Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, sezione 3, sentenza n. 913 depositata il 18 luglio 2022
Costituzione della garanzia fideiussoria quale condizione per l’ottenimento del rimborso
Dal combinato disposto degli artt. 39, comma 4, del R.D. 2440/23 e 38 bis, comma 4, del D.p.r. 633/72, in presenza di un credito vantato dall’A.F. a carico del contribuente, la prestazione di idonea garanzia fideiussoria costituisce l’unico imprescindibile adempimento al quale è condizionato il rimborso. La data di presentazione della suddetta garanzia costituisce il dies a quo dal quale decorrono gli interessi di legge.
Con atto ritualmente notificato e depositato l’Agenzia delle Entrate di Livorno ha proposto appello avverso la sentenza n. 185/1/19, depositata in data 31/07/2019, con la quale la CTP di Livorno ha accolto il ricorso proposto dalla S. S.A. sede Secondaria per l’Italia contro il diniego di rimborso in epigrafe indicato.
Il contenzioso muove dalla richiesta di rimborso a S. S.A. di euro 6.841.530,00 derivante dalla dichiarazione IVA 2006, relativa all’anno di imposta 2005, nella quale era esposto un credito di euro 9.052.238,00. Con nota n. X0/3XX0 dell’1.10.2010 l’erogazione del rimborso veniva sospesa per l’esistenza di numerosi contenziosi pendenti in attesa della definizione delle pendenze in corso o della presentazione di idonea garanzia, senza limiti temporali, fino all’ammontare del rimborso massimo. La società non prestava la garanzia richiesta e il rimborso non veniva, quindi, erogato. Con istanza del 20/12/2017, la società faceva formale richiesta per il rimborso del suddetto credito IVA, oltre interessi quantificati in euro 1.648.996,17 al 31.12.2017, comunicando di essere disponibile a fornire la fideiussione bancaria relativa all’importo da rimborsare, ma l’Ufficio fiscale, con atto del 06/04/2018, quantificava il diritto al rimborso in euro 6.950.291,58 comprensivo degli interessi pari a euro 108.761,58 maturati dal 06/03/2007 al 03/10/2007 e cioè dal novantesimo giorno dalla richiesta del rimborso (06/12/2006) fino alla data in cui l’ufficio aveva chiesto la polizza a copertura delle pendenze, condizionando l’erogazione di tale somma al deposito presso l’Ufficio di idonea garanzia fideiussoria così come previsto dall’articolo 38-bis del DPR n. 633/1972.
La società impugnava tale atto con ricorso alla CTP di Livorno deducendo i motivi di difetto assoluto di motivazione sulle ragioni del diniego parziale e l’erroneità del calcolo degli interessi che sarebbero dovuti decorrere ininterrottamente dal novantesimo giorno successivo alla richiesta fino al pagamento, sostenendo che la sottoposizione a fermo amministrativo del credito IVA fino alla presentazione della polizza fideiussoria, anche se legittima, non incidesse sul decorso degli interessi in ragione della natura cautelare e non sanzionatoria del fermo, non essendoci in tal senso alcun disposto normativo per il caso di mancata presentazione della polizza fideiussoria.
L’Ufficio si costituiva in giudizio ribadendo i motivi del diniego al rimborso, mentre la società presentava una successiva memoria illustrativa con la quale richiamava altra giurisprudenza.
La CTP di Livorno accoglieva il ricorso con compensazione delle spese di lite riconoscendo il diritto al rimborso integrale essendo la fideiussione sul credito a rimborso una garanzia e non anche accertamento della fondatezza del diritto al rimborso come da interpretazione dell’articolo 38-bis, comma 1, del DPR n. 633 del 1972 che prevede la sospensione degli interessi solo “per il periodo intercorrente tra la data di richiesta di documenti e la data della loro consegna” ossia per la fase della procedura tesa alla verifica della esistenza del credito e della spettanza del rimborso e non anche per quella della produzione della fideiussione che accede a un credito già accertato. La Commissione richiamava, inoltre, a sostegno della propria decisione la circolare n. 17/E del 6 maggio 2011, giurisprudenza della CGUE, l’articolo 7 della legge n. 167/2017, nonché l’articolo 8, comma 4 L. 212/2000.
