Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, sez. n. 1, sentenza n. 349 depositata il 14 agosto 2023
Prestazioni infermieristiche e assenza dell’autonoma organizzazione ai fini IRAP per il medico convenzionato SSN.
Massima:
All’interno di uno studio di medicina di base, le prestazioni infermieristiche delle quali si avvale il medico convenzionato con il SSN, analogamente a quelle meramente di segreteria, indipendentemente dalle modalità cui sono rese (individuale o per mezzo di società di servizi), non rilevano ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione necessaria per l’applicazione dell’IRAP, poiché non si traducono, in termini di attività offerte agli assistiti, in prestazioni incrementative, integrative ovvero ulteriori- e quindi- complementari alle proprie, esistendo una rigida demarcazione tra le attività elargibili dalle due figure professionali considerate.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In data 29.11.2018 la contribuente, esercente la professione di medico di base convenzionato con il S.S.N. nella forma della medicina di gruppo, presentava istanza di rimborso dei versamenti Irap effettuati per gli anni d’imposta 2014, 2015, 2016 e 2017, esponendo di svolgere la propria attività libero professionale in assenza di “autonoma organizzazione” e ritenendo, pertanto, di non essere soggetta all’Irap.
In data 03.04.2019 la contribuente presentava ricorso avverso il silenzio-rifiuto opposto dall’Amministrazione, ribadendo di esercitare la propria professione nella forma della medicina di gruppo prevista dall’art. 40, comma 9, lett. d) dell’Accordo Collettivo Nazionale e che, dunque, sussistevano i presupposti per il non assoggettamento ad Irap.
L’Ufficio si costituiva in giudizio, evidenziando – al contrario – la sussistenza dei requisiti dell’autonoma organizzazione” ai fini Irap in quanto la contribuente risultava aver sostenuto regolarmente pagamenti a favore della società V SRL sia per “collaborazioni di studio” sia per “attività infermieristiche ambulatoriali rese ai vs. pazienti”.
Con sentenza n. 886/06/2021, depositata in data 18/10/2021, la Commissione Tributaria Provinciale di Torino accoglieva il ricorso della contribuente, affermando che “la questione circa l’assoggettabilità ad IRAP dei medici che svolgono l’attività “in gruppo” è stata più volte affrontata e decisa dalla Corte di cassazione, anche a Sezioni Unite Alla luce di quanto sopra, pertanto il medico convenzionato con il SSN, anche organizzato in forma associata, che ha provveduto al versamento dell’Irap, se non è titolare di un’autonoma organizzazione, se non ha utilizzato strumenti oltre il minimo indispensabile, ha diritto al rimborso. Nel caso di specie, il fatto che la ricorrente abbia versato delle quote alla società di servizi – modalità, questa, molto comune tra i professionisti al fine di limitare i costi dell’attività – non significa che la stessa abbia un’autonoma organizzazione; in particolare, nell’anno 2017 richiamato dall’Ufficio, l’aver la società emesso n. 12 fatture alla ricorrente per collaboratore di studio ben rientra nel “minimo indispensabile” per l’esercizio dell’attività, essendo dato di comune esperienza che il medico, negli orari nei quali egli è reperibile nello studio, utilizza il servizio di segreteria per la fissazione degli appuntamenti, per la consegna delle ricette ecc.
Anche il valore degli strumenti, attrezzature ecc… utilizzati negli anni in questione è molto modesto.
Non sussistono, pertanto, nella fattispecie i presupposti necessari perché si possa configurare un’autonoma organizzazione.
Il ricorso viene accolto; le spese seguono la soccombenza”.
Avverso tale sentenza, l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Torino propone appello per i seguenti motivi:
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 38 DPR 602/1973 – Violazione e/o falsa applicazione del comma 1-bis introdotto nell’articolo 2 del D.lgs. n. 446 del 1997 – Motivazione contraddittoria e/o illogica per errata interpretazione della pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite in merito al principio della “autonoma organizzazione” ai fini IRAP.
La Commissione Tributaria Provinciale, nella sentenza impugnata, ha fondato il proprio pronunciamento su di un’errata interpretazione dei principi di diritto enunciati dalla Corte di Cassazione, giungendo così ad una conclusione opposta rispetto a quella delineata dalla normativa applicabile al caso di specie, proprio alla luce di detti principi.
