Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, sezione 19, sentenza n. 2747 depositata il 28 febbraio 2023
Il mancato rispetto del termine di sessanta giorni dalla notifica del ricorso, previsto dall’art. 23 del D. Lgs. 546/92, non rende inammissibile la costituzione in giudizio di coloro nei cui confronti è proposto il ricorso. La scadenza del sopra citato termine vanifica, infatti, la sola produzione documentale da essi depositata oltre l’ulteriore termine di venti giorni prima della trattazione (art. 32 del D. Lgs. 546/1992)
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso notificato in data 8.1.2021 la società A. I. SRL, con sede in Roma Lungotevere della Vittoria n. 9, in persona dell’Amministratore Unico e legale rappresentante Sig. G. A., rappresentata e difesa dall’Avv. S. S. impugnava l’avviso di accertamento esecutivo in rettifica TASI n. 2937 relativo all’annualità 2015 per un importo complessivo di ?. 596,85= comprensivo di sanzioni ed interessi, per insufficiente o tardivo versamento dell’imposta notificato in data 10.11.2020 a mezzo PEC ad istanza di Roma Capitale presso Aequa Roma Spa , chiedendone l’annullamento perché illegittimo.
A sostegno della domanda, la società rappresentava che l’avviso di accertamento impugnato afferiva all’immobile sito in Roma Via di Portonaccio n. 23 collocato ai fini catastali nella categoria speciale D8 ed era sprovvisto di rendita catastale. In ragione di ciò la tassa era stata calcolata e corrisposta ai sensi dell’art. 5 comma 3 del D. lgs 504 del 1992 secondo cui: “per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D, non iscritti in catasto, interamente posseduti da imprese e distintamente contabilizzati, fino all’anno nel quale i medesimi sono iscritti in catasto con attribuzione di rendita, il valore è determinato, alla data di inizio di ciascun anno solare ovvero, se successiva, alla data di acquisizione, secondo i criteri stabiliti nel penultimo periodo del comma 3, dell’articolo 7 del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 ”.
La ricorrente aggiungeva che non aveva mai ricevuto alcun atto di attribuzione di rendita cosicché aveva continuato a pagare l’imposta principale IMU e di conseguenza la TASI, in base al valore contabile attribuito all’immobile. Alla luce di siffatta situazione la richiesta tributaria avanzata da Roma Capitale dove a considerarsi illegittima.
Con memoria depositata in data 20.6.2022, si costituiva in giudizio Roma Capitale chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato in fatto ed in diritto.
All’udienza del 22.6.2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente rileva il Collegio, con riguardo all’eccezione proposta dalla parte in relazione alla tardiva costituzione del Comune nel giudizio, che è principio ormai consolidato quello secondo cui l’ente resistente in un giudizio tributario può costituirsi oltre il termine, previsto all’art. 23 c. l Dlgs. 546/1992, di 60 giorni dalla notifica del ricorso, purché sia rispettato il termine di cui all’art. 32, c. l, D.lgs 546/1992, di 20 giorni prima della trattazione previsto per il deposito documentale.
Tale ricostruzione si basa sul tenore letterale dell’art. 23 c. l che non prevede, a differenza del precedente art. 22 c. l, relativo alla costituzione del ricorrente, la sanzione dell’inammissibilità in caso del mancato rispetto del termine indicato nonché sull’esigenza di salvaguardare il diritto alla difesa di cui all’art. 24 della Costituzione.
Nel caso di specie, peraltro, il Comune non ha rispettato neppure il termine di cui all’art. 32 c. 1 Dlgs 546/1992, costituendosi e depositando memoria due giorni prima dell’udienza di discussione.
Il Collegio pertanto, ribadito che la sanzione processuale dell’inammissibilità della costituzione in giudizio non è prevista dalla norma e che la sua applicazione impedirebbe alla parte, in violazione dell’articolo 24 della Costituzione, di partecipare alla discussione orale della causa all’udienza e di esercitare il diritto fondamentale alla difesa, ritiene di dichiarare inammissibili la memoria depositata il 20.6.2022 e la relativa produzione documentale, consentendo peraltro all’Amministrazione Comunale di svolgere “mere difese” in sede di discussione orale in pubblica udienza.
Ciò posto, il ricorso proposto è infondato e, in quanto tale, deve essere rigettato.
Al riguardo, giova evidenziare che nell’atto impugnato l’Amministrazione indica in 21.852,60 la rendita catastale attribuita dall’Agenzia del Territorio all’immobile sito in Roma Via di P. n. 23. Si tratta di un dato solo genericamente contestato dal ricorrente che si è limitato a negare che all’immobile fosse stata attribuita una rendita catastale e di aver mai ricevuto comunicazioni di attribuzione di una rendita senza suffragare tale tesi con documentazione ovvero chiedendo di chiamare in giudizio anche l’Agenzia del Territorio per contestare la legittimità dell’attribuzione della rendita.
In realtà, ai fini della liquidazione delle imposte IMU/TASI, il Comune si limita a prendere atto della rendita catastale attribuita all’immobile dal competente ufficio e, senza essere titolare di poteri discrezionali o valutativi di sorta, calcola l’imposta dovuta dal contribuente sulla base di quel valore.
Tanto basta per rigettare il ricorso proposto.
Le spese del giudizio, stante la tardività della costituzione del Comune vanno integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.
La Commissione, definitivamente pronunciando, così provvede:
a) rigetta il ricorso;
b) compensa tra le parti le spese del giudizio.