Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Sicilia, sezione n. 2, sentenza n. 10864 depositata il 20 dicembre 2022
In caso di cancellazione della società i creditori sociali non soddisfatti, tra cui anche il fisco, possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori se il mancato pagamento è dipeso da loro colpa. E’ questa la disciplina dell’art. 2495 c.c.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 5993/2020 la C. T. P. di Catania, Sez. 4°, accoglieva il ricorso proposto M. M. C. avverso la cartella sopra indicata, notificatale il 30.5.2015, con la quale l’Agenzia delle Entrate, a seguito di decisione della C. T. P. di Catania, le aveva richiesto il pagamento della somma di euro 10.138,84 per Iva, Irap, interessi, sanzioni e diritti di notifica.
Affermava la predetta Commissione che l’eccezione relativa alla mancata contestazione del debito, mediante avviso di accertamento in capo ai soci – liquidatori era fondata essendo onere del fisco provare che, in base al bilancio finale di liquidazione, vi era stata la distribuzione di una quota dell’attivo ai soci.
Le spese del giudizio venivano compensate tra le parti.
Avverso tale sentenza, con atto notificato alla M. e a Riscossione Sicilia s. p. a. proponeva appello l’Agenzia delle Entrate che eccepiva la violazione dell’art. 2495 c. c., evidenziando, in punto di fatto, che già in primo grado, aveva contestato la completezza e l’attendibilità del bilancio finale di liquidazione depositato dalla LINEA IN s. r. l., cancellata dal registro delle imprese in data 19.10.2012.
L’Agenzia delle Entrate e la contribuente rimanevano contumaci.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La cartella di pagamento in oggetto concerne l’iscrizione a ruolo conseguente alla decisione n. 544/03/2013 emessa dal Giudice Tributario di primo grado il 26.6.2013 con la quale era stato rigettato il ricorso presentato dalla s. r. l. LINEA IN avverso l’avviso di accertamento n. xxxxxx emesso per l’anno d’imposta 2004.
Essendo stata il 19.10.2012 la predetta società cancellata dal registro delle imprese, l’Ufficio aveva proceduto alla iscrizione a ruolo del dovuto nei confronti del socio M.
Tanto premesso va applicato al caso di specie l’art. 2495 c. c. secondo il quale, successivamente alla cancellazione della società, ferma restando l’estinzione della stessa, i creditori sociali (dunque anche il Fisco) non sodisfatti possono far valere i loro crediti nei confronti dei soci fino alla concorrenza delle somme da questi riscosse in base al bilancio finale di liquidazione, e nei confronti dei liquidatori se il mancato pagamento è dipeso da loro colpa.
In ordine a tale limite nei confronti dei soci l’Ufficio ha eccepito che il bilancio finale di liquidazione depositato non fosse veritiero e che nello stato patrimoniale e nel conto economico erano stati riportati dati del tutto inesatti, nulla emergendo, ad esempio in ordine a pendenze tributarie ed essendo stati indicati debiti tributari per circa tremila euro a fronte di quelli esistenti per decine di migliaia di euro (v. interrogazioni esiti contabili).
Nello stato patrimoniale al 15.9.2011, data di inizio della liquidazione, (v. doc. n. 3), infatti, risultavano immobilizzazioni materiali per euro 115.284,82, di cui attrezzature per euro 81.787,53 e macchinari per euro 9.166,67 dei quali nulla si evinceva nel bilancio finale di liquidazione in quanto sprovvisto sia della nota integrativa che della relazione del liquidatore.
Gli elementi di cui sopra, trattandosi di s. r. l. a ristretta base azionaria (due soci) inducono a ritenere che vi sia stata, in frode ai creditori, la distribuzione occulta dell’attivo sociale, circostanza, peraltro, non contestata dall’appellata, rimasta contumace.
La pretesa tributaria in contestazione va pertanto ritenuta fondata nei limiti di cui all’art. 2495 cod. civile.
Le spese seguono la soccombenza e pertanto, per entrambi i gradi vanno poste a carico della contribuente (Riscossione Sicilia s. p. a. non ha contestato l’avversa domanda).
P.Q.M.
La Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Sicilia, Sezione Staccata di Catania n. 5, definitivamente pronunziando, in riforma dell’impugnata sentenza, accoglie l’appello dell’Agenzia delle Entrate per come precisato in parte motiva, e, per l’effetto rigetta l’originario ricorso;
condanna M. M. M. C. a rimborsare in favore dell’Agenzia Entrate le spese del giudizio che liquida in euro 1.000,00 per ciascun grado, oltre accessori di legge se dovuti.
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