Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Napoli, sezione 35, sentenza n. 8455 depositata il 2 settembre 2022

L’Amministrazione non può adottare, ricorrendo all’autotutela sostitutiva, un nuovo provvedimento che sostituisca il precedente, il quale – per il medesimo tributo e per la medesima annualità – sia stato annullato per un vizio di motivazione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 22.12.2020, la Lega Navale Italiana – Sezione di Pozzuoli ASD, ha impugnato l’avviso di accertamento n. 20216 del 14.7.2020 emesso per TARI e maggiorazione provinciale anno 2015 per complessivi euro 147.585,00, notificato il 30.09.2020, avviso che nella motivazione richiama il sollecito di pagamento n. 6296 del 26.02.2019, notificato il 20.06.2019.

A sostegno del ricorso ha premesso: che il sollecito di pagamento richiamato nell’avviso impugnato è stato emesso dal Comune di Pozzuoli dopo che quest’ultimo si è avvalso dell’autotutela sostitutiva annullando il precedente avviso di pagamento n. 2129 del 12.12.2017 relativo sempre a TARI 2015 e già annullato dalla CTP Campania con la sentenza n. 17942/2018 che, “stante la indistinta descrizione dell’area e l’assoluta mancanza di altri elementi identificativi”, accoglieva il ricorso “limitatamente al cespite Porto di Pozzuoli”; che avverso la sentenza il Comune di Pozzuoli proponeva appello per ottenere una pronuncia di cessazione della materia del contendere, avendo preso atto dell’erronea classificazione della superficie di mq. 15.139 ubicata nel porto di Pozzuoli e indicata nell’atto annullato come autorimessa; che il nuovo avviso nel prospetto denominato “elenco immobili” e “liste utenze” indica in maniera incompleta i dati catastali identificativi delle presunte occupazioni imponibili a fini TARI e in particolare a pagina 3-4 ricorso si indicano una serie di cespiti non sufficientemente specificati; che in realtà l’area di mq. 15.139 indicata come ubicata nel porto di Pozzuoli si riferisce all’area del demanio marittimo portuale, costituita da “due spicchi acquei con pontili galleggianti per l’ormeggio di unità di diporto da parte dei soci della lega Navale, nel porto di Pozzuoli, con finalità turistico ricreative” affidata in concessione alla Lega Navale, insuscettibili, come tali, di produrre rifiuti e che, in ogni caso, il porto di Pozzuoli rientra nei porti di rilevanza regionale e interregionale ovvero insieme di porti gestiti dalla Regione Campania che è quindi competente sul demanio marittimo, con la conseguenza che il Comune di Pozzuoli non ha alcuna potestà impositiva sull’area in questione considerato anche che non svolge il servizio di smaltimento rifiuti, che peraltro nel Comune è svolto nelle modalità del servizio porta a porta.

Ciò posto, ha quindi dedotto, in primo luogo, la nullità dell’atto impugnato per duplicazione della pretesa tributaria già azionata con l’avviso precedente in violazione delle norme sull’autotutela poiché l’autotutela sostitutiva presuppone che l’atto impugnato sia affetto da nullità derivanti da vizi formali e il nuovo atto riproduca il contenuto sostanziale del precedente, laddove ciò non accade nel caso di specie in cui il vizio di motivazione incide sull’esistenza dell’atto stesso, con la conseguenza che il vizio di motivazione non può ritenersi sanabile ex post come invece accaduto nel caso di specie.

Inoltre, ha dedotto l’illegittimità dell’atto perché con il nuovo avviso il Comune ha corretto le categorie di utenza del suo regolamento aggiungendo alle utenze non domestiche l’attività di ormeggio e applicando tout court la tariffa fissa e variabile alla superficie di 15.136 mq. senza calibrare la categoria utenze non domestiche alle effettive superfici imponibili, senza considerare che la parte variabile si basa sullo smaltimento effettivo e nel caso di specie non vi è attività di smaltimento.

Ancora, ha dedotto l’illegittimità dell’avviso perché il Comune di Pozzuoli non è titolare di alcun potere sugli specchi acquei che hanno natura demaniale, né vi è prova dello svolgimento del servizio di raccolta rifiuti che, peraltro dal 2012 avviene con la modalità di raccolta porta a porta mentre nel porto non sono presenti i cassonetti.

