Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, sezione n. 2, sentenza n. 307 depositata il 6 marzo 2024
L’Imu è dovuta dal soggetto che sia “possessore di diritto dell’immobile” e, pertanto, tale imposta è sempre a carico del soggetto che risulti titolare dell’immobile al catasto o, meglio, presso la Conservatoria dei registri immobiliari. Di conseguenza, anche se gli accordi che pongono il carico tributario su un soggetto diverso dal proprietario, o titolare di altro diritto reale, non possono essere contra legem
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L’avviso di accertamento impugnato da parte contribuente è relativo al parziale versamento dell’imposta Municipale unica relativamente all’anno 2014, con riferimento al possesso da parte della U. l. S.p.A. di più immobili, specificati in atti, posseduti dall’anno 2014 a titolo di proprietà a causa della risoluzione anticipata dei relativi contratti di leasing.
Con ricorso alla competente commissione tributaria provinciale la parte contribuente ha contestato la pretesa dell’Amministrazione sostenendo che tale tributo deve ritenersi dovuto dal locatario in quanto soggetto passivo, a decorrere dalla data di stipula del contratto e per tutta la sua durata, anche se il contratto è stato risolto anticipatamente, ma il locatario non abbia provveduto alla riconsegna dei beni.
Costituito il contraddittorio, la commissione tributaria di prime cure rigettava l’impugnazione sostenendo che, secondo giurisprudenza consolidata, il soggetto obbligato al pagamento, con riferimento alla situazione sopra prospettata, deve ritenersi essere il locatore anche se il locatario non abbia provveduto alla riconsegna del bene.
Propone appello la contribuente, contestando la motivazione “implicita” con cui in sentenza sarebbe stata ritenuta infondata l’eccezione concernente la nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione.
Inoltre, contesta l’interpretazione di diritto in punto di legittimazione passiva rispetto all’imposizione nonché la mancata valutazione del parziale pagamento effettuato rispetto alla pretesa.
Si costituisce l’Ufficio contestando quanto ex adverso affermato, allegato e dedotto, con richiesta di conferma della sentenza di primo grado.
La Corte di Giustizia Tributaria di II Grado per la Toscana all’esito della camera di consiglio delibera come da dispositivo.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato.
Quanto alla prima doglianza, concernente la nullità dell’avviso di accertamento per difetto di motivazione, si osserva che, secondo costante insegnamento giurisprudenziale, la motivazione dell’avviso di accertamento o di rettifica, presidiata dall’ art. 7 della legge 27 luglio 2002, n. 212 , ha la funzione di delimitare l’ambito delle contestazioni proponibili dall’Ufficio nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’ “an” ed il “quantum” della pretesa tributaria al fine di approntare una idonea difesa, sicché il corrispondente obbligo deve ritenersi assolto con l’enunciazione dei presupposti adottati e delle relative risultanze, mentre le questioni attinenti all’idoneità del criterio applicato in concreto attengono al diverso piano della prova della pretesa tributaria (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 9810 del 07/05/2014 – Rv. 630679 – 01). Nel caso in esame l’atto impositivo è evidentemente dotato di idonea motivazione atta a garantire le prerogative difensive della contribuente, atteso che sono chiaramente esplicitati gli immobili a cui la richiesta inerisce, le loro caratteristiche catastali, il periodo e la percentuale di possesso, le aliquote di imposta, con espresso richiamo in preambolo della normativa applicata, ponendo così decisamente la contribuente nella posizione di sapere e valutare la legittimità della pretesa stessa.
