Corte di Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 20568 depositata il 30 settembre 2014
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il dr. B.V. l, giudice presso il Tribunale di Lecce, venne incolpato dell’illecito disciplinare di cui agli artt. 1 e 2, comma 1, lett. q), del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109, per aver mancato ai propri doveri di diligenza e laboriosità con reiterati, gravi ed ingiustificati ritardi nel compimento degli atti relativi al proprio ufficio. In particolare, come risultante dagli allegati elenchi 1) e 3), quale giudice del Tribunale di Lecce, malgrado fosse già stato sottoposto a procedimento disciplinare per fatti analoghi commessi fino al mese di novembre 2008 (concluso con sentenza di condanna n. 69/2012 della sezione disciplinare del C.S.M.), aveva depositato: – fra il maggio ed il luglio 2010, n. 4 sentenze civili con ritardi complessivi rispettivamente di n. 753, 1103, 635 e 697 giorni, oltre il sessantesimo dall’assegnazione delle cause a sentenza (all. 1); notizia circostanziata dei fatti acquisita in data 21.3.2012;
– nel 2011, quale giudice della sezione GIP, n. 6 sentenze penali con ritardi rispettivamente di 305, 141, 104, 72, 47 e 50 giorni, rispetto a quello di legge o stabilito in sentenza (all. 3); notizia circostanziata dei fatti acquisita in data 20.5.2013. In data 7 giugno 2013 il Procuratore Generale chiese al Presidente della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura la fissazione dell’udienza di discussione orale. All’esito della quale la Sezione Disciplinare, con sentenza del 10.12.2013-6.2.2014, dichiarò il dr. B. responsabile dell’incolpazione ascrittagli, infliggendogli la sanzione disciplinare della perdita di anzianità di mesi quattro. A sostegno del decisum la Sezione Disciplinare, richiamati diffusamente i principi applicabili alla fattispecie all’esame, ritenne la reiterazione, la gravità e l’ingiustificatezza dei ritardi contestati; l’autonomia di detti ritardi rispetto a quelli di cui al precedente procedimento disciplinare che aveva riguardato il medesimo magistrato; l’inaccoglibilità del rilievo secondo cui, quanto alle sentenze penali, l’incolpato avrebbe potuto fissare un più lungo termine di deposito; l’inapplicabilità, sempre con riferimento alle sentenze penali, dell’art. 3 bis dl.vo n. 109/06; la congruità della sanzione della perdita di anzianità di mesi quattro richiesta dal Procuratore Generale, in considerazione della gravità dei ritardi e dei precedenti disciplinari. Avverso la suddetta sentenza della Sezione Disciplinare il dr. B.V. ha proposto ricorso per cassazione fondato su due motivi.
Il Ministero della Giustizia non ha svolto attività difensiva.
Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, denunciando violazione degli artt. 14 e ss dl.vo n. 109/06 e violazione del giusto procedimento, il ricorrente si duole che il Procuratore Generale abbia richiesto l’udienza di discussione integrando l’incolpazione con l’ulteriore contestazione dei fatti oggetto della notizia circostanziata acquisita in data 20.5.2013 (ossia del ritardato deposito di sei sentenze penali), senza aver proceduto al riguardo alla comunicazione della formale contestazione di addebito e impedendo così ad esso ricorrente di poter esercitare una compiuta attività difensiva in proposito; da ciò la dedotta nullità della sentenza impugnata.
1.1 II motivo è inammissibile per difetto del requisito dell’autosufficienza, posto che, presupponendo la censura svolta un’indagine di fatto e non risultando la questione trattata nella sentenza impugnata, il ricorrente non ha specificato i termini e i modi con cui la stessa sarebbe stata devoluta alla Sezione Disciplinare del CSM (cfr, Cass., SU, n. 18210/2010).
