il giudice di seconde cure avrebbe errato nel ritenere illegittimo il rilievo n. 1 in quanto avrebbe avallato la ricostruzione effettuata dalla C.T.P. senza tuttavia considerare che ciò che contestava l’Ufficio rispetto ai lavori in corso di esecuzione non era tanto l’individuazione, quali criteri di competenza, della percentuale di completamento o dello stato di avanzamento, ma l’erronea applicazione della metodologia stessa. Sottolinea parte ricorrente, infine, che se, da un lato, le disposizioni in materia di competenza sono inderogabili, dall’altro è assicurata tutela al contribuente, che può, in caso di doppia imposizione, presentare istanza di rimborso.

2. Procedendo quindi all’esame dei motivi di ricorso, osserva la Corte quanto segue.

2.1 Il primo motivo di ricorso è fondato. 

L’art. 112 cod. proc. civ. sancisce il principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, cioè della stretta simmetria che deve sussistere tra i termini della domanda e delle eccezioni, siano esse sollevate d’ufficio o strettamente dalle parti, e la decisione dell’autorità giudiziaria.

Parte ricorrente, in particolare, lamenta che la sentenza impugnata, da un lato, avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione di ultrapetizione formulata in sede di appello e, dall’altro, che, confermando quanto deciso dal giudice di primo grado, sarebbe anch’essa incorsa in tale vizio dato che la società, nell’impugnare l’avviso di accertamento in oggetto, non avrebbe contestato il rilievo n. 8, su cui invece entrambi i giudici si sarebbero pronunciati.

Invero, la narrazione fattuale e processuale che, in ossequio al principio di autosufficienza, viene presentata nel ricorso per cassazione consente di rilevare il vizio di cui l’Ufficio si lamenta, dato che non risulta che il rilievo n. 8 sia stato oggetto di specifica contestazione da parte della società, odierna controricorrente.

Per tale ragione, il motivo di ricorso deve essere accolto.

2.2 Il secondo  motivo  di  ricorso  resta  assorbito dall’accoglimento del primo.

2.3 Il terzo motivo di ricorso è pure fondato. 

Con riferimento al rilievo n. 1 dell’avviso di accertamento (disconoscimento di componenti negativi di reddito di competenza di altri esercizi, in violazione dell’art. 109, comma 4, del d.P.R. n. 917/1986, per € 3.334.584,10), L’Ufficio contesta l’erronea applicazione, rispetto ai “servizi eseguiti su ordinazione”, del criterio della competenza temporale della percentuale di completamento o dello stato di avanzamento da parte, in primis, della società e, in secundis, del giudice a quo, che ne avrebbe confermato la correttezza.

Sul punto, va rilevato che nell’avviso di accertamento impugnato si dava atto le fatture il cui costo era oggetto di deduzione, dal riscontro effettuato dai verificatori con i corrispondenti documenti di trasporto, erano risultate in alcuni casi relative a merci consegnate in esercizi precedenti al 2009, mentre in altri casi la parte non era stata in grado di dimostrare il contestuale momento di consegna con l’emissione della della fattura.

Orbene, le regole di imputazione temporale, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, sono inderogabili, non essendo consentito al contribuente di effettuare la deduzione di un costo o l’imputazione di un reddito in un esercizio diverso da quello individuale dalla legge come esercizio di competenza (Cass. 19 maggio 2022, n. 16093; Cass. 23 giugno 2021, n. 18035; Cass. 24 gennaio 2013, n. 1648; Cass. 13 maggio 2009, n. 10981).

Peraltro, fermo restando il divieto di derogare al principio di competenza, non può configurarsi, in tal caso, una violazione del divieto di doppia imposizione, sancito dall’art. 163 d.P.R. n. 917/1986 e 67 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, potendo, eventualmente, il contribuente richiedere il rimborso della maggior imposta indebitamente corrisposta, per la mancata esposizione nell’annualità di competenza dei costi negati in relazione a diversa imputazione temporale.

3. Consegue l’accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso, e l’assorbimento del secondo.

La sentenza impugnata deve quindi essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio – sezione staccata di Latina, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e terzo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo motivo.

Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio – sezione staccata di Latina, in diversa composizione, la quale provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.