Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, sez. n. 14, sentenza n. 4942 depositata il 25 agosto 2023
I Centri di Trasmissione Dati (CTD) sono soggetti passivi dell’imposta unica sulle scommesse – presupposto soggettivo ed oggettivo
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 13853/1/21 depositata il 13.12.2021, la Commissione Tributaria Provinciale di Roma accoglieva il ricorso proposto dal sig. N. L., avverso l’avviso di accertamento n. M17130004390U, emesso dall’Agenzia dei Monopoli Direzione Inter. Puglia, Molise e Basilicata, notificato in data 19.12.2018 alla ricorrente, in qualità di obbligato solidale pro quota con il bookmaker estero, per l’attività di raccolta scommesse esercitata, con il quale veniva determinata l’Imposta Unica per l’anno 2013 in euro 21.917,89, sanzioni 26.301,47 e interessi euro 4.265,88, fondato su PVC della GdF del 14.12.2017, per attività di raccolta fisica di scommesse svolta in Canosa di Puglia per conto del bookmaker stero SKS 365 di Malta Ltd, privo di autorizzazione ad operare in Italia.
Il ricorrente eccepiva: la mancanza dei presupposti per l’accertamento avendo cessato l’attività di raccolta delle scommesse nell’anno 2011 e avendo effettuato la cessazione della ditta individuale in data 09.12.2011; il difetto di motivazione dell’atto impugnato; la mancanza del contraddittorio; la violazione della normativa comunitaria; e l’inapplicabilità delle sanzioni per incertezza normativa.
Si costituiva l’Agenzia Doganale mediante gli Uffici di Puglia, Molise e Basilicata e di Lazio ed Abruzzo, sostenendo la correttezza del proprio operato e chiedendo il rigetto del ricorso.
I primi giudici accoglievano il ricorso ritenendo assorbente l’eccezione posta dal ricorrente circa il difetto di presupposto impositivo riguardo alla documentata cessazione dell’attività in data antecedente (2011) rispetto all’anno di imposta di cui all’avviso di accertamento (2013). E la condanna alle spese di lite degli Uffici.
L’ADM Puglia, Molise e Basilicata proponeva appello ritenendo erronea la decisione dei primi giudici basata sulla cessazione dell’attività del N.. Chiedeva pertanto la riforma della sentenza e la decisione sulle spese di lite secondo giustizia.
Si costituiva il contribuente con proprie controdeduzioni facendo rilevare l’inammissibilità per la mancanza dei motivi di impugnazione e l’infondatezza dell’appello in quanto lo stesso conteneva delle mere enunciazioni riferibili ad un’attività investigativa che riguardava un altro soggetto giuridico (il bookmaker).
All’udienza del 25/05/2023, la Corte decideva come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello è fondato e va accolto.
L’avviso di accertamento impugnato, dopo aver dato atto dell’effettivo volume della raccolta di gioco (per gli anni 2012, 2013 e 2014) e delle somme dovute a titolo di imposta unica sulle scommesse (anno 2013 euro 21.917,89), richiama in modo puntuale il contenuto essenziale del PVC della GdF del 14.12.2017, dove allegato 147 risulta una griglia di gestori dei punti di raccolta delle scommesse in Italia, i quali riscuotono le giocate. Dalle indagini condotte dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia Dogane e Monopolio è risultato che il N. pur avendo nel 2011 chiuso l’attività commerciale, ha continuato in altre modalità a raccogliere scommesse per conto di SKS365, in totale evasione dell’imposta unica. Sulla determinazione della base imponibile del tributo, occorre premettere che l’articolo 24, comma 8, del decreto-legge n. 88/2011, convertito nella legge n. 111/2001, prevede che l’ufficio dell’agenzia delle dogane e dei monopoli procede alla rettifica e all’accertamento dell’imposta dovuta sulle scommesse anche utilizzando metodologie induttive di accertamento. Nel caso di specie, l’agenzia ha considerato congruo l’accertamento compiuto dalla Guardia di Finanza che ha utilizzato, in primo luogo, i supporti informatici forniti dalla società estera SKS 365, cui l’appellante faceva riferimento, da cui emergeva l’ammontare delle giocate effettuate anche nel punto vendita gestito dall’appellante, oltre al valore della raccolta media della provincia desunta dai dati registrati nel totalizzatore nazionale. Si tratta di elementi di conoscenza cui anche il contribuente poteva su richiesta accedere. Il contribuente non ha fornito prova contraria all’accertamento operato dall’Ufficio. La Corte di Cassazione ha inoltre escluso (cfr, Ordinanza n. 14290/14) che “le risultanze emerse dalla attività di verifica prodromica all’emissione dell’avviso di accertamento o di rettifica non possano costituire valido supporto probatorio della pretesa impositiva a tale avviso sottesa, per il solo fatto della mancanza immediata di contestazione del contribuente in sede di verifica” (V. pure Cass. Sentenze n. 26293 del 02/12/2005, n. 4273 del 23/03/2001). In merito al requisito di territorialità per l’applicazione dell’imposta unica che non potrebbe essere richiesta in Italia per essere l’allibratore un soggetto di diritto austriaco, nonché la carenza di soggettività passiva dell’affiliato (e conseguente carenza di solidarietà dell’allibratore). La sede legale dell’allibratore in un altro Paese dell’Unione non rileva atteso che è la raccolta delle scommesse che costituisce il presupposto oggettivo per l’applicazione dell’imposta. Il soggetto passivo è il CTD che consente la scommessa e l’accordo si conclude in Italia. Le concrete modalità di svolgimento dell’attività da parte dell’esercente italiano prevedono il rilascio della ricevuta a fronte dell’introito dell’importo della giocata quale titolo atto a certificare l’accettazione della scommessa ad opera dell’operatore interno, in base al quale lo scommettitore potrà avere successivamente diritto all’incasso della giocata. La scommessa a quota fissa intesa quale scommessa per la quale la somma da riscuotere, in caso di vincita, è previamente concordata, rappresenta un contratto tra l’esercente italiano e il giocatore (scommettitore) o, comunque, pur se la proposta del giocatore viene trasmessa telematicamente all’estero, ciò non costituisce elemento rilevante, atteso che l’attività si concretizza nel territorio dello Stato per il tramite di operatori che operano “per conto” del soggetto estero.
