Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 28077 depositata il 30 ottobre 2024

L’omessa indicazione degli investimenti e delle attività finanziarie detenute all’estero nel quadro RW della dichiarazione dei redditi è soggetta a sanzione. Infatti, l’obbligo di dichiarare gli investimenti esteri, previsto dall’art. 4, comma 2, del D.L. n. 167/1990, ha lo scopo di garantire il monitoraggio degli investimenti esteri, quali indicatori della capacità contributiva

Accertamento – Monitoraggio fiscale – Sanzioni amministrative

FATTI DI CAUSA

1. A seguito di segnalazione dell’Ufficio Centrale per il contrasto degli illeciti fiscali internazionali, dalla quale risultava che il sig. A.A., nelle annualità dal 2005 al 2008, aveva effettuato numerose movimentazioni di capitali verso l’estero senza, tuttavia, compilare il quadro RW delle relative dichiarazioni dei redditi, l’Ufficio competente inviava al contribuente un questionario affinché esplicitasse le ragioni del mancato assolvimento del suddetto obbligo e fornisse giustificazioni sulle consistenze estere rilevate.

2. In esito venivano quindi emessi, relativamente alle annualità 2005 e 2006, due atti di contestazione, con cui venivano irrogate le sanzioni di cui all’art. 5 , commi 4 e 5, del D.L. n.167/90 per la violazione degli obblighi di cui all’art. 4, comma 1, del medesimo D.L.

3. A seguito della notifica di tali atti, il contribuente presentava deduzioni difensive ai sensi dell’art. 16 , comma 4, del D.Lgs. 472/97 , che venivano parzialmente accolte dall’Ufficio, che riteneva giustificata l’omessa dichiarazione della somma di Euro 500.000,00, consistente in un prestito alla società Ambra Spa, accreditato su un conto corrente elvetico, ritenuto interamente riferibile all’attività gestionale della società e non alla sfera personale del contribuente.

4. Per le restanti movimentazioni, ammontanti ad Euro 590.000,00 per ciascuna delle due annualità, l’Ufficio confermava l’irrogazione delle sanzioni ai sensi delle nonne sopra richiamate – nella versione ratione temporis applicabile – nella misura minima del 5% dell’importo non dichiarato, corrispondente a Euro 29.500,00 per il 2005 e 25.812,50 per il 2006, con applicazione del cumulo giuridico ai sensi dell’art. 12 del D.Lgs. 472/97 .

5. Avverso tali atti proponeva distinti ricorsi il contribuente lamentandone l’illegittimità per: i) superamento del termine di decadenza previsto dall’art. 43 del DRP 600/73 e inapplicabilità del raddoppio dei termini prescritto dall’art. 12 del D.L. n. 78/2009 ; ii) sproporzione delle sanzioni irrogate, trattandosi di violazione di carattere formale ai sensi dell’ art. 10 della L n. 212/2000 e dell’ art. 6 , comma 5-bis, del D.Lgs. 472/97 , che non aveva arrecato alcun danno all’erario.

6. Si costituiva l’Ufficio, replicando alle avverse censure.

7. Con sentenza n. 119/11/13, la Commissione tributaria provinciale di Torino, previa riunione dei giudizi, respinta l’eccezione preliminare di decadenza, accoglieva i ricorsi ravvisando l’illegittimità dell’atto impugnato per violazione dell’art. 17 del D.Lgs. n. 472/1997 .

8. Avverso tale pronuncia proponeva appello l’Agenzia delle entrate, lamentando in via preliminare la violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, posto che il contribuente non aveva mai lamentato l’illegittimità degli atti impugnati per violazione del citato art. 17; ribadiva, poi, nel merito la legittimità e fondatezza degli avvisi di irrogazione delle sanzioni.

9. La Commissione regionale del Piemonte rigettava l’appello con sentenza n. 75/2016 depositata il 22/01/2016.

10. Avverso la predetta sentenza ricorre l’Agenzia delle entrate con tre motivi e resiste il contribuente con controricorso.

