Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, sezione n. 2, sentenza n. 1038 depositata il 15 novembre 2022
Definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti in cui è parte l’agenzia delle dogane e dei monopoli, ai sensi dell’articolo 1, commi da 186 a 203, della Legge n. 197 del 2022 – Circolare n. 9/D del 14 marzo 2023 dell’Agenzia delle Dogane
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La soc. C. impugnava un avviso di accertamento emesso dall’ufficio per l’anno 2014 relativo al disconoscimento di costi deducibili per assicurazioni ramo vita per gli amministratori ed i soci che la società pagava, per un importo di 150.000 euro. Le polizze erano volte ad indennizzare la società in caso di morte dell’amministratore e dei soci. Per l’ufficio la componente assicurativa era solo una parte dei costi, mentre per la maggior parte la componente è di investimento. Il ricorso per errore è stato notificato alla Commissione tributaria di Roma che ha dichiarato la propria incompetenza territoriale assegnando 60 giorni per la riassunzione presso il giudice competente la Commissione tributaria di Cuneo. La CTP di Cuneo accoglieva il ricorso riconoscendo la natura assicurativa delle polizze in quanto volte a coprire il rischio di morte degli assicurati con finalità di tutelare la società ed i suoi interessi.
Ora l’ufficio presenta appello per i seguenti motivi:
1 violazione art. 109 Tuir: in realtà le assicurazioni non coprono il “rischio demografico” (e quindi non sono contratti assicurativi), ma sono vere e propri forme di accumulo dei premi pagati che porteranno a guadagni da tale capitale immobilizzato. Tali contratti se pur giustificati dal punto di vista economico e civilistico, dal punto di vista fiscale invece la valutazione deve essere diversa. Anche volendole ritenere inerenti alla attività dell’impresa tali costi sarebbero una forma di investimento ed in quanto tali da iscrivere nel patrimonio e non tra i costi del conto economico in un unico esercizio. Le polizze in questione sono “intermedie” e cioè non si limitano a corrispondere la prestazione che è la ragione della causa assicurativa (rischio demografico), ma anche un rendimento di natura finanziaria. Tale secondo aspetto nel nostro caso è prevalente e quindi il costo relativo non è inerente: difatti è prevista la restituzione del capitale investito rivalutato con rendimento minimo. Richiama poi la sentenza della Cassazione n. 6319/19 con la quale si chiarisce che in caso di polizze miste il giudice deve attentamente rilevare la parte assicurativa dalla parte finanziaria per poter stabilire, con giusto equilibrio e proporzionalità, se ci si trova di fronte ad un contratto di assicurazione oppure no: nel nostro caso la parte assicurativa è di circa 4.000 euro a fronte di un premio di 150.000 euro.
La Ctp ha deciso da un punto di vista civilistico (mai posto in discussione) e non fiscale perché la suddetta sentenza della Cassazione (utilizzata dal giudice per fondare la sentenza) aveva proprio quello scopo, ma nulla dice relativamente alla parte fiscale.
Controdeduce il contribuente:
1 le polizze “key man”, tali sono le polizze in parola, sono caratterizzate non solo dall’assicurare il rischio demografico, ma anche dalla rendita che il capitale versato potrà dare in base all’investimento che ne fa l’assicuratore tramite fondi interni éiella compagnia (gestioni separate), in base a éui viene rivalutato il capitale versato. Le polizze assicurano il rischio di morte ed hanno durata per l’intera vita dell’assicurato e permette di avere un capitale rivalutato decurtato della parte versata per il suddetto rischio demografico. Anche nelle polizze miste è assicurata la causa del contratto che consiste appunto nel trasferire il rischio di morte dall’assicurato all’assicuratore. All’atto delle percezione dell’indennizzo la società iscriverà tale importo tra le sopravvenienze attive e verrà sottoposto a tassazione. li principio della inerenza è garantito dal fatto che il beneficiario è la società, ed il costo è relativo alla attività della stessa nel senso più ampio.
2 onere della prova: l’ufficio ritiene che non sia dimostrata la correlazione con l’attività sociale in ragione dell’indispensabilità delle quattro figure chiave. Al contrario è. l’ufficio che non ha provato il disconoscimento con prove gravi precise e concordanti.
3 violazione art. 109: i costi sono pienamente inerenti in senso ampio in quanto il fatto assicurato, qualora si avveri, determina conseguenze sfavorevoli per la società con ripercussioni negative sulla sua attività.
4 sanzioni: la società ha agito in assoluta buona fede e nella sua condotta non vi è colpevolezza.
5 vi è sproporzionalità nel calcolo delle sanzioni tra offesa ricevuta e sanzione comminata, in violazione di principi comunitari di proporzionalità. In sostanza, la sanzione va quantificata in modo direttamente proporzionale alla pericolosità del comportamento tenuto dal soggetto passivo, pericolosità che, in campo fiscale, va misurata in termini di danno, ancorchè solo potenziale, attribuibile ad una certa condotta. Chiede il ricalcolo delle sanzioni.