Con l’atto di appello l’Agenzia delle Entrate critica la sentenza dei primi giudici sostenendo l’erroneità del riferimento alla circolare n. 17/E del 6 maggio 2011 che sarebbe stata interpretata in modo fuorviante a nulla rilevando la distinzione ivi prevista delle due fasi della procedura di rimborso ai fini della sospensione degli interessi da rimborso. Diversamente, sostiene, la circolare 32/E del 30 dicembre 2014 chiarirebbe che la mancata presentazione della garanzia fideiussoria, in quanto necessaria all’erogazione del rimborso, impedirebbe il computo degli interessi, non potendosi consentire al contribuente di incidere, con il suo comportamento omissivo, sull’ammontare degli interessi dovuti. Contesta, inoltre, la parte della sentenza relativa al richiamo della sentenza C 387/16 del 2018 citata dal giudice la quale non solo non confermerebbe la tesi di controparte, ma anzi porterebbe argomenti a favore del diniego opposto, perché in essa si presuppone che, qualora il ritardo dipenda da cause imputabili al creditore, la riduzione e/o l’esclusione degli interessi sia possibile (par. 18, 27 e 38 della motivazione), non sussistendo in tal caso alcuna lesione dei principi UE in materia di IVA. Richiama sul punto anche la sentenza della Cassazione n. 25764/2014 che ha incluso la garanzia fra i documenti necessari all’erogazione del rimborso. Ripropone, infine, per tuziorismo le controdeduzioni al vizio di difetto di motivazione respinto dai primi giudici.
Costituitasi nell’appello, la società appellata controdeduce ai motivi di appello ritenendo corretta la sentenza dei primi giudici. Ribadisce che la garanzia non rientrerebbe, ai sensi dell’art. 38 bis del D.P.R. n. 633 del 1972, fra la documentazione necessaria all’accertamento del diritto al rimborso, determinando la mancata produzione della stessa solo la sospensione del rimborso, ma non quella della decorrenza degli interessi sulla somma capitale come affermato dalla Cassazione e dalla CGUE. La produzione della garanzia non dipenderebbe esclusivamente dal contribuente, ma anche dall’ente erogatore della stessa che valuta la solvibilità del richiedente prima di accedere al contratto fideiussorio. Richiama sul punto giurisprudenza della CGUE e della Corte di Cassazione.
Una memoria è stata depositata dall’appellante in data 30.5.2022.
L’aspetto dirimente per la decisione è, ad avviso del Collegio, la questione se nella situazione rappresentata la presentazione della garanzia rientri o meno nel novero degli atti da produrre per ottenere il rimborso d’imposta, ossia ne subordini comunque l’erogazione anche quando risulti che il richiedente il rimborso abbia assolto all’onere dalla presentazione della documentazione richiesta per il suo riconoscimento.
Sul punto occorre muovere dal disposto dell’art. 69, comma 4, del R.D. 18.11.1923, n. 2440 che, al comma 4, ha consentito all’Amministrazione finanziaria di sospendere il rimborso alla società appellata in ragione di crediti tributari vantati oggetto di diversi contenziosi. Il disposto di tale norma è di impedimento di per sé all’erogazione delle somme chieste a rimborso anche nell’ipotesi che sia incontestato il diritto della stessa società di ottenerle, essendo comunque prevalente (la sospensione deve essere eseguita) l’interesse di una pubblica amministrazione a recuperare i crediti vantati verso i soggetti a loro volta creditori della stessa o di altra pubblica amministrazione. Per i crediti tributari riguardanti l’IVA, l’art. 38 bis, comma 4, del D.P.R. n. 633 del 1972, nel quadro dell’armonizzazione della disciplina normativa di un’imposta soggetta all’ordinamento europeo, consente il superamento del fermo amministrativo dell’art. 69, comma 4, e quindi il pagamento del rimborso esclusivamente previa presentazione di una garanzia secondo le modalità indicate nel comma 5, nel caso dell’esistenza di avvisi di accertamento oggetto di contenzioso non ancora definito, come nel caso di specie che presenta alla data della richiesta di rimborso diversi contenziosi fiscali non ancora coperti da giudicato. Dal quadro normativo di cui sopra emerge che il discrimen – fra presentazione della documentazione e prestazione della garanzia – su cui parte contribuente insiste per individuare il momento temporale dal quale fare decorrere gli interessi dovuti sulla somma da rimborsare sia inconferente in quanto esso non trova riscontro nella legge. Parte contribuente in tale discrimen evoca il disposto del comma 1 dell’art. 38 bis, ma esso non è applicabile nell’ipotesi del combinato disposto dell’art. 69 e del comma 4 dell’art. 38 bis citati in cui il credito dell’amministrazione finanziaria, anche se soggetto a contenzioso giurisdizionale, concorre con quello del contribuente. Da quanto sopra considerato il Collegio ritiene che la sentenza appellata sia basata su una ricostruzione non pertinente ed errata della normativa applicabile in quanto la presentazione della garanzia fideiussoria costituisce, in presenza di un credito vantato dall’amministrazione finanziaria a carico del contribuente, l’unico imprescindibile adempimento al quale è condizionato il rimborso e non ha quindi una funzione o natura cautelare; per cui, in assenza della prestazione di idonea garanzia, il credito non è esigibile e l’Agenzia delle Entrate è vincolata a negarne il rimborso. La data di presentazione della garanzia costituisce, quindi, nella fattispecie data il dies a quo dal quale decorrono gli interessi di legge. Del resto si tratta di un adempimento che è nella disponibilità del contribuente compiere per cui, anche valutando i principi affermati dalla giurisprudenza della C.G.U.E. nelle sentenze richiamate, non può non ascriversi al comportamento dello stesso contribuente il ritardo nell’erogazione del rimborso.
