CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 02 aprile 2020, n. C-670/18
Politica sociale – Principio della parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro – Direttiva 2000/78/CE – Divieto di discriminazione in base all’età – Avviso pubblico di manifestazione di interesse – Condizioni di partecipazione – Esclusione dei soggetti collocati in quiescenza dei settori pubblico o privato
1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 1 e 2 della direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).
2. Questa domanda è stata proposta nel quadro di una controversia tra il sig. CO e il Comune di Gesturi (Italia) in merito a un avviso di manifestazione di interesse concernente incarichi di studio e di consulenza, che esclude dalla sua partecipazione le persone collocate in quiescenza.
Contesto normativo
Diritto dell’Unione
3. Ai sensi dell’articolo 1, la direttiva 2000/78 «mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, gli handicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento».
4. L’articolo 2 di questa direttiva prevede che:
«1. Ai fini della presente direttiva, per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1.
2. Ai fini del paragrafo 1:
a) sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga;
b) sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone che professano una determinata religione o ideologia di altra natura, le persone portatrici di un particolare handicap, le persone di una particolare età o di una particolare tendenza sessuale, rispetto ad altre persone, a meno che:
i) tale disposizione, tale criterio o tale prassi siano oggettivamente giustificati da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari (…)
(…)».
5. L’articolo 3 della medesima direttiva, intitolato «Campo d’applicazione», così recita:
«1. Nei limiti dei poteri conferiti [all’Unione europea], la presente direttiva si applica a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico, per quanto attiene:
a) alle condizioni di accesso all’occupazione e al lavoro, sia dipendente che autonomo, compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione indipendentemente dal ramo di attività e a tutti i livelli della gerarchia professionale, nonché alla promozione;
(…)
c) all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione;
(…)».
6. Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, della medesima direttiva:
«Fatto salvo l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono stabilire che una differenza di trattamento basata su una caratteristica correlata a un[o] qualunque dei motivi di cui all’articolo 1 non costituisca discriminazione laddove, per la natura di un’attività lavorativa o per il contesto in cui essa viene espletata, tale caratteristica costituisca un requisito essenziale e determinante per lo svolgimento dell’attività lavorativa, purché la finalità sia legittima e il requisito proporzionato».
7. L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, intitolato «Giustificazione delle disparità di trattamento collegate all’età», così dispone: «Fatto salvo l’articolo 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono prevedere che le disparità di trattamento in ragione dell’età non costituiscano discriminazione laddove esse siano oggettivamente e ragionevolmente giustificate, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, compresi giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari. Tali disparità di trattamento possono comprendere in particolare:
a) la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione e alla formazione professionale, di occupazione e di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e di retribuzione, per i giovani, i lavoratori anziani e i lavoratori con persone a carico, onde favorire l’inserimento professionale o assicurare la protezione degli stessi;
b) la fissazione di condizioni minime di età, di esperienza professionale o di anzianità di lavoro per l’accesso all’occupazione o a taluni vantaggi connessi all’occupazione;
c) la fissazione di un’età massima per l’assunzione basata sulle condizioni di formazione richieste per il lavoro in questione o la necessità di un ragionevole periodo di lavoro prima del pensionamento».
Diritto nazionale
8. L’articolo 5, comma 9, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 2012, n. 135 (supplemento ordinario alla GURI n. 189, del 14 agosto 2012), così come modificato dall’articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114 (supplemento ordinario alla GURI n. 190, del 18 agosto 2014) (in prosieguo: il «decreto-legge n. 95/2012»), disciplina l’assegnazione di incarichi di studio e consulenza da parte delle amministrazioni pubbliche, vietando loro, in particolare, di assegnare incarichi del genere a persone collocate in quiescenza dei settori privato e pubblico. È loro parimenti vietato di assegnare a dette persone incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo di tali amministrazioni, nonché degli enti e società da esse controllati, ad eccezione dei componenti delle giunte degli enti territoriali e dei componenti o titolari degli organi elettivi di determinati enti. Tuttavia, si ammette che detti posti, incarichi e collaborazioni possano essere loro assegnati se esercitati a titolo gratuito. Si specifica inoltre, per quanto concerne gli incarichi dirigenziali e direttivi, ferma restando la loro gratuità, che la durata degli stessi non può essere superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile, presso ciascuna amministrazione.
