Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, sezione 6, sentenza n0. 138 depositata il 16 febbraio 2023
In tema di imposte sui redditi delle società, il criterio che determina l’assoggettamento delle stesse al sistema impositivo dello Stato è individuato dalla sede effettiva dell’amministrazione, intesa come luogo dove sono esercitati di fatto i poteri di direzione e di amministrazione dell’ente
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. A. D. S.R.L. propone appello avverso sentenza n. 128/2/2021, pronunciata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Lucca, Sez. II, in data 27 gennaio 2021.
1.1. Espone di aver impugnato gli avvisi di accertamento N. T8K03CXX-2019, T8K06CXX-2019, T8K06CXX-2019 per gli anni d’imposta 2013-2014-2015.
Gli avvisi traggono origine da una verifica fiscale operata dalla Guardia di Finanza di Lucca nei confronti della Società T. s.r.l. con sede a Lucca, nel corso della quale sarebbero emersi elementi che hanno indotto a ritenere che nei medesimi locali avesse sede anche la società ricorrente formalmente sedente in Romania. La Società T. s.r.l. e la Società A. D. s. r.l. avrebbero lo stesso amministratore, Sig. G. detentore dell’intero capitale sociale della A.. Su supporti informatici della T. si sarebbe rinvenuta documentazione amministrativa della ricorrente. Presso la T. vi sarebbe un centralino utilizzato per le due società.
La ricorrente impugna gli avvisi per i seguenti motivi:
Inesistenza dell’ipotesi di esterovestizione avendo la Soc. A. sede effettiva in Romania.
Gli avvisi di accertamento sarebbero nulli in quanto l’Ufficio applicherebbe i procedimenti in contrasto alla esterovestizione ad una fattispecie non riconducibile.
Violazione e/o falsa applicazione dcll”art.4 della Convenzione sulle doppie imposizioni Italia-Romania che prevede l’imposizione in base allo stato dove abbia sede la società.
Mancata considerazione delle imposte assolte in Romania e illegittima trasposizione al sistema comunitario IVA delle regole dettate per stabilire la residenza ai fini IVA.
La ricorrente avrebbe comunque assolto l’IVA in Romania seppure col sistema del reverse charge.
Si era costituito l’Ufficio sostenendo l’effettività della sede in Italia e non in Romania.
In Italia, infatti, si svolgerebbero le attività amministrative di gestione e la costituzione della società A. D. S.r.l. in Romania appaia dettata dalla mera esigenza di evitare un pregiudizio sulla consapevolezza degli utenti di operare con una azienda italiana.
La contribuente non avrebbe mai dato la prova di aver pagato l’imposta in Romania e anche ai fini IVA la società ricorrente sarebbe da considerarsi soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato.
1.2. La CTP respingeva il ricorso rilevando che l’istruttoria compiuta dalla G.D.F. abbia permesso di dimostrare che l’attività amministrativa è compiuta in Italia.
Le disposizioni amministrative della A. D. SRL vengono impartite dall’Italia presso la sede della T. da G. F. detentore dell’intero capitale della società estera.
Basandosi sull’art. 4 del Modello OCSE, per il quale occorre analizzare i criteri di collegamento con il territorio italiano, nonché sull’art. 73 comma 5-bis del D.P.R n.917/86, che prevede una presunzione di residenza fiscale in Italia di società costituite all’estero, si è concluso che la sede dell’amministrazione e svolgimento dell’oggetto principale dell’attività è in Italia, mentre la sede in Romania sembrerebbe operare come mero magazzino di transito delle merci che arrivano dall’Italia dalla stessa T..
La gestione degli ordini avviene in Italia ove vengono prese tutte le decisioni strategiche, come emerge anche dai documenti rinvenuti nel computer portatile personale in uso all’amministratore della A..
1.4. Con l’appello, la A. eccepiva il difetto di motivazione della sentenza impugnata; la mancata pronuncia sui motivi di cui ai numeri 2, 3, 3.1, 3.2, 3.3 e 4 del ricorso in primo grado.