Infine, ha dedotto l’illegittimità dell’atto impugnato per difetto assoluto di motivazione, stante l’insufficienza indicazione superfici e la mancanza di corretta indicazione delle fonti giuridiche e regolamentari di riferimento.

In conseguenza di ciò ha chiesto l’annullamento dell’atto impugnato.

Il Comune di Pozzuoli, costituitosi in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso perché la ricorrente avrebbe dovuto impugnare il sollecito n. 6296 del 26.02.2019 non impugnato e quindi avrebbe dovuto far valere vizi nei confronti di quest’ultimo. Nel merito ha eccepito l’infondatezza del ricorso, evidenziando la legittimità dell’atto impugnato, sufficientemente motivato e corretto, nonché la legittimazione del Comune alla riscossione del tributo che attiene allo svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti di competenza comunale.

Con memoria di replica la ricorrente ha poi contro dedotto rispetto alle difese del Comune.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Preliminarmente va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso.

Deve escludersi, infatti, che l’aver fatto precedere l’emissione e la notifica dell’avviso di accertamento impugnato dalla notifica di un sollecito di pagamento comporti la decadenza della parte dal potere di impugnare l’avviso per vizi propri, come avvenuto nel caso di specie, né potendo essere a ciò di ostacolo il fatto che l’avviso richiami il sollecito che è, evidentemente, un atto inteso a provocare l’adempimento alla pretesa tributaria prima dell’emissione dell’avviso di accertamento; ne consegue, quindi, che deve escludersi che la parte fosse tenuta a impugnare il sollecito di pagamento.

2.1 Ciò posto, nel merito il ricorso è fondato e va accolto.

Rilievo decisivo e assorbente assume il motivo di impugnazione concernente la pretesa impossibilità per l’Amministrazione di emettere, ricorrendo all’autotutela sostitutiva, un nuovo provvedimento che sostituisca il precedente che, per il medesimo tributo e per la medesima annualità, sia stato annullato per un vizio non di natura formale, ma che attiene, invece, alla motivazione dell’atto stesso.

Nel caso di specie il precedente avviso era annullato dalla CTP Campania con la sentenza n. 17942/2018 che, “stante la indistinta descrizione dell’area e l’assoluta mancanza di altri elementi identificativi”; l’espressione utilizzata rende evidente che non si è trattato di una violazione di natura meramente formale, quale, ad esempio, potrebbe considerarsi la indicazione non precisa di alcuni elementi identificativi dei beni soggetti a tassazione, ma di una violazione di natura sostanziale, che attiene alla sussistenza stessa della potestà impositiva che, peraltro, nel caso di specie è oggetto di specifica contestazione per la natura demaniale dell’area in considerazione.

La Corte di Cassazione, con la decisione n. 24620/2006, ha affermato che “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nella parte in cui consente modificazioni dell’avviso di accertamento soltanto in caso di sopravvenienza di nuovi elementi di conoscenza da parte dell’Ufficio, non opera con riguardo ad avviso di accertamento nullo, alla cui rinnovazione “ex nunc” l’Amministrazione è legittimata in virtù del potere, che ad essa compete, di correggere gli errori dei propri provvedimenti: l’esercizio di tale potere, tuttavia, non potendo risolversi nella compressione dei diritti del contribuente o nella violazione dei principi che regolano il contraddittorio processuale, può aver luogo soltanto in presenza di vizi formali dell’atto ed entro il termine previsto per il compimento dello stesso, non può tradursi nell’elusione o nella violazione del giudicato eventualmente formatosi sull’atto viziato, e dev’essere preceduto dall’annullamento di quest’ultimo, a tutela del diritto di difesa del contribuente ed in ossequio al divieto di doppia imposizione in dipendenza dello stesso presupposto”, con ciò, quindi, delimitando espressamente il potere di autotutela sostitutiva ai soli casi in cui si è in presenza di vizi formali dell’atto impugnato, il che deve escludersi nel caso di specie.