Procedimento principale e questione pregiudiziale
9. Il 28 dicembre 2017, il Comune di Gesturi ha pubblicato un avviso di manifestazione di interesse al fine di assegnare un incarico di studio e consulenza per il centro di riciclaggio comunale.
10. Per quanto concerne le condizioni di partecipazione, il suddetto avviso conteneva una clausola che imponeva ai candidati il possesso dei seguenti requisiti: «Laurea in medicina e chirurgia – Specializzazione in igiene – Comprovata esperienza dirigenziale nel servizio sanitario nazionale per almeno cinque anni – Non essere soggetto già lavoratore privato o pubblico collocato in quiescenza».
11. Malgrado il sig. CO soddisfacesse tutti i requisiti professionali enunciati in detto avviso, egli non è stato autorizzato a partecipare alla procedura per il fatto di essere un soggetto del settore pubblico collocato in quiescenza.
12. Poiché ritiene che la clausola che esclude dalla cerchia dei candidati potenzialmente legittimati le persone collocate in quiescenza costituisca una discriminazione indiretta in base all’età e, di conseguenza, debba essere dichiarata illegittima, se non nulla, il sig. CO ha proposto un ricorso avverso l’avviso di manifestazione di interesse di cui al procedimento principale dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna (Italia).
13. Nel suo ricorso, il sig. CO asserisce che l’articolo 5, comma 9, del decreto-legge n. 95/2012, che vieta alle amministrazioni pubbliche di assegnare incarichi di studio e consulenza ai soggetti collocati in quiescenza dei settori privato e pubblico, dovrebbe essere disapplicato in quanto contrario alla direttiva 2000/78. Inoltre, questa disposizione violerebbe l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Il ricorrente asserisce che la normativa nazionale in questione nel procedimento principale istituirebbe una discriminazione indiretta, che non potrebbe essere giustificata da nessun obiettivo legittimo.
14. Il giudice del rinvio si interroga sulla compatibilità della disposizione del diritto nazionale in questione nel procedimento principale con gli articoli 1 e 2 della direttiva 2000/78. Nel caso in cui si trattasse effettivamente di una discriminazione indiretta, esso formula dubbi in merito all’esistenza di una possibile giustificazione, ai sensi dell’articolo 6 di tale direttiva. Infatti, sarebbe improbabile che incarichi di studio e consulenza, che presentano un certo grado di complessità e richiedono una certa esperienza, possano essere correttamente espletati da persone che iniziano la loro carriera professionale. Una misura che esclude l’assegnazione di siffatti incarichi a persone collocate in quiescenza sarebbe pertanto inadeguata rispetto allo scopo perseguito, consistente nel favorire il rinnovo del personale mediante assunzione di persone più giovani.
15. In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale: «Se il principio di non discriminazione di cui agli articoli 1 e 2 della direttiva [2000/78 ] osta alla disposizione di cui all’articolo 5, comma 9, del decreto-legge [ n. 95/2012 ], che prevede il divieto per le pubbliche amministrazioni di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti già lavoratori privati o pubblici collocati in quiescenza».
Sulla questione pregiudiziale
16. Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se la direttiva 2000/78 debba essere interpretata nel senso che essa osta a una normativa nazionale che vieta alle amministrazioni pubbliche di assegnare incarichi di studio e consulenza a persone collocate in quiescenza.
