CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, sentenza n. 3961 depositata il 13 febbraio 2024
Tributi – Mancato versamento di IRPEF – Società posta in liquidazione coatta amministrativa – Pagamento dei tributi non ancora scaduti al momento di assoggettamento alla procedura concorsuale – Rigetto
Fatti di causa
La società N.A. Spa era attinta da cartella esattoriale per il pagamento di sanzioni, interessi ed accessori in conseguenza del mancato versamento di Irpef ed altro per l’anno fiscale 2011. Reagiva la società contribuente affermando di non essere a lei imputabile il mancato pagamento, giacché in data 7 aprile 2011 era stata posta in liquidazione coatta amministrativa; quindi, non poteva più procedere al pagamento delle imposte dovute e non ancora scadute a quella data, evidenziando sia la carenza di momento soggettivo sia la carenza di un momento oggettivo cui sono ancorate le sanzioni.
I gradi di merito erano favorevoli alla parte privata, donde ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate affidandosi a due mezzi, cui replica la parte privata con tempestivo controricorso.
II Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore Generale dottor G.L., ha depositato requisitoria scritta in forma di memoria, chiedendo il rigetto del ricorso.
In prossimità dell’udienza, la parte privata ha depositato memoria ad illustrazione delle proprie ragioni.
Ragioni della decisione
Vengono proposti due mezzi di ricorso.
Con il primo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360 numero 4 del codice di procedura civile per violazione degli articoli 132 numero 4 nello stesso codice e dell’articolo 118 delle relative disposizioni di attuazione, nonché degli articoli 36, 53 e 61 del decreto legislativo numero 546 del 1992.
Nella sostanza si lamenta motivazione apparente, consistente in affermazioni insuscettibili di far riconoscere il percorso logico del collegio giudicante.
Con il secondo motivo si profila censura ai sensi dell’articolo 360 numero 3 del codice di rito per violazione degli articoli 115 e 116 dello stesso codice, dell’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica numero 602 del 1973, degli articoli 2749, 2752 del codice civile, degli articoli 54 e 55 del regio decreto numero 267 del 1942, dell’articolo 249 del decreto legislativo numero 209 del 2005, degli articoli 3 e 8 del DPR numero 602 del 1973, degli articoli 23 e 25 del DPR numero 600 del 1973, degli articoli 3 e 6 del decreto legislativo numero 472 del 1997 e dell’articolo 13 del decreto legislativo numero 471 del 1997. Nella sostanza si lamenta che il collegio di merito abbia ritenuto giustificato il mancato versamento delle imposte e non dovute le sanzioni perché fino alla data di messa in liquidazione coatta amministrativa il termine non era ancora scaduto, successivamente tale adempimento non era più possibile ed anzi vietato dalla disciplina concorsuale cui la società veniva assoggettata.
Il primo motivo non può trovare accoglimento. Giudice del fatto processuale in base all’invocato parametro di cui al numero 4 dell’articolo 360 del codice di procedura civile, questa Corte riconosce nella sentenza in scrutinio una motivazione coerente ed in grado di indicarne il percorso argomentativo, con riferimento alla disciplina concorsuale, come peraltro lo stesso patrono erariale dimostra di comprendere, con l’articolazione del secondo motivo. Deve premettersi che è ormai principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte l’affermazione secondo la quale (Cass. VI- 5, n. 9105/2017) ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento. In tali casi la sentenza resta sprovvista in concreto del c.d. “minimo costituzionale” di cui alla nota pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. n. 8053/2014, seguita da Cass. VI – 5, n. 5209/2018). In termini si veda anche quanto stabilito in altro caso (Cass. Sez. L, Sentenza n. 161 del 08/01/2009) nel quale questa Corte ha ritenuto che la sentenza è nulla ai sensi dell’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c., ove risulti del tutto priva dell’esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda ovvero la motivazione sia solo apparente, estrinsecandosi in argomentazioni non idonee a rivelare la ratio decidendi (cfr. Cass. V, n. 24313/2018). Il motivo, dunque, non può essere accolto. Parimenti infondato è il secondo motivo.
La questione del pagamento dei tributi non ancora scaduti al momento di assoggettamento alla procedura concorsuale è stato fatto oggetto di scrutinio da recente pronuncia di questa Corte cui il collegio intende dare continuità.