La Commissione, infatti, ha citato la sentenza nr. 7291/2016 della Corte di Cassazione, facendo malgoverno dei principi di diritto espressi dalle Sezioni Unite e facendovi discendere la non assoggettabilità della contribuente all’Irap.
Tale conclusione è palesemente erronea.
Si osservi infatti quanto segue.
Contrariamente a quanto affermato dalla CTP, la predetta pronuncia chiarisce che la medicina di gruppo è considerata “un organismo promosso dal Servizio Sanitario Nazionale, diretto a realizzare più avanzate forme di presidio della salute pubblica mercé l’impiego di risorse, anzitutto professionali, ma non solo, del personale medico a rapporto convenzionale”, non riconducibile ad uno dei tipi di società o enti di cui agli articoli 2 e 3 del D.lgs. n. 446 del 1997, per i quali sussiste ex lege il presupposto d’imposta.
Ciò posto, la Suprema Corte richiama i principi più volte affermati (anche dalla prassi) in relazione ai medici convenzionati con il S.S.N., dai quali discende che l’esercizio della professione di medico convenzionato con il Servizio Sanitario Nazionale non comporta di per sé l’esclusione dall’ambito applicativo dell’IRAP, che si verifica solo in assenza dei presupposti dell’autonoma organizzazione.
Con tale principio la Corte di Cassazione conferma l’interpretazione letterale della norma – applicabile al caso di specie – rinvenibile nell’art. 2, comma 1-bis, D.lgs. 446/1997 (comma introdotto dalla legge di stabilità 2016), il quale, nell’ultimo periodo dispone che “L’esistenza dell’autonoma organizzazione è comunque configurabile in presenza di elementi che superano lo standard e i parametri previsti dalla convenzione con il Servizio sanitario nazionale”.
In altri termini, ciò significa che lo studio e le attrezzature previste in convenzione possono essere considerate il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività da parte del medico, mentre l’esistenza dell’autonoma organizzazione è configurabile, ex adverso, in presenza di elementi che superano lo standard previsto dalla convenzione e che devono essere pertanto valutati volta per volta.
Tra essi occorre verificare, ad esempio, l’utilizzo di collaboratori, che, alla luce di quanto affermato dalla Corte di Cassazione, non sempre assume rilevanza ai fini dell’autonoma organizzazione.
Si osservi, al riguardo, che secondo quanto affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 9451 del 2016, l’utilizzo di un solo collaboratore che svolga mansioni esecutive, non integrative o complementari all’attività del medico, non denota l’esistenza di autonoma organizzazione.
Del pari, il requisito non sussiste nell’ipotesi in cui il medico convenzionato eserciti la propria attività professionale con il solo ausilio di una segretaria, addetta all’accoglienza dei clienti e alla gestione delle telefonate e degli appuntamenti, al mero fine di garantire il livello qualitativo di assistenza (cfr. Cass., sez. VI, ord. n. 8921 del 16/04/2014; ord. n. 8700 del 14/04/2014).
Ciò a differenza, invero, di attività di tipo infermieristico che si combinano con la professione tipica del medico.
Ne deriva che la valutazione relativa alla presenza di collaboratori non può ridursi semplicisticamente ad un’asserita “modalità, questa, molto comune tra i professionisti al fine di limitare i costi dell’attività” (come afferma, estemporaneamente, il Collegio di prime cure), ma deve rappresentare un’analisi istruttoria approfondita che presti particolare attenzione:
– al numero dei soggetti di cui si avvale il medico convenzionato;
– alle mansioni che essi svolgono;
– alla tipologia di contratti posta in essere.
Nel caso di specie, occorre nuovamente evidenziare che – come dimostrato dalle fatture prodotte da Controparte in sede di istanza di rimborso – la contribuente ha sostenuto (pro quota) dei pagamenti effettuati a favore non di un soggetto determinato, bensì della società V SRL, società esercente l’attività di
“altri studi medici specialistici e poliambulatori”, sia per un “collaboratore di studio”, sia per “attività infermieristiche ambulatoriali rese ai vs. pazienti”.
La presenza di tali fatture non dimostra affatto – come afferma la CTP – che la contribuente opera nelle modalità comuni a tutti i medici di base ma, all’opposto, dimostra l’esatto contrario.
