CORTE DI GIUSTIZIA CE-UE – Sentenza 25 giugno 2013, n. C-241/11
Inadempimento di Stato – Direttiva 2003/41/CE – Attività e supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali – Parziale non trasposizione entro il termine impartito – Sentenza della Corte che accerta l’esistenza di un inadempimento – Mancata esecuzione – Articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Sanzioni pecuniarie – Somma forfettaria
1. Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede che la Corte voglia:
– dichiarare che la Repubblica ceca, avendo mancato di adottare tutte le misure legislative, regolamentari ed amministrative necessarie per conformarsi agli articoli 8, 9, 13, da 15 a 18 e 20, paragrafi da 2 a 4, della direttiva 2003/41/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 3 giugno 2003, relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali (GU L 235, pag. 10), e venendo meno così agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 22, paragrafo 1, di tale direttiva, non ha adottato le misure necessarie per dare esecuzione alla sentenza del 14 gennaio 2010, Commissione/Repubblica ceca (C-343/08, Racc. pag. I-275) e in tal modo e venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 260 del TFUE;
– condannare la Repubblica ceca a versarle, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una penalità di importo pari a EUR 22 364,16 per ogni giorno di ritardo nell’adozione dei provvedimenti di esecuzione della summenzionata sentenza Commissione/Repubblica ceca, a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza nella presente causa sino alla data di adozione dei provvedimenti di esecuzione della summenzionata sentenza Commissione/Repubblica ceca;
– condannare la Repubblica ceca a pagarle, sul medesimo conto, una somma forfettaria di importo pari a EUR 5 644,80 per ogni giorno di ritardo nell’adozione dei provvedimenti di esecuzione della summenzionata sentenza Commissione/Repubblica ceca, a decorrere dalla data di pronuncia di detta sentenza, ossia il 14 gennaio 2010, fino alla data di pronuncia della sentenza nella presente causa o fino alla data di adozione delle misure che comporta per la Repubblica ceca l’esecuzione della summenzionata sentenza, laddove quest’ultima data preceda la pronuncia della sentenza nella presente causa, e – condannare la Repubblica ceca alle spese.
Contesto normativo
2. I considerando 1, 6, 8 e 9 della direttiva 2003/41, che è stata adottata sul fondamento degli articoli 47, paragrafo 2, CE, 55 CE e 95, paragrafo 1, CE, sono del seguente tenore: «(1) Un autentico mercato interno dei servizi finanziari è di fondamentale importanza per la crescita economica e per la creazione di posti di lavoro nella Comunità. (…)
(6) La presente direttiva rappresenta pertanto un primo passo nella direzione di un mercato interno degli schemi pensionistici aziendali e professionali organizzato su scala europea. Basando l’investimento dei capitali sul principio della “persona prudente” e permettendo agli enti di operare in ambito transfrontaliero, si incoraggia il riorientamento del risparmio verso il settore degli schemi pensionistici aziendali e professionali contribuendo in tal modo al progresso economico e sociale. (…)
(8) La libera prestazione di servizi e la libertà di investimento, subordinata solo a requisiti prudenziali coordinati, dovrebbero essere assicurate agli enti che siano pienamente distinti da qualsiasi impresa promotrice e che operino secondo il principio di capitalizzazione al solo scopo di erogare prestazioni pensionistiche; ciò indipendentemente dal fatto che tali enti siano considerati come entità giuridiche.
(9) In base al principio di sussidiarietà gli Stati membri dovrebbero conservare tutte le loro competenze per quanto concerne l’organizzazione dei loro sistemi pensionistici, nonché la definizione del ruolo di ciascuno dei tre “pilastri” del sistema previdenziale nei singoli Stati membri. Nell’ambito del secondo pilastro, essi dovrebbero inoltre conservare tutte le loro competenze per quanto riguarda il ruolo e le funzioni dei vari enti che offrono prestazioni pensionistiche aziendali o professionali, quali i fondi pensione per settore di attività, i fondi pensione aziendali e le imprese di assicurazione sulla vita. La presente direttiva non intende mettere in discussione tale prerogativa».