17. In via preliminare occorre ricordare, per quanto riguarda l’argomento invocato dal ricorrente nel procedimento principale, basato sul fatto che il giudice del rinvio ha omesso di analizzare la questione alla luce del principio della libera prestazione dei servizi, che una normativa nazionale quale quella in questione nel procedimento principale, applicabile indistintamente ai cittadini tanto italiani quanto degli altri Stati membri, può ricadere, di norma, nella sfera delle disposizioni relative alle libertà fondamentali garantite dal trattato FUE solo in quanto si applichi a situazioni che presentino un collegamento con gli scambi tra gli Stati membri (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a., C-98/14, EU:C:2015:386, punto 24, nonché ordinanza del 4 giugno 2019, Pólus Vegas, C-665/18, non pubblicata, EU:C:2019:477, punto 17).
18. Orbene, ciò non si verifica nel caso di specie, dato che tutti gli elementi della controversia di cui al procedimento principale sono circoscritti all’interno di un solo Stato membro, ossia la Repubblica italiana.
19. Per risolvere la questione proposta dal giudice del rinvio occorre verificare se la normativa nazionale oggetto del procedimento principale ricada nella sfera di applicazione della direttiva 2000/78 e, in caso di soluzione affermativa, se essa istituisca una disparità di trattamento basata sull’età che possa essere eventualmente giustificata alla luce dell’articolo 6 di detta direttiva.
20. Per quanto concerne, in primo luogo, la questione se la normativa in discussione nel procedimento principale ricada nella sfera d’applicazione della direttiva 2000/78, tanto dal titolo e dal preambolo quanto dal contenuto e dalla finalità di detta direttiva si evince che quest’ultima mira a stabilire un quadro generale per garantire a chiunque la parità di trattamento «in materia di occupazione e di condizioni di lavoro», assicurando una protezione efficace contro le discriminazioni basate su uno dei motivi indicati nel suo articolo 1, tra i quali compare l’età (sentenze del 18 giugno 2009, Hütter, C-88/08, EU:C:2009:381, punto 33, e del 12 ottobre 2010, Ingeniørforeningen i Danmark, C-499/08, EU:C:2010:600, punto 19).
21. Inoltre, discende, in particolare, dall’articolo 3, paragrafo 1, lettere a) e c), della direttiva 2000/78 che quest’ultima si applica, nei limiti dei poteri conferiti all’Unione, «a tutte le persone, sia del settore pubblico che del settore privato, compresi gli organismi di diritto pubblico», per quanto attiene, da un lato, «alle condizioni di accesso all’occupazione (…) compresi i criteri di selezione e le condizioni di assunzione», e, dall’altro, «all’occupazione e alle condizioni di lavoro, comprese le condizioni di licenziamento e la retribuzione» (v., in tal senso, sentenze del 18 giugno 2009, Hütter, C-88/08, EU:C:2009:381, punto 34, e del 12 gennaio 2010, Petersen, C-341/08, EU:C:2010:4, punto 32).
22. Una normativa nazionale che vieti, in modo generale, alle amministrazioni pubbliche di assegnare incarichi di studio e consulenza alle persone provenienti sia dal settore privato sia dal settore pubblico, per il fatto che esse siano state collocate in quiescenza, porta a escludere dette persone da qualsiasi reclutamento o assunzione.
23. Da ciò consegue che una siffatta normativa incide direttamente sulla formazione del rapporto di lavoro e, a fortiori, sull’esercizio, da parte degli interessati, di determinate attività professionali e, pertanto, dev’essere considerata come fonte di norme relative alle condizioni di accesso all’occupazione, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/78.
24. Pertanto, la normativa nazionale oggetto del procedimento principale ricade nella sfera di applicazione della direttiva 2000/78.
25. Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se detta normativa istituisca una disparità di trattamento in base all’età ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2000/78, va rammentato che, ai sensi di questa disposizione, «per “principio della parità di trattamento” si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta basata su uno dei motivi di cui all’articolo 1» della medesima direttiva. L’articolo 2, paragrafo 2, lettera a), della stessa precisa che, ai fini dell’applicazione del paragrafo 1 di detto articolo 2, sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all’articolo 1 della direttiva in questione, una persona è trattata in modo meno favorevole di un’altra che si trovi in una situazione analoga. In forza dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78 una discriminazione indiretta sussiste quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutri possono mettere in una posizione di particolare svantaggio le persone di una particolare età rispetto ad altre persone.
26. Nel caso di specie, è importante rilevare che, indubbiamente, l’articolo 5 del decreto-legge n. 95/2012 non fa direttamente riferimento a una determinata età. Infatti, l’esclusione dalla partecipazione ad avvisi di manifestazione di interesse al fine dell’assegnazione di incarichi di studio e consulenza da parte delle amministrazioni pubbliche si applica a qualunque persona collocata in quiescenza, laddove l’età alla quale queste ultime abbiano potuto godere di un trattamento di quiescenza non è la stessa per tutte queste persone, dal momento che può essere compresa, secondo le osservazioni presentate dal governo italiano in udienza, tra i 60 e i 75 anni. Tuttavia, facendo riferimento al collocamento in quiescenza, la normativa nazionale in questione nel procedimento principale si basa indirettamente su un criterio collegato all’età, dal momento che il beneficio di un trattamento di quiescenza è subordinato al compimento di un certo numero di anni di lavoro e alla condizione di aver raggiunto una determinata età.
27. Orbene, una normativa nazionale che vieti alle persone collocate in quiescenza di partecipare ad avvisi di manifestazione di interesse per l’assegnazione, da parte delle amministrazioni pubbliche, di incarichi di studio e consulenza dev’essere considerata come tale da imporre a detti soggetti un trattamento meno favorevole di quello riservato a tutte le persone che esercitino ancora un’attività professionale.
28. Una siffatta normativa istituisce, di conseguenza, una discriminazione indiretta basata sull’età dell’interessato, a differenza, segnatamente, di quella in questione nella causa che ha condotto alla sentenza del 21 maggio 2015, SCMD (C-262/14, non pubblicata, EU:C:2015:336, punti 28 e 30), che si applicava in funzione dello status o della categoria socioprofessionale in cui rientrava l’interessato a livello nazionale, vietando il cumulo del trattamento di quiescenza riscosso con un reddito ricavato dall’attività professionale.
29. Ne consegue che la normativa in discussione nel procedimento principale istituisce una differenza di trattamento indirettamente basata sull’età, ai sensi del combinato disposto dell’articolo 1 e dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2000/78.
30. Per quanto concerne, in terzo luogo, la questione, se detta disparità di trattamento possa trovare giustificazione ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 2000/78, occorre rilevare che il primo comma del paragrafo 1 di detto articolo 6 dichiara che una disparità di trattamento in ragione dell’età non costituisce discriminazione qualora sia oggettivamente e ragionevolmente giustificata, nell’ambito del diritto nazionale, da una finalità legittima, in particolare da giustificati obiettivi di politica del lavoro, di mercato del lavoro e di formazione professionale, e i mezzi per il conseguimento di tale finalità siano appropriati e necessari.
31. Detto articolo 6 precisa anche che queste disparità di trattamento possono comprendere, in particolare, la definizione di condizioni speciali di accesso all’occupazione per i giovani o la fissazione di un’età massima per l’assunzione.
32. Nel caso di specie, dalla domanda di pronuncia pregiudiziale si evince che la normativa nazionale in discussione nel procedimento principale ha lo scopo di garantire il rinnovo del personale mediante l’assunzione di giovani. Inoltre, dalle osservazioni scritte del governo italiano discende che l’articolo 5 del decreto-legge n. 95/2012 persegue un duplice obiettivo, ossia, da un lato, realizzare un’effettiva revisione della spesa pubblica mediante la riduzione dei costi di funzionamento dell’amministrazione pubblica, senza danneggiare la sostanza dei servizi forniti ai cittadini, e, dall’altro, facilitare il ringiovanimento del personale delle amministrazioni pubbliche, favorendo l’accesso di persone più giovani alla funzione pubblica.
