Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, sezione n. 15, sentenza n. 2479 depositata il 26 settembre 2024

Per il principio di “prevalenza della sostanza sulla forma” la possibilità offerta dall’art. 2, comma 71, del D.L. n. 225/2010 di compensare il risparmio d’imposta maturato alla data del 30 giugno 2011, a fronte di risultati negativi di gestione, con il debito per ritenute alla fonte, operate dalle società di gestione e dagli altri soggetti qualificati sui proventi distribuiti ai partecipanti ad un fondo comune di investimento, non è condizionata all’indicazione del credito fiscale nei Modelli 770 relativi ai periodi d’imposta precedenti a quello in cui risulta utilizzabile per aver il fondo generato redditi imponibili

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia riguarda il silenzio rifiuto dell’Ufficio in relazione all’istanza presentata dalla società per il rimborso delle ritenute alla fonte, degli interessi e sanzioni, versati per l’anno d’imposta 2017 con ravvedimento operoso. La contribuente è una società di gestione del risparmio. Nell’ambito dell’attività, la società istituiva il fondo comune di investimento mobiliare di tipo chiuso riservato ad investitori qualificati, denominato GATE. Fino al 30 giugno 2011, la tassazione dei fondi comuni di investimento avveniva sulla base del criterio di maturazione, applicando un’imposta sostitutiva del 12,50% al risultato di gestione.

Dall’1 luglio 2011, il suddetto regime di tassazione veniva abrogato, spostando il momento della tassazione alla percezione dei proventi da parte dei partecipanti e del disinvestimento delle quote o azioni possedute.

Come chiarito dalla Circolare n. 33/E del 2011, il risparmio d’imposta che residuava al 30 giugno 2011 poteva essere compensato con le ritenute dovute su proventi derivanti dalla partecipazione al fondo comune, che dovevano essere versate dalla società di gestione del risparmio per conto dei partecipanti.

Solo nell’anno 2017 il fondo generava proventi per scomputare il risparmio d’imposta dalle ritenute effettuate per conto dei partecipanti del fondo. Tuttavia, per gli anni d’imposta dal 2011 al 2016, la società ometteva di dichiarare il risparmio d’imposta accantonato. Il 20 ottobre 2017 la società presentava dichiarazioni integrative per gli anni d’imposta dal 2012 al 2015, inserendo il risparmio d’imposta accumulato e versando la sanzione da ravvedimento. Per l’anno d’imposta 2011, invece, la società non presentava alcuna dichiarazione integrativa in quanto non più emendabile. Ricevuta risposta negativa all’interpello depositato, al fine di non esporsi a controlli, in data 19 settembre 2018, la società versava, tramite ravvedimento operoso, l’importo di euro 972.685,00, di cui euro 934.950,00 di ritenute, euro 35.061,00 di sanzioni ed euro 2.674,00 di interessi.

Ritenendo, però, legittima la compensazione effettuata il 16 ottobre 2018, la società presentava istanza di rimborso delle somme versate con ravvedimento operoso. Non avendo ricevuto risposta nei termini, la società impugnava il silenzio rifiuto dell’Ufficio dinanzi alla CTP di Milano. Con il proprio ricorso, la società sosteneva che l’omessa dichiarazione del risparmio d’imposta nell’anno di maturazione non comportava la decadenza dal diritto di utilizzare tale risparmio in compensazione nell’anno 2017. L’Agenzia delle Entrate resisteva con controricorso.

La CTP di Milano pronunciava la sentenza in epigrafe con la quale accoglieva alla lettera la tesi della società, richiamando giurisprudenza di merito in materia di perdite e sentenze delle Sezioni Unite della Cassazione in materia di emendabilitá della dichiarazione.

