Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, sezione n. 1, sentenza n. 130 depositata il 23 marzo 2023
In caso di successione ereditaria, il possesso mediato dell’immobile non costituisce il presupposto legittimante la titolarità del diritto alla detrazione da parte del de cuius. A tal proposito, trova applicazione l’art. 16-bis, co. 8, TUIR, secondo cui, in caso di decesso dell’avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette esclusivamente all’erede che detiene materialmente e direttamente il bene
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Oggetto del contendere è la cartella esattoriale n. 1102019 2000 notificata al sig. D. U. il 03/09/2019, emessa a seguito di Comunicazione preventiva n. 023 del 14/11/2018 e originata dal controllo formale, ex 36 ter del DPR 600/73, dei dati esposti dal sig. D. nel modello UNICO/2016 per l’anno d’imposta 2015.
Per effetto del citato controllo venivano rettificate (eliminandole):
– tutte le detrazioni relative alle spese sostenute per “interventi di recupero del patrimonio edilizio” e quelle per “interventi finalizzati al risparmio energetico” per assenza del requisito della “detenzione materiale e diretta del bene” (trattandosi di spese sostenute dal de cuius) e per mancata presentazione della documentazione giustificativa (trattandosi di spese sostenute direttamente dal contribuente nel 2015);
– e le detrazioni relative alle spese di frequentazione della scuola dell’infanzia per mancata presentazione della documentazione giustificativa.
Con ricorso, presentato in data 4/11/2019, il sig. D contestava parzialmente la citata cartella e il ruolo in essa contenuto limitatamente alla rettifica delle detrazioni “ereditate” dal sig. D I (de cuius), affermando che, per la tipologia degli interventi svolti dal de cuius su parti comuni di immobili di sua proprietà, doveva ritenersi legittimo che la relativa detrazione fiscale, spettante al de cuius, potesse trasmettersi validamente agli eredi, anche se questi non avevano conservato “la detenzione materiale e diretta” degli stessi immobili, come avvenuto nel caso di specie.
E ravvisando una violazione del “principio di uguaglianza tributaria” per le stesse ragioni di testé dedotte, sollevava, in via preliminare, questione di legittimità costituzionale dell’art. 16-bis del DPR 917/86 (cd. TUIR).
Regolarmente costituitosi in giudizio l’Ufficio evidenziava la definitività del recupero relativo alle seguenti rettifiche “per omessa impugnazione”:
1. la rettifica con cui vengono azzerate le spese detraibili della sez. 1 del quadro RP pari ad ? 1.187,00 (rigo RP15); 2. la rettifica con cui viene azzerata la quota detraibile di spese, pari ? 2.836,00 (rigo RP64 modulo 1), sostenute da lui nel 2015 per interventi finalizzati al risparmio energetico;
3. la rettifica con cui vengono azzerate le quote detraibili di spesa sostenute da lui nel 2015 per 7 interventi
di recupero del patrimonio edilizio, pari ad ? 3,00 (RP44 mod. 3), ? 28,00 (RP45 mod. 3) ? 19,00 (RP46 mod. 3) ? 21,00 (RP47 mod. 3) ? 25,00 (RP41 mod. 4), ? 3,00 (RP42 mod. 4) ? 2,00 (RP43 mod. 4) per un totale di ? 101,00.
Nel merito del recupero delle detrazioni partendo dal presupposto che non vi sarebbe “una similare posizione giuridica tra gli originari “aventi diritto” alla detrazione e i loro eredi”, essendo i primi, “coloro che hanno sostenuto direttamente l’onere economico destinato al beneficio” e i secondi “non gravati da alcun diretto onere economico”, si osservava che, perché i secondi (gli eredi) potessero conservare la detrazione caduta in successione, il Legislatore, vista la loro posizione di vantaggio, imponeva “loro “imprescindibilmente” di conservare la “detenzione materiale e diretta” dell’immobile caduto in successione”.
Con sentenza n. 614/05/2021, pronunciata il 3/06/2021 e depositata in data 8/7/2021, i Giudici della CTP di
Torino, hanno accolto il ricorso compensando le spese di lite.
I Giudici di prime cure hanno motivato la decisione nel seguente modo: “La materia che ci occupa è regolata dall’art. 16 bis del Tuir che non pone dubbi sulla correttezza delle detrazioni riguardanti le parti comuni di edificio residenziale. Il teso di tale norma così recita:
“1. Dall’imposta lorda si detrae un importo pari al 36 per cento delle spese documentate, fino ad un ammontare complessivo delle stesse non superiore a 48.000 euro per unità immobiliare, sostenute ed effettivamente rimaste a carico dei contribuenti che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo. l’immobile sul quale sono effettuati gli interventi:
a) di cui alle lett. a) b), c) e d) dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale di cui all’articolo 1117 del codice civile;” Nonché dal dpr 380/2001 per la parte che ci interessa:
“Art. 3-Definizioni degli interventi edilizi 1. Ai fini del presente testo unico si intendono per: a) “interventi di manutenzione ordinaria”, gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti; b) “interventi di manutenzione straordinaria”, le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici. Nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni dì uso. Nell’ambito degli interventi di manutenzione straordinaria sono ricompresi anche quelli consistenti nel frazionamento o accorpamento delle unità immobiliari con esecuzione di opere anche se comportanti la variazione delle superfici delle singole unità immobiliari nonché del carico urbanistico purché non sia modificata la volumetria complessiva degli edifici e si mantenga l’originaria destinazione d’uso; c) “interventi di restauro e di risanamento conservativo”, gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipo logici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l’inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio; d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quella preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica nonché quelli volti al ripristino di edifici, o parli di essi, eventualmente crollati o demoliti. attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertare la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente.”
