Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, sezione n. 1, sentenza n. 555 depositata il 23 ottobre 2024

Ricorso avverso il silenzio rifiuto – Incompetenza territoriale – Termini per la riassunzione del processo art. 5 D.Lgs. 546/1992 – Violazione

Massima:

Nel caso di incompetenza territoriale dichiarata con sentenza dal Giudice tributario, trova applicazione quanto disposto dall’art. 5, c. 5, del D.lgs.546/1992, secondo cui il processo deve essere riassunto innanzi alla Corte tributaria dichiarata competente, nel termine fissato dalla sentenza che rimette la competenza ovvero, in mancanza del detto termine, in quello di sei mesi dalla comunicazione della sentenza stessa. Nel caso di specie l’art. 21 c. 2 D.lgs. 546/1992, specifica che “il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione può essere proposto… fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto” e da ciò si evince che il periodo decennale a disposizione del contribuente per contestare il diniego tacito di rimborso, non implica l’esperibilità, in tale decennio, di un infinito numero di azioni in giudizio d’impugnazione del diniego tacito: ma solo di un ricorso, eventualmente riassumibile innanzi alla diversa Corte competente per territorio e senza soluzione di continuità, a condizione della tempestività sia del ricorso iniziale, sia della sua riassunzione.

Testo:

Conclusioni dell’appellante:

… voglia codesta Onorevole Corte di Giustizia, in accoglimento dell’appello:

a) in via principale, riformare integralmente la sentenza n. 192/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado di Cuneo per infondatezza nel merito e violazione di legge e, per l’effetto, condannare controparte alla restituzione di euro 1.008.521 – corrispondente all’IRAP versata per il 2002 dall’incorporata B. R. E. in ragione della maggiorazione (1%) disposta dalla Legge Regione Lombardia – oltre interessi maturati e maturandi dal versamento sino al soddisfo;

b) in via di stretto subordine, riconosciuto il diritto di credito della maggiorazione IRAP 2002 per euro 1.008.521 oltre interessi e del diritto, nel merito fondato e non prescritto, dichiarare la remissione in termini dell’appellante per la riproposizione del giudizio avverso il silenzio rifiuto dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di 1° grado di Cuneo;

c) in ogni caso, condannare controparte al pagamento delle spese di entrambi i gradi di giudizio come da nota spese allegata. Conclusioni dell’appellata Agenzia delle Entrate Dir. prov. Cuneo:

… chiede a codesta onorevole corte di giustizia di Secondo grado del Piemonte:

– In via principale: di voler rigettare l’appello e confermare l’impugnata sentenza, confermando la declaratoria di inammissibilità del ricorso, per violazione dei termini per la riassunzione del processo ex art. 5 Dlgs. 546/1992;

– In via subordinata: di voler dichiarare non dovuto il rimborso per l’inammissibilità del ricorso tardivo, ovvero l’infondatezza dello stesso in relazione alla violazione dell’art. 21 comma 2 Dlgs. 546/1992, con riferimento tanto alla domanda di rimborso “principale”, quanto a quella “subordinata;

– In via di estremo subordine: la non debenza degli interessi per intervenuto decorso del relativo termine prescrizionale quinquennale. Con vittoria delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO La B. R. S.p.A. (di seguito, per brevità BR), successivamente incorporata da U.B. , cui succedeva I. S. spa, versava per l’anno 2002 l’imposta regionale sulle attività produttive per euro 11.581.368 come risultante dal Modello Unico 2003 (all. 3 al ricorso di 1° grado); Il debito IRAP complessivo di euro 11.581.368 (all. 3 al ricorso, pag. 4 rigo IQ 91) risultava ripartito su base territoriale tra le seguenti Regioni:

Regione Base imponibile Aliquota Importo Rigo Lombardia 100.852.143,00 5,75% 5.798.998,00 IQ70 Piemonte 116.758.844,00 4,75% 5.546.045,00 IQ71 Valle d’Aosta 38.668,00 4,75% 1.837,00 IQ72 Emilia Romagna 4.936.596,00 4,75% 234.488,00 IQ73 Totale 222.586.251,00 11.581.368,00 IQ91 Conformemente alle disposizioni di cui agli artt. 4 e 6 del D.Lgs. n. 446/1997, tale importo risulta applicando al valore della produzione netta (euro 222.586.251 totali, vedasi rigo IQ65 – all. 3 al ricorso, pag. 4) realizzata in ciascuna delle Regioni interessate all’attività d’impresa di BR (i) l’aliquota del 4,75% fissata, per le banche e gli altri enti e società finanziarie, per l’anno 2002, ed in via transitoria, dall’art. 45, comma 2, D.Lgs. n. 446/1997 (ii) nonché l’ulteriore aumento di un punto percentuale fissato dalla Regione Lombardia (con L. 27/2001) per il 2002 sulla base dell’art. 16, comma 3 del D.Lgs. n. 446/1997 a mente del quale “A decorrere dal terzo anno successivo a quello di emanazione [del D.lgs. 446/1997], le Regioni hanno facoltà di variare l’aliquota … fino ad un massimo di un punto percentuale. La variazione può essere differenziata per settori di attività e per categorie di soggetti passivi”;

L’IRAP corrisposta da BR per l’anno 2002 ammontava quindi ad euro 11.581.368 (vedasi all. 3 pag. 4 rigo IQ91), importo compreso nel maggior ammontare di euro 11.674.461 dato, quest’ultimo, dall’ammontare di euro 10.299.690,16 quale sommatoria dei versamenti effettuati nelle date del 20/06/2002, 02/12/2002 e del 20/06/2003 (come da copie dei relativi modelli di pagamento in all. 4 al ricorso di 1° grado) e dall’ammontare di euro 1.374.771,00 quale eccedenza di imposta risultante da precedente dichiarazione (come da all. 3 al ricorso, pag. 4 rigo IQ92);

In data 2 agosto 2004 BRpresentava all’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Cuneo istanza di rimborso dell’IRAP versata in eccesso per l’anno 2002 (all. 5 al ricorso di 1° grado); in detta istanza, BR chiedeva a rimborso parte dell’IRAP versata rilevando: – per tutte le Regioni, l’illegittimità dell’aliquota IRAP di settore maggiorata per gli enti creditizi e finanziari di cui all’art. 6, D.Lgs. 446/1997 (aliquota del 4,75% ex art. 45, comma 2, D.Lgs. 446/1997) chiedendo il rimborso della differenza dell’IRAP tra l’aliquota ordinaria del 4,25% e l’aliquota speciale di settore del 4,75%; in merito la sentenza della Corte Costituzionale n. 21/2005 ha dichiarato la legittimità dell’aliquota speciale prevista in generale per gli enti creditizi e finanziari di cui all’art. 6, D.Lgs. 446/1997 (legittimità dell’aliquota 4,75%);

– per la Regione Lombardia, l’illegittimità della maggiorazione stabilita a livello regionale chiedendo il rimborso dell’IRAP riferibile alla differenza tra l’aliquota speciale del 4,75% e quella ulteriormente peggiorativa stabilita dalla Regione (5,75%); in merito, la sentenza della Corte Costituzionale n. 177/2014 (all. 6 al ricorso) ha in particolare dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 5, della legge della Regione Lombardia 18 dicembre 2001, n. 27, per avere disposto l’aumento di un punto percentuale rispetto all’aliquota IRAP di settore, come determinata in via temporanea per gli istituti bancari dall’art. 45, comma 2, D.Lgs. 446/1997 (illegittimità dell’aliquota del 5,75%);