Agenzia delle Entrate – Direzione provinciale I – Milano in data 13/07/2020 proponeva appello per i seguenti motivi:

– Violazione dell’art. 2, comma 8, DPR n. 322/1998 – Violazione dell’art. 43 DPR n. 600/1973 – Difetto di motivazione della sentenza per omessa valutazione delle deduzioni difensive dell’Ufficio – Violazione dell’art.2697 c.c. in materia di onere della prova. Secondo la CTP di Milano, dunque, l’omessa dichiarazione non il risparmio d’imposta maturato al 30.6.2011 può essere utilizzato per compensare le ritenute alla fonte dovute sui proventi derivanti dalla partecipazione al fondo comune di investimento impedisce il riporto a nuovo del risparmio d’imposta. Così facendo, nel caso in specie, la CTP consente di fatto alla società di dichiarare il risparmio d’imposta e di utilizzarlo in compensazione quando i termini per il relativo accertamento sono ormai scaduti, neutralizzando l’azione ed il potere di accertamento dell’Ufficio, il quale non è più in grado di andare al di là del dato contenuto nei rendiconti del fondo e di verificarne l’an ed il quantum, ai sensi dell’art. 43 DPR n. 600/1973.

Sgr Spa in data 09/10/2020 proponeva controdeduzioni per i seguenti motivi:

– Erroneità dell’Appello per falsa applicazione dell’art. 2, comma 71, del d.l. n. 225/2010 e dell’art. 38 del d.P.R. n. 602/1973 nonché infondatezza dell’impianto argomentativo di confutazione della Sentenza. L’art. 2, comma 71, del d.l. n. 225/2010, norma di diritto sostanziale, subordina l’utilizzo in compensazione del “risparmio d’imposta” alla sola condizione che esso sia maturato al 30.6.2011.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Questa Corte, esaminati gli atti a propria disposizione, è concorde con quanto stabilito nel decisum di prime cure.

In primis merita chiarimento che, a seguito di istanza di rimborso, la società contribuente ha chiesto il rimborso, per duplicazione dell’obbligo di versamento, delle ritenute alla fonte operate nel periodo d’imposta 2017 ai sensi dell’art. 26-quinquies del d.P.R. n. 600/1973 e versate il 19.9.2018, oltre agli importi versati a titolo di sanzioni e interessi e non già il rimborso del “risparmio d’imposta” non indicato nel Modello 770 relativo al 2011.

L’art. 2, comma 71, del d.l. n. 225/2010, norma di diritto sostanziale, subordina l’utilizzo in compensazione del “risparmio d’imposta” alla sola condizione che esso sia maturato al 30.6.2011.

La norma citata nulla dispone invece in ordine all’esposizione di detta posta all’interno del modello dichiarativo dei sostituti d’imposta, l’indicazione in tal senso è stata fornita in sede applicativa dalla stessa Agenzia delle Entrate (circ. n. 19/E/2013, par. 2.1 e nelle istruzioni al Modello 770 di ogni anno a partire dal 2011), ma nemmeno in tale sede l’Agenzia delle Entrate risulta aver mai subordinato il diritto all’utilizzo del “risparmio d’imposta” all’indicazione del relativo importo nel Modello 770 riferito all’anno 2011 ed agli anni successivi ma precedenti a quello del suo utilizzo in compensazione.

Dunque, applicando al caso di specie i granitici principi nel tempo statuiti sia dall’Amministrazione finanziaria sia dalla giurisprudenza con riferimento al rapporto tra tax asset e adempimenti dichiarativi, in assenza di espressi vincoli o condizioni di fonte legislativa primaria o secondaria il “risparmio di imposta” si deve ritenere esistente, maturato e accumulato al 30.6.2011,e se ne deve ritenere legittimo il suo utilizzo in compensazione, ancorché l’informazione sia stata omessa per errore materiale nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, omissione peraltro già sanata mediante la presentazione delle dichiarazioni integrative accompagnate da ravvedimento.

Ad abundantiam si rileva che con risposta n. 648 del 1° ottobre 2021 l’Agenzia delle Entrate ha risolto questione del tutto similare alla presente sostenendo che effettivamente il risparmio d’imposta maturato dal fondo di investimento mobiliare prima del 1° luglio 2011 e, quindi, dell’entrata in vigore della nuova disciplina di tassazione degli Oicvm, può essere utilizzato anche in caso di mancato riporto nel 770/Ordinario 2012 e nei modelli degli anni successivi.

Le spese del grado alla luce della peculiarità della materia trattata ed in assenza di un orientamento giurisprudenziale specifico, debbono intendersi compensate.

P.Q.M.

Respinge l’appello confermando la sentenza impugnata. Spese compensate.