Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Basilicata, sezione n. 1, sentenza n. 130 depositata il 5 giugno 2023
Associazione e impresa commerciale – scopo ricreativo – obbligazione solidale – Pretesa creditoria.
Massima:
L’art. 4 DPR n.633/72 stabilisce che costituiscono esercizio d’impresa commerciale anche le cessioni o le prestazioni effettuate dalle associazioni nei confronti dei soci o associati in presenza di corrispettivi specifici o supplementari richiesti agli stessi. Nel caso di specie, la cessione di beni e la prestazione di servizi, nell’ambito delle strutture associative riferibili all’esercizio di un bar, non può farsi rientrare tra le finalità istituzionali di un’associazione culturale, assistenziale o sportiva, in considerazione del fatto che, presso la predetta associazione, la Guardia di Finanza aveva accertato l’inesistenza dei requisiti oggettivi per considerare l’attività ricreativa. Conseguentemente risulta legittima, nell’ambito dell’istituto dell’obbligazione solidale, la scelta insindacabile del creditore di potersi soddisfare nei confronti di uno dei debitori, ovvero il presidente dell’associazione, destinatario dell’atto impugnato.
****
Per l’anno d’imposta 2012 la Guardia di Finanza – Brigata di Metaponto conduceva un controllo fiscale nei confronti dell’associazione “L.”, esercente l’attività di associazione con fini culturali”, presieduta da D. P. Emergevano una serie di elementi e circostanze che consentivano di escludere l’esistenza di un sodalizio associativo per configurare una partecipazione “fittizia” dei soci alla vita associativa ed una gestione privatistica” del sodalizio da parte del suo presidente, posto che i frequentatori del circolo si comportavano piuttosto come semplici e puri clienti dell’attività commerciale del D., intesa in fatto come ditta individuale esercente l’attività di ‘Bar e altri esercizi senza cucina’ e ‘Sala giochi e biliardi”‘ Infatti, durante le operazioni di verifica i militari rilevavano, tra l’altro, quanto segue: – l’assemblea dei soci non era stata mai convocata, non essendoci i relativi verbali; – il libro soci conteneva dati solo parziali dei soci, insufficienti per determinarne l’identità e la partecipazione alla vita sociale; in nessun verbale delle assemblee si rilevava l’ammissione al sodalizio di soggetti che avevano presentato domanda e, soprattutto, non vi era traccia della stesura di alcun bilancio consuntivo che avrebbe dovuto essere presentato successivamente all’assemblea dei soci per l’approvazione. Non vi era, inoltre, nessuna delibera che facesse riferimento all’allestimento interno della sede dell’associazione (bar e installazione dei TOTEM) né al quantum della quota associativa da versare annualmente; – i componenti del consiglio direttivo dell’associazione non si erano mai interessati di approvare i bilanci o di dare esecuzione alle disposizioni contenute nell’art 19, dello Statuto dell’associazione. ll consiglio non era stato mai formalmente convocato e riunito ed il rendiconto economico finanziario (bilancio) mai redatto nonostante l’art. 23 dello Statuto prevedeva che il bilancio doveva essere presentato all’assemblea entro il 30 aprile dell’anno successivo. Nessun conto corrente intestato al circolo era stato acceso né esistevano rendicontazioni annuali perché mai fatte. L’AdE di Matera , quindi, emetteva avviso di accertamento TC501AH00894/2017 con cui, ai fini delle II.DD. , determinava un reddito d’impresa pari ad ? 5.994,03 ; ai fini Iva è stata determinata un’imposta dovuta pari ad euro 3.675,00 Con ricorso alla CTP di Matera il contribuente contestava l’avviso di accertamento eccependo la decadenza della pretesa impositiva, il difetto di legittimazione passiva del D. P. e la violazione dell’art. 4 della legge 383/2000 in riferimento alla contestata inerenza delle attività di bar e sala giochi ai fini istituzionali dell’ente, l’infondatezza, nel merito, della pretesa fiscale . La CTP , con sentenza n. 436/01/18, rigettava il ricorso ed avverso tale pronuncia proponeva appello i! contribuente innanzi a questa CTR, riproponendo le medesime eccezioni del primo grado Chiedeva altresì la sospensione dell’ esecuzione della sentenza impugnata. L’AdE si costituiva con memoria
MOTIVI DELLA DECISIONE
La richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 49 D.Lgs. 546/92, va rigettata, Quanto ai requisiti voluti dalla norma ciò che va valutato ai sensi dell’ art. 373 c.p.c. non è la fondatezza del ricorso ma è “accertamento del danno grave ed irreparabile quale conseguenza dell’esecuzione della sentenza impugnata.