1.2 Peraltro la doglianza è infondata anche nel merito, atteso che: – a norma dell’art.17 dl.vo n. 109/06 la formulazione delle richieste conclusive del Procuratore Generale determina la chiusura delle indagini e segna quindi il termine ultimo entro il quale, a mente del precedente art. 14, comma 5, possono essere contestati nuovi fatti;
– la mancata comunicazione all’incolpato, ai sensi dell’art. 15, comma 5, del medesimo decreto, comporta, quale unica conseguenza, la nullità, peraltro soggetta a sanatoria ove non tempestivamente eccepita, degli atti di indagini non preceduti da detta comunicazione e non già la nullità dell’intero procedimento e della sentenza (cfr, Cass., SU, nn. 28046/2008; 7309/2014);
– nel caso di specie il ricorrente non indica quali atti di indagine sarebbero stati colpiti da nullità, né, comunque, i termini e i modi in cui detta nullità sarebbe stata eccepita;
– il ricorrente neppure specifica quali attività difensive gli sarebbero state in concreto precluse per effetto della dedotta mancata comunicazione, tenuto altresì conto che, nel procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati, non costituisce presupposto di validità della richiesta di fissazione dell’udienza di discussione orale il preventivo interrogatorio dell’incolpato da parte della Procura Generale, trattandosi di adempimento non previsto dal dl.vo n. 109/06, la cui autonoma, completa e specifica disciplina della chiusura delle indagini disciplinari preclude l’applicazione dell’art. 415 bis cpp (cfr, Cass., SU, n. 11964/2011).
2. Con il secondo motivo, rubricato come erronea interpretazione ed applicazione di norme di legge (artt. 144 e ss dl.vo n. 109/06; artt. 1 e 2, comma 1, lett. q) dl.vo n. 109/06), omessa e/o erronea valutazione degli elementi istruttori, contraddittorietà del giudicato, disparità di trattamento, il ricorrente svolge plurime doglianze.
2.1 Con le prime due, tra loro connesse e da esaminare congiuntamente, deduce che la sentenza impugnata ha omesso di considerare che i ritardi contestati dovevano essere inquadrati nel più ampio contesto lavorativo in cui esso ricorrente si era trovato ad operare nel periodo tra il 1°.5.2003 e il 17.11.2008, caratterizzato da un eccezionale sovraccarico di lavoro, determinato dalla ridistribuzione, a lui e ad altro magistrato, delle procedure esecutive immobiliari da tempo non fissate e risalenti a diversi anni pregressi; ciò aveva comportato la maturazioni di ritardi nel deposito dei provvedimenti anche a carico del collega, per il quale, tuttavia, proprio in contemplazione dell’indicata situazione lavorativa, la Sezione Disciplinare del CSM ne aveva ritenuto la giustificatezza; conseguentemente, atteso che la notizia circostanziata acquisita il 1°.3.2012 era antecedente alla fase conclusiva del già subito procedimento n. 13/2010, sfociato nella sentenza della Sezione Disciplinare n. 69/2012 del 20.4-29.5.2012, sarebbe stato corretto e doveroso integrare in quel precedente procedimento disciplinare i fatti successivamente contestati ed oggetto del presente giudizio, sia in ossequio alla ratio dell’art. 14, comma 5, dl.vo n. 109/06, sia per evitare “un ingiusto ed illegittimo aggravio della sanzione eventualmente applicabile per effetto della “recidiva” così artatamente provocata”; al contempo doveva considerarsi che la sentenza impugnata, valutando in termini di assoluta autonomia la specifica ipotesi da ultimo contestata ed escludendo che ricorressero le condizioni giustificative del ritardo in relazione alle vicende ricordate, era giunta a conclusioni divergenti rispetto alla valutazione resa nei confronti del collega ed aveva trascurato di considerare che l’enorme carico di lavoro era stato smaltito con sacrificio anche in costanza della successiva assegnazione all’ufficio GUP-GIP.
2.1.1 II primo profilo di doglianza è infondato ove si consideri che: – non è rivolto contro la sentenza impugnata, ma, piuttosto, contro il comportamento del Procuratore Generale, che avrebbe omesso di contestare, nell’ambito del precedente procedimento disciplinare, gli ulteriori ritardi, peraltro altresì relativi ad un intervallo di tempo posteriore a quello inerente ai ritardi oggetto di contestazione;
– trascura comunque di considerare che determinando, come detto, la formulazione delle richieste conclusive del Procuratore Generale la chiusura delle indagini e contrassegnando quindi detta formulazione il termine ultimo entro il quale possono essere contestati nuovi fatti, nel precedente procedimento, come si evince dalla dimessa e richiamata sentenza della Sezione Disciplinare n. 69/2012, il Procuratore Generale aveva chiesto la fissazione dell’udienza di discussione orale, formulando l’imputazione, in data 28 ottobre 2010, ampiamente antecedente a quella (1°.3.2012) di acquisizione della notizia circostanziata che ha dato causa al presente giudizio.