Con tale istanza BR chiedeva, -in via principale- di disporre il rimborso della differenza tra quanto versato (con aliquota IRAP 5,75%) e quanto sarebbe risultato dall’applicazione dell’aliquota temporanea IRAP per gli istituti bancari (4,75%) e così per complessivi euro 1.008.521,43 oltre interessi; -in via subordinata, di disporre il rimborso della differenza tra quanto versato (aliquota IRAP 5,75%) e quanto sarebbe risultato dall’applicazione della maggiorazione di un punto percentuale all’aliquota base IRAP (4,25%) e così per complessivi euro 504.260,72 oltre interessi. Deduceva la BR di aver reiterato la propria richiesta in data 21 luglio 2014, presentando apposito sollecito alla precedente istanza (all. 7 al ricorso); in detto sollecito BR ripercorreva quanto già rappresentato in precedenza e precisava le proprie richieste citando a supporto anche la sentenza della Corte Costituzionale n. 177/2014, chiedendo quindi, con riferimento all’IRAP versata per la RegioneLombardia: – in via principale, di disporre il rimborso della differenza tra quanto versato (con aliquota IRAP 5,75%) e quanto sarebbe risultato dall’applicazione dell’aliquota temporanea IRAP per gli istituti bancari (4,75%) e così per complessivi euro 1.008.521,43 oltre interessi; – in via subordinata, di disporre il rimborso della differenza tra quanto versato (aliquota IRAP 5,75%) e quanto sarebbe risultato dall’applicazione della maggiorazione di un punto percentuale all’aliquota base IRAP (4,25%) e così per complessivi euro 504.260,72 oltre interessi. Rimasta inevasa anche tale istanza, il 21 aprile 2015 BR proponeva ricorso contro il silenzio-rifiuto alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano per l’impugnazione del silenzio rifiuto; il ricorso, notificato ritualmente alla DRE Lombardia, veniva pure notificato per conoscenza alla DP Cuneo. La Commissione Tributaria Provinciale di Milano dichiarava la propria incompetenza territoriale con sentenza n. 2048/2017 depositata il 13 marzo 2017 (all. 9 al ricorso). La citata sentenza della CTP Milano n. 2048/2017 non veniva impugnata da alcuna parte e pertanto si estingueva il procedimento instaurato da BR davanti alla CTP Milano, avente la sola DRE Lombardia quale parte resistente. Con ricorso notificato telematicamente in data 2 aprile 2021 all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate di Cuneo, la UB Spa (già BR) impugnava il “silenzio-rifiuto opposto all’istanza di rimborso IRAP versata in eccedenza per l’anno 2002 dalla BR Spa incorporata dalla scrivente”: riproponendo sia l’ indicazione dell’atto impugnato, sia i contenuti di merito e le conclusioni del ricorso originariamente radicato innanzi alla CTP milanese. In particolare, la ricorrente concludeva richiedendo alla CTP di Cuneo la condanna dell’Agenzia:

– In via principale, per l’importo di Euro 1.008.521,43 (in applicazione dell’aliquota desiderata del 4,75%), oltre interessi;

– In via subordinata, per l’importo di Euro 504.260,72 (in applicazione dell’aliquota desiderata del 5,25%), oltre interessi. Il ricorso era fondato sui seguenti motivi :

1 – in via principale, il diritto della ricorrente al rimborso dell’IRAP versata in eccesso per l’anno d’imposta 2002, pari ad euro 1.008.521,43, per avere la Corte Costituzionale, con sentenza n. 177/2014, sancito l’illegittimità costituzionale della legge regionale lombarda, che stabiliva la maggiorazione dell’1% dell’aliquota IRAP speciale del settore bancario, prevista nel 4,75%; con conseguente inapplicabilità di tale maggiorazione tout court e conseguente conferma dell’aliquota speciale bancaria;