Quanto al presupposto soggettivo, osserva questo Collegio che l’imposta unica si applica all’importo delle giocate e non al reddito ritratto dall’operatore comunitario in relazione al rischio di impresa che si assume.
L’esercente è tenuto a selezionare gli scommettitori applicando i divieti di legge e agendo in proprio per accertare e valutare la sussistenza delle condizioni che consentono la giocata. Il CTD trattiene, inoltre, costantemente parte delle somme raccolte ed agisce discrezionalmente nello stabilire le modalità di presidio del banco a cui affluiscono le scommesse, individuando il personale da impiegare allo scopo, sia in qualità che in quantità. Il CTD svolge quindi attività di gestione dei concorsi tramite autonoma organizzazione imprenditoriale, in responsabilità solidale con SKS365 Group ed è pertanto indubitabile che l’attività svolta dal medesimo, assimilabile alla gestione per conto terzi va assoggettata a imposta.
Gli artt. 1 e 3 del D.Lgs. n. 504 del 1998, letti con riguardo all’art. 1, c. 66 lett. a) della legge di interpretazione autentica n. 220/2010, equiparano, ai fini dell’assoggettabilità all’imposta unica, coloro i quali gestiscono le scommesse per conto proprio a coloro che invece lo fanno per conto di terzi, come i CTD. In tale ultimo caso non si è in presenza di una mera attività di intermediazione, ma di una vera e propria agenzia di scommesse che ha accettato e pagato le vincite con denaro contante. Infatti l’autorizzazione conseguita dalla SKS365 Malta Ltd nel paese di origine non avrebbe affatto consentito, con riguardo al periodo oggetto dell’accertamento tributario, di operare lecitamente in Italia, neppure attraverso il contratto di stabilimento concluso con il CTD, non potendosi in alcun modo ritenere giuridicamente plausibile e accettabile una attività negoziale diretta all’elusione del Fisco, attività che invece, secondo la giurisprudenza comunitaria e nazionale, assume la forma di un “abuso di diritto” tesa a trarre indebiti vantaggi fiscale (cfr CTR Bari 769/13/15 del 21.11.2014/13.04.2015; CTP Palermo, quattro sentenze del 9 aprile 2015).
Parimenti infondata è la censura relativa indebita applicazione retroattiva di disposizioni, non meramente interpretative, ma innovative (art. 1, comma 66, L. n. 220 del 2010). È pacifico che l’art. 1, 66 c. lett. a) della L. n. 220 del 2010 è nonna di interpretazione autentica per fugare dubbi interpretativi degli articoli 1 e 3 del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, come espressamente recita la norma: 66. Ferma restando l’obbligatorietà, ai sensi della legislazione vigente, di licenze, autorizzazioni e concessioni nazionali per l’esercizio dei concorsi pronostici e delle scommesse, e conseguentemente l’immediata chiusura dell’esercizio nel caso in cui il relativo titolare ovvero esercente risulti sprovvisto di tali titoli abilitativi, ai soli fini tributari:
a) l’articolo 1 del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che l’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse è comunque dovuta ancorché la raccolta del gioco, compresa quella a distanza, avvenga in assenza ovvero in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato;
b) l’articolo 3 del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, si interpreta nel senso che soggetto passivo d’imposta è chiunque, ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze-Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere. Se l’attività è esercitata per conto di terzi, il soggetto per conto del quale l’attività è esercitata è obbligato solidalmente al pagamento dell’imposta e delle relative sanzioni.”
Sulla mancata rimessione degli atti alla Corte Costituzionale e alla Corte di Giustizia dell’U.E, osserva la Commissione che le norme italiane non sono in conflitto con norme UE in quanto, con riferimento al configurarsi di una doppia imposizione in capo all’operatore comunitario, alcun elemento di prova è stato esibito dalla parte privata per provare che lo stato austriaco in cui risiede la SKS365 Malta Ltd preveda la tassazione dell’importo delle scommesse giocate e che un’imposta sia effettivamente applicata alla fattispecie di cui è causa. In mancanza di un regime specifico di armonizzazione non può darsi luogo al sindacato inerente al configurarsi di doppia imposizione per il quale è necessario individuare le fattispecie impositive produttive del fenomeno.
Non si ravvisa neppure alcuna incostituzionalità dell’art. 1 co. 66 lett. b) legge stabilità 2011 per la ragione che l’assoggettamento all’imposta di, quei soggetti che, non essendo concessionari o titolari di autorizzazione alla raccolta delle scommesse, non sono collegati al totalizzatore nazionale, non esclude che il volume della raccolta sia determinato, come nella fattispecie, con l’esercizio dei poteri di controllo dell’amministrazione finanziaria e che l’imposta sia applicata con le aliquote previste.
Perciò l’appello va accolto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di Giustizia, accoglie l’appello e condanna l’appellata al pagamento delle spese processuali che si liquidano, in euro 2.500,00 per il 1° Grado di giudizio e in euro 2.000,00 per il presente grado di giudizio.
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