3. L’articolo 8 della suddetta direttiva prevede che ciascuno Stato membro deve assicurare che vi sia una separazione giuridica tra l’impresa promotrice e l’ente pensionistico aziendale o professionale affinché, in caso di fallimento dell’impresa promotrice, gli attivi dell’ente pensionistico siano salvaguardati nell’interesse degli aderenti e dei beneficiari.
4. L’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva in questione stabilisce che gli Stati membri devono provvedere affinché tutti gli enti pensionistici aziendali o professionali aventi sede nel loro territorio rispettino determinate condizioni per l’esercizio dell’attività e, in particolare, affinché essi siano registrati in un registro nazionale dalla competente autorità di vigilanza o siano autorizzati, siano gestiti da persone in possesso dei requisiti di onorabilità e dotate di qualifiche ed esperienza professionali adeguate o che si avvalgono di consulenti che ne siano dotati, e siano sottoposti a regole adeguate. Il paragrafo 5 di tale articolo prevede che, per esercitare attività transfrontaliere, gli enti pensionistici aziendali o professionali devono ottenere l’autorizzazione preventiva delle autorità competenti dello Stato membro di origine.
5. In forza dell’articolo 13 della direttiva 2003/41, ciascuno Stato membro provvede affinché le autorità competenti dispongano dei poteri e degli strumenti necessari a controllare le attività degli enti pensionistici aziendali o professionali aventi sede nel suo territorio.
6. Gli articoli da 15 a 18 della medesima direttiva stabiliscono, rispettivamente, che gli Stati membri di origine debbono provvedere affinché gli enti pensionistici aziendali o professionali costituiscano riserve tecniche sufficienti in relazione ai vari schemi pensionistici, dispongano di attivi sufficienti a copertura di tali riserve nonché di attivi supplementari che servano da margine di sicurezza e investano i propri attivi conformemente al principio della «persona prudente».
7. L’articolo 20, paragrafi da 2 a 4, della stessa direttiva enuncia le norme in materia di controllo delle attività transfrontaliere degli enti pensionistici aziendali o professionali che devono essere osservate dagli Stati membri d’origine.
8. L’articolo 22, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2003/41, così dispone:
«Gli Stati membri mettono in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla presente direttiva entro il 23 settembre 2005. Essi ne informano immediatamente la Commissione».
La sentenza Commissione/Repubblica ceca
9. Il 23 luglio 2008, la Commissione ha proposto, ai sensi dell’articolo 226 CE, un ricorso per inadempimento contro la Repubblica ceca per far dichiarare che, non avendo pienamente trasposto nel proprio ordinamento giuridico interno la direttiva 2003/41, in particolare non avendo trasposto gli articoli 8, 9, 13, da 15 a 18 e 20, paragrafi da 2 a 4, di tale direttiva, detto Stato membro era venuto meno agli obblighi ad esso incombenti a norma della stessa direttiva, segnatamente dell’articolo 22, paragrafo 1, di quest’ultima.
10. La Corte ha accolto il ricorso della Commissione, statuendo al punto 1 del dispositivo della summenzionata sentenza Commissione/Repubblica ceca, che, non avendo adottato, entro il termine impartito, le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative necessarie a conformarsi ai predetti articoli della direttiva 2003/41, la Repubblica ceca era venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 22, paragrafo 1, di tale direttiva.
Il procedimento precontenzioso
11. Con lettera del 19 febbraio 2010, la Commissione ha invitato la Repubblica ceca a comunicarle i provvedimenti, nonché il loro calendario preciso, che tale Stato membro intendeva adottare onde conformarsi alla citata sentenza Commissione/Repubblica ceca.
12. Con lettera del 3 febbraio 2010, registrata il 24 febbraio dello stesso anno, la Repubblica ceca ha informato la Commissione del fatto che, in considerazione della situazione politica interna di detto Stato membro, in particolare in considerazione dello svolgimento delle elezioni legislative il 28 e 29 maggio 2010, il termine più realistico per il compimento delle modifiche necessarie per una trasposizione completa della direttiva 2003/41 era di due anni a decorrere dalla data di tale missiva.