33. A questo riguardo, è importante ricordare anzitutto che l’indicazione contemporanea di diversi obiettivi, collegati gli uni agli altri oppure classificati per ordine di importanza, non costituisce un ostacolo all’esistenza di una finalità legittima ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2000/78 (sentenza del 21 luglio 2011, Fuchs e Köhler, C-159/10 e C-160/10, EU:C:2011:508, punti 44 e 46).
34. Inoltre, benché considerazioni di bilancio possano essere alla base delle scelte di politica sociale di uno Stato membro e influire sulla natura o la portata delle misure di tutela dell’occupazione che esso intenda adottare, esse tuttavia non possono costituire di per sé uno scopo perseguito da tale politica (v., in tal senso, sentenza del 20 giugno 2013, Giersch e a., C-20/12, EU:C:2013:411, punto 51).
35. Da ciò discende che, posto che l’articolo 5 del decreto-legge n. 95/2012 fa parte, in un contesto economico generale, delle misure necessarie per ridurre i deficit eccessivi dell’amministrazione pubblica italiana e mira, per la precisione, a evitare un cumulo di retribuzioni e di trattamenti di quiescenza provenienti da fondi pubblici, l’obiettivo della riduzione effettiva della spesa pubblica può influire sulla natura e sulla portata delle misure di tutela dell’occupazione ma non può costituire, di per sé, una finalità legittima.
36. Quanto all’obiettivo consistente nel garantire un ringiovanimento del personale in attività, occorre ricordare che la legittimità di un siffatto obiettivo di interesse generale rientrante nella politica dell’occupazione non può essere ragionevolmente messa in dubbio, dal momento che esso compare tra gli obiettivi espressamente enunciati dall’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2000/78 e che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, primo comma, TUE, la promozione di un livello di occupazione elevato costituisce una delle finalità perseguite dall’Unione (v., in tal senso, sentenza del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa, C-411/05, EU:C:2007:604, punto 64).
37. Secondo la giurisprudenza della Corte, la promozione dell’assunzione costituisce incontestabilmente una finalità legittima di politica sociale o dell’occupazione degli Stati membri, segnatamente quando si tratta di migliorare le opportunità di inserimento nella vita attiva di determinate categorie di lavoratori, e in particolare di favorire l’accesso dei giovani all’esercizio di una professione (v., in tal senso, sentenze del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa, C-411/05, EU:C:2007:604, punto 65, nonché del 19 luglio 2017, Abercrombie & Fitch Italia, C-143/16, EU:C:2017:566, punto 37).
38. In particolare, è giustificato, a titolo di deroga al principio del divieto delle discriminazioni basate sull’età, instaurare disparità di trattamento collegate alle condizioni di accesso all’occupazione, quando l’obiettivo perseguito consiste nello stabilire un equilibrio strutturale in ragione dell’età tra giovani funzionari e funzionari più anziani, al fine di favorire l’assunzione e la promozione dei giovani (v., in tal senso, sentenza del 21 luglio 2011, Fuchs e Köhler, C-159/10 e C-160/10, EU:C:2011:508, punto 50).
39. Di conseguenza, gli obiettivi di politica dell’occupazione perseguiti dalla normativa nazionale in discussione nel procedimento principale devono essere considerati, in linea di principio, come tali da poter giustificare obiettivamente e ragionevolmente una disparità di trattamento basata sull’età.
40. Va però verificato, secondo il tenore stesso dell’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2000/78, se i mezzi apprestati per conseguire dette finalità siano «appropriati e necessari».