Sostiene, inoltre, la non applicabilità della presunzione di cui all’art. 73 c. 5-bis D.P.R n. 917/86, né delle norme per il contrasto della cd. esterovestizione.
Ribadisce la presenza sul territorio della Romania sia della sede, legale ed effettiva, che dell’oggetto principale della società appellante; la mancata dimostrazione del mantenimento in Italia della sede per la maggior parte del periodo d’imposta; l’insussistenza di elementi che radichino in Italia la sede sociale.
Inoltre, costituisce fatto non contestato che la appellante è regolarmente iscritta al registro delle imprese rumeno, utilizza in Romania una sede operativa e un magazzino di più di 10.000 mq, vende prodotti per circa ? 1.900.000,00 (dati 2015 riportati dalla medesima Agenzia delle Entrate nei propri avvisi di accertamento) solo sul mercato rumeno, presenta regolarmente i propri bilanci e le dichiarazioni dei redditi in Romania, ha rapporti continui con professionisti (contabili e consulenti) locali, detiene ed utilizza esclusivamente conti bancari in Romania e, infine, nello stesso luogo detiene il proprio integrale apparato contabile.
Ancora, non vi sono i presupposti per considerare questo un caso di esterovestizione, in quanto la società non beneficia di alcun vantaggio fiscale. Richiama la giurisprudenza della CGUE, della Cassazione e l’art. 4 della Convenzione sulle doppie imposizioni Italia/Romania.
Inoltre, rileva che l’Ufficio, pur in presenza di perdite (negli esercizi 2013 e 2014), non ha computato in diminuzione dei maggiori redditi accertati (per l’esercizio 2015) le perdite pregresse.
Ancora, in via subordinata, eccepisce la violazione degli articoli 11, 163 e 165 del T.U.I.R.: laddove, infatti, si ritenesse che il reddito conseguito sia da assoggettare a prelievo diretto in Italia, dalle somme liquidate d’ufficio, dovrebbe detrarsi un credito d’imposta pari alle imposte assolte in Romania, il pagamento delle quali è provato dai documenti dichiarativi allegati.
Anche sotto il profilo dell’imposizione indiretta, laddove si ritenesse localizzabile in Italia la sede della società ricorrente, il comportamento dell’Ufficio appare censurabile per violazione e falsa applicazione dell’art. 73 del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 e dell’art. 7, d.P.R. n. 633 del 1972, per violazione del principio di neutralità dell’I.V.A (visto che la società ha regolarmente ottemperato agli obblighi imposti dal sistema dell’I.V.A. in Romania) e, in subordine, per violazione degli artt. 7 e ss., d.P.R. n. 633 del 1972 (le cessioni di beni alla T. hanno avuto ad oggetto merce che, al momento dell’acquisto, si trovava in Romania, al di fuori, cioè del territorio nazionale: da qui, l’inapplicabilità dell’I.V.A. italiana per carenza del presupposto territoriale).
Eccepisce, infine, l’illegittimità delle sanzioni (tutte le operazioni fiscalmente rilevanti poste in essere dalla A. siano stati oggetto di tempestiva ed esatta registrazione).
1.5. L’Agenzia delle Entrate ribadiva la correttezza della sentenza impugnata e dell’avviso di accertamento alla base.
1.6. All’esito dell’udienza, la causa passava in decisione sulle conclusioni rassegnate dalle parti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. L’appello è infondato.
2.1. Cass. 23150/2022 ha ricostruito diffusamente la portata e l’interpretazione dell’art. 73 c. 3 TUIR (« Ai fini delle imposte sui redditi si considerano residenti le società e gli enti che per la maggior parte del periodo di imposta hanno la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.»).