13. Con lettera del 23 marzo 2010, la Repubblica ceca ha inviato alla Commissione un calendario indicativo riportante le tappe dell’adozione dei provvedimenti di attuazione della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, dal quale risultava che tali provvedimenti sarebbero stati adottati al più tardi nel corso del mese di giugno 2012.
14. Con lettera in data 17 giugno 2010, la Repubblica ceca ha informato la Commissione di aver preparato un documento di lavoro riguardante la trasposizione della direttiva 2003/41, il quale avrebbe dovuto essere esaminato dal governo il 31 maggio 2010. Tuttavia, tenuto conto dello svolgimento delle elezioni legislative, la decisione riguardante le modalità di trasposizione di tale direttiva, a parere di detto Stato membro, doveva essere affidata al nuovo governo risultante da tali elezioni, probabilmente nell’autunno 2010.
15. Con lettera del 27 settembre 2010, la Repubblica ceca ha indicato che sarebbe stato comunicato alla Commissione nel più breve termine un calendario preciso delle modalità di trasposizione della direttiva di cui trattasi.
16. Con lettera in data 1° ottobre 2010 tale Stato membro ha informato la Commissione del fatto che un documento di lavoro preparato dal Ministero delle Finanze, riguardante la trasposizione della direttiva 2003/41 e analogo a quello che avrebbe dovuto essere esaminato il 31 maggio 2010, sarebbe stato presentato al nuovo governo nelle settimane successive.
17. Il 29 ottobre 2010 la Commissione ha inviato alla Repubblica ceca una lettera di diffida nella quale si rilevava che tale Stato membro non si era ancora conformato agli obblighi ad esso incombenti a norma della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca. A richiesta dello Stato membro in questione il termine impartito per rispondere a detta lettera di diffida è stato prorogato fino al 28 gennaio 2011.
18. Con lettera in data 25 gennaio 2011, la Repubblica ceca ha informato la Commissione del fatto che il disegno di legge preparato per l’esecuzione della summenzionata sentenza sarebbe stato presentato al governo, previa consultazione delle amministrazioni centrali competenti, nel corso del primo trimestre dell’anno 2011. Tale Stato membro prevedeva che detto disegno di legge sarebbe stato sottoposto al Parlamento nazionale nel corso del mese di aprile 2011 e preconizzava l’entrata in vigore della legge nel corso del terzo trimestre di quello stesso anno.
19. Non essendo stata informata dell’adozione delle disposizioni necessarie affinché lo Stato membro di cui trattasi si conformasse alla summenzionata sentenza Commissione/Repubblica ceca, la Commissione ha deciso di proporre il presente ricorso.
Gli sviluppi emersi nel corso del presente procedimento
20. Il 2 settembre 2011 la Repubblica ceca ha informato la Commissione della pubblicazione e dell’entrata in vigore, il 31 agosto 2011, della legge n. 260/2011, che a dire di tale Stato membro, garantiva l’integrale esecuzione della summenzionata sentenza Commissione/Repubblica ceca, completando la legge n. 340/2006, del 24 maggio 2006, relativa alle attività nel territorio della Repubblica ceca degli enti pensionistici aziendali o professionali degli Stati membri dell’Unione europea e degli altri Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo e di modifica della legge n. 48/1997 relativa all’assicurazione pubblica malattie, e di modifica e integrazione di diverse leggi correlate, che aveva proceduto alla parziale trasposizione della direttiva 2003/41 nell’ordinamento giuridico ceco prima della pronuncia di tale sentenza.
21. In esito all’esame del contenuto della legge n. 260/2011 la Commissione ha considerato, nella replica, che la Repubblica ceca avesse reso la propria legislazione conforme a tale sentenza.
22. Di conseguenza la Commissione non chiede più l’applicazione di una penalità, tuttavia mantiene la propria domanda di condanna della Repubblica ceca al pagamento di una somma forfettaria.