2.1.2 Quanto al secondo profilo deve anzitutto rilevarsi che, come già affermato da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 1770/2013 (resa all’esito del richiamato precedente giudizio disciplinare a carico dell’odierno ricorrente), la pronuncia della Sezione Disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura non può essere impugnata presso le Sezioni Unite della Corte di Cassazione per lamentare la diversa valutazione riservata ad altro magistrato, incolpato della stessa infrazione, atteso che la contraddittorietà della motivazione deve emergere dalla medesima sentenza e non già dal raffronto tra vari provvedimenti, seppure dello stesso giudice, ed atteso, inoltre, che il ricorso avverso le pronunce disciplinari del Consiglio non può introdurre un sindacato sui poteri discrezionali dell’organo, mediante la denuncia del vizio di eccesso di potere, avendo tali pronunce natura giurisdizionale e non amministrativa (cfr, Cass., SU, n. 26825/2009).
2.1.3 Inoltre la descritta situazione lavorativa addotta dal ricorrente a pretesa giustificazione dei ritardi contestati è stata espressamente presa in considerazione dalla Sezione Disciplinare, che ne ha escluso tuttavia la rilevanza, osservando che la variazione tabellare con la quale era stata disposta l’assegnazione delle ricordate procedure esecutive immobiliari risultava essere stata revocata in data 31.12.2007 e, perciò, in data antecedente a quella dei ritardi de quibus. Come già questa Corte ha avuto modo di precisare (cfr, in particolare, Cass., SU, n. 8615/2009, cit., e le sentenze della Cassazione penale ivi richiamate), alla luce della novella dell’art. 606 cpp ad opera della legge n. 46/06:
– il sindacato del giudice di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato deve mirare a verificare che la motivazione della pronuncia:
a) sia “effettiva” e non meramente apparente, cioè realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata;
b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica;
c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero sia esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute;
d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi del suo ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico;
– il vizio di omessa motivazione può essere dedotto solo quando il giudice di merito ha ingiustificatamente negato l’ingresso nella sua decisione ad un elemento di prova, risultante dagli atti processuali, dotato di efficacia scardinante dell’impianto motivazionale, non invece quando il giudice di merito ha dato, coerentemente ed esaustivamente, una valutazione degli elementi di prova diversa da quella prospettata dal ricorrente; parimenti, l’illogicità manifesta e la contraddittorietà della motivazione sussistono quando gli altri atti del processo, specificamente indicati nel gravame, inficiano radicalmente, dal punto di vista logico, l’intero apparato motivazionale e non invece quando sono stati coerentemente ed adeguatamente valutati nel provvedimento di merito, seppure in modo diverso rispetto alla tesi prospettata;
– il vizio di motivazione denunciabile in sede di legittimità è solo quello consistente nella mancanza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, mentre deve escludersi che il giudice di legittimità possa verificare l’adeguatezza delle considerazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sottolineare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali; con la conseguenza che l’illogicità della motivazione, come vizio denunciabile dinanzi la Cassazione, deve essere percepibile ictu °cuti, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, mentre restano ininfluenti le minime incongruenze. Pertanto, risultando la già ricordata valutazione di merito resa nella sentenza impugnata coerente con le emergenze processuali acquisite e scevra da elementi di illogicità e contraddittorietà, la stessa non è suscettibile di censura in sede di legittimità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, nn. 8615/2009, cit.; 26825/2009; 968/2010; 7000/2010; 177012013 cit.).
2.2 Con la terza doglianza il ricorrente deduce la manifesta erroneità e illogicità del giudizio di rilevanza attribuito all’esiguo numero dei .. casi di deposito tardivo di sentenze civili, assumendo l’ingiustizia ed illegittimità della sanzione irrogata in relazione ad un numero di ritardi assolutamente non significativo rispetto al numero complessivo di provvedimenti resi nel medesimo periodo di verifica.