41. È importante allora verificare se l’articolo 5 del decreto-legge n. 95/2012 consenta di conseguire gli obiettivi di politica dell’occupazione perseguiti dal legislatore senza con ciò ledere in modo eccessivo gli interessi legittimi delle persone collocate in quiescenza, le quali si trovano, per effetto di tale disposizione, private di un’opportunità di nuova assunzione.
42. In questo contesto occorre rammentare che gli Stati membri dispongono di un ampio margine discrezionale nella scelta non soltanto di perseguire uno scopo determinato fra altri in materia di politica sociale e di occupazione, ma altresì nella definizione delle misure atte a realizzare detto scopo (v., in tal senso, sentenze del 22 novembre 2005, Mangold, C-144/04, EU:C:2005:709, punto 63, e del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa, C-411/05, EU:C:2007:604, punto 68). Tuttavia, tale margine discrezionale non può avere l’effetto di svuotare della sua sostanza l’attuazione del principio di non discriminazione in ragione dell’età (sentenza del 12 ottobre 2010, Ingeniørforeningen i Danmark, C-499/08, EU:C:2010:600, punto 33).
43. Inoltre, spetta alle autorità competenti degli Stati membri trovare un giusto equilibrio tra i diversi interessi in gioco (sentenza del 16 ottobre 2007, Palacios de la Villa, C-411/05, EU:C:2007:604, punto 71).
44. Infatti, il divieto di discriminazione in base all’età dev’essere letto alla luce del diritto di lavorare riconosciuto dall’articolo 15, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali. Ne risulta che una particolare attenzione dev’essere riservata alla partecipazione dei lavoratori anziani alla vita professionale e, al tempo stesso, alla vita economica, culturale e sociale. Il mantenimento di queste persone nella vita attiva favorisce segnatamente la diversità nell’occupazione. Tuttavia, l’interesse rappresentato dal mantenimento in attività di tali persone dev’essere tenuto in considerazione rispettando altri interessi eventualmente contrastanti (v., in tal senso, sentenze del 21 luglio 2011, Fuchs e Köhler, C-159/10 e C-160/10, EU:C:2011:508, punti da 62 a 64, nonché del 5 luglio 2012, Hörnfeldt, C-141/11, EU:C:2012:421, punto 37).
45. Di conseguenza, è importante determinare se il legislatore, nell’esercizio dell’ampio potere discrezionale di cui dispone in materia di politica sociale e dell’occupazione, abbia cercato di raggiungere un equilibrio tra la volontà di favorire l’accesso dei lavoratori giovani all’occupazione e il rispetto del diritto delle persone più anziane di lavorare.
46 Pertanto, riguardo all’obiettivo perseguito, consistente, in modo generale, nel garantire il ringiovanimento della popolazione attiva occupata, si può sostenere che un siffatto obiettivo non eccede quanto è necessario, visto che si può ragionevolmente prevedere di negare l’ingaggio o l’assunzione di persone collocate in quiescenza, che hanno completato la loro vita professionale e che percepiscono un trattamento di quiescenza, al fine di promuovere la piena occupazione della popolazione attiva o di favorire l’accesso al mercato del lavoro per i più giovani.
47. Viceversa, come rilevato dal giudice del rinvio, non è certo che la misura in questione nel procedimento principale, consistente nel vietare alle persone collocate in quiescenza di partecipare alle manifestazioni di interesse per l’assegnazione di incarichi di studio e consulenza, consenta effettivamente di migliorare le opportunità di inserimento nella vita attiva delle persone più giovani.