Sull’inadempimento
23. Poiché il Trattato FUE ha eliminato, nel procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, la fase relativa all’emanazione di un parere motivato, la data di riferimento per valutare l’esistenza di un inadempimento ai sensi dell’articolo 260 TFUE corrisponde alla scadenza del termine impartito nella diffida emessa in forza del paragrafo 2, primo comma, di tale disposizione (v. sentenze dell’11 dicembre 2012, Commissione/Spagna, C-610/10, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 67, e del 19 dicembre 2012, Commissione/Irlanda, C-279/11, punto 19).
24. Nella fattispecie, come ha riconosciuto la Repubblica ceca, i provvedimenti legislativi necessari per garantire l’esecuzione della summenzionata sentenza Commissione/Repubblica ceca sono stati decisi solo con l’adozione della legge n. 260/2011, pubblicata e entrata in vigore il 31 agosto 2011, ossia successivamente al termine impartito in proposito nella lettera di diffida del 29 ottobre 2010, termine che scadeva il 28 gennaio 2011.
25. Si deve pertanto constatare che la Repubblica ceca, non avendo adottato, alla data in cui è scaduto il termine impartito nella lettera di diffida inviatale dalla Commissione ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, tutti i provvedimenti necessari per l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.
Sulla somma forfettaria
Argomenti delle parti
26. La Commissione sostiene che l’importo della somma forfettaria richiesta, ossia EUR 5 644,80 per giorno di infrazione, è stato fissato conformemente ai criteri previsti dalla Comunicazione del 13 dicembre 2005 riguardante l’applicazione dell’articolo 228 CE [SEC(2005) 1658], aggiornata dalla Comunicazione della Commissione riguardante l’applicazione dell’articolo 260 TFUE e l’aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle somme forfettarie e delle penalità che la Commissione proporrà alla Corte di giustizia nell’ambito dei procedimenti per inadempimento [SEC(2010) 923] (in prosieguo: la «comunicazione del 2005») e resa applicabile ai procedimenti disciplinati dall’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, in forza della comunicazione della Commissione riguardante l’applicazione dell’articolo 260, paragrafo 3, TFUE (GU 2011, C 12, pag. 1). Detto importo sarebbe il risultato della moltiplicazione dell’importo forfettario di base di EUR 210 al giorno per il coefficiente di gravità dell’infrazione fissato a 8 (su una scala da 1 a 20), nonché per un fattore «n» che rappresenta la capacità di pagamento della Repubblica ceca, ammontante a 3,36. Poiché l’importo complessivo così ottenuto, ossia, secondo la Commissione, EUR 3 364 891,20 per 594 giorni di infrazione, è superiore alla somma forfettaria minima stabilita per la Repubblica ceca nella comunicazione del 2005, è la somma forfettaria determinata in base al tasso giornaliero che dovrebbe essere pagata da detto Stato membro.
27. La Commissione considera adeguato il coefficiente di gravità prescelto, dal momento che le norme di cui trattasi sono essenziali ai fini della fornitura di prestazioni di servizi transfrontalieri da parte degli enti pensionistici aziendali o professionali e che, in mancanza della loro trasposizione completa nell’ordinamento giuridico interno, non sono create le condizioni di funzionamento del mercato interno dei regimi pensionistici aziendali o professionali, di cui la direttiva 2003/41 costituisce la prima tappa.
28. Tale istituzione contesta la circostanza che la mancata trasposizione delle disposizioni di cui trattasi non avrebbe avuto praticamente nessuna conseguenza per il fatto che in tale Stato membro non esiste il secondo pilastro del regime pensionistico. È vero che la direttiva 2003/41 non contiene alcuna regola che imponga agli Stati membri di consentire agli enti pensionistici aziendali o professionali di stabilirsi nel loro territorio, tuttavia non trasponendo le disposizioni di cui trattasi della direttiva in questione, la Repubblica ceca non avrebbe fatto in modo di essere pronta per un eventuale cambiamento di situazione risultante da un’eventuale decisione di completare il proprio sistema nazionale mediante un regime pensionistico aziendale o professionale.