2 – in via subordinata il diritto al rimborso nella misura di euro 504.260,72, in relazione all’eventuale applicabilità della maggiorazione dell’1%, al più, all’aliquota IRAP base ordinaria del 4,25%.Con richiesta di condanna al pagamento degli interessi e la vittoria delle spese di lite. Per resistere al ricorso si costituiva nel giudizio di primo grado l’Ufficio con memoria di replica e controdeduzioni. La controversia veniva definita, a seguito della discussione nella pubblica udienza del 21/11/2022, con la sentenza n. 192/02/2023, con cui la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Cuneo dichiarava l’inammissibilità del ricorso per mancata riassunzione del processo nel termine di sei mesi, con compensazione delle spese di lite. La società I. S. s.p.a. (quale successore di U B s.p.a., a sua volta successore di B R s.p.a.) impugnava l’anzidetta sentenza riproponendo le argomentazioni già esposte in primo grado, sulla base dei seguenti motivi di appello:

1. In via principale, illegittimità della sentenza per violazione dell’art. 310 c.p.c. in quanto l’estinzione del giudizio definito con sentenza Comm. Trib. Prov. Milano n. 2084/2017 non ha estinto l’azione della B per la ripetizione dell’IRAP indebita. Conseguente condanna della DP Cuneo al rimborso della maggiorazione IRAP applicata per l’anno 2002 dalla Regione Lombardia (euro 1.008.521,43), oltre interessi.

2. Nel merito. Illegittimità del silenzio-rifiuto e condanna dell’Amministrazione finanziaria al rimborso della maggiorazione IRAP applicata per l’anno 2002 dalla Regione Lombardia (Euro 1.008.521,43), oltre interessi. 3. In via subordinata. Riconoscimento del diritto di credito al rimborso della maggiorazione IRAP 2002 per euro 1.008.521 oltre interessi e del diritto di riproposizione del relativo ricorso. Richiedeva l’appellante, in via principale, di riformare integralmente la sentenza n. 192/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Cuneo per infondatezza nel merito e violazione di legge e, per l’effetto, condannare controparte alla restituzione di euro 1.008.521,43 – corrispondente all’IRAP versata per il 2002 dall’incorporata B R E in ragione della maggiorazione (1%) disposta dalla Legge Regione Lombardia – oltre interessi maturati e maturandi dal versamento sino al soddisfo; in via di stretto subordine, riconosciuto il diritto di credito della maggiorazione IRAP 2002 per euro 1.008.521,43 oltre interessi e del diritto, nel merito fondato e non prescritto, dichiarare la remissione in termini dell’appellante per la riproposizione del giudizio avverso il silenzio rifiuto dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Cuneo. l’Agenzia delle Entrate D.P. di Cuneo depositava memoria di controdeduzioni volta a ottenere il rigetto dell’appello. Seguiva la presentazione di memoria illustrativa da parte dell’appellante, contenente il richiamo di precedenti giurisprudenziali favorevoli ai propri assunti. All’esito dell’udienza del 14 ottobre 2024, nel corso della quale le parti discutevano oralmente la causa, la Commissione di giustizia Tributaria di secondo grado decideva il giudizio come da dispositivo in calce alla presente sentenza.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Osserva il Collegio che con la sentenza n. 192/2023 (depositata il 21 novembre 2023) la Corte di Giustizia Tributaria di Cuneo ha ritenuto il ricorso inammissibile qualificando lo stesso quale riassunzione tardiva del giudizio oggetto della sentenza CTP Milano n. 2084/2017, osservando che “quest’ultima ha stabilito che “la competenza si deve radicare presso la commissione tributaria provinciale di Cuneo…”” e “Tuttavia, la odierna ricorrente non ha riassunto il giudizio nel termine previsto dall’art. 5, c.5, del d.lgs. n. 546 del 1992 e, comunque nei sei mesi dal deposito della sentenza, avvenuto il 13 marzo 2017, con la conseguenza che gli effetti sostanziali e processuali dell’atto introduttivo del giudizio, già proposto innanzi al giudice incompetente, sono venuti meno… con la consumazione del potere di agire da parte della ricorrente” (v. sentenza appellata, pagg. 4 e 5). Ciò premesso, si ritiene la sentenza impugnata meritevole di conferma per le considerazioni di seguito indicate. Al fine di contestare la decisione dei giudici di prime cure l’appellante ha affermato che la mancata riassunzione nei termini a seguito della sentenza CTP Milano n. 2084/2017 avrebbe determinato l’estinzione solo di tale processo presso la CTP Milano, ma non dell’azione; ha richiamato, sul punto, l’art. 310 c.p.c. che stabilisce : “L’estinzione del processo non estingue l’azione . L’estinzione rende inefficaci gli atti compiuti…”. La ricorrente sostiene che l’estinzione del processo chiusosi con la sentenza CTP Milano n. 2084/2017 ha reso inefficaci gli atti ivi compiuti – fatta salva l’efficacia del ricorso introduttivo non quale atto processuale, ma quale mero atto interruttivo della prescrizione-, ma non avrebbe estinto l’azione, e cioè il diritto della contribuente a far valere la propria richiesta di rimborso IRAP 2002 con un separato ricorso. Secondo la tesi dell’appellante, alla luce dei principi sopra indicati, se alla data di estinzione del processotributario per mancata riassunzione presso il giudice dichiarato territorialmente competente non risulta ancora decorso il termine di prescrizione decennale ex art. 21, comma 2, del D.Lgs. 546/1992 (conteggiato ai sensi dell’art. 2945 c.c.) per l’impugnazione del rifiuto-tacito, tale azione di impugnazione può ben essere riproposta dal contribuente, non essendosi ancora prodotto alcun effetto di “consolidamento” o “definitività” del sottostante atto di “silenzio-rifiuto”; ha richiamato l’esistenza di plurimi atti interruttivi della prescrizione che assumono rilevanza nel caso di specie. L’Ufficio ritiene, al contrario, corretta la decisione della CGT di primo Grado di Cuneo, come sopra riportata. Giova premettere che la sentenza di CTP Milano n. 2048/2017, contrariamente a quanto eccepito dall’appellante, ha espressamente indicato, nella testo della motivazione, che “la competenza si deve radicare presso la Commissione Tributaria provinciale di Cuneo, che si trova nel circondario ove è presente l’ufficio che avrebbe, in base agli assunti del ricorrente, omesso il rimborso” .

