Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 2199 depositata il 22 gennaio 2024
processo tributario – motivi di appello
FATTI DI CAUSA
1. J.Z. s.r.l. ricorre nei confronti dell’Agenzia delle entrate, che resiste con controricorso, avverso la sentenza in epigrafe. L’Ufficio, a seguito di una verifica fiscale relativa all’anno 2006, con l’atto impositivo oggetto di giudizio, accertava un reddito, ai fini Ires, di euro 87.760,00 e un valore della produzione, ai fini Irap, di euro 108.248,00, maggiori rispetto a quanto dichiarato dalla società.
2. La C.t.p., in parziale accoglimento del ricorso della contribuente rideterminava in misura favorevole alla società sia l’Ires che l’Irap e le «penalità in conseguenza».
3. Avverso della sentenza proponevano appello entrambe le parti e la C.t.r., in riforma parziale, confermava l’accertamento.
4. La contribuente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, proposto in via pregiudiziale, la ricorrente deduce: giuridica inesistenza dell’avviso di accertamento impugnato; violazione ed eccesso di potere in relazione all’art. 42, primo comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e all’art. 7 legge 27 luglio 2000, n. 212 e/o violazione e falsa applicazione degli artt. 1324 e 1418 cod. civ. Deduce l’inesistenza giuridica dell’atto impositivo mancando la prova del potere dirigenziale del delegante o del sottoscrittore del medesimo.
2. Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 132 cod. proc. civ., 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per omessa motivazione e contrasto tra motivazione e dispositivo. Precisa che la C.t.r., pur avendo accolto il terzo motivo di appello, aveva confermato l’accertamento.
3. Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione falsa applicazione dell’artt. 112 cod. proc. civ.
Censura la sentenza impugnata per non aver esaminato i motivi di appello, in particolare il primo ed il quarto motivo.
4. Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. la violazione falsa applicazione degli artt. 36, comma 7, 7-bis e 8 d.l. 4 luglio 2006, n. 223 e degli artt. 1324 e 1418 cod. civ.
Censura la sentenza impugnata per aver omesso di esaminare quanto dedotto in ordine ai costi ritenuti non deducibili dall’Ufficio.
5. Con il quinto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e 4, cod. proc. civ., la falsa applicazione e/o erronea interpretazione dell’art. 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 553 e degli artt. 5, 6 e 16 d.lgs 18 dicembre 1997, n. 472.
La società censura la sentenza impugnata in merito a quanto statuito sulle sanzioni.
6. Il primo motivo è inammissibile.
6.1. Il giudizio d’appello, per come ricostruito nella sentenza impugnata, non risulta aver avuto ad oggetto la questione dedotta con la censura in esame.
E’ noto che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste delle parti; in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità. Pertanto, secondo il costante insegnamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la stessa in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito e di indicare quanto necessario per dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa (tra le più recenti cfr. Cass. 24/01/2019, n. 2038).
Il principio che regola il contenzioso tributario in ragione del combinato disposto di cui agli artt. 18 e 24 d.lgs. n. 546 del 1992, è che esso abbia un oggetto rigidamente delimitato dalle contestazioni comprese nei motivi dedotti col ricorso introduttivo; i motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo costituiscono, pertanto, la causa petendi rispetto all’invocato annullamento dell’atto medesimo, con conseguente inammissibilità di un mutamento delle deduzioni avanti al giudice di secondo grado (Cass. 24/07/2018, n. 19616, Cass. 24/06/2011, n. 13934) Si ha, quindi, domanda nuova per modificazione della causa petendi, quando i nuovi elementi comportino il mutamento dei fatti costitutivi del diritto azionato, modificando l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia, in modo da porre in essere, in definitiva, una protesa diversa, per la sua intrinseca essenza, da quella fatta valere in primo grado e sulla quale non si è svolto in quella sede il contraddittorio (cfr. Cass. n. 13/10/2006, n. 22010).
La novità della domanda formulata nel corso del giudizio è rilevabile anche d’ufficio da parte del giudice, trattandosi di una questione sottratta alla disponibilità delle parti, in virtù del principio secondo cui il thema decidendum è modificabile soltanto nei limiti e nei termini a tal fine previsti (Cass. 26/09/2019, n. 24040).
6.2. Deve, altresì, escludersi che la censura proposta per la prima volta in sede di legittimità sia rilevabile di ufficio, atteso che il vizio denunciato è un vizio dell’atto impositivo, diverso da quelli originariamente allegati (Cass. 16/01/2023, n. 1078, Cass., 23/09/2020, n. 19929).
Questa preclusione è propria del sistema delle impugnazioni e della conservazione degli atti, nonché della stabilizzazione degli effetti degli atti amministrativi, nelle parti non oggetto di impugnazione giurisdizionale.