11. In data 3/11/2023 il controricorrente ha depositato atto di costituzione di nuovo difensore.

12. Il Pubblico ministero, nella persona del Sostituto procuratore generale dott. Fulvio Troncone, ha depositato, in data 22/07/2024, requisitoria scritta, chiedendo l’accoglimento del primo e terzo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo motivo.

Infine, in data 20/09/2024, il contribuente ha depositato memoria difensiva ex art. 378 cod. proc. civ.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria denuncia, in relazione all’ art. 360 , comma 1, n. 4 cod. proc. civ. la “Violazione e falsa applicazione dell’ art. 112 c.p.c.”.

La difesa erariale contesta l’ultrapetizione in cui sono incorsi i giudici di merito, atteso che la parte contribuente si è limitata a dolersi dell’intervenuta decadenza dal potere impositivo e della sproporzione delle sanzioni irrogate. Di qui la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato.

2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 , comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la “Violazione e falsa applicazione artt. 16 e 17 D.Lgs. n. 472/97 e artt. 4 e 5 D.L. 167/90 “. L’Agenzia delle entrate ricorrente contesta la decisione della CTR là dove non ha ritenuto applicabile alla soggetta materia il richiamato art. 16 D.Lgs. n. 472 del 1997 .

3. Con il terzo strumento di impugnazione la ricorrente lamenta la “Violazione e falsa applicazione artt. 4 e 5 D.L. 167/90 e 10 L. 212/2000 “, censurando la statuizione con cui la CTR ha annullato i provvedimenti impugnati in quanto “sproporzionati” perché conseguenti a violazione che non ha comportato alcun addebito di imposta e quindi non ha arrecato alcun danno all’Erario.

4. Il primo motivo di ricorso è fondato.

5. È orientamento consolidato di questa Corte che “Nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma della impugnazione dell’atto tributario per vizi formali o sostanziali, l’indagine sul rapporto sostanziale non può che essere limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado, con la conseguenza che, ove il contribuente deduca specifici vizi di invalidità dell’atto impugnato, il giudice deve attenersi all’esame di essi e non può, ex officio, annullare il provvedimento impositivo per vizi diversi da quelli dedotti, anche se risultanti dagli stessi elementi acquisiti al giudizio, in quanto tali ulteriori profili di illegittimità debbono ritenersi estranei al thema controversum, come definito dalle scelte del ricorrente. L’oggetto del giudizio, come circoscritto dai motivi di ricorso, può essere modificato solo nei limiti consentiti dalla disciplina processuale e, cioè, con la presentazione di motivi aggiunti, consentita però, ex art. 24 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 , nel solo caso di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione”” (tra le molte, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 19337 del 22 settembre 2011 ).

Nelle ipotesi di invalidità degli atti impositivi (nella specie, per violazione dell’art. 42 , comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 ), opera il generale principio di conversione dei vizi in motivi di gravame, in ragione della struttura impugnatoria del processo tributario, nel quale la contestazione della pretesa fiscale è suscettibile di essere prospettata solo attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto, sicché le nullità, ove non dedotte con il ricorso originario, non possono essere rilevate d’ufficio né fatte valere per la prima volta nel giudizio di legittimità. ( Cass., n. 12313 del 18/05/2018 ; conf.: Cass. n. 27562/2018 ; Cass. n. 34693/2022 ;)

E, dunque, “nel processo tributario, mediante le memorie illustrative di cui all’art. 32 del D.Lgs.546/1992 non possono essere proposte domande nuove, ma solo specificate quelle già contenute nel ricorso introduttivo,… in ragione della natura impugnatoria del giudizio” ( Cass., n. 1161/2019 ).

In altri termini, costituisce mutatio libelli il diverso fatto estintivo della pretesa tributaria mediante l’indicazione di una situazione di fatto e giuridica ontologicamente diversa da quella introdotta col motivo di ricorso (Cass. 1 marzo 2023, n. 6103 ).

