CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, Sentenza n. 23167 depositata il 27 agosto 2024
Tributi – Accertamento – Violazioni fiscali ai fini IVA ed IRAP – Maxi-frode erariale – Accoglimento
Fatti di causa
L’Agenzia delle entrate notificò alla An.Ir. due provvedimenti con i quali, relativamente alle annualità 2009/2013, irrogò sanzioni per violazioni fiscali ai fini Iva ed Irap.
Gli atti trovavano genesi in un accertamento eseguito a carico di vari soggetti, ritenuti coinvolti in una maxi-frode erariale, attuata mediante il “Consorzio E.J.” e alcune società cooperative, appositamente costituite per conseguire vantaggi economici a mezzo di condotte illecite, sul piano fiscale e contributivo, nello specifico mediante reclutamento illegale di manodopera e un giro di fatture per operazioni inesistenti.
Nella ricostruzione dell’organizzazione e delle azioni compiute dai promotori e amministratori, anche di fatto, delle società, l’Agenzia delle entrate aveva evidenziato il fattivo affiancamento di professionisti, dotati di competenze specifiche e funzionali, quali commercialisti, consulenti del lavoro e società di elaborazione dati.
Tra essi era stata individuata An.Ir., legale rappresentante e socia di maggioranza della società di elaborazione dati A. Srl, depositaria delle scritture contabili delle cooperative sedenti a Milano e oggetto d’indagine, professionista che, secondo gli esiti della verifica, si ritenne aver conseguito cospicui vantaggi dall’attività di consulenza prestata, in particolare in favore delle cooperative CDS Società Cooperativa e la Progetto servizi società cooperativa a r.l.
La An.Ir., che aveva contestato gli addebiti dell’Amministrazione finanziaria e gli atti irrogativi di sanzioni, adì la Commissione tributaria provinciale di Milano, che con sentenza n. 5090/08/2017 ne disattese le ragioni.
La contribuente propose appello alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che con sentenza n. 3712/08/2022 confermò le statuizioni di primo grado.
Il giudice regionale, dopo aver respinto le doglianze della An.Ir. relative a vizi di motivazione dell’atto di irrogazione delle sanzioni, sia in riferimento al silenzio del provvedimento sulle deduzioni difensive allegate dalla contribuente, sia per l’illegittimo rinvio per relationem a processi verbali non allegati, nonché relative all’illegittimo accesso presso lo studio della commercialista, senza l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, nel merito ha ritenuto parimenti prive di pregio le ragioni dell’impugnazione.
In particolare, ha ritenuto corrette le contestazioni elevate alla contribuente ai sensi dell’art. 9, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, così respingendo le censure mosse alla pronuncia in ordine alla violazione dell’art. 7, D.L. 30 settembre 2003, n. 269.
Ha infatti riconosciuto l’applicabilità al caso di specie dell’istituto del concorso di terzo nelle violazioni imputabili a società dotata di personalità giuridica.
Ha ritenuto inoltre corretta la sanzione comminata alla An.Ir., e non alla società A . Srl, di cui l’appellante era legale rappresentante, rilevando che ad essa e non alla società l’amministrazione erariale aveva addebitato la condotta concorrente nelle violazioni contestate alle società cooperative.
La An.Ir. ha censurato la sentenza, chiedendo la cassazione, sulla base di quattro motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate, ulteriormente illustrato con memoria.
All’esito della udienza pubblica del 26 marzo 2024 la causa è stata riservata e decisa.
Ragioni della decisione
Il ricorrente ha denunciato:
con il primo motivo la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 L. n. 212/2000 e 16, comma 7, D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. I giudici di secondo grado avrebbero ritenuto che l’atto di irrogazione delle sanzioni fosse stato correttamente motivato, laddove in esso l’ufficio si era limitato a “riportare” le deduzioni difensive prodotte dalla contribuente, senza esplicitare le ragioni per le quali quelle deduzioni difensive erano state disattese.
Il motivo è fondato nei termini appresso chiariti.
