Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, sezione n. 22, sentenza n. 3225 depositata il 30 novembre 2022
Condanna alle spese di lite con il principio della soccombenza virtuale
Massima:
La soccombenza virtuale è quella che deve stabilire il giudice tenendo in considerazione la fondatezza delle prospettazioni iniziali delle parti, a prescindere dal fatto sopravvenuto che ha determinato la cessazione della materia del contendere. La soccombenza è “virtuale” perché, di fatto, il giudizio si è concluso senza vinti né vincitori. Secondo la giurisprudenza la soccombenza virtuale si determina in base alla ragionevole probabilità di accoglimento della pretesa di parte. Ai fini dell’accertamento della soccombenza virtuale per la liquidazione delle spese processuali domandate in seguito all’estinzione del giudizio deve farsi riferimento all’esistenza di un interesse ad agire al tempo in cui è stata proposta l’opposizione, risultando irrilevante il fatto che la stessa sia stata successivamente dichiarata estinta. In altre parole, per stabilire la soccombenza virtuale il giudice deve immaginare che il processo sia proseguito, ponendo le spese a carico della parte che, con ogni probabilità, avrebbe perso. Insomma: sulla base degli elementi fino a quel momento raccolti, il giudice deve stabilire chi avrebbe vinto la causa se il processo fosse andato avanti anziché estinguersi per la cessata materia del contendere.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n° XXXX/2019, la CTR di Puglia – Sezione distaccata di Lecce – rigettava l’appello proposto dalla Società XXXXX XXXX XXXX avverso la sentenza della CTP di Lecce n° XXXX/2018 del XX/XX/2018, depositata il XX/XX/2018, con la quale veniva rigettato il ricorso proposto dalla medesima Società XXXXX XXXX XXXX contro l’avviso di accertamento emesso dal Comune di Lecce, per il pagamento di complessivi Euro 62.143,00 a titolo di IMU omessa anno d’imposta 2012 relativa ad immobili destinati a officina ferroviaria. Il giudice di appello, al pari del giudice di prime cure, riteneva la predetta società concessionaria di beni demaniali e come tale assoggettata al pagamento dell’imposta dovuta.
La Corte di Cassazione, investita dal ricorso proposto dalla Società avverso la citata sentenza n° XXXX/2019, con ordinanza n° XXXXX/2021 cassava la decisione impugnata disponendo il rinvio della causa ad altra sezione della Commissione Tributaria della Puglia per un nuovo esame e per la liquidazione delle spese di legittimità.
Con ricorso in riassunzione del 28.2.2022 la predetta Società, dopo aver tratteggiato i punti salienti della controversia, chiedeva la trattazione della causa in pubblica udienza, concludendo per l’accoglimento dell’appello, con vittoria di spese.
Nel corso di causa e prima della udienza di trattazione, il Comune di Lecce con nota prot. n° XXXXX del 4.11.2022, nel costituirsi in giudizio, comunicava di aver “provveduto ad annullare l’avviso di accertamento” alla luce delle recenti pronunce di questa Corte e di quelle della Suprema Corte di Cassazione; indi chiedeva di voler dichiarare la cessata materia del contendere con compensazione delle spese in ragione della specificità e della particolare complessità della materia trattata.
A riscontro di tale nota la Società XXXXX XXXX XXXXX presentava telematicamente memoria con la quale, nel prendere atto dell’avvenuto annullamento in autotutela dell’avviso di accertamento opposto, rilevava che tale annullamento è intervenuto successivamente all’odierno giudizio in riassunzione, benché il Comune conoscesse da subito le motivazioni del rinvio da Cassazione e l’orientamento di questa Corte di Giustizia, ragion per cui si configura una chiara soccombenza virtuale, con ogni conseguenza sulle spese di lite, che espressamente invoca sia rispetto al giudizio in riassunzione che al giudizio di cassazione.
All’esito della odierna udienza pubblica la Corte trattiene la causa e decide come da dispositivo.
La Corte prende atto della comunicazione del Comune di Lecce con la quale fa presente di aver provveduto all’annullamento in autotutela dell’avviso di accertamento opposto con contestuale richiesta di declaratoria di C.M.C. con compensazione delle spese processuali.
Considerato che a tale richiesta l’appellante Società XXXXXX XXXX XXX non si oppone a condizione, tuttavia, che le vengano riconosciute le spese processuali relative al presente giudizio in riassunzione e a quello svoltosi innanzi alla Corte di Cassazione, sul rilievo che il provvedimento di annullamento in autotutela è intervenuto ex post e nonostante il Comune ben conoscesse da subito il decisum della Cassazione e l’orientamento di questa Corte di Giustizia.
Ritenuto che la eccezione della Società in ordine alla condanna del Comune al pagamento delle spese processuali vada accolta alla stregua del principio della soccombenza virtuale.
Invero, il Comune si è determinato all’annullamento in autotutela dell’avviso di accertamento impugnato solo dopo l’intervenuta decisione della Corte di legittimità e quantunque fosse già a conoscenza dell’orientamento di questa Corte di Giustizia espresso in pregresse decisioni relative a identiche fattispecie, sicché è ragionevole presumere che l’autoannullamento non fosse un adempimento spontaneo da premiare con la compensazione delle spese, bensì, un adempimento indotto dalla proposizione del ricorso in riassunzione. Ne consegue, per effetto della sentenza n° 274 del 2005 della Corte Costituzionale che nelle ipotesi, come nella specie, di cessazione della materia del contendere per casi diversi da quelli di definizione delle pendenze tributarie previsti dalla legge, (per le quali opera la compensazione ope legis) la statuizione di cessazione della materia del contendere comporta l’obbligo per il giudice di provvedere sulle spese processuali del giudizio secondo il principio di soccombenza virtuale.
Per tali ragioni vanno riconosciute alla Società appellante le spese di giudizio svoltosi innanzi alla Corte di Cassazione, nonché quelle relative al giudizio d’appello e di riassunzione liquidate come da dispositivo, tenuto conto, comunque, delle medesime questioni già trattate in pregressi giudizi analoghi relativi ad anni d’imposta diversi.
La Corte dichiara cessata la materia del contendere e, per l’effetto, l’estinzione del giudizio ex art. 46 del D.lgs. n° 546/92. Condanna il Comune di Lecce al pagamento in favore della Società appellante di complessivi Euro 5.000,00 di cui 3.000,00 per il giudizio di legittimità ed Euro 2.000,00 per il giudizio d’appello e di riassunzione.
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