Rileva la Suprema Corte che il comma in esame indica i criteri di collegamento, paritetici ed alternativi, tra i soggetti passivi (nel caso di specie le società) dell’imposizione diretta ed il territorio dello Stato, la cui ricorrenza, per la maggior parte del periodo d’imposta, determina la residenza in Italia della contribuente e, con essa, l’assoggettamento alla potestà impositiva del fisco italiano.
La rilevanza dei criteri di collegamento territoriale individuati dalla norma prescinde dall’eventuale alterazione, da parte della società contribuente, della realtà oggettiva, al fine di configurare una residenza diversa da quella effettiva, con il fine di sottrarsi all’imposizione dello Stato italiano e di entrare nell’area territoriale di imposizione di uno Stato diverso, il cui trattamento fiscale risulti più favorevole.
Vale a dire che i criteri in questione non sono finalizzati unicamente ad individuare fenomeni, di natura elusiva, solitamente definiti di “esterovestizione”, caratterizzati in generale dall’artificiosa ed apparente distrazione del soggetto passivo dal territorio nazionale, e quindi dalla residenza in Italia e dalla potestà impositiva nazionale, per attrarlo nell’area impositiva più conveniente di altro Stato.
Certamente, in questi ultimi casi, i criteri di collegamento territoriale dettati dal ridetto art. 73 t.u.i.r. sono fondamentali per verificare quale sia in realtà la residenza effettiva della società, nonostante la manipolazione della realtà operata dalla contribuente.
Tuttavia gli stessi criteri svolgono la loro naturale funzione selettiva dei soggetti passivi dell’imposizione nazionale in ogni fattispecie nella quale, per elementi oggettivi transnazionali che emergano nel caso concreto ed a prescindere da qualsiasi ipotetica manovra elusiva dell’ente accertato, sorga l’esigenza di verificare, ai fini fiscali, la residenza in Italia di quest’ultimo.
Pertanto non vi è necessaria coincidenza tra accertamento della residenza in Italia di una società ai sensi dell’art. 73, terzo comma, t.u.i.r. ed accertamento della c.d. esterovestizione elusiva, con la conseguenza, quindi, che la verifica della residenza in Italia di una società, ai sensi del ridetto art. 73, non richiede necessariamente l’imputazione alla contribuente, e l’accertamento, di una finalità elusiva volta a perseguire uno specifico vantaggio fiscale che altrimenti non le spetterebbe (in questo senso cfr. Cass. 11/04/2022, n. 11709 e n. 11710).
Nel caso di specie, come anche in quello trattato dalla Cassazione, viene in rilievo quello della «sede dell’amministrazione». Sulla base di precedenti conformi, la Cassazione ha affermato che la nozione di “sede dell’amministrazione”, in quanto contrapposta alla “sede legale”, deve ritenersi coincidente con quella di “sede effettiva” (di matrice civilistica), intesa come il luogo dove hanno concreto svolgimento le attività amministrative e di direzione dell’ente e si convocano le assemblee, e cioè il luogo deputato, o stabilmente utilizzato, per l’accentramento – nei rapporti interni e con i terzi – degli organi e degli uffici societari in vista del compimento degli affari e dell’impulso dell’attività dell’ente (Cass., 16/06/1984, n. 3604, 04/10/1988, n. 5359, 18/01/1997, n. 497, 13/04/2004, n. 7037, 12/03/2009, n. 6021, 28/01/2014, n. 2813).
Analogamente, la CGUE (sent. 28 giugno 2007, Planzer Luxembourg Sàrl), ha statuito che la nozione di sede dell’attività economica “indica il luogo in cui vengono adottate le decisioni essenziali concernenti la direzione generale della società e in cui sono svolte le funzioni di amministrazione centrale di quest’ultima” (punto 60), e che la determinazione del luogo della sede dell’attività economica di una società implica “la presa in considerazione di un complesso di fattori, al primo posto dei quali figurano la sede statutaria, il luogo dell’amministrazione centrale, il luogo di riunione dei dirigenti societari e quello, abitualmente identico, in cui si adotta la politica generale di tale società. Possono essere presi in considerazione anche altri elementi, quali il domicilio dei principali dirigenti, il luogo di riunione delle assemblee generali, di tenuta dei documenti amministrativi e contabili e di svolgimento della maggior parte delle attività finanziarie, in particolare bancarie” (punto 61);» (così Cass. 03/06/2021, n. 15424, in motivazione; nello stesso senso Cass. 21/06/2019, n. 16697, in motivazione).