Non sono dunque pertinenti le generiche osservazioni, contenute nella memoria difensiva del contribuente, secondo cui la CTR non avrebbe tenuto conto dell’orientamento giurisprudenziale esistente all’epoca dei fatti o, alternativamente, avrebbe applicato retroattivamente la una disciplina normativa sopravvenuta.

5.1. Tanto rilevato, è pacifico, come si desume dalla lettura degli atti difensivi del contribuente, trascritti in ossequio al principio di autosufficienza nel ricorso erariale, che la parte privata non abbia tempestivamente sollevato la questione della violazione dell’art. 17 del D.Lgs. n. 472 del 1997 , ciò risultando finanche dalla lettura della sentenza impugnata, ove, confermando la correttezza dell’operato del primo giudice la CTR afferma, con assunto non rispettoso degli affermati principi, che “il giudice deve rispondere a quanto richiesto con ampia analisi di quanto in causa…. Risulta quindi indispensabile verificare la correttezza dell’atto impugnato che i giudici di CTP hanno ritenuto non corretto dovendo essere parte di un unico atto. Non si rileva quindi l’ultra petitum lamentato. Eccezione respinta.”

5.2. I giudici di appello non si sono conformati ai principi evocati, pronunciandosi d’ufficio su una questione non tempestivamente sollevata dal contribuente.

6. Il secondo motivo di ricorso risulta assorbito in conseguenza dell’accoglimento del precedente.

7. È infine fondato il terzo motivo.

7.1. Va riaffermato il principio di diritto per cui la violazione consistente nell’omessa dichiarazione annuale per investimenti e attività di natura finanziaria all’estero, prevista dall’art. 4 , comma 2, D.L. n. 167 del 1990 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 227 del 1990 ), sanzionata dal successivo art. 5, comma 5 (nella formulazione temporalmente vigente), risponde all’esclusiva finalità di assicurare, tramite l’obbligo di dichiarazione, appunto, il monitoraggio dei trasferimenti di valuta da e per l’estero, quali manifestazioni di capacità contributiva (in tal senso, tra le altre, Cass. 19/01/2018, n. 1311 , consolidata da Cass. 03/12/2020, n. 27662 e da Cass. 21/12/2021, n. 40916 ).

7.2. Nel caso in esame, quindi, la CTR senza cogliere la ratio della norma nell’univoca accezione precisata da questa Corte, ha erroneamente negato la rilevanza a fini sanzionatori della omessa presentazione del quadro RW in ragione del ravvisato, ma (per le precedenti considerazioni) insussistente, carattere formale della violazione in quanto non recante danno all’Erario.

7.3. Non sono inoltre pertinenti, a tale riguardo, i richiami, contenuti nella memoria difensiva di parte resistente, alla giurisprudenza euro-unitaria in materia di proporzionalità della sanzione. Si osserva in particolare che nel precedente, invocato dal contribuente (Corte Giustizia, 27/01/2022, Commissione europea /Regno di Spagna, Causa C-788/19), la Corte di giustizia ha ritenuto che la normativa spagnola sul monitoraggio fiscale recasse un pregiudizio sproporzionato alla libera circolazione dei capitali, presidiata dall’ articolo 63 TFUE e dall’articolo 40 dell’accordo sullo Spazio economico europeo del 2 maggio 1992, nella misura in cui punisce l’inadempimento o l’adempimento inesatto o tardivo dell’obbligo di informazione riguardo ai beni e ai diritti situati all’estero con una sanzione proporzionale del 150% dell’imposta calcolata sulle somme corrispondenti al valore di tali beni o di tali diritti, sanzione che può essere cumulata con sanzioni forfettarie, il cui importo non è commisurato alle sanzioni previste per infrazioni simili in un contesto puramente nazionale e per il cui importo complessivo non è previsto un limite massimo.

Tali caratteri non sono ravvisabili nella disciplina italiana, ratione temporis applicabile, che prevedeva, per la violazione degli obblighi relativi al monitoraggio fiscale, una sanzione dal 5 al 25 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati, sanzione peraltro, nel caso di specie, applicata nella misura minima.

8. In conclusione, accolti il primo e terzo motivo di ricorso ed assorbito il secondo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.