Contrariamente a quanto affermato dai Giudici Provinciali, la contribuente non opera secondo la comune prassi, in quanto sostiene pagamenti regolari a favore di società di servizi per prestazioni varie, elemento che ad avviso dell’Ufficio dimostra la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione IRAP, conformemente ai principi sanciti dalla Corte di Cassazione precedentemente esposti.
Ne consegue la necessità di riforma della sentenza di primo grado.
Controdeduce l’appellata per la conferma della sentenza.
Insegna Cass. 7291/2016, al fine di valutare, ai fini che qui interessano, quanto determinante sia la partecipazione del personale, occorre rivolgere l’attenzione alla sua “misura”, e, quindi, escludere la presenza della “stabile organizzazione” laddove questa si riveli di “MODESTA E CONTENUTA ENTITA'”. Nel caso specifico il costo COMPLESSIVAMENTE sostenuto fu di euro 6.003,00 su un fatturato di oltre 140.000,00 nel 2014, di euro 11.730,00 su un fatturato di oltre 145.000,00 nel 2015, di euro 11.700,00 su un fatturato di oltre 148.000,00 nel 2016, di euro 11.700,00 su un fatturato di oltre 155.000,00 nel 2017.
Quasi sempre nella medicina di gruppo, al fine di gestire problemi logistici ed organizzativi altrimenti assai complicati, i sanitari partecipanti si vedono obbligati a rapportarsi con un’unica controparte che si occupa di mettere a disposizione locali di adeguata metratura e conformi alla normativa sanitaria, strumentazione di base (impianto telefonico e di rete, macchine di segreteria, arredo) e, preferibilmente, anche il personale di segreteria ed infermieristico, evitando più contratti di locazione, acquisto frazionato dei cespiti e, per quanto qui di interesse, assunzione ad orario frazionato dei collaboratori. Secondo l’amministrazione finanziaria, però, pur a parità di prestazioni ricevute, la scelta di una controparte (società di servizi) anziché di un’altra (persona fisica) sembra dover costituire fattore discriminante per l’individuazione dell’autonoma organizzazione. Ben ha fatto l’organo giudicante ad applicare con coerenza quanto statuito dalla Suprema Corte (Cass. 3502/2017) che, in caso analogo, ha superato l’aspetto formale “restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioè, il ricorso a lavoratori dipendenti, a una società di servizi o a un’associazione professionale” per focalizzarsi, viceversa, su quello sostanziale (“elevati compensi”).
MOTIVI DELLA DECISIONE
Secondo l’appellante la contribuente sostiene pagamenti regolari a favore di società di servizi per prestazioni varie, elemento che ad avviso dell’Ufficio dimostra la sussistenza del requisito dell’autonoma organizzazione IRAP.
Ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione non è dato comprendere come una prestazione resa da collaboratore individuale o da una società di servizi possa incidere sia in senso qualitativo che quantitativo sulla organizzazione medesima. Se si tratta di lavori di segreteria lo stesso Ufficio ammette che siano ininfluenti in quanto meramente esecutivi, quindi la questione controversa non è la modalità, se individuale o resa da società di servizi, ma la qualità della prestazione.
Lo stesso Ufficio afferma che non deve trattarsi di prestazioni integrative o complementari all’attività del medico.
Parte appellata ha specificato che le mansioni di tale figura professionale consistono, all’interno di uno studio di medicina di base, nella consegna delle ricette, nella somministrazione dei vaccini, nella misurazione della pressione. Trattasi cioè, con tutta evidenza, di attività di ausilio, materiali – ESECUTIVE – e che non si traducono, in termini di attività offerte agli assistiti, di prestazioni incrementative – INTEGRATIVE – ovvero ulteriori – COMPLEMENTARI a quelle svolte dal medico, esistendo per fatto notorio una rigida demarcazione tra prestazioni sanitarie e infermieristiche, anche sotto il profilo della responsabilità.
D’altronde sarebbe difficile ipotizzare che in temporanea assenza del medico l’infermiere incrementi o agevoli una prestazione sanitaria anche successiva, perlomeno in un ambito di medicina generica quale quella svolta dal medico convenzionato con il SSN. I modesti compensi annuali pro quota indicati confortano tale ipotesi.
La sentenza di primo grado trova pertanto conferma con condanna di parte appellante alle spese di giudizio liquidate in euro 1.500,00.
P.Q.M.
Respinge l’appello. Condanna parte appellante alle spese del grado liquidate in euro 1.500 oltre accessori di legge.
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