Infatti, poiché l’esecuzione di incarichi di studio e consulenza può rivelarsi delicata e complessa, una persona più anziana si trova probabilmente in condizioni migliori, tenuto conto dell’esperienza da essa acquisita, per adempiere all’incarico affidatole. Pertanto, la sua assunzione è benefica sia per l’amministrazione pubblica autrice della manifestazione di interessi sia nei confronti dell’interesse generale. Benché un ringiovanimento del personale in attività possa avvenire nell’ipotesi in cui persone già in possesso di una certa esperienza manifestino il loro interesse per l’esecuzione di incarichi siffatti, consentendo così a lavoratori più giovani, che occuperanno il posto da essi liberato, di accedere al mercato del lavoro, è necessario nondimeno che tali incarichi di studio e consulenza non corrispondano a impieghi isolati, a tempo determinato e che non offrano nessuna possibilità di ulteriore evoluzione professionale.
48. Inoltre, occorrerebbe verificare se il divieto in questione nel procedimento principale non ecceda quanto necessario per conseguire lo scopo perseguito, ledendo in maniera eccessiva le legittime aspettative delle persone collocate in quiescenza, posto che esso si basa unicamente sul criterio dell’età che consente di godere di un trattamento di quiescenza e non prende in considerazione la ragionevolezza o meno del livello di detto trattamento, di cui gli interessati beneficiano al termine della loro carriera professionale.
49. Orbene, sarebbe giustificato prendere in considerazione il livello del trattamento di quiescenza di cui possono beneficiare gli interessati, posto che la normativa nazionale in questione nel procedimento principale consente a detti soggetti di ricoprire incarichi dirigenziali o direttivi a tempo determinato e a titolo gratuito, conformemente alle considerazioni di bilancio invocate dal governo italiano parallelamente allo scopo di politica dell’occupazione basato su un ringiovanimento del personale in attività.
50. Spetta al giudice nazionale, il solo competente a valutare i fatti di cui al procedimento principale e ad interpretare la normativa nazionale applicabile, verificare se il divieto imposto alle persone collocate in quiescenza di partecipare alle manifestazioni di interesse al fine dell’assegnazione di incarichi di studio e consulenza sia idoneo a garantire la realizzazione dell’obiettivo invocato, e soddisfi effettivamente l’intento di conseguirlo in modo coerente e sistematico (v., in tal senso, sentenze del 10 marzo 2009, Hartlauer, C-169/07, EU:C:2009:141, punto 55, e del 12 gennaio 2010, Petersen, C-341/08, EU:C:2010:4, punto 53).
51. In tale contesto, è suo compito, segnatamente, verificare se la facoltà di assegnare incarichi dirigenziali e direttivi occupati a titolo gratuito non costituisca, in realtà, uno scopo di politica di bilancio perseguito dalla normativa in questione nel procedimento principale, che si ponga in contraddizione con lo scopo di politica dell’occupazione basato sul ringiovanimento del personale in attività.
52. Alla luce delle considerazioni sin qui sviluppate, occorre rispondere alla questione proposta dichiarando che la direttiva 2000/78, e in particolare l’articolo 2, paragrafo 2, l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della stessa, dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che vieta alle amministrazioni pubbliche di assegnare incarichi di studio e consulenza a persone collocate in quiescenza purché, da un lato, detta normativa persegua uno scopo legittimo di politica dell’occupazione e del mercato del lavoro e, dall’altro, i mezzi impiegati per conseguire tale obiettivo siano idonei e necessari. Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò avvenga effettivamente nella fattispecie di cui al procedimento principale.
Sulle spese
53. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
P.Q.M
dichiara:
La direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, e in particolare l’articolo 2, paragrafo 2, l’articolo 3, paragrafo 1, e l’articolo 6, paragrafo 1, della stessa, dev’essere interpretata nel senso che essa non osta a una normativa nazionale che vieta alle amministrazioni pubbliche di assegnare incarichi di studio e consulenza a persone collocate in quiescenza purché, da un lato, detta normativa persegua uno scopo legittimo di politica dell’occupazione e del mercato del lavoro e, dall’altro, i mezzi impiegati per conseguire tale obiettivo siano idonei e necessari. Spetta al giudice del rinvio verificare se ciò avvenga effettivamente nella fattispecie di cui al procedimento principale.