Non sono contestate le circostanze che:
Il sig. U. D. è subentrato jure ereditatis nella proprietà dell’immobile in Torino, via .. 242, quale erede del sig. Il V. D. , precedente proprietario, che su detto immobile aveva eseguito lavori dì recupero e ristrutturazione sul patrimonio edilizio (tetto, ascensore) incidenti sulle parti comune del palazzo.
Assume l’Ufficio che, essendo gli alloggi dell’immobile locati a terzi (come del resto già prima della successione), il D. non ne avrebbe, a lettura dell’art. 16 cit. il “possesso o detenzione” richiesti dalla norma e legittimanti la possibilità di portare le spese sostenute, nei limiti dì legge (36%) in detrazione.
L’assunto è infondato. Normalmente la legge riconosce al proprietario di una cosa la facoltà di goderne e disporne in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti stabiliti dall’ordinamento giuridico (art. 832 c.c.).
Non v’è dubbio che tra le prerogative ammesse dal legislatore in favore del dominus rientri quella dì concedere il bene in godimento ad un soggetto terzo, ad esempio attraverso un contratto di locazione. L’articolo 1571 del codice civile definisce la locazione come quel contratto in forza del quale “una parte si obbliga a far godere all’altra una cosa mobile o immobile per un dato tempo, verso un determinato corrispettivo”. Con l’instaurarsi del rapporto giuridico patrimoniale tra locatore e conduttore, o locatario, si assiste, oltre che ad una limitazione fisiologica delle modalità di impiego dell’oggetto in capo al primo, ad una momentanea scissione tra potere astratto sulla res, discendente direttamente dal diritto di proprietà, e potere di fatto sulla stessa, che l’articolo 1140 c.c. individua come situazione possessoria. Ma è lo stesso codice ad ammettere tale eventualità, nella parte in cui prevede che “si può possedere direttamente o per mezzo di altra persona, che ha la detenzione” (art. 1140 c.c., secondo comma). Pertanto, il titolare della cosa locata risulta, per un verso, proprietario legittimo dì quest’ultima, per l’altro, possessore “mediato”: tale è l’ipotesi che ci occupa peraltro con riguardo alle singole unità abitative in cui il D. potrebbe a buon diritto dimostrare il “possesso ” degli immobili de quibus e quindi vantare il diritto scaturente dall’art. 16 TUIR.
A maggior ragione, le spese per cui è causa (ristrutturazione c migliorie varie del condominio eseguite a suo
tempo dal sig. I. V. D .) furono sostenute pacificamente su parti condominiali che a nessun titolo sono state trasferite ai terzi. Non sono stati prodotti dall’Ufficio né contratti di comodato né di locazione o altri titoli giuridici su dette parti comuni del Condominio Via .. 242 che possano scindere la piena proprietà (e connessi diritti inerenti il diritto di possedere) del D. a favore di terzi.
Da quanto sopra discende che il D. , proprietario, possiede (in senso civilistico e fiscale) anche tutte le parti comuni dell’immobile in questione.
Ne discende che questo Collegio, pur avendo preso completa lettura dei precedenti in senso diverso favorevoli all’Ufficio, non concorda con l’interpretazione e motivazione delle sentenze prodotte e ritiene, al
contrario, fondate e meritevoli di accoglimento le ragioni del contribuente.
Non vi è luogo a rimettere gli atti alla Consulta atteso che l’interpretazione che ne fa questa Commissione della nonna pare rispettosa sia del dettato letterale che dei principi costituzionali.
La particolarità della controversia giustifica la compensazione delle spese.
La Direzione Provinciale I di Torino propone appello per i seguenti motivi:
A) Violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, ex art. 112 cpc.
Si osserva, preliminarmente, che la sentenza impugnata è illegittima laddove omette di pronunciarsi su quella parte delle controdeduzioni dell’Ufficio nella quale si chiedeva ai giudici della CTP di dichiarare definitivamente ripresi a tassazione specifici rilievi, che, in sede d’istruzione dell’accertamento, il contribuente non aveva giustificato e che, in sede contenziosa, non erano stati oggetto di contestazione da parte del ricorrente.
A tal fine si ribadisce quanto espresso nel precedente grado.
L’acquiescenza del ricorrente ai suddetti rilievi determina, quindi, la “definitività” dei relativi recuperi d’imposta contenuti nella cartella esattoriale impugnata.