In maniera ancora più esplicita, con la recentissima sentenza del 25.01.2022, i Giudici di Legittimità hanno affermato che “L’obbligo di motivazione deve essere soddisfatto ab origine. (…) La motivazione è un requisito intrinseco dell’atto. Non è ammessa cioè la motivazione postuma. Vi ostano: l’art. 3 della l. 241/1990, il quale, facendo riferimento alle ragioni che “hanno determinato” la decisione dell’amministrazione, correla il dato temporale della motivazione al momento della emanazione dell’atto; l’art. 18 del d.lgs. 546/1992, il quale, imponendo al contribuente di specificare nel ricorso introduttivo di primo grado, i motivi di impugnazione, presuppone che l’atto dia conto delle ragioni della pretesa (altrimenti il ricorso non potrebbe che essere, in tutto o in parte, “al buio”); gli artt. 23 e 32 del d. lgs. n. 546 del 1992 che, consentendo all’amministrazione di produrre in giudizio gli elementi di prova richiamati nell’atto impositivo e di dedurne di nuovi nei limiti di quanto consequenziale ai motivi di ricorso, presuppongono che detti elementi siano compiutamente indicati nell’avviso. Merita ancora rilevare, contro l’ulteriore eccezione sollevata dall’Agenzia, che l’art.21octies della L.241/1990 (secondo cui “non è annullabile il provvedimento amministrativo emesso in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti, qualora sia palese che il contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”), non è riferibile all’atto tributario non motivato (v. Cass. n. 34407 del 23/12/2019, punti 1 e 3.1 della motivazione; 4388 del 14/02/2019). E ciò per l’assorbente ragione che solo attraverso la motivazione può emergere se il contenuto dispositivo dell’atto poteva essere diverso.

Il vizio di motivazione non è un vizio strettamente formale bensì un “vizio di frontiera” tra i vizi formali e vizi sostanziali”.

Nel caso di specie è evidente che l’Amministrazione ha inteso realizzare una sorta di sanatoria postuma dell’atto originariamente impugnato, come risulta dal fatto che ha addirittura dovuto modificare preventivamente il proprio regolamento in materia aggiungendo alla lista delle utenze non domestiche la voce “attività di ormeggio” nella quale ha poi inquadrato l’area di mq. 15.139 che costituisce la maggiore superficie tassata con l’atto impugnato; nel caso di specie, quindi, che non si tratti di una modifica puramente formale, come tale consentita, si ricava proprio dal fatto che il Comune ha addirittura dovuto preventivamente modificare la norma regolamentare, alla base del proprio potere impositivo, prima di emettere il nuovo avviso in sostituzione del precedente.

2.2 A ciò si aggiunga, per completezza motivazionale, che risulta fondato anche il motivo di impugnazione relativo al difetto di legittimazione del Comune di Pozzuoli in ordine all’area di mq. 15.139 corrispondente agli “spechi acquei” affidati in gestione alla ricorrente. Sul punto, infatti, la Corte di Cassazione con la recentissima ordinanza n. 34251 del 15.11.2021 ha affermato che “L’attività di gestione dei rifiuti nell’ambito delle aree portuali rientra nelle competenze dell’Autorità portuale. Ne consegue che, in relazione a tale attività, deve escludersi la competenza dei Comuni e, quindi, il potere impositivo degli stessi ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, irrilevanti essendo, ai fini della sussistenza dell’obbligazione tributaria, da un lato la circostanza che l’ente territoriale abbia svolto di fatto il servizio (giacché il potere impositivo deve trovare la sua fonte necessariamente nella legge e non può rinvenirsi nello svolgimento di una mera attività di fatto da parte di soggetto a cui la legge stessa non assegna la relativa competenza funzionale) e dall’altro la circostanza che l’immobile che si pretende soggetto a tassazione, pur rientrando nell’area portuale, sia tuttavia escluso dalle aree destinate a funzioni portuali e retroportuali e dalle aree di interazione porto-città nell’ambito del piano regolatore di sistema portuale adottato dal Comune ai sensi dell’art. 5 della legge n. 84 del 1994“, con ciò escludendo, quindi, la legittimazione del Comune nel cui territorio rientra l’area portuale oggetto di causa; il principio vale a maggior ragione nel caso di specie in cui, peraltro, è anche contestato specificamente lo svolgimento del servizio di riscossione del tributo da parte del Comune.

Alla luce di ciò, il ricorso va accolto e l’atto impugnato annullato.

La novità della questione affrontata e il fatto che la decisione scaturisce anche dall’applicazione di principi affermati in pronunce della Corte di Cassazione sopravvenute rispetto all’emissione dell’atto impugnato e all’introduzione del giudizio giustificano la compensazione integrale delle spese processuali tra le parti.

P.Q.M.

1. accoglie il ricorso;

2. compensa le spese processuali tra le parti.