A fronte di tale indicazione, deve trovare applicazione quanto disposto dall’articolo 5, comma 5, del Dlgs. 546/1992, secondo cui il processo deve essere riassunto innanzi alla commissione tributaria dichiarata competente, nel termine fissato dalla sentenza che rimette la competenza ovvero, in mancanza del detto termine, in quello di sei mesi dalla comunicazione della sentenza stessa (coincidente con il deposito, avvenuto nel caso di specie in data 13/03/2017).

La riassunzione è preciso onere tecnico-processuale incombente sulla parte interessata, da esperirsi nel termine espressamente previsto dall’art. 5 comma 5 citato, che precisa quanto segue “Se la riassunzione avviene nei termini suindicati il processo continua davanti alla nuova commissione, altrimenti si estingue“. L’estinzione del processo tributario non può che determinare la definitività dell’atto impugnato e il quantum di imposta ivi riportato, comportando il consolidamento della misura dell’obbligazione tributaria del contribuente, come determinato in relazione al provvedimento già impugnato e non più contestabile. Il processo tributario, infatti, qualificandosi come processo di impugnazione e merito di un provvedimento amministrativo – il quale, in maniera espressa o implicita, quantifica l’obbligazione tributaria – ove non venga tempestivamente coltivato comporta, quale conseguenza giuridica sul piano sostanziale, il consolidamento dell’importo dovuto all’Erario e -sul piano processuale- l’esaurimento dell’azione.

