Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Toscana, sezione n. 4, sentenza n. 1217 depositata il 5 dicembre 2023

In caso di rideterminazione dei redditi con l’atto impositivo a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente può sempre opporre la prova presuntiva contraria. In particolare, lo stesso può eccepire la “incidenza percentuale dei costi relativi che vanno dunque detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati”

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La società P. S.r.l., con sede in Lucca, esercente attività di affittacamere e bed & breakfast, ricorreva avverso gli avvisi di accertamento con i quali la Direzione Provinciale di Lucca dell’Agenzia delle Entrate, a seguito di una verifica fiscale effettuata dalla Guardia di Finanza relativa al periodo 2013/2017, sulla base delle movimentazioni bancarie e della documentazione acquisita e rinvenuta, procedeva alla rideterminazione dei maggiori redditi d’impresa ai fini IRES, IRAP ed IVA, ai sensi dell’art. 39 comma 1 del DPR 600/1973, in applicazione dell’art. 32 comma 1 DPR 600/73 e 51 comma 2 DPR 633/72, ed accertava per l’anno 2014 maggiori ricavi per l’importo di E. 207.556,55 con riconoscimento di costi per E. 74.539,00, per un maggior reddito di E. 133.017,00, per l’anno 2015 maggiori ricavi per l’importo di E. 187.600,87 con riconoscimento di costi per E. 67.936,44, per un maggior reddito di E. 119.664,43, e per l’anno 2016 maggiori ricavi per l’importo di E. 207.871,54 con riconoscimento di costi per E. 78.449,76, per un maggior reddito di E. 129.422,54.
La società ricorrente sosteneva la mancata valutazione delle osservazioni rese dal contribuente con riconoscimento di tutti i costi anche non registrati, analiticamente documentati per l’anno 2014 da ricostruire secondo il metodo analitico-induttivo sulla base dei costi del personale, e chiedeva il parziale annullamento degli avvisi impugnati con rideterminazione dei maggiori redditi d’impresa.
L’Ufficio con proprie controdeduzioni sosteneva che per le annualità 2014 e 2015 la società aveva dichiarato componenti positivi per E. 1,00 senza versamento di imposte, mentre per l’annualità 2016 è risultata totalmente inadempiente agli obblighi dichiarativi ai fini fiscali, che la documentazione prodotta per il 2014 era stata ritenuta inattendibile in quanto non analitica mentre per le altre annualità risultava del tutto mancante, e chiedeva pertanto il rigetto del ricorso.
La Commissione Tributaria Provinciale di Lucca, con sentenza n. 326/2020 del 21.10.2020, accoglieva il ricorso con riferimento al 2014, con compensazione delle spese, ritenendo la documentazione prodotta idonea a giustificare le movimentazioni bancarie, mentre lo rigettava per le annualità 2015 e 2016 ritenendo inattendibile la ricostruzione proposta dalla società per la totale assenza di documentazione giustificativa.
La società ricorrente propone appello avverso tale sentenza, limitatamente alle annualità 2015 e 2016, sostenendone la illogicità in quanto l’attività esercitata nella struttura ricettiva è stata pressoché invariata negli anni e per il 2014 sono stati riconosciuti i costi documentati, mentre per il 2015 e 2016, per la oggettiva impossibilità di produrre la relativa documentazione, non sono stati riconosciuti costi sulla base del metodo analitico-induttivo, determinandosi redditi notevolmente superiori ed inesistenti, riproponendo la ricostruzione dei costi sulla base del costo del personale dichiarato in bilancio, producendo documentazione parzialmente giustificativa delle movimentazioni bancarie, e richiamando, con successive memorie, la giurisprudenza della Corte Costituzionale in merito alla necessaria valutazione dei costi, anche in via presuntiva, che devono essere detratti dai prelievi non giustificati, e chiede il parziale annullamento degli avvisi impugnati con rideterminazione, in misura ridotta, dei maggiori redditi d’impresa.