Presenta memoria in data 20/10/2022.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La Polizza Key Man è un’Assicurazione sulla Vita dell’uomo chiave, finalizzata a sostenere economicamente l’azienda nella triste eventualità di una prematura scomparsa di un suo collaboratore particolarmente influente. Con l’uomo chiave ci si riferisce di norma a persone che hanno un ruolo fondamentale nell’attività dell’azienda, e possono essere i soci, l’amministratore, od altri le cui competenze risultino particolarmente importanti. L’azienda si protegge dal rischio di perdita prematura dell’uomo chiave dietro pagamento di un premio annuale, da corrispondere alla compagnia in cambio di un indennizzo che sarà versato all’azienda nel caso di premorienza dell’uomo chiave assicurato.
La Polizza key man funziona così: il contraente versa un premio annuale che viene accantonato dalla societàassicuratrice trasferendo quindi il rischio demografico dall’assicurato all’assicuratore. La società assicuratrice si attiva nel caso di premorienza versando il capitale come da contratto. Il contraente ed il beneficiario sono quindi lo stesso soggetto. La deducibilità della polizza key man sotto questo profilo è senz’altro deducibile in quanto il costo è inerente alla attività della società beneficiaria intesa nel senso più ampio perché ne ha coperto i rischi che comporterebbe la premorienza dell’assicurato alla beneficiaria stessa. In tal caso il capitale che viene versato alla beneficiaria sarà tassato in quanto rientra nel reddito di impresa.
Fiscalmente i premi versati per un polizza Key Man, se la polizza è strutturata correttamente, sono fiscalmente deducibili.
L’art. 109 del nuovo TUIR afferma infatti che sono deducibili le spese riferite alle attività o ai beni da cui derivino ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito. Quindi, anche le spese sostenute per salvaguardare l’attività aziendale, e tra queste anche le spese assicurative necessarie a coprire i rischi connessi alla perdita di persone fondamentali (key-man) per il proseguimento dell’attività, sono deducibili.
Per quanto riguarda il capitale liquidato, lo stesso dovrà essere trattato come una soprawenienza attiva.
Quindi l’imposizione fiscale sarà in capo all’azienda, mentre invece nessuna imposizione fiscale è prevista in capo all’uomo chiave in quanto questo non ne è il beneficiario e quindi non ricade nei fringe-benefits.
Nel nostro caso la polizza stipulata è di tipo misto, cioè comprende sia una parte squisitamente assicurativa, sia una parte finanziaria data dal fatto che la società assicuratrice tramite fondi interni denominati “gestioni separate” investe il capitale versato con strumenti finanziari garantendo la rivalutazione dello stesso con un rendimento minimo. Questa seconda parte non si può ritenere inerente l’attività dell’impresa perché, se pur legittima dal punto di vista economico e civilistico, nulla ha a che vedere e non protegge né sviluppa l’attività, ma ne deriva semplicemente un guadagno per la società.
A questo proposito, sulle polizze miste si è pronunciata molto chiaramente la Cassazione con sentenza 6319/19 che detta il seguente principio: ” 5. La sentenza, pertanto, deve essere cassata sulla base del seguente principio di diritto: “nelle polizze unit linked, caratterizzate dalla componente causale mista (finanziaria ed assicurativa sulla vita), anche ove sia prevalente la causa “finanziaria”, la parte qualificata come “assicurativa” deve comunque rispondere ai principi dettati dal codice civile, dal codice delle assicurazioni e dalla normativa secondaria ad essi collegata con particolare riferimento alla ricorrenza del “rischio demografico” rispetto al quale il giudice di merito deve valutare l’entità della copertura assicurativa che, avuto riguardo alla natura mista della causa contrattuale, dovrà essere vagliata con specifico riferimento all’ammontare del premio versato dal contraente, all’orizzonte temporale ed alla tipologia dell’investimento.
Il giudice di merito dovrà valutare, con adeguata e logica motivazione se, in relazione a tali indici, la misura prevista sia in grado di integrare concretamente il “rischio demografico”.
Ora, nel nostro caso a fronte di un versamento di 150.000 euro la parte specificata quale premio assicurativo per il rischio demografico è di sole circa 4.000 euro, importo che non consente di integrare concretamente tutta la polizza come coprente il “rischio demografico”, addirittura indipendentemente dall’orizzonte temporale e dalla tipologia dell’investimento.
Difatti, per la Cassazione ed in base alla sentenza su citata il giudice di merito ha il compito di valutare la congruità “della copertura assicurativa … con riferimento all’ammontare del premio versato dal contraente, all’orizzonte temporale ed alla tipologia di investimento”. Se le polizze in questione sono “caratterizzate dalla componente causale mista (finanziaria ed assicurativa sulla vita)” deve farsi applicazione degli artt.1882 e seguenti del codice civile, ed in particolare deve trasferirsi in concreto dall’assicurato all’assicuratore del c.d. rischio demografico, legato al verificarsi di un evento della vita umana. Secondo la Cassazione dovrà verificarsi che “l’entità della copertura assicurativa” non sia “talmente irrisoria da vanificare completamente l’equilibrio delle prestazioni”. Ed è proprio questo il nostro caso in cui l’importo dei premi versati per assicurare il rischio demografico in concreto è irrisorio rispetto alla cifra totale dei premi versati, che invece vengono utilizzati per investimenti che vanno pertanto trattati non come costi, ma vanni iscritti nello Stato patrimoniale.
P.Q.M.
In parziale accoglimento dell’appello dell’ufficio dichiara deducibili i costi assicurativi relativi alla copertura assicurativa del solo rischio morte. Spese compensate.