Solo la riassunzione tempestiva e rituale comporta la conservazione degli effetti sostanziali e processuali dell’atto introduttivo del giudizio, già proposto innanzi al giudice dichiaratosi incompetente; il processo originario continua nella sede competente in conformità alla regola della translatio iudicii ex art 50 CPC. Nel caso in esame non è seriamente contestabile che il presente giudizio, incardinato innanzi alla CTP di Cuneo con ricorso datato aprile 2021, rappresenta il medesimo processo già incardinato innanzi alla CTP di Milano, con ricorso datato marzo 2015, definito con sentenza depositata nel marzo 2017, dichiarante l’incompetenza della CTP adita e la competenza di quella cuneese. Il contenuto dei due ricorsi appare infatti identico per il petitum e e la causa petendi, presentando identità di motivazioni e doglianze di parte, come pure di importi e conclusioni formulate. L’articolo 21 comma 2 Dlgs. 546/1992, specifica che “il ricorso avverso il rifiuto tacito della restituzione può essere proposto… fino a quando il diritto alla restituzione non è prescritto” e da ciò si evince che il periodo decennale a disposizione del contribuente per contestare il diniego tacito di rimborso, non implica l’esperibilità, in tale decennio, di un infinito numero di azioni in giudizio d’impugnazione del diniego tacito:

ma solo di un ricorso, eventualmente riassumibile innanzi alla diversa CTP competente per territorio e senza soluzione di continuità, a condizione della tempestività sia del ricorso iniziale, sia della sua riassunzione. Ciò in quanto l’oggetto del giudizio è l’obbligazione tributaria, contenuta nell'”atto impugnabile”, che può essere contestata in un solo e unico processo, eventualmente traslabile territorialmente innanzi ad altra Corte di giustizia; con la conseguenza che l’inerzia manifestata dal contribuente nella mancata riassunzione, nei termini, di quell’unico procedimento, comporta la consumazione del diritto del contribuente a contestare nuovamente, nel merito, il diniego al rimborso già impugnato.

Discende da quanto sin qui esposto che, nel caso in esame, decorso il termine di sei mesi indicato dalla norma per la riassunzione delle contestazioni in tema di rimborso IRAP 2002, l’inerzia della parte contribuente non permette lo svolgimento di alcun nuovo processo sul medesimo oggetto. All’impugnazione del silenzio-rifiuto alla restituzione dell’IRAP per il 2002, infatti, la parte avrebbe dovuto provvedere dando continuazione al suo processo originario, traslandolo nella sede territoriale competente mediante riassunzione ex art. 5 Dlgs 546/92. Viceversa, poiché tale modalità processuale – l’unica consentita dall’ordinamento – non è stata adottata e non è più procedibile, non è data la possibilità di rinnovare la stessa impugnativa e il silenzio-rifiuto opposto non è più contestabile nel merito. Secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato dalla difesa di parte appellata e dal quale non vi è ragione di discostarsi (Corte di Cassazione, sentenza n. 10332/2015), si deve ritenere che , analogamente a quanto avviene per gli atti impositivi, è estensibile al silenzio- rifiuto la disciplina di cui all’art.63 Dlgs 546/92, secondo cui, se nessuna delle parti si attiva per la riassunzione del processo, esso si estingue determinando la definitività del provvedimento impugnato che ne costituisce l’oggetto. Invero, che si tratti di un provvedimento erariale di segno positivo, di carattere impositivo espresso, o di un provvedimento di segno negativo, di rifiuto di rimborso (tacito o espresso), l’oggetto dell’impugnazione è pur sempre il provvedimento erariale che incide sull’obbligazione tributaria del ricorrente relativamente al quale non possono introdursi trattamenti differenziati. Le considerazioni sin qui svolte conducono al rigetto dell’appello e rendono superfluo l’esame delle ulteriori questioni controverse tra le parti. La particolarità e oggettiva controvertibilità della fattispecie giustifica l’integrale compensazione delle spese processuali anche del presente grado di giudizio.

 P.Q.M.

rigetta l’appello e dispone la compensazione delle spese processuali del grado.