Ed infatti, è stato affermato che in tema di sanzioni pecuniarie per violazioni delle leggi tributarie, il fallimento del contribuente prima della scadenza del termine di pagamento del tributo non consente di imputare a lui o agli organi della procedura alcuna colpevole inadempienza, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 472 del 1997, poiché, prima della dichiarazione dello stato di insolvenza, i termini per effettuare il pagamento da parte del contribuente in bonis non sono ancora scaduti e, dopo tale dichiarazione, in ragione dell’applicazione delle regole del concorso, il pagamento non può più essere validamente eseguito dagli organi della procedura (cfr. Cass. T, n. 26728/2023).
Peraltro, era stato affermato che le sanzioni pecuniarie per la violazione di leggi tributarie commesse in data antecedente al fallimento o alla procedura concorsuale del contribuente, costituiscono un credito che soggiace all’applicazione di tutte le regole civilistiche, sia che si verta in una fase fisiologica del rapporto obbligatorio, sia che si verta nell’ambito di una procedura concorsuale, dovendo l’Amministrazione soddisfarsi secondo le regole del concorso nei modi stabiliti dalla legge. Pertanto, è infondata l’eccezione per la quale, in costanza di fallimento, l’esigibilità delle sanzioni tributarie dovrebbe essere congelata, potendo l’amministrazione finanziaria farle valere esclusivamente una volta che il fallito sia tornato “in bonis”, sia perché il fallimento non equivale alla morte dell’imprenditore, tanto che con esso il contribuente non viene privato della sua qualità di soggetto passivo del rapporto tributario, sia perché la postergazione del pagamento dei crediti derivanti dalle sanzioni pecuniarie violerebbe la disciplina imperativa di cui all’art. 2752 c.c. e diverrebbe un modo per sfuggire al pagamento delle sanzioni amministrative in danno dell’erario (cfr. Cass. V, n. 23322/2018).
Come si vede, il sistema affinato da questa Suprema Corte di legittimità è chiuso, prevedendo sia il caso di inadempimenti incolpevoli, sia di quelli colpevoli.
Nel caso di specie, peraltro, si verte in questa prima ipotesi, nulla essendo addebitabile alla società per non aver assolto un debito non ancora scaduto, né alcunché è addebitabile alla procedura, per non aver saldato un debito attratto alla disciplina speciale.
Il ricorso e pertanto infondato e dev’essere rigettato. Le spese seguono la regola della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente Agenzia al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro quattromila/00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- CORTE di CASSAZIONE, sezione tributaria, sentenza n. 3956 depositata il 13 febbraio 2024 - In tema di sanzioni pecuniarie per violazioni delle leggi tributarie, il fallimento del contribuente prima della scadenza del termine di pagamento del tributo…
- CORTE di CASSAZIONE - Sentenza n. 27283 depositata il 25 settembre 2023 - Qualora il contribuente sia stato dichiarato fallito, l'avvenuta irrogazione della sanzione per il mancato pagamento di un debito d'imposta sorto in epoca anteriore alla…
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 14 giugno 2022,n. 19180 - L'art. 20 del detto d.lgs. n. 472/97 distingue nettamente il termine di decadenza, entro il quale deve essere contestata la violazione ed irrogata la sanzione, individuandolo in cinque anni o nel…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 13004 depositata il 26 aprile 2022 - In materia di sanzioni amministrative tributarie vige il principio della responsabilità personale dell'autore della violazione stabilito dal D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 2, comma…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 14795 depositata il 10 maggio 2022 - In tema di agevolazioni tributarie, il superamento del limite massimo dei crediti d'imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- IMU: no all’esenzione di abitazione principa
La Corte di Cassazione. sezione tributaria, con l’ordinanza n. 9496 deposi…
- Il consulente tecnico d’ufficio non commette
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 15642 depositata il 1…
- ISA 2024 le cause di esclusione per l’anno 2
La legge istitutiva degli Indici Sintetici di Affidabilità fiscale (ISA) ha una…
- Il diritto riconosciuto dall’uso aziendale n
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 10120 depositat…
- L’indennità sostitutiva di ferie non godute
La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza n. 9009 depositata…