29. La Commissione ritiene inoltre che la definizione delle condizioni tecniche necessarie al funzionamento degli enti pensionistici aziendali o professionali sia estranea, nel merito, al dibattito relativo alla creazione di un secondo pilastro.
30. Inoltre, secondo la Commissione, la circostanza che la direttiva 2003/41 sia stata parzialmente trasposta non è pertinente. Non sarebbe stato infatti possibile desumere da tale trasposizione parziale né le condizioni di funzionamento degli enti pensionistici aziendali o professionali sottoposti al controllo degli organi cechi né le regole prudenziali applicabili a tali istituti.
31. La Commissione ricorda infine che la trasposizione della direttiva 2003/41 costituisce un obbligo la cui esecuzione non è rimessa alla discrezionalità degli Stati membri. Inoltre, le norme considerate della direttiva in questione sarebbero formulate chiaramente e non lascerebbero alcun margine di interpretazione agli Stati membri. Del pari, la citata sentenza Commissione/Repubblica ceca sarebbe chiaramente formulata e non presenterebbe alcuna difficoltà riguardo alle modalità della sua esecuzione.
32. La Repubblica ceca ritiene, dal canto suo, che non dovrebbe essere condannata al pagamento di una somma forfettaria o che quest’ultima dovrebbe essere ridotta. La gravità dell’inadempimento accertato nella citata sentenza Commissione/Repubblica ceca sarebbe infatti estremamente lieve, se non inesistente.
33. In primo luogo, tale Stato membro sostiene che la valutazione della gravità dell’inadempimento fatta dalla Commissione è fondata su un postulato di base errato, in quanto essa muove da una confusione tra tale questione e quella della violazione del diritto dell’Unione. Detto errore inficerebbe la valutazione di cui trattasi giacché la Commissione non terrebbe conto del fatto che la direttiva 2003/41 è stata adottata senza prendere in considerazione la circostanza che in taluni paesi che stavano per aderire all’Unione europea non era stato creato un secondo pilastro nel regime pensionistico, cosicché tale direttiva sarebbe potuta entrare in conflitto con le competenze garantite agli Stati membri in materia di previdenza sociale dall’articolo 153, paragrafo 4, TFUE. Il medesimo errore inficerebbe anche la valutazione della gravità dell’infrazione in quanto la Commissione non terrebbe conto né della circostanza che la Repubblica ceca non ha commesso una violazione sistematica e durevole del diritto dell’Unione, né del fatto che la trasposizione parziale della direttiva 2003/41 ha consentito la prestazione transfrontaliera dei servizi di cui trattasi.
34. In secondo luogo, la Repubblica ceca ricorda che, per valutare il grado di gravità di un’infrazione, occorre prendere in considerazione le conseguenze dell’inadempimento accertato sugli interessi privati e pubblici, l’urgenza che sussiste a far sì che lo Stato membro interessato si conformi ai propri obblighi, l’importanza della norma giuridica di cui è stata accertata la violazione e l’atteggiamento dello Stato membro stesso.
35. Orbene, anzitutto, per quanto riguarda le conseguenze per gli interessi privati e pubblici, della mancata esecuzione di cui trattasi, la Repubblica ceca sottolinea che, nella già citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, la Corte ha espressamente constatato che tale Stato membro era libero di decidere l’organizzazione del proprio sistema previdenziale, inclusa la creazione di un secondo pilastro del regime pensionistico. La mancata esecuzione di tale sentenza non arrecherebbe pertanto pregiudizio né al mercato interno né agli interessi privati e pubblici.
36. Inoltre, per quanto riguarda l’urgenza che vi sarebbe per l’adozione delle misure di esecuzione della predetta sentenza Commissione/Repubblica ceca, quest’ultimo Stato membro fa valere che, avendo la trasposizione della direttiva 2003/41 il solo scopo di informare i soggetti giuridici potenzialmente interessati per il caso in cui fosse creato un secondo pilastro, tale urgenza dovrebbe essere relativizzata.