2.2.1 La doglianza, alla stregua delle considerazioni già svolte in ordine ai limiti del controllo sulla motivazione dei provvedimenti impugnati propri della fase di legittimità, è inammissibile, perché rivolta contro una valutazione di merito congruamente e logicamente motivata, avendo la Sezione Disciplinare osservato che il numero di processi di cui il magistrato è assegnatario non rileva di per sé, se non se ne dimostri l’incidenza specifica sui tempi disponibili per il compimento degli atti in discussione; che i ritardi contestati erano reiterati sia per il loro numero che per il ridotto arco temporale nel quale si erano verificati; che quelli relativi al deposito delle sentenze civili erano anche di eccezionale gravità, essendo compresi fra i due e i quattro anni; che più contenuti, ma comunque superiori alla soglia di gravità, erano anche i ritardi in materia penale, nella quale l’osservanza dei termini deve essere particolarmente rigorosa per la natura degli interessi che vengono in considerazione.
Tale motivazione è del resto in linea con i principi già affermati dalla giurisprudenza di legittimità (cfr, in particolare, Cass., SU, n. 13 OSCURATA 26550/2013), secondo cui:
– ai fini dell’integrazione della fattispecie prevista dall’art. 2, comma 1, lett. q) dl.vo n. 109/06, la durata di un anno nel ritardo nel deposito dei provvedimenti giurisdizionali rende ingiustificabile la condotta dell’incolpato, se non siano allegate da quest’ultimo e accertate dalla sezione disciplinare circostanze assolutamente eccezionali che giustifichino l’inottemperanza al precetto sui termini di deposito; tale termine, infatti, è superiore alla soglia della ragionevolezza perché è ritenuto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sufficiente, in materia civile, a completare l’intero giudizio di legittimità e, quindi, la stesura di qualsiasi provvedimento ed il suo deposito non possono in genere richiedere tempi superiori a quelli del processo di cassazione che comprende, con gli adempimenti procedurali e lo studio del caso, anche l’ascolto della difesa;
– non è invece consentito al magistrato che, per il carico di lavoro, avverta di non essere in condizione di osservare i termini per il deposito delle sentenze, di effettuare autonomamente la scelta di assumere in decisione cause civili in eccesso rispetto alla possibilità di redigere tempestivamente le relative motivazioni, in luogo di rinviarne la discussione a data compatibile col rispetto dei termini, così privilegiando un modello organizzativo suscettibile di ostacolare la possibilità che siano adottati dal capo dell’ufficio rimedi immediati, che sono anche doverosi se necessari e possibili, ovvero che siano individuate alternative carenze o responsabilità.
2.3 Con la quarta doglianza il ricorrente denuncia ulteriore vizio di motivazione, rilevando, in ordine al contestato ritardo delle sei sentenze penali, che lo stesso rientrava ampiamente nel termine di tolleranza rispetto a quello che gli sarebbe stato assegnato ove fosse stata esercitata la potestà di cui all’art. 544, comma 3, cpp e all’art. 154, comma 4 bis, delle disposizioni di attuazione dello stesso codice di rito, ottenendo così la proroga dei termini stabiliti per il deposito.
2.3.1 La censura, già svolta nella fase di merito, è stata adeguatamente e condivisibilmente confutata nella sentenza impugnata, con l’osservazione che in tal modo si darebbe rilievo ad un termine meramente ipotetico e cioè ad un termine che, in mancanza di qualsiasi base normativa, non ha alcun diritto di cittadinanza nel nostro ordinamento; inoltre, sempre al riguardo delle sentenze penali in parola, la Sezione Disciplinare ha congruamente motivato anche sull’inapplicabilità dell’art. 3 bis dl.vo n. 109/06, rilevando che i ritardi nel deposito di dette sentenze facevano parte di un unico capo di incolpazione, che non poteva essere frazionato 15 applicando una diversa disciplina a seconda dei provvedimenti che venivano di volta in volta in considerazione.
2.3.2 Le argomentazioni del ricorrente non sono dunque idonee ad inficiare le valutazioni rese nella sentenza impugnata e, al contempo, presentano anche evidenti profili di inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza, non essendo state neppure indicate le emergenze processuali in base alle quali dovrebbe desumersi la ricorrenza dei presupposti fattuali (stesura di motivazioni particolarmente complesse per il numero delle parti o per il numero e la gravità delle imputazioni) contemplati per l’applicazione dei richiamati artt. 544, comma 3, cpp e 154, comma 4 bis, disposizioni di attuazione cpp. 3. In definitiva il ricorso va rigettato. Non è luogo a pronunciare sulle spese, non avendo il Ministero della Giustizia svolto attività difensiva.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese.
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