La mancata pronuncia della CTP sui citati rilievi, posta in violazione dell’art. 112 cpc, implica la riforma della
sentenza nel senso testé indicato.
B) Illogica motivazione e violazione dell’art. 16-bis, comma 8, del DPR 917/86 TUIR). Sul fondamento del recupero erariale nel merito
Come si evince dalla sentenza impugnata, i giudici della CTP accolgono il ricorso perché ritengono che le detrazioni relative a lavori di recupero e ristrutturazione sul patrimonio edilizio effettuate su parti comuni delle abitazioni del sig. D. I. (de cuius), potevano esser fatte valere anche dall’erede, ossia dal sig. D. U. , in quanto, visto il comma 2 dell’art. 1140 cc.1, “il titolare della cosa locata risulta, per un verso, proprietario legittimo di quest’ultima, per l’altro, possessore “mediato”.
Secondo i giudici “tale è l’ipotesi che ci occupa
con riguardo alle singole unità abitative in cui il D.(erede)
potrebbe a buon diritto dimostrare il “possesso” degli immobili de quibus e quindi vantare il diritto scaturente dall’art. 16 TUIR.
Sicché – concludono – “Da quanto sopra discende che il D. , proprietario, possiede (in senso civilistico e fiscale) anche tutte le parti comuni dell’immobile in questione”.
La sentenza è illegittima, perché presenta un grave deficit nel processo decisionale, che poggia su un’interpretazione del tutto errata del combinato disposto degli articoli art. 16-bis del TUIR e dell’art. 1140 cc; interpretazione che, peraltro, neanche controparte aveva ritenuto di dedurre nel precedente grado di giudizio, tanto da giungere addirittura ad eccepire l’incostituzionalità del citato art. 16-bis, confermando così che la sola interpretazione possibile – al netto della suddetta eccezione – non può che essere quella derivante dalla semplice lettura della norma
E’ bene ricordare ancora una volta che, ai sensi dell’art. 16-bis, comma 8, ultimo periodo, del TUIR: “In caso
di decesso dell’avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all’erede che conservi la detenzione materiale e diretta del bene”.
Ebbene, fermo quanto sopra, non si comprende qual sia il processo logico attraverso il quale i giudici della CTP, partendo dal fatto che il sig. D. U. avrebbe conservato il “possesso mediato” sui beni locati caduti in successione, giungono poi a ritenere realizzata nel caso concreto la condizioni prevista dal citato art.16-bis, ossia che il sig. D. in relazione agi immobili locati ricevuti in successione avrebbe conservato, oltre il possesso, anche la detenzione materiale e diretta degli stessi.
Il sig. D. , in realtà, pur mantenendo il “possesso mediato” degli immobili locati, non conserva in alcun modo la “detenzione materiale e diretta” di tali immobili, la quale, semmai, spetta ai soli conduttori degli stessi in virtù del vincolo contrattuale originariamente intercorso fra questi e il de cuius.
Il fatto stesso che il Legislatore nel redigere l’art. 16-bis, comma 8, abbia precisato con gli aggettivi “materiale” e “diretta” la qualità della “detenzione” è dimostrazione evidente che questi intendeva escludere dal beneficio della conservazione della detrazione proprio quegli eredi che, pur mantenendo il “possesso mediato” sugli immobili ricevuti in successione, non potevano più disporre degli stessi in modo “materiale e diretto” in quanto tenuti ad adempiere ad un obbligo contrattualmente vincolante (come lo è la locazione) da loro assunto nei confronti di terzi.
Parte appellata non è costituita.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello dell’Ufficio merita accoglimento. La motivazione della sentenza è chiaramente contraddittoria, prima ammette che il possesso del bene da parte dell’erede avviene “in via mediata” in quanto mero titolare del diritto di proprietà e poi interpreta l’art. 16 bis, comma 8, TUIR nel senso che tale possesso mediato è equivalente alla formulazione letterale della norma che all’ultimo periodo qualifica la detenzione come materiale e diretta del bene medesimo, indicando come una diversa interpretazione configgerebbe con la definizione di possesso data dal comma 2 dell”art. 1140 cod. civ..
La norma fiscale ha chiaramente inteso limitare il beneficio della detrazione fiscale per i lavori realizzati nelle parti comuni dell’edificio ai soli detentori “materiali e diretti” del bene, in ipotesi il contribuente ove avesse avuto oltre la proprietà anche la residenza nell’abitazione. Tale diverso trattamento risponde a scelte discrezionali del legislatore e non appare irrazionale o contrario a principi costituzionali tanto da imporre una interpretazione come quella fornita dal giudice di primo grado.
L’appello deve pertanto accogliersi con conferma integrale della cartella di pagamento notificata e solo parzialmente impugnata dal contribuente. E’ possibile la compensazione delle spese del grado in considerazione della particolarità della situazione che rendeva plausibile una diversa interpretazione della norma.
P.Q.M.
Accoglie l’appello. Spese compensate
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