37. Per quanto riguarda poi l’importanza della direttiva 2003/41 ai fini dell’inadempimento dedotto, la Repubblica ceca ricorda che la direttiva in questione non ha lo scopo di creare enti pensionistici aziendali o professionali. Nel trasporre la direttiva 2003/41 uno Stato membro sarebbe tenuto unicamente a costituire un quadro normativo in vista di un’eventuale organizzazione futura.
38. Inoltre, relativamente all’atteggiamento che la Repubblica ceca ha tenuto al fine di porre rimedio all’inadempimento addebitatole, tale Stato membro sottolinea di avere informato la Commissione di tutti i passi compiuti. Il completamento della trasposizione della direttiva 2003/41 sarebbe stato tuttavia subordinato all’esito di una riforma complessa del regime pensionistico.
39. Infine, la Repubblica ceca ritiene che il lasso di tempo entro il quale il processo di trasposizione è stato completato, in data 31 agosto 2011, non è eccessivo rispetto alla durata usuale di adozione di atti legislativi.
Giudizio della Corte
40. La condanna al pagamento di una somma forfettaria si basa essenzialmente sulla valutazione delle conseguenze della mancata esecuzione degli obblighi dello Stato membro interessato sugli interessi privati e pubblici, in particolare qualora l’inadempimento sia continuato per un lungo periodo dopo la sentenza che lo ha inizialmente accertato (v., in particolare, sentenze del 9 dicembre 2008, Commissione/Francia, C-121/07, Racc. pag. I-9159, punto 58; del 31 marzo 2011, Commissione/Grecia, C-407/09, Racc. pag. I-2467, punto 28, e Commissione/Irlanda, cit., punto 65).
41. Inoltre, l’eventualità di una condanna siffatta e la fissazione, se del caso, dell’importo di una somma forfettaria devono, in ciascun caso di specie, rimanere espressione del complesso degli elementi pertinenti che si riferiscono tanto alle caratteristiche dell’inadempimento constatato quanto al comportamento proprio dello Stato membro interessato dal procedimento iniziato sul fondamento dell’articolo 260 TFUE (v., in particolare, citate sentenze Commissione/Francia, punto 62; Commissione/Grecia, punto 30, e Commissione/Irlanda, punto 67).
42. Tale disposizione lascia in proposito alla Corte un ampio margine discrezionale nel decidere se infliggere o meno siffatta sanzione e, eventualmente, nel determinarne l’importo (sentenza Commissione/Spagna, cit., punto 141). In particolare, la condanna di uno Stato membro al pagamento di una somma forfettaria non può avere carattere automatico (v., in tal senso, sentenza Commissione/Francia, cit., punto 63).
43. Al riguardo, le proposte della Commissione non possono vincolare la Corte e costituiscono soltanto indicazioni. Del pari, gli orientamenti in materia di condanna al pagamento di somme forfettarie, come quelli che compaiono nella comunicazione del 2005, su cui si è basata la Commissione nella presente fattispecie, non vincolano la Corte, ma possono contribuire a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza del diritto dell’azione svolta dalla Commissione (v., in tal senso, citate sentenze Commissione/Francia, punto 61, e Commissione/Spagna, punto 116 e giurisprudenza ivi citata).
44. Nella fattispecie, per potersi pronunciare sulla domanda di condanna della Repubblica ceca al pagamento di una somma forfettaria occorre ricordare che, sebbene l’articolo 260 TFUE non precisi il termine entro il quale deve darsi esecuzione ad una sentenza, tale esecuzione deve comunque essere avviata immediatamente e concludersi al più presto (v., in particolare, sentenza Commissione/Grecia, cit., punto 34).
45. Ciò vale a maggior ragione a partire dall’entrata in vigore del Trattato FUE, poiché, com’è stato ricordato al punto 23 della presente sentenza, detto Trattato ha eliminato, nel procedimento per inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, la fase dedicata all’emanazione di un parere motivato.
46. Nella presente causa, va ricordato che sono trascorsi 19 mesi tra la data di pronuncia della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca, ossia il 14 gennaio 2010, e quella della pubblicazione e dell’entrata in vigore, il 31 agosto 2011, della legge numero n. 260/2011 che ha reso conforme al dispositivo della predetta sentenza la normativa nazionale.