Il danno grave ed irreparabile va valutato: 1) soggettivamente, sulla sussistenza dell’eccezionale sproporzione fra il vantaggio per il creditore procedente ed il pregiudizio irreparabile patito dal debitore a seguito dell’esecuzione della sentenza oggettivamente, sulla ricorrenza nella fattispecie di un pregiudizio irreversibile ed insuscettibile di restitutio in integrum nel caso in cui la sentenza venga cassata e/o confermata.
Va premesso che il disagio economico derivante dal fatto stesso dell’esecuzione non rientra nei motivi di periculum segnalati dalla norma. In particolar modo integra indubbiamente il requisito di grave ed irreparabile danno la circostanza dell’impossibilità del debitore di poter far fronte ad un’esecuzione esattoriale che determinerebbe una situazione di decozione talmente grave da condurre, ad esempio, al sicuro fallimento della società con conseguente irreparabilità della condizione giuridica consumatasÏ senza alcuna soluzione ripristinatoria. Nessuna delle predette circostanze, né altri fatti idonei a comprovare il predetto danno grave ed irreparabile, sono stati provati dal ricorrente e, di conseguenza, l’istanza di sospensione va rigettata.
Nel merito l’appello va respinto.
Quanto al presunto difetto di legittimazione passiva, dal p.v.c. redatto dalla GDF si accertava mancato svolgimento dei compiti istituzionali da parte degli organi dell’associazione, l’inattendibilità delle scritture contabili, la partecipazione fittizia dei soci alla vita associativa ed in buona sostanza l’inesistenza dei presupposti oggettivi per considerare l’attività svolta dal circolo come ricreativa ma bensì di carattere privatistico del sodalizio in quanto i soci non hanno mai partecipato alla vita sociale. In pratica, i frequentatori del circolo (alias i presunti soci) si comportavano come semplici puri clienti di una attività commerciale. Posto che risulta pacificamente in atti la qualifica di “presidente” dell’associazione in capo al D. e che, nella qualità, egli ha agito per l’ente , veniva emesso l’atto impugnato nei soli confronti della “Ditta individuale D. con notifica direttamente a quest’ultimo in quanto responsabile personalmente e solidalmente ex art. 38 c.p. avendo in ogni caso agito in nome e per conto dell’associazione.
Rientra nei principi propri della figura giuridica dell’obbligazione solidale, l’insindacabile scelta del creditore di potersi soddisfare nei confronti di uno dei debitori residuando la possibilità, per colui che viene escusso, di rivalersi in regresso verso gli altri coobligati. Tale facoltà non può considerarsi pregiudicata dal fatto che l’accertatore abbia ritenuto l’attività del D. come ditta individuale, atteso che la qualificazione dei rapporti giuridici attinenti la vicenda fiscale ben può essere rimessa all’A. G. competente dal punto di vista civilistico. D’altronde, nel caso di specie, si verificava un continuativo e sistematico abuso della forma associativa, di fatto inesistente ed usata solo come mera copertura di una vera e propria attività commerciale esercitata in forma individuale e privatistica dal D.P. che riusciva così a sottrarsi dalla posizione di soggetto passivo ai fini delle imposte sui redditi, dell’Iva e dell’Irap a far data dall’anno d’imposta 2011.
Quanto al secondo motivo d’appello tutte le circostanze emergenti a seguito della verifica non consentono di considerare la gestione dell’associazione quale attività conforme alle finalità istituzionali, e, di conseguenza, ritenere i proventi da essa derivanti riconducibili all’art. 148 TUIR, per il quale non sono commerciali le attività svolte in conformità alle finalità istituzionali nei confronti degli associati.