6.3. Quanto alla sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale, invocata dalla parte in virtù di quanto statuito con sentenza n. 37 del 2015, va evidenziato che la stessa non può riverberare effetti sulle sentenze che di quella norma hanno fatto applicazione quando non vi sia stata impugnazione del relativo capo, a nulla rilevando che altri capi della sentenza siano stati impugnati e il relativo giudizio sia ancora pendente al momento della pronuncia della Corte costituzionale (Cass., 30/12/2019, n. 34575); né tale sentenza può avere effetti sugli atti impositivi in relazione ai quali non è censurato il profilo in ordine al quale la norma è stata successivamente dichiarata incostituzionale stante la definitività dell’atto conseguente alla omessa impugnazione (Cass., 30/12 2019, n. 34617).
7. Il secondo motivo è fondato quanto ad entrambe le censure, restando assorbiti gli ulteriori motivi.
7.1. L’avviso di accertamento oggetto di giudizio era stato impugnato dalla società ricorrente per svariati profili. Questa, in particolare, aveva, in via preliminare, dedotto la nullità dell’atto impositivo per omesso contraddittorio. Nel merito, con riferimento alla determinazione del reddito ai fini Ires e del valore della produzione ai fini Irap, aveva dedotto che l’Ufficio aveva errato nel ritenere indeducibile il costo delle aree su cui insistevano i fabbricati strumentali e pertinenziali per tutti i dodici mesi del 2006 e non solo dal luglio 2006 come disposto dall’art. 36 legge n. 248 del 2006; che aveva erroneamente applicato per l’ammortamento la percentuale del 30 per cento anziché quella corretta del 20 per cento; che aveva errato nel ritenere non deducibili l’Ici; che aveva erroneamente determinato la quota degli interessi recuperata a tassazione.
La C.t.p. accoglieva la sola censura relativa all’aliquota del 20 per cento della quota di ammortamento.
Avverso detta sentenza la contribuente spiegava appello dolendosi del mancato accoglimento di tutte le ulteriori censure.
La C.t.r. – dopo aver rigettato «in punto di legittimità», con statuizione in questa sede non impugnata, il motivo relativo al vizio del contraddittorio – «in punto di merito» affermava testualmente «lo scorporo era da effettuarsi dal luglio 2006 e cioè per mesi 5 e non dodici: si ritiene che il conteggio sia corretto, lo scorporo caso mai effettuabile nell’anno successivo». Sulle ulteriori questioni controverse, invece, nulla esponeva. A fronte di tale motivazione, riformava parzialmente la sentenza di primo grado e confermava l’accertamento.
7.2. Le Sezioni Unite della Corte hanno precisato che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., – disposta dall’art. 54 legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito dalla legge 7 agosto 2012, n. 134 – deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile»; è esclusa, invece, qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione. (Cass. Sez. U. 07/04/2014, nn. 8053 e 8054).
Con specifico riferimento al processo tributario, si è, altresì, precisato che è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ. la sentenza della commissione tributaria regionale completamente priva dell’illustrazione delle censure mosse dall’appellante alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, poiché, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento della decisione e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame»; (Cass. 05/10/2018, n. 24452; conf. ex multis 08/07/2021, n. 19417; 11/11/2020, n. 25325; 14/02/2020, n. 3819; 25/10/2018, n. 27112; 05/11/2018, n. 28139, la quale ha stabilito che «La sentenza d’appello può essere motivata per relationem, purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame»).
7.3. La sentenza impugnata incorre nel vizio denunciato così come sopra descritto.
In primo luogo, la laconica motivazione resa dalla C.t.r. – che si esaurisce nella affermazioni sopra riportate testualmente – sembra deporre nel senso che il motivo con il quale la contribuente aveva contestato l’indeducibilità delle costo delle aree per dodici mesi, anziché per sei, è stato ritenuto fondato. La C.t.r., tuttavia, non spiega le ragioni per le quali, nonostante la fondatezza del motivo, il conteggio fosse coretto (invero non è nemmeno chiaro a quale conteggio intendesse fare riferimento) e perché lo scorporo fosse effettuabile «caso mai» nell’anno successivo.
In secondo luogo, a fronte della conferma dell’accertamento in dispositivo – statuizione che induce a ritenere che siano state implicitamente rigettate anche le ulteriori contestazioni sulle varie riprese a tassazione – non risulta spesa alcuna motivazione sul punto.
8. Ne consegue, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, rigettato il primo ed assorbiti gli altri, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, la quale provvederà al riesame, fornendo congrua motivazione, e al regolamento delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigettato il primo ed assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
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