L’Ufficio con proprie controdeduzioni sostiene che per il 2015 e 2016 le movimentazioni bancarie non hanno trovato alcuna giustificazione analitica e che sono stati comunque riconosciuti costi per un ammontare corrispondente alle operazioni passive desunte dalla comunicazione annuale ai fini IVA, e propone appello incidentale relativamente all’anno 2014 non avendo la società ricorrente giustificato analiticamente tutte le operazioni bancarie riscontrate e chiede pertanto il rigetto dell’appello principale e la riforma della sentenza impugnata relativamente all’annualità 2014.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Si premette che la giurisprudenza della Corte Costituzionale, conforme a quella di legittimità, ha stabilito – riferendosi alla regola ritraibile dall’art. 109 TUIR in forza del quale i costi possono essere dedotti solo se risultano da elementi certi e precisi, dei quali l’onere della prova è a carico del contribuente, e delle presunzioni di cui all’art. 32 del DPR 600/73 – che “nel rideterminare i redditi con l’atto impositivo, gli uffici finanziari devono considerare, in conformità al principio di capacità contributiva, non solo i maggiori ricavi ma anche l’incidenza percentuale dei costi relativi, da detrarre dall’ammontare dei prelievi non giustificati” (Corte Cost. sent. n. 225/2005 e n. 10/2023) e che, sia nel caso di accertamento analitico puro sia nel caso di accertamento analitico induttivo, “la disposizione censurata intanto si sottrae alle censure di illegittimità costituzionale in quanto si interpreti nel senso che, a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi “occulti”, scaturente da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore possa sempre, anche in caso di accertamento analitico induttivo, opporre la prova presuntiva contraria e in particolare possa eccepire la “incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati” e che “alla stregua dell’interpretazione adeguatrice fornita dal giudice delle leggi, si rivela dunque errata la decisione impugnata nella parte in cui afferma che non è possibile riconoscere, in mancanza di idonea documentazione, una incidenza percentuale di costi presunti a fronte di maggiori ricavi” (Cass. ord. n. 5586 del 20.2.2023).
Si ritiene pertanto, sulla base dei princìpi esposti, che la situazione di diritto scaturita dalla sentenza appellata, basata solo sulla documentazione giustificativa presentata, sia illogica e meritevole di essere riformata.
Si presume infatti che, stante il numero fisso di camere e posti letto della struttura, la situazione gestionale non possa essere variata sensibilmente nelle annualità in questione, e pertanto l’incidenza percentuale dei costi sul totale dei ricavi sia rimasta sostanzialmente invariata nelle tre annualità, mentre l’incidenza dei costi sui ricavi risulterebbe, contro ogni logica economica, per il 2014 nella misura del 99% e per le successive annualità del 37/38%.
Si ritiene pertanto, attesa la non accoglibilità della proposta di parte contribuente di applicare il metodo analitico induttivo nella ricostruzione dei costi, trattandosi di una procedura espressamente consentita dalla normativa al fisco in sede di accertamento fiscale, di dover determinare tale misura percentuale partendo dai ricavi accertati, che costituiscono un dato certo, e dalla documentazione presentata per l’anno 2014, replicando poi la percentuale così determinata alle annualità 2015 e 2016, per le quali la documentazione non è risultata sufficientemente giustificativa delle movimentazioni, anche a causa della sottrazione di documenti di cui al processo penale richiamato in atti.
Si osserva, per quanto riguarda l’annualità 2014, che l’Ufficio contesta la valenza probatoria della documentazione giustificativa presentata, in quanto non analitica e puntuale, sostenendo che parte contribuente giustifica, per la maggior parte dei casi, con più ricevute fiscali un’unica operazione di entrata sul conto corrente, oppure un’operazione effettuata in data diversa, e risultando, sia dal PVC che dall’avviso di accertamento, che la legale rappresentante P. L. per una parte delle somme in uscita non è stata in grado di indicarne il beneficiario, per cui si ritiene di determinare per l’anno 2014 la percentuale, ritenuta congrua, alla luce anche della depurazione forfetaria delle possibili duplicazioni o incongruenze nella documentazione presentata, delle operazioni passive nella misura dell’85% del totale delle operazioni attive, non ritenendosi peraltro verosimile l’antieconomicità di una gestione ripetuta negli anni nella quale il totale dei costi rappresenterebbe oltre il 99% del totale dei ricavi.
Si ritiene pertanto, in applicazione dei sopra richiamati princìpi stabiliti dalla giurisprudenza costituzionale e di legittimità, di determinare anche per le annualità 2015 e 2016 la percentuale, ritenuta congrua, delle operazioni passive per tali annualità nella misura dell’85% del totale delle operazioni attive.
Si ritiene pertanto, in parziale accoglimento degli appelli principale ed incidentale, di riformare la sentenza appellata determinando per tutte le annualità in contestazione l’incidenza delle operazioni passive nella misura percentuale dell’85% delle operazioni attive accertate.
Si ritiene, in considerazione della reciproca soccombenza, che sussistano giustificati motivi per disporre la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Accoglie parzialmente entrambi gli appelli – Spese compensate.