Né vale sostenere che la garanzia abbia origine da un contratto con una banca o un’assicurazione e sia, quindi, soggetta alla volontà di un soggetto terzo. Infatti, a parte la condizione imposta dal combinato dell’art. 69 del R.D. e dell’art. 38 bis del D.P.R. prima citati, dalla pag. 4, punto 7, del ricorso è dato evincere che la società, in riscontro alla nota prot. X0/3XX0 dell’1.10.2010 non si è trovata nell’impossibilità oggettiva di prestare una garanzia, bensì ha scelto liberamente di non prestarla stante la rilevanza dell’importo e il fatto che la garanzia non avrebbe dovuto avere limite di durata, il che la rendeva difficoltosa e costosa. Non risulta dagli atti di causa che la società appellata abbia impugnato tale atto dell’Agenzia delle Entrate, come era sua facoltà e onere, e ciò rende ancor più evidente il comportamento omissivo e comunque non collaborativo del contribuente che giustifica, anche in base all’ordinamento europeo, la riduzione degli interessi in caso di circostanze imputabili al contribuente. La decisione del Collegio trova conforto nella sentenza n. 8540 del 29.4.2016 della sez. trib. della Corte di Cassazione che, seppure con argomento a contrario all’interno del quale il giudice di legittimità ha affermato la natura moratoria e non compensativa degli interessi in questione, ha avallato il principio che il provvedimento di un fermo amministrativo incide sull’esigibilità del credito e degli interessi; donde, persistendo il provvedimento di fermo (non impugnato in sede giurisdizionale né ritirato dall’Amministrazione finanziaria) gli interessi non decorrono in assenza di garanzia fideiussoria.
La stessa sentenza n. 16097 del 19.5.2022 della sez. V della Corte, richiamata nella memoria depositata dalla società appellata conferma, sul punto, l’effetto condizionante sul rimborso della prestazione della garanzia affermando i giudici di legittimità che l’obbligo della costituzione della cauzione o della prestazione della garanzia “produce, in realtà, unicamente l’effetto di sostituire l’onere finanziario relativo all’immobilizzazione dei fondi corrispondenti all’eccedenza dell’IVA per la durata del procedimento di verifica con quello corrispondente all’immobilizzazione dell’importo della cauzione o al costo della garanzia (Corte giust. in causa C-107/10, cit., punto 60)”, con ciò affermando implicitamente il principio che la costituzione della garanzia è una condizione per l’ottenimento del rimborso e, pertanto, in assenza del suo verificarsi non decorrono gli interessi sull’importo da rimborsare. Occorre precisare, per completezza, che nella fattispecie esaminata dalla Corte era stato escluso dal computo degli interessi il periodo tra la notificazione della richiesta di fideiussione e la data in cui questa era stata presentata.
L’appello dell’Agenzia è quindi fondato e ciò impone di esaminare il motivo di difetto di motivazione respinto dai primi giudici e riproposto dall’appellata contribuente.
Il motivo è infondato. Il Collegio concorda con i primi giudici che nei i provvedimenti di diniego di rimborso la motivazione possa essere meno pregnante essendo invertite le posizioni del contribuente (soggetto attivo che pretende la restituzione di imposte versate) e dell’amministrazione finanziaria (soggetto passivo che non ha esercitato una potestà impositiva) e concorda anche sulla sufficienza della sintetica motivazione a esporre le ragioni del diniego del rimborso che danno conto della pendenza di diversi contenziosi, del criterio di computo degli interessi (dal 90° giorno della richiesta di rimborso fino alla data in cui l’ufficio ha chiesto la polizza a copertura delle pendenze), della condizione della prestazione della garanzia ai sensi dell’art. 38 bis cit., delle caratteristiche che deve avere la polizza di garanzia. La sufficienza della motivazione è del resto confermata dalle difese approntate dalla società contribuente con il ricorso in cui a secondo e terzo motivo ha dimostrato di avere ben compreso, contestandolo, l’iter logico seguito dall’Amministrazione finanziaria a sostegno del provvedimento di diniego.
In conclusione, l’appello va accolto con condanna della società appellata alle spese di entrambi i gradi di giudizio.
La Commissione, in riforma integrale della sentenza impugnata, accoglie l’appello e condanna la società appellante alle spese di entrambi i gradi di giudizio che liquida in euro 3000,00.