Ed infatti : i soci non hanno mai presentato domanda di iscrizione al circolo; b) non risultano mai essere state pagate quote sociali; c) l’ingresso al circolo era libero; d) le consumazioni al bar venivano pagate così come l’uso dei giochi da intrattenimento; e) i soci non sono mai stati formalmente convocati per le assemblee; f) il consiglio direttivo non risulta essersi mai riunito per deliberare in merito alle sue funzioni; G) la gestione del “Bar” all’interno del circolo (pur volendo considerare l’accesso alle consumazioni riservato ai soli associati) non risultava tuttavia né in funzione sussidiaria, né diretta al perseguimento dei fini istituzionali del circolo.
L’art, 4 del DPR 633/72 stabilisce che costituiscono esercizio d’impresa commerciale anche le cessioni o le prestazioni effettuate dalle associazioni ai soci o associati in presenza di corrispettivi specifici o supplementari agli stessi. Non costituiscono esercizio d’impresa, viceversa, le cessioni o prestazioni, effettuate secondo le finalità istituzionali, da parte delle associazioni politiche, sindacali e di categoria, religiose, assistenziali, culturali sportive dilettantistiche, di promozione sociale e di formazione extra-scolastica della persona, Va peraltro aggiunto il disposto del successivo comma 7, secondo il quale la norma, in precedenza riportata “è applicabile a condizione che le associazioni si conformino a determinate clausole” Il richiamato art. 4 del D.P.R. n, 633 del 1972, non considera fatti nell’esercizio di attività commerciali le cessioni di beni e le prestazioni di servizi ai soci/ associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, solo se effettuate in attuazione delle finalità istituzionali e la gestione nell’ambito delle strutture associative di un esercizio bar, non può, infatti, ritenersi coerente e farsi rientrare tra le finalità istituzionali di una associazione culturale, assistenziale o sportiva ( sul punto Cass. n. 19840 del 10 ottobre 2005).
Il terzo motivo d’appello è inammissibile in quanto, come già rilevato dai giudici di primo grado, la contribuente ha omesso di l’indicazione le ragioni, in fatto e in diritto, per le quali l’atto impugnato si assume viziato in relazione al reddito ritenuto imponibile, non avendo specificato puntualmente eventuali dati la cui applicazione avrebbe portato ad un esito diverso dell’accertamento Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P Q M
La Commissione rigetta il ricorso e condanna l’appellante alla refusione delle spese liquidate in euro 250, oltre accessori.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- MINISTERO FINANZE - Decreto ministeriale 01 febbraio 2024 Modalità di utilizzo dei dati fiscali relativi ai corrispettivi trasmessi al Sistema tessera sanitaria Art. 1 Definizioni 1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) «dati fiscali», i…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 25 giugno 2021, n. 18332 - In tema d'imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l'art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R.…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 11722 depositata il 12 aprile 2022 - In tema d'imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l'art. 32, comma 1, n. 2,…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 28312 depositata il 28 settembre 2022 - In tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, non è riferibile ai soli…
- CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 30 dicembre 2020, n. 29908 - In tema d’imposte sui redditi, la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari giusta l'art. 32, primo comma, n. 2, del…
- Corte di Cassazione ordinanza n. 19117 del 14 giugno 2022 - L'accertamento nei confronti del socio, di una società di capitale a ristretta base, è indipendente da quello svolto nei confronti della società, costituendo quest'ultimo unicamente il…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- Gli amministratori deleganti sono responsabili, ne
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n 10739 depositata il…
- La prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949
La Corte di Cassazione, sezione I, con l’ordinanza n. 8553 depositata il 2…
- La presunzione legale relativa, di cui all’a
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, con l’ordinanza n. 10075 depos…
- Determinazione del compenso del legale nelle ipote
La Corte di Cassazione, sezione III, con l’ordinanza n.10367 del 17 aprile…
- L’agevolazione del c.d. Ecobonus del d.l. n.
La Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza n. 7657 depositata il 21 ma…