2.2. Applicando tali principi – senz’altro condivisibili – al caso in esame, deve evidenziarsi che:
– per poter vendere in alcuni paesi europei ed abbattere le barriere psicologiche e i pregiudizi dei clienti esteri, la T. SRL si è avvalsa (e si avvale tutt’ora) di società di diritto estero, affiliate con contratti di franchising, tra cui la A. D. Srl, il cui capitale sociale è interamente posseduto dal Sig. G. F..
– gli ordini dei clienti delle affiliate sono ricevuti e caricati dall’impiegata di madre lingua, che risponde al telefono, sul sistema informatico centralizzato della T. S.R.L.
– i materiali ordinati dai clienti delle società affiliate vengono imballati e fatturati in nome e per conto di queste ultime, nel rispetto della normativa del paese di destinazione (fatturazione su carta intestata della società affiliata)
– la società rumena A. D. Srl, ancorché legalmente costituita ed operativa in Romania, era di fatto amministrata in Italia presso la sede della T. SRL per opera del suo formale amministratore G. F. (che ne detiene il 100% del capitale sociale), che riveste un ruolo di importanza strategica e primaria nella conduzione e amministrazione societaria.
– il G., infatti, è l’unico soggetto che, dalla sede italiana, impartisce le disposizioni generali e gli input operativi riguardanti l’amministrazione della A..
– la contabilità della A. è elaborata in Italia presso la sede della T.;
– il G., tramite la T., finanzia costantemente la A,.
Ne consegue che non appaiono determinanti, al fine di radicare in luogo diverso dall’Italia il domicilio fiscale della A. (sulla base dei pacifici principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità):
– il fatto che la A. abbia la disponibilità in Romania di locali in cui si svolge l’attività di distribuzione del materiale
– il fatto che la A. sia iscritta nel registro delle società commerciali in Romania.
Ciò che qui rileva è che – per stessa ammissione del G. – la costituzione della società A. D. Srl in Romania è stata dettata dalla mera esigenza di far vincere al cliente romeno un eventuale pregiudizio che lo stesso avrebbe se fosse consapevole del fatto di operare con azienda italiana.
Da ciò consegue che la localizzazione della sede amministrativa della A. D. Srl deve collocarsi in Lucca, Via degli A. XX, quale sede di direzione effettiva, cioè luogo di assunzione delle decisioni chiave di natura gestionale e commerciale necessarie per la conduzione dell’attività, che sostanzialmente viene di fatto svolta in Italia.
2.4. Infondato è il motivo di ricorso relativo al fatto che non sarebbero state scomputate le perdite pregresse, visto che nell’avviso di accertamento (relativo al 2015) è stata data al contribuente l’avviso della facoltà di richiedere lo scomputo relativo alle perdite relative agli anni pregressi, richiesta non avanzata.
2.5. Non è stata, poi, fornita l’avvenuta prova dell’avvenuto pagamento effettivo delle imposte in Romania.
2.6. L’appello è infondato anche in relazione all’IVA, in quanto anche a fini IVA la A. deve ritenersi soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato.
Corretta è, infatti, la ricostruzione dell’Ufficio, laddove ricorda che l’articolo 7, primo comma, lettera d) del DPR 633/72 stabilisce che per soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato, nel caso di soggetti diversi dalle persone fisiche, si deve fare riferimento ai concetti di domicilio o residenza, individuando il primo nel luogo in cui si trova la sede legale e il secondo nel luogo in cui si trova la sede effettiva.