47. Orbene, dal fascicolo presentato alla Corte risulta che pur se le autorità ceche, fin dal mese successivo alla pronuncia della predetta sentenza Commissione/Repubblica ceca e fino al mese di settembre 2010, hanno informato la Commissione riguardo al calendario prevedibile di adozione dei provvedimenti necessari per l’esecuzione di detta sentenza, soltanto nel corso del mese di ottobre dello stesso anno è stato comunicato al governo un documento di lavoro riguardante le misure in questione, avendo le autorità ceche deciso di rinviare siffatta comunicazione in attesa dell’insediamento di un nuovo governo dopo lo svolgimento delle elezioni legislative, tenutesi alla fine di maggio 2010.
48. Occorre tuttavia ricordare che uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del suo ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi risultanti dal diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenze del 4 giugno 2009, Commissione/Grecia, C-568/07, Racc. pag. I-4505, punto 50, e del 31 marzo 2011, Commissione/Grecia, cit., punto 36).
49. Nella presente fattispecie la Corte considera quindi giustificato condannare la Repubblica ceca al pagamento di una somma forfettaria.
50. Per quanto riguarda l’importo di tale somma, occorre tener conto delle seguenti circostanze riguardanti l’atteggiamento dello Stato membro interessato, nonché la durata dell’infrazione e la gravità di quest’ultima.
51. In primo luogo, per quanto riguarda l’atteggiamento dello Stato membro interessato, come risulta dai punti da 11 a 18 della presente sentenza, esso testimonia una leale cooperazione con la Commissione, avendo la Repubblica ceca informato regolarmente detta istituzione riguardo ai provvedimenti previsti per l’esecuzione della citata sentenza Commissione/Repubblica ceca.
52. In secondo luogo, per quanto riguarda la durata dell’infrazione, va rilevato che 19 mesi sono trascorsi tra la data di pronuncia della summenzionata sentenza Commissione/Repubblica ceca e la data in cui la Repubblica ceca ha trasposto completamente la direttiva 2003/41 nel proprio diritto interno e di conseguenza ha reso la propria normativa nazionale conforme a tale sentenza.
53. In terzo luogo, per quanto attiene la gravità dell’infrazione occorre tener conto del fatto che, in assenza, nella Repubblica ceca, del secondo pilastro nel regime pensionistico nazionale e in considerazione del divieto fatto agli enti pensionistici aziendali o professionali di stabilirsi nel territorio di tale Stato membro, la tardiva esecuzione, da parte di quest’ultimo Stato, della predetta sentenza Commissione/Repubblica ceca ha avuto un impatto limitato sul mercato interno dei regimi pensionistici aziendali o professionali, che la direttiva 2003/41, secondo i suoi considerando 1, 6 e 8, mira ad istituire e, di conseguenza, sugli interessi privati e pubblici.
54. Più precisamente, l’integrale trasposizione della direttiva 2003/41 mira principalmente ad informare i soggetti giuridici interessati nell’ipotesi in cui, come ha rilevato la Corte al punto 51 della predetta sentenza Commissione/Repubblica ceca, il regime pensionistico nazionale evolvesse in tal senso.
55. Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, è fatta un’equa valutazione delle circostanze della fattispecie fissando in EUR 250 000 l’importo della somma forfettaria che la Repubblica ceca sarà condannata a pagare alla Commissione, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea».
Sulle spese
56. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica ceca, rimasta soccombente, dev’essere condannata alle spese.
P.Q.M.
1) La Repubblica ceca, non avendo adottato, alla data in cui è scaduto il termine impartito nella lettera di diffida inviatale dalla Commissione europea ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, tutti i provvedimenti necessari per l’esecuzione della sentenza del 14 gennaio 2010, Commissione/Repubblica ceca (C-343/08), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti a norma dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.
2) La Repubblica ceca è condannata a pagare alla Commissione europea, sul conto «Risorse proprie dell’Unione europea», una somma forfettaria per l’importo di EUR 250 000.
3) La Repubblica ceca è condannata alle spese.
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