Quanto alla ritenuta legittimazione passiva della contribuente, la commissione tributaria di primo grado ha fatto buon governo di un insegnamento giurisprudenziale ormai costante, secondo cui in tema di leasing, in base al disposto dell’ art. 9 del d.lgs. n. 23 del 2011 , soggetto passivo dell’IMU, nell’ipotesi di risoluzione del contratto, è il locatore, anche se non ha ancora acquisito la materiale disponibilità del bene per mancata riconsegna da parte dell’utilizzatore, in quanto ad assumere rilevanza ai fini impositivi non è la detenzione materiale del bene da parte di quest’ultimo, bensì l’esistenza di un vincolo contrattuale che ne legittima la detenzione qualificata, a nulla rilevando la diversa previsione sopravvenuta di cui all’art. 1, comma 672, della l. n. 147 del 2013 , in tema di TASI (ex pluribus Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 6844 del 07/03/2023 -Rv. 667380 – 01 ; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 13120 del 27/04/2022 -Rv. 664589 – 01 ; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 29973 del 19/11/2019 -Rv. 655919 – 01 ; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 25249 del 09/10/2019 -Rv. 655410 – 01 ; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 13793 del 22/05/2019 – Rv. 654118 – 01 ).
In particolare, la Suprema Corte ha ravvisato che l’Imu è dovuta dal soggetto che sia possessore di diritto dell’immobile per cui è sempre a carico del soggetto che risulti titolare dell’immobile al catasto o, meglio, presso la Conservatoria dei registri immobiliari, per cui non sono tenuti al versamento il comodatario, l’affittuario, l’utilizzatore o l’occupante dell’immobile. A proposito del contratto di locazione, la Cassazione conferma la tesi che l’unico soggetto passivo del tributo è il possessore di diritto, vale a dire il titolare del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento (usufruttuario, superficiario, usuario). Il titolare di un immobile può sottoscrivere un accordo con l’inquilino, con il quale quest’ultimo si impegna a pagare Ici e Imu. La clausola contrattuale non è illegittima e serve a integrare le somme dovute per il canone di locazione.
Questo principio innovativo è stato affermato dalle sezioni unite con la sentenza 6882/2019, escludendo che gli accordi che pongono il carico tributario su un soggetto diverso dal proprietario, o titolare di altro diritto reale, possano essere ritenuti contra legem. Le imposte locali sugli immobili possono quindi essere pagate anche dal conduttore, se questo obbligo è previsto nel contratto di locazione. L’accordo contrattuale che impone all’affittuario di pagare i tributi locali, secondo le sezioni unite, non si pone in contrasto con il principio di capacità contributiva e non viola la regola sul divieto di traslazione del carico fiscale a un soggetto diverso dal titolare.
Alla luce di detta pronuncia delle SS.UU. la questione di illegittimità costituzionale prospettata da parte contribuente non può ritenersi fondata, atteso che, come detto, alcuna violazione dell’ articolo 53 della Costituzione , può riscontrarsi atteso che le somme che il conduttore si impegna a pagare costituiscono integrazione del canone locativo, concorrendo a determinarne l’ammontare complessivo dovuto. Viene posto in rilievo nella motivazione della sentenza che con «due distinte clausole contrattuali» di un «unico atto», le parti hanno nella specie soltanto inteso «determinare il canone in due diverse componenti».
Conseguentemente non si rileva alcuna violazione dell’ art. 3 Cost. , ponendosi la soluzione normativa operata dalla Suprema Corte in termini di adempimento/inadempimento contrattuale in una prospettiva del tutto differente da quella di “possessore” effettuata dalla contribuente.
Conclusivamente, non c’è alcun dubbio che soggetto obbligato nei confronti dell’amministrazione comunale rimane sempre il titolare dell’immobile ed in caso di mancato pagamento dell’inquilino, la violazione di omesso pagamento di Ici e Imu deve essere contestata al proprietario, con irrogazione della relativa sanzione.
Infondato è anche l’ultimo motivo di ricorso, con cui la contribuente lamenta l’irrogazione delle sanzioni nonostante in materia vigesse incertezza interpretativa. Ed invero l’avviso di accertamento è stato emesso in epoca concomitante al consolidarsi dell’interpretazione ermeneutica ancora in sede di appello contestata.
Il ricorso va pertanto rigettato e la statuizione sulle spese processuali segue la regola della soccombenza, con liquidazione come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Toscana definitivamente decidendo sulla causa:
Rigetta l’appello e condanna parte soccombente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 3.000,00 oltre accessori per entrambi i gradi di giudizio.