Il Regolamento Europeo 282/2011 – ai fini dell’individuazione del luogo delle prestazioni di servizi – stabilisce che “il luogo in cui il soggetto passivo ha fissato la sede della propria attività economica è il luogo in cui sono svolte le funzioni dell’amministrazione centrale dell’impresa” e che al fine della sua individuazione” si tiene conto del luogo in cui vengono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa, del luogo della sua sede legale e del luogo in cui si riunisce la direzione”.
Nel caso in cui tali criteri non consentano di determinare con certezza il luogo della sede di una attività economica, il regolamento stabilisce la prevalenza del “criterio del luogo in cui vengono prese le decisioni essenziali concernenti la gestione generale dell’impresa”.
Per quanto sopra detto, pertanto, la sede deve considerarsi collocata in Italia.
Né la contribuente ha dimostrato l’avvenuto effettivo pagamento dell’IVA in Romania, avendo prodotto solo le dichiarazioni.
3. Le spese processuali seguono la soccombenza e devono essere liquidate come da dispositivo, tenuto conto delle caratteristiche, dell’urgenza e del pregio dell’attività prestata, dell’importanza, della natura, della difficoltà e del valore dell’affare, delle condizioni soggettive del cliente, dei risultati conseguiti, del numero e della complessità delle questioni giuridiche e di fatto trattate (art. 1 d.m. 13 marzo 2014 n. 55, pubblicato sulla G.U. n. 77 del 2.4.2014, applicabile ex art. 28 alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore).
P.Q.M.
La Corte di Giustizia Tributaria di II grado di Toscana – VI sezione, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e difesa disattesa e respinta, così provvede:
1) respinge l’appello;
2) condanna parte appellante al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi ? 5.000, oltre 15% spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge.
Possono essere interessanti anche le seguenti pubblicazioni:
- Corte di Cassazione ordinanza n. 32499 depositata il 4 novembre 2022 - In tema di accertamento su IVA e imposte dirette che, ai sensi dell'art. 37, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, nei confronti del soggetto che abbia gestito "uti dominus" una società di…
- CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 novembre 2021, n. 36362 - In tema di imposte sui redditi sussiste l’assoluta incompatibilità tra la qualità di lavoratore dipendente di una società di capitali e la carica di presidenza del consiglio di amministrazione o di…
- CORTE DI CASSAZIONE, sezione penale, sentenza n. 27606 depositata il 6 ottobre 2020 - In tema di reati tributari, la competenza territoriale per i delitti in materia di dichiarazione riguardanti le imposte relative alle persone giuridiche, si determina con…
- AGENZIA DELLE ENTRATE - Provvedimento 15 febbraio 2021, n. 44480 - Determinazione della riduzione forfetaria del cambio da applicare ai redditi, diversi da quelli di impresa, delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione…
- AGENZIA DELLE ENTRATE - Provvedimento 15 febbraio 2022, n. 48205 - Determinazione della riduzione forfetaria del cambio da applicare ai redditi, diversi da quelli di impresa, delle persone fisiche iscritte nei registri anagrafici del comune di Campione…
- Corte di Cassazione sentenza n. 33434 depositata l' 11 novembre 2022 - In tema di accertamento sulle imposte dirette e sull’Iva, nei confronti del soggetto che abbia gestito uti dominus una società di capitali si determina, ai sensi dell’art. 37, terzo comma,…
RICERCA NEL SITO
NEWSLETTER
ARTICOLI RECENTI
- La scelta del CCNL da applicare rientra nella scel
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Il creditore con sentenza non definitiva ha diritt
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 27163 depositata il 22 settembre…
- Impugnazione del verbale di disposizione emesso ai
Il Tribunale amministrativo Regionale della Lombardia, sezione IV, con la senten…
- Valido l’accertamento fondato su valori OMI
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 17189 depositata il 15 giugno 2023, in…
- Possono essere sequestrate somme anche su c/c inte
La Corte di Cassazione, sezione penale, con la sentenza n. 34551 depositata l…