L’art. 16, comma 7, del D.Lgs. 472 del 1997 prevede che “Quando sono state proposte deduzioni, l’ufficio, nel termine di decadenza di un anno dalla loro presentazione, irroga, se del caso, le sanzioni con atto motivato a pena di nullità anche in ordine alle deduzioni medesime”. Il tenore della norma non lascia margini ad incertezze, prescrivendo che in tema di sanzioni tributarie, qualora nella fase endoprocedimentale il contribuente abbia articolato deduzioni difensive, la motivazione dell’atto di irrogazione delle sanzioni deve tener conto anche delle predette deduzioni.
Si tratta di una regola di garanzia, prevista a tutela del contribuente, che si traduce nell’obbligo erariale di procedere alla irrogazione di sanzioni solo a mezzo di atto fornito di motivazione rafforzata.
Il rispetto delle garanzie difensive del contribuente si concretizza, pertanto, non già solo nel dare atto delle ragioni difensive del destinatario del provvedimento sanzionatorio, ma nell’obbligo dell’ufficio di spiegare il perché quelle ragioni siano state disattese.
Ebbene, pacifico che la An.Ir. avesse allegato deduzioni difensive e in sede d’appello avesse reiterato la denuncia di carenza di motivazione del provvedimento sanzionatorio, dalla lettura della sentenza impugnata si evince che il giudice regionale ha rilevato che nell’atto amministrativo fossero state richiamate le deduzioni difensive, ma non ha chiarito se e dove l’Amministrazione avesse risposto a quelle deduzioni.
Sotto tale profilo la sentenza è errata, perché non ha tenuto conto della prescrizione dell’art. 16 del D.Lgs. n. 472 del 1997 e degli obblighi di motivazione gravanti sull’amministrazione.
La sentenza è pertanto viziata e per ciò stesso va cassata, dovendo demandarsi al giudice di merito un approfondimento del contenuto dell’atto irrogativo di sanzioni, emesso a carico della An.Ir., ossia se esso, oltre che riportare il contenuto delle deduzioni difensive della contribuente, avesse anche spiegato perché quelle deduzioni non fossero state ritenute dall’ufficio idonee a escludere le responsabilità addebitate alla controricorrente.
L’accoglimento del primo motivo assorbe i successivi tre motivi di ricorso, con i quali la ricorrente ha denunciato la “Violazione e falsa applicazione dell’art. 7 D.L. 269/2003, e degli artt. 9 e 11 D.Lgs. 472/97, in relazione all’art. 360, c. 1 n. 3 c.p.c.” (in merito al capo della sentenza in cui i giudici della Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia hanno ritenuto non applicabile l’art. 7 D.L. 269/2003 al caso in esame);
la “violazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 4 c.p.c.” (in merito al capo della decisione dei giudici di secondo grado nella parte in cui hanno ritenuto erroneamente corretta la legittimazione passiva della An.Ir. sulla base dell’orientamento giurisprudenziale, secondo cui l’art. 7 D.L. 269/2003 non troverebbe applicazione nei casi in cui l’Ufficio dimostri che la commissione della violazione da parte dell’estraneo persona fisica risponde a un interesse esclusivamente proprio o che la persona giuridica e una mera fictio creata nell’interesse della persona fisica);
la “violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. in relazione all’art. 360, c. 1 n. 3 c.p.c. pag. 22” (in merito alla circostanza che la sentenza dei giudici della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado avrebbero omesso di considerare che, nelle more del procedimento di secondo grado, era stata emessa la sentenza n. 2910/2021, depositata il 26 luglio 2021 e passata in giudicato, nell’ambito del procedimento RG n. 808/2020 riferito ad E.J. S.p.A, nella quale i giudici si sono pronunciati sulla corretta interpretazione ed applicazione al caso di specie dell’art. 7 D.L. 269/2003).
La causa va pertanto rinviata alla Corte di giustizia di II grado della Lombardia, che in diversa composizione provvederà al riesame dell’appello, tenendo conto del principio di diritto enunciato da questa Corte, oltre che a liquidare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, cui demanda, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.